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Astronave
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MessaggioInviato: 14/08/2012, 10:27 
invece rmnd scommetto ke quell'italiano ke ha rubato 2 vassoi di pasticcini ke qualcuno aveva lasciato davanti a un bar daranno cm minimo 5 anni


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MessaggioInviato: 30/08/2012, 09:38 
http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/466750/

Cita:
[color=blue]"Così intervenni per spezzare il legame tra Usa e Mani pulite"
A La Stampa l’ultima intervista dell’ex ambasciatore americano in Italia Reginald Bartholomew: «La violazione dei diritti di difesa un pericolo per la democrazia»

MAURIZIO MOLINARI
CORRISPONDENTE DA NEW YORK
Il mese scorso ho incontrato a New York l’ex ambasciatore Reginald Bartholomew che, dopo avermi detto di aver visto il mio libro «Governo Ombra», sull’Italia del 1978 descritta dai documenti del Dipartimento di Stato, mi ha chiesto se avevo voglia di parlare con lui dei suoi anni alla guida dell’ambasciata di Roma, cosa che non aveva mai fatto. «Non ho diari, ho solo la mia mente per ricordare» osservò. Ci vedemmo a cena da «Felidia» a Manhattan e Bartholomew incominciò subito a raccontarmi di Tangentopoli e del terremoto politico-giudiziario che trovò al suo arrivo in Italia. Era già molto malato, anche se non ne fece parola, e aveva urgenza di lasciare una testimonianza. Raccolsi il suo racconto - che lui ha avuto modo di rivedere trascritto- con l’intenzione di usarlo come base per una nuova inchiesta sul rapporto tra Italia e Stati Uniti e sull’approccio americano al team «Mani Pulite». Da quel momento ho cominciato a cercare i documenti dell’epoca e i protagonisti ancora in vita. Primo tra tutti l’ex Console generale Usa a Milano Peter Semler, a cui Bartholomew attribuiva un ruolo chiave nell’iniziale sostegno americano all’inchiesta di Antonio Di Pietro. Quando ho saputo dell’improvvisa morte del 76enne Bartholomew, avvenuta domenica all’ospedale Sloan-Kettering di New York a causa di un tumore, ho pensato che fosse giusto pubblicare quanto finora raccolto. A cominciare da questa prima puntata che contiene appunto la testimonianza di Bartholomew, un diplomatico raffinato e colto, convinto che il passaggio alla Seconda Repubblica dovesse essere opera di una nuova classe politica - a cui aprì le porte dell’Ambasciata - e non solo opera dei magistrati. Ecco il suo racconto.

Completo blu, camicia bianca e cravatta rossa, Reginald Bartholomew arriva puntuale all’appuntamento nell’Upper East Side fissato per ricordare il periodo, dal 1993 al 1997, che lo vide guidare l’ambasciata americana a Roma. «L’Italia politica era in fase di disfacimento, il sistema stava implodendo a causa di Tangentopoli iniziata l’anno precedente ed io mi trovai catapultato dentro tutto questo quasi per caso», esordisce. In effetti Bartholomew, ex sottosegretario di Stato agli Armamenti, ex ambasciatore a Beirut e a Madrid, era ambasciatore presso la Nato. «Lo aveva deciso Bush padre prima di lasciare la Casa Bianca, poi quando arrivò Bill Clinton decise di farmi inviato in Bosnia e stava pensando di nominarmi ambasciatore in Israele». Ma in una delle prime riunioni sulla politica estera tenute da Bill Clinton nello Studio Ovale, con solo sette stretti consiglieri presenti, l’Italia spunta nell’agenda. Siamo all’inizio del 1993, Clinton sta incominciando la presidenza, l’Italia appare in decomposizione e «uno dei sette fece il mio nome al presidente», osservando che in una fase di tale delicatezza a Roma sarebbe servito un veterano del Foreign Service. Clinton assentì, rompendo con la tradizione di mandare in Via Veneto un ambasciatore politico scelto fra i maggiori finanziatori elettorali, e Bartholomew venne così catapultato nell’Italia del precario governo di Giuliano Amato sostenuto dagli esangui Dc, Psi, Psdi e Pli, con Oscar Luigi Scalfaro arrivato al Quirinale sulla scia della strage di Capaci, il Pds di Achille Occhetto in ascesa e Silvio Berlusconi impegnato a progettare la discesa in campo. «Ma soprattutto quella era la stagione di Mani Pulite - dice Bartholomew -, un pool di magistrati di Milano che nell’intento di combattere la corruzione politica dilagante era andato ben oltre, violando sistematicamente i diritti di difesa degli imputati in maniera inaccettabile in una democrazia come l’Italia, a cui ogni americano si sente legato».

Indagini giudiziarie, arresti di politici «presero subito il sopravvento sul resto del lavoro, perché la classe politica si stava sgretolando ponendo rischi per la stabilità di un alleato strategico nel bel mezzo del Mediterraneo», ed è in questa cornice che Bartholomew si accorge che qualcosa nel Consolato a Milano «non quadrava». Se fino a quel momento il predecessore Peter Secchia aveva consentito al Consolato di Milano di gestire un legame diretto con il pool di Mani Pulite, «d’ora in avanti tutto ciò con me cessò», riportando le decisioni in Via Veneto. Fra le iniziative che Bartholomew prese ci fu «quella di far venire a Villa Taverna il giudice della Corte Suprema Antonino Scalia, sfruttando una sua visita in Italia, per fargli incontrare sette importanti giudici italiani e spingerli a confrontarsi con la violazione dei diritti di difesa da parte di Mani Pulite». Bartholomew non fa i nomi dei giudici italiani presenti a quell’incontro nella residenza romana, ma ricorda bene che «nessuno obiettò quando Scalia disse che il comportamento di Mani Pulite con la detenzione preventiva violava i diritti basilari degli imputati», andando contro «i principi cardine del diritto anglosassone». Pochi mesi più tardi, nel luglio del 1994, il presidente Clinton arriva in Italia per partecipare al summit del G7 che il governo del neopremier Silvio Berlusconi ospita a Napoli. In coincidenza con i lavori, Mani Pulite recapita al presidente del Consiglio un avviso di garanzia e la reazione di Bartholomew è molto aspra. «Si trattò di un’offesa al presidente degli Stati Uniti, perché era al vertice e il pool di Mani Pulite aveva deciso di sfruttarlo per aumentare l’impatto della sua iniziativa giudiziaria contro Berlusconi», sottolinea l’ex ambasciatore, aggiungendo: «gliela feci pagare a Mani Pulite». Nulla da sorprendersi se in tale clima l’ambasciatore Usa all’epoca non ebbe incontri con i giudici del pool, «neanche con Antonio Di Pietro», mentre si dedicò a fondo a tessere i rapporti con le forze politiche emergenti. «I leader della Dc un giorno mi vennero a trovare, fu un incontro molto triste, sembrava quasi un funerale, era la conferma che bisognava guardare in avanti». Con il Pds, attraverso Massimo D’Alema, si sviluppò «un rapporto che sarebbe durato nel tempo». «D’Alema mi chiamò al telefono, gli dissi di venirmi a trovare e lui, dopo una certa sorpresa, accettò - rammenta Bartholomew -; quando lo vidi gli dissi con franchezza che il Muro di Berlino era crollato, quanto avevano fatto e pensato i comunisti in passato non mi interessava, mentre ciò che contava era la futura direzione di marcia, se cioè volevano essere nostri alleati così come noi volevamo continuare a esserlo dell’Italia». Ne nacque «un rapporto solido, continuato in futuro» con il Pds, «mentre con Romano Prodi fu tutto complicato dal fatto che, quando diventò premier nel 1996 del primo governo di centrosinistra della Repubblica, voleva a tutti i costi andare al più presto da Clinton, ma la Casa Bianca in quel momento aveva un altro calendario, e Prodi se la prese con me». Per tentare di riconquistare il rapporto personale con il premier «dovetti andare una domenica a Bologna, farmi trovare nel suo ristorante preferito e allora finalmente mi parlò, ci spiegammo». L’apertura al Pds coincise con quella a Gianfranco Fini, che guidava l’Msi precedente alla svolta di Fiuggi. «Con entrambi l’approccio fu il medesimo, si trattava di aprire una nuova stagione - dice Bartholomew -, ed ebbi lo stesso approccio, guardando avanti e non indietro, anche se devo ammettere che nei salotti romani il mio dialogo con Fini piaceva assai meno di quello con D’Alema».

L’altro leader che Bartholomew ricorda è Berlusconi. «La prima volta che ci vedemmo lo aspettavo all’ambasciata da solo, ma si presentò assieme a Gianni Letta, voleva il mio imprimatur per la sua entrata in politica e gli risposi che toccava a lui decidere se essere “King” o “Kingmaker”», ma l’osservazione colse in contropiede Berlusconi, «che diede l’impressione di non sapere cosa significasse “Kingmaker” e dopo essersi consultato con Letta mi rispose “Kingmaker? Noooo”». Dall’incontro, avvenuto poco prima dell’entrata in politica di Berlusconi nel 1994, Bartholomew trasse comunque l’impressione che si trattava di una candidatura molto seria «e nei mesi seguenti, girando l’Italia, mi accorsi che aveva largo seguito, sebbene personaggi come Eugenio Scalfari, direttore di Repubblica, mi obiettavano che non potevo capire molto di politica italiana essendo arrivato solo da pochi mesi». A conti fatti, guardando indietro a quella fase storica, Bartholomew rivendica il merito di aver rimesso sui binari della politica il rapporto fra Washington e l’Italia, dirottato dal legame troppo stretto fra il Consolato di Milano e Mani Pulite, identificando in D’Alema e Berlusconi due leader che negli anni seguenti si sarebbero rivelati in più occasioni molto importanti per la tutela degli interessi americani nello scacchiere del Mediterraneo.[/color]



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MessaggioInviato: 30/08/2012, 13:10 
@rmnd A conti fatti, guardando indietro a quella fase storica, Bartholomew rivendica il merito di aver rimesso sui binari della politica il rapporto fra Washington e l’Italia, dirottato dal legame troppo stretto fra il Consolato di Milano e Mani Pulite, identificando in D’Alema e Berlusconi due leader che negli anni seguenti si sarebbero rivelati in più occasioni molto importanti per la tutela degli interessi americani nello scacchiere del Mediterraneo.


diciamo ke avevano individuato i vassalli giusti ..............................................[;)]


Ultima modifica di ubatuba il 30/08/2012, 13:11, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 03/09/2012, 21:06 
http://napoli.repubblica.it/cronaca/2012/09/02/news/incensurato_e_disabile_in_carcere_per_due_birre-41829641/

Cita:
[color=blue]Incensurato e disabile in carcere per due birre
L'assurda storia di un quarantenne nel Cilento, privo di una gamba, operatore sociale, che è finito in cella, dove ora è recluso, dopo essere stato denunciato tre anni fa per guida in stato di ebbrezza. Da allora un incubo di burocrazia e disattenzioni
di CONCHITA SANNINO

Mandato in carcere per due birre, bevute tre anni fa, prima di mettersi al volante. "Trenta giorni di pena" è il prezzo che gli ha inflitto la malagiustizia. Malgrado quell'uomo sia incensurato e abbia una protesi al posto della gamba sinistra. Anzi: quando è entrato in cella, gli hanno tolto l'arto finto. "Mi dispiace, qua dentro può essere un'arma".

Una storia che fotografa la cupa inefficienza, oltreché il volto disumano, della giustizia avviene tra Vallo della Lucania e Salerno. Un vergognoso sberleffo nel Paese degli indulti e delle carceri sovraffollate. È la storia di Marco Penza, originario di Casalvelino (Salerno), onesto cittadino, operatore del sociale, quarant'anni, disabile. Lui è ancora in carcere. Si aspetta che il magistrato titolare del fascicolo "torni dalle ferie".

Marco Penza è finito in carcere dieci giorni fa, prima nell'istituto di Vallo della Lucania, poi in quello di Fuorni, a Salerno, per l'incredibile evoluzione di una semplice e vecchia denuncia. Si tratta dell'alcool test a cui l'uomo è risultato positivo tre anni fa, un posto di blocco di una sera d'estate, 22 luglio del 2009. Può un semplice controllo trasformarsi in un incubo? I suoi amici, il tamtam di reazioni indignate che si è scatenato intorno alla sua vicenda, testimoniano di sì. Può diventare "una storia da paese incivile" se "alla burocratica gestione di un ufficio del pubblico ministero", si somma "la latitanza di un avvocato" e "l'indifferenza" che tanti pubblici uffici - compresi alcuni palazzi della giustizia - ostentano nel periodo delle vacanze.

Marco è affetto dall'infanzia da una grave malattia che poco tempo fa, dopo pellegrinaggi sofferti in vari ospedali, non gli ha risparmiato l'amputazione della gamba. Tuttavia, ha la sua vita e le sue relazioni, si occupa di sociale e lavora nella Coop Marina Service di Casalvelino, nel cuore del Cilento, dove ha scelto di vivere. Questo giovane lavoratore, senza alcun precedente penale, viene dunque denunciato a piede libero per guida in stato di ebbrezza. È competente la Procura di Vallo della Lucania, ma dopo il lavoro del magistrato titolare del fascicolo, il giudice - noto per i suoi eccessi di zelo - non ha concesso la "pena sospesa" a quel cittadino incensurato. Scatta nel frattempo la condanna definitiva.

E non basta: poichè l'avvocato a cui si è rivolto Marco, per un caso, si dedica nello stesso periodo alla politica, si candida alle amministrative del Comune, finisce evidentemente per dimenticare la "pratica". Così quel fascicolo diventa il suo girone infernale. Tre anni dopo, ecco la vecchia denuncia diventa un ordine di carcerazione di 30 giorni. Marco se ne accorge troppo tardi, richiama quell'avvocato che ormai è un politico, il quale lo affida ad un civilista: che, a sua volta, non impugna il provvedimento, ma prova a chiedere un alleggerimento con la richiesta degli arresti domiciliari: è peggio perché così la pratica passa al Tribunale di sorveglianza. Che chiede i suoi tempi per l'esame della vicenda.

Marco sta già scontando la galera da 10 giorni: prima arriva nel carcere prima di Vallo della Lucania e poi di Salerno. Intanto, lo portano in ospedale per accertarsi delle sue condizioni. Poi torna in cella, dove un operatore della penitenziaria è costretto, dalle norme, a privarlo della protesi alla gamba. "Mi dispiace, non è consentito". Dopo qualche giorno e dopo le proteste dei suoi amici, finalmente gli restituiscono non la libertà, ma almeno la sua "gamba" sinistra. La storia viene portata alla luce da Silvia Ricciardi dell'associazione Jonathan, che si occupa del recupero dei minori a rischio dell'area penale: "A volte lo sdegno non trova le parole per esprimersi scrive Mi vergogno a vivere in questo paese dove la giustizia non è per i cittadini, ma per chi detiene soldi e potere. Un paese che tiene in galera una persona per un reato sanzionabile con una gradualità di risposte alternative al carcere. Un paese che non ha occhi per vedere né cervello, in alcuni casi, per amministrare pene e sanzioni".[/color]



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MessaggioInviato: 03/09/2012, 21:38 
poi invece quello che ha rapinato, fatto una rissa, o spacciato, o minacciato, te lo ritrovi sottocasa pronto a spaccarti l'auto, se va bene, o la faccia, se va male qualora lo avessi denunziato. Eh sì, ma non dobbiamo essere omertosi, bisogna collaborare con le forze dell'ordine... certo, poi tanto le bastonate le prendiamo noi, facile parlare dalle torri d'avorio. [:)]



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MessaggioInviato: 25/09/2012, 13:04 
andare in galera per un opinione... poco gradita a una toga

http://www.repubblica.it/politica/2012/09/25/news/sallusti_rifiuta_accordo-43240162/

Cita:
[color=blue]Caso Sallusti, salta l'accordo con il giudice
il direttore domani rischia il carcere
In un editoriale su "il Giornale" il giornalista spiega di aver rinunciato alla trattativa con il pm che lo ha querelato: "Voleva altri soldi, ma la mia libertà non in vendita"

...Domani come è noto la Cassazione si esprimerà, senza entrare nel merito, sulla regolarità della sentenza che in secondo grado ha condannato il direttore del Giornale a 14 mesi di detenzione per omesso controllo, per un articolo ritenuto diffamatorio scritto da altri all'epoca in cui era direttore di Libero.

Nei giorni scorsi erano state avviate trattative 2 per risolvere la questione attraverso il ritiro della querela da parte della parte offesa, il giudice torinese Giuseppe Cocilovo. Contatti che sono però naufragati, come spiega oggi Sallusti in un editoriale sul suo quotidiano. "Ho dato disposizione ai miei avvocati - scrive il direttore - di non chiudere l'ipotesi di accordo con il magistrato che mi ha querelato per un articolo neppure scritto da me e che ha ottenuto da un suo collega giudice la condanna nei miei confronti a un anno e due mesi di carcere".

"Il signore voleva altri soldi - prosegue il giornalista - oltre i trentamila euro già ottenuti, in cambio del ritiro della querela e quindi della mia libertà. Io penso, l'ho già scritto, che le libertà fondamentali non si scambino tra privati come fossero figurine ma debbano essere tutelate dallo Stato attraverso i suoi organi legislativi e giudiziari. Anche perchè nel caso specifico c'è un'aggravante, e cioè che a essere disposto a trarre beneficio personale dal baratto è un magistrato".....
[/color]



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MessaggioInviato: 25/09/2012, 21:15 
Non mi sta simpatico Sallusti , ma in questo caso ha ragione e ha tutta la mia solidarietà (anche se ai fini pratici non vale niente).


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MessaggioInviato: 26/09/2012, 10:39 
il vizietto dei magistrati...la querela facile e la richiesta di risarcimento in 'vile pecunia'..risarcimenti chissà perchè quasi sempre spropositati quando si tratta di toghe..Forse perchè l'ammontare dei risarcimenti sono stabiliti da altri magistrati colleghi se non quando anche amici?




http://www.ilfoglio.it/soloqui/15075

[color=blue]Se mi stronchi ti querelo

Il caso di Carofiglio, scrittore in cerca di conferme giudiziarie

...Lo scrittore magistrato senatore Gianrico Carofiglio ritiene invece che certi giudizi non lusinghieri sulla sua opera e sul suo talento vadano legalmente perseguiti e affidati alle cure dei tribunali....[/color]



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MessaggioInviato: 26/09/2012, 21:59 
Cita:
La Cassazione conferma: 14 mesi di carcere a Sallusti

La Cassazione ha condannato a 14 mesi di reclusione Sallusti ritenendolo "colpevole" di diffamazione. Il direttore del Giornale alla redazione: "Non ho alcuna intenzione di chiedere misure alternative alla galera". Il pg aveva ribadito la necessità di "rivalutare la mancata concessione delle attenuanti". Il ministro Severino: "Accelerare ddl che preveda solo pene pecuniarie". Il figlio di Giovannino Guareschi: "Sallusti non subisca la stessa ingiustizia che subì mio padre"

Continua qui:
Fonte



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"Se riesci a mantenere la calma quando tutti intorno a te hanno perso la testa, forse non hai afferrato bene la situazione" - Jean Kerr

"People willing to trade their freedom for temporary security deserve neither and will lose both" - Benjamin Franklin
"Chi e' disposto a dar via le proprie liberta' fondamentali per comprarsi briciole di temporanea sicurezza non otterra' né la liberta' ne' la sicurezza ma le perdera' entrambe" - Benjamin Franklin

"Soltanto chi non ha approfondito nulla può avere delle convinzioni" - Emil Cioran

"Quanto piu' una persona e' intelligente, tanto meno diffida dell'assurdo" - Joseph Conrad

"Guardati dalla maggioranza. Se tante persone seguono qualcosa, potrebbe essere una prova sufficiente che è una cosa sbagliata. La verità accade agli individui, non alle masse." – Osho

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MessaggioInviato: 26/09/2012, 23:11 
E perchè no la pena di morte ? E la farsa di una finta democrazia in un finto stato di diritto e di una finta uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. [xx(] [xx(]


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MessaggioInviato: 22/10/2012, 17:43 
Ma nessuno ha spiegato al giudice che la scienza (quella sismica in particolare) non ha modelli previsionali adeguati e non prevede il futuro come fanno con molta disinvoltura invece certi ciarlatani?

Cita:
http://www.corriere.it/cronache/12_ottobre_22/sentenza-grandi-rischi_a6f15a5e-1c59-11e2-b6da-b1ba2a76be41.shtml

LA CONDANNA INFLITTA DAL GIUDICE UNICO MARCO BILLI
[color=blue]Processo l'Aquila, condannati tutti i membri della commissione «Grandi rischi»

Sei anni per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose: avevano dato rassicurazioni circa l'improbabilità di una forte scossa sismica[/color]

[8)]



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Ingiustizia/ Ha venduto cd contraffatti: 12 anni di carcere ad un senegalese

Lunedì, 22 ottobre 2012 - 10:25:00

Dodici anni di carcere per aver contraffatto cd. Quando in Italia per avere una condanna del genere bisogna almeno commettere un omicidio. La storia di discriminazione riguarda Fall Alioune: ambulante senegalese di Ladispoli, Alioune ha cumulato in pochi anni di 21 condanne, per una pena complessiva a 12 anni e sei mesi di reclusione. Il suo unico reato? La contraffazione, per aver venduto cd falsi.

Il caso di Fall Alioune, senegalese, è stata raccontata da Repubblica. Dopo essere emigrato in Italia, come tanti suoi connazionali si è messo a lavorare nei mercati rionali come ambulante. Alioune però non vende merce qualsiasi: commercializza compact disc contraffatti, commette cioè un reato e per questo ha collezionato negli anni 21 condanne. Oggi Alioune ha un figlio di due anni che lo aspetta in Senegal e che rischia di non vedere per lungo tempo.

La sua colpa è stata quella di sperare di guadagnare qualcosa con la vendita di merce contraffatta (i cd appunto). Ma ha violato la legge 633/41 sulla protezione del diritto d'autore. Il 28 giugno 2012 la procura di Civitavecchia ha emesso il provvedimento di esecuzione: dalla somma complessiva delle condanne "si perviene alla pena di reclusione di 12 anni e sei mesi e alla multa di 34mila 807 euro". La pena la sta già scontando nel carcere romano di Rebibbia.

L'avvocato - "Confido che il sistema possa trovare al proprio interno i rimedi per ricondurre la vicenda entro una dimensione umana", ha detto l'avvocato di Alioune, Luca Santini, che ha chiesto che si riconosca al suo assistito la continuazione del reato (che porterebbe a un forte sconto di pena). Nel caso è intervenuta anche l'associazione Antigone: "E' la legge che va rivista - dichiara Patrizio Gonnella presidente dell'associazione Antigone - se guardiamo le pene previste ed effettivamente comminate, in carcere non troviamo per tanti anni neppure gli stupratori, o gli omicidi preterintenzionali, o i rapinatori a mano armata. Per il reato di Alioune dovrebbe bastare una pesante sanzione amministrativa".

http://affaritaliani.libero.it/sociale/ ... 21012.html

manco ai piu' incalliti criminali viene inflitta una pena cosi' severa,c'e'da essere allibiti [}:)]


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MessaggioInviato: 18/12/2012, 18:04 
http://www.repubblica.it/politica/2012/12/17/news/ingroia_chiede_aspettativa_per_motivi_elettorali-48961780/

Un altro pessimo magistrato, incapace e ideologizzato che decide (forse) di buttarsi in politica

Cita:

[color=blue]Ingroia a un passo dalla candidatura: chiede aspettativa per motivi elettorali

L'ex procuratore aggiunto di Palermo ha inviato la richiesta al Csm. "In via cautelativa", dice, "sto ancora riflettendo". Vietti: "Valuteremo". Il 21 sarà a Roma per la formalizzazione del movimento degli arancioni. De Magistris lo ha invitato a correre come candidato premier. Idv, Prc e Verdi: "Venerdì ci saremo anche noi"


ROMA - Antonio Ingroia ha chiesto l'aspettativa al Consiglio Superiore della Magistratura per motivi elettorali. Il magistrato era stato invitato nei giorni scorsi dal leader del movimento arancione, Luigi De Magistris, a scendere in campo come candidato premier del "quarto polo".

Una richiesta "cautelativa" si affretta a chiarire il diretto interessato, che mette le mani avanti: "ad oggi non ho
deciso di essere in lizza per le consultazioni che daranno un nuovo Parlamento e un nuovo Governo al Paese. Sto ancora riflettendo".

Michele Vietti non si stupisce: a margine della cerimonia di scambio di auguri al Quirinale con le alte cariche dello Stato, il vicepresidente del Csm osserva: "Valuteremo, non c'è niente di eccezionale". E aggiunge: "L'unica cosa che non provo è lo stupore".

La quarta commissione ne discuterà già domani e non è escluso che una decisione venga presa immediatamente, in modo da far arrivare la pratica in Plenum con procedura d'urgenza questa settimana.

"La mia richiesta al Csm di aspettativa per motivi elettorali è solo cautelativa", spiega il magistrato, in modo che l'organo di autogoverno della magistratura possa valutarla a ridosso delle festività di fine anno, e cioè nei giorni in cui le Camere saranno sciolte dal Capo dello Stato. "Io comunque a Roma vado per aprire un confronto sul futuro dell'Italia. Riscontro la voglia di partecipare che emerge da tanti settori della società civile. E' questo, di per sé, un bel segnale diffuso di libertà".

L'ex procuratore aggiunto di Palermo sarà presente venerdì alla formalizzazione del movimento degli arancioni: il magistrato è primo firmatario del manifesto 'Io ci sto', insieme ai sindaci di Palermo, Leoluca Orlando e di Napoli, Luigi De Magistris, in rappresentanza del comitato promotore. L'appuntamento è per il 21 dicembre alle 17.30 al teatro Capranica di Roma dove è convocata l'assemblea, appunto, 'Io ci sto', che verrà aperta da Ingroia, di ritorno appositamente dal Guatemala, dove svolge un incarico per l'Onu.

All'assemblea parteciperà anche Antonio Di Pietro. "L'Idv avvia oggi la costruzione di una lista civica unitaria con chi si è opposto a Monti, e prima al governo di centrodestra, affinchè si possa trovare una sintesi in una lista e in un programma che si ritrova nel Manifesto 'Io ci sto', a prima firma Antonio Ingroia", dice il leader dell'Italia dei Valori. Di Pietro giudica il manifesto in 10 punti "Io ci sto", che convoca l'Assemblea al Teatro Capranica, "un'importante piattaforma, un modo serio per mettere insieme le persone perbene dei partiti politici e della società civile che hanno al centro l'interesse dell'Italia".

Anche Rifondazione Comunista appoggia l'iniziativa: con l'appello di Ingroia, spiega Paolo Ferrero, la costruzione del quarto polo fa un'ulteriore passo in avanti. "Rifondazione Comunista lavora per aggregare in questo quarto polo tutte le realtà che si sono opposte alle politiche del rigore di questo governo - a partire dalle oltre 10.000 persone che hanno partecipato in questo week end alle assemblee di "Cambiare si può" - e il quarto polo sarà la vera novità delle prossime elezioni", afferma il leader Prc, secondo cui non si tratta solo di cambiare il presidente ma indirizzo politico, "uscendo decisamente dalle politiche del rigore che ABC hanno appoggiato, aggravando pesantemente la crisi e le diseguaglianze sociali nel nostro Paese". Per questo, conclude, "venerdì ci saremo".

Aderiscono anche i Verdi, che condividono gli spunti programmatici del manifesto, "in particolare l'appello ad aprire un confronto con i movimenti e le forze democratiche del Paese", dice Angelo Bonelli, che spiega: "proprio in questa direzione la nostra Assemblea di ieri ha proposto una lista civica nazionale che avesse come obiettivo quello di superare le politiche sociali, economiche ed ambientali del governo Monti". Per questo i Verdi venerdì ci saranno "per ascoltare e confrontarci sulle idee per cambiare l'Italia".[/color]



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[^]The best quote ever (2013 Nonsense Award Winner):
«Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Early in the morning!»
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MessaggioInviato: 18/12/2012, 19:44 
Certo che pure a magistratura siamo messi davvero "bene"! [8)]
(Ma cosa va in Italia?)



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MessaggioInviato: 18/12/2012, 20:13 
vanno pure in aspettativa x andare in politica,x poi ritornare,sarebbe necessaria una legge che impedisca il ritorno in magistratura....che fiducia puo' avere un cittadino [:(!]


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