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27/10/2012, 17:20

IL MES STA FINANZIANDO LA GERMANIA







Ieri, più che l’audizione di Mario Draghi alla Bundestag, con la quale ha spiegato il funzionamento dello scudo antispread, avrebbe dovuto suscitare maggior interesse le interviste di Klaus Regling, numero uno del MES (European Stability Mechanism), rilanciate da Bloomberg e da Il Sole 24 Ore.


Benché non abbia detto granché di nuovo, comunque, a mio avviso, ha sottolineato due aspetti importanti del funzionamento del MES che, con questo articolo, ci proponiamo di chiarire.


Da Bloomberg



“The ESM has so far invested 4 billion euros in “highly rated” government bonds and the bonds of international institutions. The securities are “mainly in euro,” he said. “We do it in small amounts of money, otherwise we would move the market, which we don’t want to do,” he said.”

Il che significa che il fondo permanente ESM, ha iniziato ad investire la liquidità derivante dal versamento delle quote dei vari Stati aderenti al meccanismo di stabilità. In particolare, avrebbe investito i primi 4 miliardi di euro a favore di obbligazioni di istituzioni internazionali e titoli sovrani di di elevato rating: leggasi Germania. Regling aggiunge che si sta procedendo a piccoli quantitativi di denaro allo scopo di non alterare le dinamiche dei mercati.

Ebbene, alcune considerazioni al riguardo si rendono indispensabili. Infatti, un elemento che fa del meccanismo di stabilità uno strumento con ampie criticità, è insito proprio nel tenore dell’articolo 22 del trattato istitutivo che recita:


Il direttore generale attua una politica di investimento del MES improntata al principio di prudenza atta a garantire la sua massima affidabilità creditizia [...]. La gestione del MES deve essere conforme ai principi della buona gestione delle finanze e dei rischi.

Ciò significa che la liquidità a disposizione del MES deve essere investita in strumenti “privi” di rischio che garantiscano la massima affidabilità creditizia in termini di ritorno del capitale. Ora, in un continente in cui l’unica certezza esistente sembra essere l’idiozia dei vari EUROBUROCRATI, costituisce senz’altro una buona garanzia di investimento acquistare titoli governativi tedeschi, magari a breve termine. Il che significa che la Germania si ritroverà finanziata dal MES (ovvero dai soldi dei contribuenti europei) senza neanche averne fatto richiesta. Al di la delle cifre limitate (si fa per dire) finora investite, una simile impostazione del MES, determinerà un aumento delle divergenze esistenti tra i paesi core dell’eurozona e quelli dell’aria mediterranea, poiché il flusso di liquidità che verrà riversata a favore dei titoli di stato “sicuri” tenderà a schiacciarne (almeno in parte) i rendimenti, con benefici in termini di minor costo per i interessi per i paesi virtuosi. . Ciò determinerà anche una diminuzione di costi finanziari a favore delle imprese operanti in quelle aree, che già godono di condizioni di credito imparagonabili rispetto alle concorrenti dei paesi più deboli. In altre parole, una simile impostazione, farà salire (almeno parzialmente) lo spread della competitività tra le rispettive aree economiche, già profondamente compromessa. Il tutto mentre i paesi più bisognosi (e ad un passo dalla bancarotta) sono costretti ad indebitarsi sui mercati e a tassi di interesse insostenibili per finanziare il fondo ESM.


Nell’articolo de Il Sole 24 Ore invece, lo stesso Regling chiarisce quali sono le modalità operative dell’Esm.

In particolare, egli dice che il fondo salva stati non potrà compiere operazioni di salvataggio dei paesi che facciano richiesta di aiuti e che si limiterà a comprare solo il 50% dei titoli in emissione, lasciando i Paesi sul mercato, tentando di collocare il restante 50%. In questo caso, l’aspetto che potrebbe determinare l’insuccesso del MES risiede proprio nel fatto che il MES è un creditore privilegiato. Di conseguenza, atteso che acquisterà solo il 50% dei titoli in emissione sul mercato primario, viene da chiedersi quale investitore istituzionale possa sottoscrivere la restante parte, sapendo che il suo credito, in caso di bancarotta del paese finanziato, verrà soddisfatto in subordine rispetto a quelli del MES.

Una gran bel successo direi, e certamente espressione delle tante contraddizioni esistenti in questa sciagurata Europa.



http://www.vincitorievinti.com/2012/10/ ... mania.html

.
Tratto da: IL MES STA FINANZIANDO LA GERMANIA | Informare per Resistere http://www.informarexresistere.fr/2012/ ... z2AVscYNMH
Ultima modifica di ubatuba il 27/10/2012, 17:23, modificato 1 volta in totale.

29/10/2012, 00:01

Roma, 28 ottobre 2012 - Mario Draghi sta con la Germania: la Commissione Europea deve poter non solo supervisionare, ma anche intervenire direttamente sui bilanci nazionali dei Paesi membri. Il governatore della Bce è "pienamente a favore" della proposta del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble, che ha chiesto l'istituzione di un supercommissario alla valuta.

In un’intervista a Der Spiegel, Draghi ricorda come "solo il trasferimento di sovranità permetterà di ristabilire la fiducia nella zona euro". Alcuni paesi, aggiunge, "non hanno capito di aver già perso la sovranità da molto tempo perché sono pesantemente indebitati e questo li rende dipendenti dal buon volere dei mercati".

L’Ue deciderà sui poteri della Commissione nel Consiglio Europeo di metà dicembre. Draghi ha anche ribadito il suo "personale e non solo professionale impegno" nella lotta all’inflazione ricordando anche la sua esperienza familiare nell’Italia degli anni ‘70 e ha confermato come nel 2013 l’inflazione dell’area euro tornerà sotto il livello del 2%.


http://qn.quotidiano.net/economia/2012/ ... ario.shtml


piu' che europa dei popoli,questa e' un europa in cui i popoli sono dominati....................[;)]

30/10/2012, 02:51

INIZIATIVA PER UN REFERENDUM EUROPEO

Nel firmare questa petizione:

- Rifiuto il Trattato di Lisbona in quanto la sua ratificazione priverebbe in futuro la popolazione europea della democrazia;

- Chiedo ai rappresentati politici del mio Paese e di tutti i paesi europei di rifiutare questo trattato;

- Chiedo ai miei concittadini e a tutti i cittadini d’Europa di rifiutare questo trattato.

CONTINUA>>> http://www.eu-referendum.org/italiano/p ... lisbon.php

30/10/2012, 15:07

LA CRISI, UNO STRUMENTO PER LA COSTRUZIONE DELL’EURO-IMPERO

Immagine

Informare per Resistere: http://www.informarexresistere.fr/2012/ ... z2An6nlwFg

DI ANDREI GANZHA E SERGEI KLIMOVOSKY – voltairenet.org -

Il quarto anniversario del crollo della Lehman Brothers – il momento cruciale che ha segnato l’escalation degli accrescenti problemi mondiali in una vera e propria crisi – è passato praticamente inosservato lo scorso 15 Settembre. Le ormai datate previsioni, che apparivano macabre – del tipo: ci vorranno un paio d’anni prima di intravedere la luce infondo al tunnel – ora risultano come ridicolo ottimismo. Oggigiorno, la ripresa non sembra poter iniziare prima di un decennio, mentre gli allarmisti prevedono problemi decisamente più gravi, incluso un conflitto militare su scala mondiale.

L’opinione pubblica sembra aver accettato la crisi come una sorta di evento naturale imprescindibile. I vari tentativi di spiegare i motivi del crollo possono rimanere non correlati, ma la ricetta – ondate e ondate di tagli alle spese – sembra essere universale, con nessuna alternativa permessa, neanche ipoteticamente. Per fortuna, il consiglio dato dal Principe Charles – farsi docce più brevi e aiutare l’ambiente – non ha valore di legge, ma i programmi di austerity, compilati dalla burocrazia Europea e appoggiati dalle legislature nazionali, non sono facilmente ignorabili, qualsiasi sia l’opinione delle popolazioni.

La situazione si è inasprita ancor di più quest’autunno in europa dove, in risposta, sono esplose una serie di proteste. La manifestazione tenuta dal movimento di protesta “15 maggio” intorno al parlamento spagnolo è stato l’apice nello svolgersi degli eventi. Il palazzo governativo è stato circondato da folle disarmate e persino da famiglie con bambini. Ciò nonostante, il premier Spagnolo l’ha definito un tentativo di Golpe.

In realtà, Plaza De Neptuno a Madrid ha vissuto un replay di ciò che succedeva un anno prima ad Atene, in Piazza Syntagma. Gli sviluppi in Grecia e in Spagna sono un esempio di un modello più ampio, che implica l’erosione della sovranità nazionale degli stati europei. E’ importante notare che non dovrebbero essere le istituzione dell’Unione Europea ad assumere il ruolo di organismo di controllo di questi processi – però, guardando i fatti, un futuro Euro-impero avrà un potere sulla nuova rimodellata europa.

La Rivolta Autonoma Spagnola

Un gran numero di bandiere catalane sventolavano dai balconi di Barcellona in primavera, e giunti all’autunno, in Spagna gira la voce che, se un altra misura di austerity fosse adottata, il paese si frantumerebbe lasciando Madrid sola a dover ripagare il debito sovrano. Dal 1983 la Spagna unita comprende 17 comunità e 2 città autonome, tutte in possesso di un governo e di un parlamento proprio. Molte di queste comunità vantano una storia gloriosa e alcune un importante passato da stato indipendente. Per esempio, due stati esistevano sul territorio ora noto come la comunità autonoma di Castilla e Leon, entrambi aventi avuto un ruolo primario nella Reconquista, a suo tempo.

Inoltre, le comunità autonome Spagnole sono munite di un governo autosufficiente e hanno partiti politici relativamente indipendenti finanziariamente.L’indipendenza è stata minacciata quando il governo Rajoy ha ridotto drasticamente il budget delle province e una forte reazione ha subito preso vita. Il governo della Catalogna ha presentato un ultimatum a Madrid chiedendo, o di avere il permesso di non pagare le tasse, o di ottenere un prestito di 5 miliardi di Euro. Rajoy ha scelto la seconda, ma, in Catalogna, il parlamento resta scontento e il capo del governo Catalano Artur Mas ha messo in programma elezioni regionali anticipate per il 25 Novembre.

Gli oppositori di Madrid in Catalogna aprirono la campagna elettorale il 30 Giugno inscenando una Marcia Verso l’Indipendenza. La manifestazione, che ha avuto luogo a Barcellona sotto lo slogan “Catalogna, nuovo stato in Europa”, è stata particolarmente impressionante in numeri, avendo portato in strada dalle 600.000 alle 2.000.000 di persone. La prima stima è stata fornita da Madrid, la seconda da Barcellona, ma, considerando che la popolazione Catalana si aggira intorno ai 7.2 milioni di abitanti, anche la stima più bassa, 600.000, risulta straordinaria.

Madrid ritiene la Catalogna responsabile di 40 miliardi di Euro di debito, mentre la comunità respinge l’accusa e ricorda costantemente che essa contribuisce al 20% del PIL Spagnolo e, considerandola singolarmente, si piazza tra i più alti esportatori regionali Europei. I sondaggi danno un 90% a favore del separatismo in Catalogna, numero dovuto al fatto che la maggioranza delle persone pensano di pagare più tasse rispetto ai benefici restituiti dal governo centrale. L’indipendenza permetterebbe di non dover sfamare Madrid con le tasse e, inoltre, salverebbe la comunità da misure di austerity quali l’aumento dell’IVA dal 18 al 21% o i pesanti tagli nel budget previsto per le amministrazioni locali. E’ chiaro che, il 25 novembre, dovessero vincere gli propositori della secessione, il loro primo passo sarebbe quello di stabilire una data per il referendum sull’indipendenza. La Catalogna e Madrid sarebbero poi coinvolte in negoziazioni tese, con Bruxelles a far da arbitro.

La Catalogna è il primo candidato per la secessione in Spagna, ma ce ne sono altri pronti a seguire. La scossa dovuta allo sciopero dei minatori e ai violenti scontri con la polizia l’estate scorsa, ha portato i governi della Galizia e dei Paesi Baschi ad annunciare elezioni anticipate, simili a quelle Catalane, per il 21 Ottobre. Madrid riconosce la nazione Catalana come un integrità separata, ma ragioni storiche e idiomatiche tali da esigere lo stesso trattamento, sono senza dubbio presenti in Galizia e nei Paesi Baschi.

Anche altre regioni Spagnole, dove le popolazioni non hanno tendenze separatiste, stanno diventando ambiziose. Come la Catalogna, Valencia – una regione che apporta circa lo stesso percentuale di PIL alla Spagna – sta stringendo per un prestito di 5.5 miliardi di Euro da Madrid, mente Murcia e l’Andalusia chiedono rispettivamente 700 milioni e 1 miliardo di Euro. Il governo della piccola Castilla-La Mancha che rappresenta solo il 3.4% del PIL Spagnolo ha chiesto 800 milioni di Euro a Settembre. Il governo centrale ha previsto un fondo stabilizzatore per rinvigorire le regioni autonome pari a 18 miliardi di Euro, ma l’appetito delle 5 comunità è stato sufficiente a drenarlo fino in fondo già a fine Settembre e la richiesta dell’Andalusia è salita a 5 miliardi. Va notato che altre 12 comunità autonome, tra cui la Galizia, terra nativa di Rajoy, e i Paesi Baschi, potrebbero dover ancora articolare i loro incombenti bisogni.

Nessuna Possibilità Di Scelta

Il governo guidato da Rajoy si trova di fronte al dilemma della scelta tra le sovranità che spunterebbero se i prestiti dovessero essere negati e la politica di accomodamento, che può essere sostenuta solo tramite enormi prestiti dalla banca centrale europea. Nel secondo caso sarà necessaria l’approvazione dell’UE, ma al momento l’UE sta abbozzando le procedure alle quali saranno soggette le nazioni fortemente indebitate, e i programmi dell’UE sono noti per far scoccare proteste di massa nei paesi in questione. Senza dubbio Bruxelles accetterà di aiutare il sistema bancario Spagnolo, ma dopo ciò, la Spagna, come la Grecia, dovrà separarsi da alcune possessioni a lei care, come le Isole Canarie o persino le Isole Baleari. Stime affidabili mostrano che il debito sovrano Spagnolo raggiungerà il 90% del PIL entro il 2013.

Prendendo prestiti dalla UE, il governo di Rajoy diventa di fatto incaricato di distribuire i soldi tra le regioni autonome. Queste potrebbero comunque decidere che intermediari in questo processo sono inutili. Fosse questo il caso, la spinta verso l’indipendenza attualmente in atto in queste regioni, porterà all’aggiunta di nuove stelle sulla bandiera dell’UE.

Sovrascritto è il corso degli eventi che Rajoy vuole evitare. Come soluzione, ha suggerito all’UE di emettere bond Europei collettivi da immettere sul mercato globale, ma Bruxelles sembra non considerare questa opzione. Chiaramente, la stabilizzazione dell’unità nazionale non è ciò che fa comodo all’emergente Euro-impero. Stretta in un angolo, Madrid ha creato bond governativi del valore di 186.1 miliardi di Euro nel tentativo di venderli in USD, Yuan, Rubli o qualsiasi moneta li voglia, uscendo così dalla dipendenza verso i prestiti UE. Altri bond del valore di 200 miliardi, su un periodo di 2-3 anni, dovrebbero essere emessi nel 2013. La dura verità è che, visto che la crisi globale non dà alcun segno di tramonto, il progetto sembra morto sul nascere. Di conseguenza, il futuro promette alla Spagna una delle seguenti possibilità:

• Lo scenario Greco, nel quale la Spagna dovrebbe, come primo passo, scambiare le sue isole per soldi e in futuro agire di conseguenza;
• Lo scenario Argentino, nel quale la Spagna direbbe addio all’Eurozona, entrerebbe in default e introdurrebbe una moneta nazionale;
• Lo scenario di Bruxelles, nel quale il debito Spagnolo sarebbe venduto alla banca centrale Europea.

Quest’ultimo scenario sarebbe il più macabro, dovesse materializzarsi. La Spagna non sarebbe più una nazione sovrana e si sottometterebbe al controllo degli enti sovranazionali dell’UE.

La minuziosa progettazione e l’alimentazione della crisi del debito, insieme alle polizze di Bruxelles sulla regionalizzazione, non solo sono la causa della frantumazione delle unità nazionali in Europa, ma, in una prospettiva più ampia, minacciano la sovranità nazionale e l’unità come principi generali.


Andrei Ganzha e Sergei Klimovsky
Fonte: http://www.voltairenet.org
Link: http://www.voltairenet.org/article176350.html
Traduzione di PEREA per http://www.comedonchisciotte.org

http://www.comedonchisciotte.org/site// ... &sid=11016

05/11/2012, 14:49

Censura e repressione del governo prono alla dittatura europea

ATENE, 31 OTT – Tra il governo greco e i giornalisti troppo critici e’ ormai guerra aperta: sono infatti quattro i giornalisti colpiti dalla censura di Stato – due arrestati e due sospesi dal lavoro – in altrettanti giorni per aver tutti messo in imbarazzo l’esecutivo del premier Antonis Samaras circa le politiche seguite per l’economia e per l’ordine pubblico. L’ultima vittima, il giornalista Spiros Karatzaferis – fratello di George, leader del piccolo partito di centro-destra Laos – e’ stato arrestato poco dopo la scorsa mezzanotte nello studio dell’emittente privata Art TV dove stava conducendo un programma nel corso del quale aveva detto che avrebbe prodotto documenti potenzialmente dannosi per la politica economica del governo. Poco prima di essere portato via dagli agenti, l’uomo aveva affermato di essere in possesso di informazioni ottenute dal gruppo di hacker Anonymous, che lunedi’ scorso ha attaccato il database del ministero delle Finanze trafugando e mettendo in rete documenti segreti sui negoziati fra il governo di Atene e la troika (Ue, Bce E Fmi). Il giornalista aveva inoltre detto di avere in mano le prove che il deficit della Grecia e’ stato fraudolentemente “forzato” per ottenere gli aiuti dei creditori internazionali e che le avrebbe presentate durante il programma ma e’ stato bloccato prima che potesse farlo.

http://ansamed.ansa.it/ansamed/it/notizie/stati/grecia

http://ansamed.ansa.it/ansamed/it/notiz ... 23183.html


http://www.informarexresistere.fr/2012/ ... z2BIGsqJRm


questo e' il sistema oramai vigente pure in italia,dove l'informazione e' prona ai tecnici,le poche voci discordanti,sono relegate nell'ombra piu' scura [;)]

05/11/2012, 16:30

Concordo! Non si lamenta nessuno; va bene tutto! Ipocriti! [:o)]

06/11/2012, 11:35

"L’Europa è ormai tutta felicemente conquistata.
Il programma messo a punto dalla società segreta
Bilderberg nella riunione del maggio 2009 è stato
quasi del tutto realizzato".


(di Ida Magli)

http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=254408

06/11/2012, 12:50

Crisi, quarto sciopero generale in Grecia
Proteste dei lavoratori contro i tagli da 13,5 mld


Le nuove misure di austerity della troika non vanno giù ai greci, che "bloccano" Atene. Astensione dal lavoro per uffici pubblici, scuole, trasporti, sanità, giustizia, giornalisti e farmacie

12:13 - In Grecia è iniziato lo sciopero generale di due giorni, il quarto dall'inizio dell'anno, indetto dai due maggiori sindacati del Paese per protestare contro il nuovo pacchetto di misure di austerità negoziato con la troika. Oltre ai trasporti l'astensione dal lavoro coinvolge i ministeri, la scuola, la sanità, le amministrazioni locali, la giustizia, le farmacie e i giornalisti. La polizia ha schierato centinaia di agenti nel centro di Atene.
L'ira dei lavoratori scatenata dalle nuova scure dell'austerity imposta dalla troika. I tagli voluti dalla Bce, la Ue e il Fmi ammontano a 13,5 miliardi di euro. Dieta obbligatoria per l'esecutivo greco, se vuole accedere agli aiuti europei.

Il pacchetto legislativo inizia il suo iter in Parlamento stasera, in commissione Finanze e dovrebbe essere approvato mercoledì. Giornata campale anche dentro le mure di palazzo. I socialisti del Pasok e i deputati della Sinistra democratica (Dimar), entrambi partner dell'esecutivo di coalizione, si oppongono infatti a una serie di misure proposte in cambio degli aiuti. Nel fine settimana, Samaras ha tenuto un discorso ai parlamentari conservatori, sottolineando l'importanza di salvare l'euro. "Il problema - aveva dichiarato - non è se questa misura o un'altra saranno adottate, ma cosa succederebbe se queste non dovessero passare, se l'accordo non sarà finalizzato".

http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/ar ... ecia.shtml

il progetto bieldeberg magari sara' quasi in porto,ma esistono popoli che hanno ancora voglia di non arrendersi,ad essere asserviti alle banche-- [:(!]

07/11/2012, 18:53

l’Unione europea genera guerre civili

stefano.dandreaon November 4, 2012—Leave a Comment

L’Unione europea instaura un regime di guerra permanente. Dapprima concorrenza tra imprese non mediata dagli Stati. Poi guerra di classe necessaria per l’esigenza di ricorrere alla deflazione salariale. Poi guerra ideologica contro lo Stato, accusato ingiustamente di essere il responsabile della crisi; poi guerre civili all’interno degli stati, minati nella loro unitarietà dal venir meno della coesione sociale e territoriale generato dal mercatismo unionista. E non è impossibile che alla resa dei conti, una volta implosa l’Unione europea, restino gravi conflitti politici tra nazioni, in ragione dei debiti esteri, privati e pubblici.


In Spagna, in settembre, le vendite al dettaglio sono crollate del 10,9% annuale destagionalizzato. Un crollo enorme. Tra le cause c’è certamente la recessione che dura da oltre due anni ma c’è anche la “cura” suggerita dall’Unione europea. In particolare l’aumento dell’IVA: l’aliquota ordinaria è aumentata dal 18% al 21%; quella speciale dall’8% al 10%;ed è stata prevista l’applicazione dell’aliquota ordinaria, anziché di quella speciale, come in precedenza, per molti beni e servizi.

Ma la causa principale del crollo delle vendite al dettaglio è che la Spagna si è auto-dissolta come Stato, aderendo all’Unione europea. La moneta spagnola non si svaluta, anzi non esiste. Pertanto non è possibile promuovere le esportazioni e la produzione interna – con la svalutazione i beni strumentali spagnoli costerebbero molto meno rispetto a quelli stranieri e sarebbero preferiti dalle industrie spagnole: la svalutazione non promuove soltanto le esportazioni ma anche la produzione interna. Inoltre, le chiusure che sarebbero necessarie per politiche espansive (per chiusure intendo le limitazioni alla circolazione dei fattori produttivi) non sono consentite dall’Unione europea; dunque le politiche espansive non sono possibili o efficaci.

L’ingenuo o il finto ingenuo potrebbe obiettare: la Spagna sta pagando le conseguenze della bolla immobiliare.

Ma è agevole replicare con domande retoriche: la Spagna poteva limitare l’afflusso di capitali negli anni in cui è cresciuta la bolla? No, non poteva. L’unione europea non lo permetteva.

La Spagna poteva programmare la direzione dei capitali, indirizzandoli verso settori produttivi, anziché interamente nel settore immobiliare? No, non poteva, perché sarebbe incorsa in violazioni dei divieti di aiuti di stato o in limitazione della circolazione dei capitali (e non è detto che Germania e Francia li avrebbero elargiti tanto facilmente). L’Unione europea ostracizza ogni forma di programmazione economica e fa del territorio europeo uno “spazio aperto senza frontiere” dove deve svolgersi la lotta tra capitali nella forma consueta della deflazione salariale (e dei redditi da lavoro tutti).

D’altra parte, se la Spagna avesse avuto una moneta propria, soggetta a svalutazione nei confronti dell’euro, i capitali sarebbero affluiti in misura molto minore, perché il capitale prestato all’estero (nel nostro caso da Germania e Francia) ha il terrore della svalutazione (come quello prestato all’interno di uno stato ha il terrore dell’inflazione). Ma la Spagna non aveva una moneta propria.

Dunque l’Unione europea è stata la causa della crisi (ferme le responsabilità della nullità Zapatero), sta causando il crollo della nazione (non della sola economia nazionale spagnola) ed è ostacolo insuperabile per ogni possibile ripresa.

La disoccupazione ufficiale spagnola è arrivata al 25% ma tutte le politiche utili in questa grave situazione e volte a promuovere l’occupazione – politiche le quali tendenzialmente coincidono con quelle che sarebbero necessarie ad evitare il crollo del mercato interno e a promuovere la ripresa – sono impossibili e vietate dall’Unione europea. Nemmeno il ricorso all’arma con la quale la Germania ha vinto la guerra fratricida, combattuta nell'ultimo decennio, è possibile: una grave deflazione salariale genererebbe il crollo della domanda interna, anche perché la Spagna non disporrebbe, a causa dei divieti dell’Unione europea, di mezzi per indirizzare produzione e consumo verso il mercato interno.

Dentro l’Unione europea la Spagna è spacciata. Nei prossimi due anni subirà il crollo del PIL e si troverà nella situazione greca, anche se con un debito pubblico (inizialmente) inferiore ma destinato ad aumentare continuamente. Ma i problemi non finiscono qua. Anzi con il crollo delle produzione i problemi cominciano. La Spagna, a differenza della Grecia, ha da tempo territori che aspirano all’indipendenza e, come è logico, le gravi crisi economiche allentano la coesione sociale e territoriale e rinsaldano enormemente le aspirazioni indipendentistiche.

Infatti, uno o due milioni di catalani hanno manifestato chiedendo l’indipendenza della catalogna (le fonti forniscono le due cifre ma si tratta comunque di tantissima gente: complessivamente i catalani sono sette milioni e mezzo). L’esercito spagnolo ha reagito con dichiarazioni molto dure ma ovvie. Il colonnello Francisco Alaman ha descritto i catalani come "avvoltoi" e ha avvertito: "L'indipendenza della Catalogna? Dovranno passare sul mio cadavere. La Spagna non è la Yugoslavia od il Belgio. Anche se il leone sta dormendo, non svegliatelo perché potrebbe tirar fuori una ferocia collaudata da secoli". E “il Tenente Generale Pedro Pitarch ha dichiarato che le parole di Alaman riflettono "il pensiero profondamente radicato in gran parte delle forze armate" (1). Inutile dire che gli indipendentisti hanno precisato di voler creare un altro stato “dentro l’Unione europea”.

Ingenuo rimanere stupiti dinanzi alle dichiarazioni dell’esercito spagnolo, che è tenuto, in forza della costituzione, a difendere l’unità della Spagna. Chi tifa per gli indipendentisti catalani – del tutto legittimamente: si tratta di una opinione come le altre – tifa per la vittoria in una guerra civile. La storia insegna che l’indipendenza si conquista o si tenta di conquistare quasi sempre con guerre di indipendenza. E le guerre di indipendenza e in genere le guerre civili sono tradizionalmente le più cruente.

Ora si dà il caso che chi scrive aveva previsto questo effetto dell’Unione europea, il quale è nella logica delle cose. Non si può volere l’Unione europea, con gli squilibri che essa genera, senza voler assumere il rischio (o, addirittura, senza desiderare) che gli Stati, perduta la possibilità di porre fine a gravi crisi economiche, vedano diminuire progressivamente la coesione sociale e territoriale, con il conseguente stimolo di tendenze politiche all’indipendenza e in generale di posizioni politiche che scambino la salvezza con la fuga. Avevo scritto nella introduzione al mio personale manifesto, con il quale mi sono presentato per accedere alle catacombe di internet: “Intanto il tempo trascorre e la soluzione jugoslava alla crisi della Repubblica comincia a intravedersi all'orizzonte, non certo come necessità ma comunque come possibilità”. Ero stato pessimista, lo confesso. Infatti, guardavo all’Italia e al venir meno, in modo evidente e palpabile, della coesione territoriale e sociale generato dall’Unione europea. Non avevo considerato che ben prima dell’Italia sarebbe crollata la Grecia e soprattutto la Spagna. Dobbiamo proprio attendere che la tragedia spagnola esploda per comprendere i rischi che corriamo? E non vogliamo sentirci europei in senso nobile – in questo senso certamente mi sento europeo – da voler evitare la tragedia spagnola?

L’Unione europea instaura un regime di guerra permanente. Dapprima concorrenza tra imprese non mediata dagli Stati. Poi guerra di classe necessaria per l’esigenza di ricorrere alla deflazione salariale. Poi guerra ideologica contro lo Stato, accusato ingiustamente di essere il responsabile della crisi; poi guerre civili all’interno degli stati, minati nella loro unitarietà dal venir meno della coesione sociale e territoriale generato dal mercatismo unionista. E non è impossibile che alla resa dei conti, una volta implosa l’Unione europea, restino gravi conflitti politici tra nazioni, in ragione dei debiti esteri, privati e pubblici.

Ancora una volta, il buonismo rivela la sua indole malefica. L’europeismo buonista potrebbe rivelarsi la fonte di una tragedia europea di proporzioni immani.

(1) http://www.comedonchisciotte.org/site/m ... &sid=10912. Si legga anche - per le informazioni, non certo per le valutazioni buoniste e pseudo-democratiche (cosa preveda la democratica costituzione spagnola non interessa agli pseudo democratici buonisti) – http://www.comedonchisciotte.org/site/m ... &sid=10959

http://www.appelloalpopolo.it/?p=7678


..cio' sarebbe l'esatto contrario di quanto propinato fino ad ora x convincere gli euroscettici........................[}:)]

07/11/2012, 19:21

Banda di falsari ...! [:(!] [:o)]

07/11/2012, 20:23

Grecia, ancora scontri ad Atene Stasera il voto sul "pacchetto austerità"

Il governo Samaras è davanti ad un test importante. E'il secondo giorno di sciopero generale. I sindacati sono in guerra

http://www.liberoquotidiano.it/news/est ... rita-.html


ci sono persone che hanno voglia ancora di lottare,x non finire sul lastrico........................[:(!]

07/11/2012, 20:59

ubatuba ha scritto:
ci sono persone che hanno voglia ancora di lottare, x non finire sul lastrico...............[:(!]


In questo senso, abbiamo molto da imparare da quel popolo......

07/11/2012, 23:51

Thethirdeye ha scritto:

ubatuba ha scritto:
ci sono persone che hanno voglia ancora di lottare, x non finire sul lastrico...............[:(!]


In questo senso, abbiamo molto da imparare da quel popolo......






dimostra di essere un popolo con gli attributi.........[:(!]

08/11/2012, 00:02

Non abbiamo nella nostra "radice" culturale il concetto di protesta contro tagli e misure drastiche del governo.Finchè avremo la nostra auto,le ferie d'Agosto,il campionato di calcio e il poster di Belen,vorrà dire che la protesta di piazza,restera polemica spicciola.

08/11/2012, 14:00

AleBon ha scritto:

Non abbiamo nella nostra "radice" culturale il concetto di protesta contro tagli e misure drastiche del governo.Finchè avremo la nostra auto,le ferie d'Agosto,il campionato di calcio e il poster di Belen,vorrà dire che la protesta di piazza,restera polemica spicciola.



Infatti! [:(]
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