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MessaggioInviato: 16/09/2011, 02:43 
la questione è proprio questa...lottare contro i mulini a vento potrebbe sembrare eroico ma la sostanza è che resta solo il tempo perso e poco più...è un dato di fatto che la maggior parte degli esseri umani vive in uno stato di dormiveglia alla matrix alimentando non le macchine ma un sistema corrotto e ingiusto...sarebbe bello se tutti sapessero non solo guardare ma anche vedere e riuscissero ad agire ma purtroppo non è così e i pochi che hanno quel qualcosa in più si devono adattare cercando il male minore che nel caso specifico di certo non sono le centrali basate sui carburanti fossili e sul gas...le cifre parlano chiaro,quasi un milione di vittime ogni anno per colpa di questi ultimi contro poche migliaia(escludendo le vittime belliche) causati in totale dal nucleare...solo questo dovrebbe bastare a mio avviso...


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MessaggioInviato: 18/09/2011, 15:59 
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wwallace ha scritto:

la questione è proprio questa...lottare contro i mulini a vento potrebbe sembrare eroico ma la sostanza è che resta solo il tempo perso e poco più...è un dato di fatto che la maggior parte degli esseri umani vive in uno stato di dormiveglia alla matrix alimentando non le macchine ma un sistema corrotto e ingiusto...sarebbe bello se tutti sapessero non solo guardare ma anche vedere e riuscissero ad agire ma purtroppo non è così e i pochi che hanno quel qualcosa in più si devono adattare cercando il male minore che nel caso specifico di certo non sono le centrali basate sui carburanti fossili e sul gas...le cifre parlano chiaro,quasi un milione di vittime ogni anno per colpa di questi ultimi contro poche migliaia(escludendo le vittime belliche) causati in totale dal nucleare...solo questo dovrebbe bastare a mio avviso...



Forse dovresti rivedere le cifre...
ti ricordo che per Chernobil si muore ancora oggi...


Ultima modifica di EddyCage il 18/09/2011, 16:00, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 28/11/2012, 01:35 
La centrale inquina? Facciamola in Italia
Ambientalisti ricorrono al Tar contro il progetto

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Gli svizzeri del Cantone dei Grigioni sono molto attenti ai temi ambientali: sanno che il riscaldamento globale può sconvolgere il profilo millenario delle loro Alpi. Nel programma del loro governo infatti ci sono chiare assunzioni di responsabilità e impegni di investimento nell’ambiente. Ma solo fino alla soglia di casa. Perché questo non gli impedisce di programmare la costruzione in Italia di una centrale a carbone che non accetterebbero mai sul loro territorio. E’ quello che Markus Keller, tra i promotori di un referendum contro il carbone in Svizzera, non esita a definire un “nuovo colonialismo”. La centrale in questione è quella che sta per vedere la luce a Saline Ioniche, in provincia di Reggio Calabria, da parte del consorzio Sei, capeggiato dalla società svizzera Repower, che – spiega Keller – “appartiene per l’80% a enti pubblici: una contraddizione palese e molto imbarazzante”.

Per fermare questo progetto che definiscono “inutile e dannoso” le quattro più importanti associazioni ambientaliste italiane, Greenpeace, Legambiente, Lipu e Wwf, hanno presentato un ricorso al Tar contro il via libera della presidenza del Consiglio dei ministri. Un sì arrivato dopo e a sprezzo di molti no, spiega Nuccio Barillà, di Legambiente: “C’è stato il parere negativo del ministero dei Beni culturali per la presenza archeologica e per i vincoli paesaggistici, ma soprattutto si è ignorato il piano energetico della Regione Calabria (che ha presentato a sua volta ricorso) che vieta espressamente la costruzione di centrali a carbone e punta sul mix tra rinnovabili e efficienza energetica”. Barillà sottolinea che si tratta di un territorio famoso in tutto il mondo per la produzione di bergamotto, coltivazione di pregio che dà lavoro a 700 aziende e la cui coltivazione sarebbe messa a grave rischio dalle emissioni. Non vale neanche il ricatto occupazionale, se la centrale è in grado di assicurare soltanto 140 posti di lavoro, a fronte di un investimento di un miliardo e mezzo di euro.

La combustione di carbone rappresenta la più grande fonte artificiale di anidride carbonica, secondo molti studiosi causa primaria del riscaldamento globale. Le associazioni ambientaliste si chiedono che senso abbia programmare la costruzione di una nuova centrale a carbone mentre si discute di una politica energetica fondata su fonti pulite, rinnovabili. Proprio mentre è in corso, a Doha, in Qatar, fino al 7 dicembre, il nuovo vertice internazionale sul clima. “Eppure – commenta Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia – la quota di energia ricavata dal carbone nel nostro piano nazionale è ancora del 13%, che causa oltre il 30% delle emissioni totali: una percentuale che occorre abbattere al più presto”.

L’impatto non è solo sul clima, ma soprattutto sulla salute: Greenpeace ha fatto una stima dei danni basata su un algoritmo dell’Agenzia ambientale europea, secondo il quale la centrale di Saline Ioniche, con 7,6 milioni di tonnellate di CO2, causerebbe ogni anno 44 morti premature, 101 milioni di costi sanitari, 500mila euro di danni all’agricoltura e 250 milioni di euro. Ma Saline Ioniche è solo una parte del “fronte del carbone”: altri punti caldi sono Porto Tolle (progetto di riconversione da olio combustibile in pieno parco del Delta del Po), Vado Ligure (progetto di ampliamento della centrale esistente), Sulcis. In tutta Italia ci sono 13 centrali a carbone, l’unica di nuova generazione è quella di Civitavecchia. Le associazioni ambientaliste chiedono che dalla Strategia energetica nazionale “venga eliminata la quota di carbone prevista e si sviluppino fonti di energia pulita e più efficienti”. Chiunque sia interessato può firmare la petizione http://stopcarbone.wwf.it/firma-la-petizione.html

http://www.televideo.rai.it/televideo/p ... p?id=14149


Ultima modifica di vimana131 il 28/11/2012, 01:35, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 28/11/2012, 20:58 
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vimana131 ha scritto:

La centrale inquina? Facciamola in Italia
Ambientalisti ricorrono al Tar contro il progetto

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Gli svizzeri del Cantone dei Grigioni sono molto attenti ai temi ambientali: sanno che il riscaldamento globale può sconvolgere il profilo millenario delle loro Alpi. Nel programma del loro governo infatti ci sono chiare assunzioni di responsabilità e impegni di investimento nell’ambiente. Ma solo fino alla soglia di casa.


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Ah che fetentoni di svizzeri siamo, mi son detto leggendo questo articolo.
Ma guardiamo la situazione sotto un altro punto di vista [;)]
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giovedì 18 ottobre 2012

L’Italia vuole la centrale a carbone che gli svizzeri (e i calabresi) non costruirebbero mai a casa loro.


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"Se l’Italia prevede la produzione di energia attraverso l’utilizzo di gas, carbone o altre fonti, e se vogliamo partecipare a quel mercato, dobbiamo rispettare le norme vigenti di quel paese" (Mario Cavigelli, responsabile del dipartimento energia del Cantone dei Grigioni, Svizzera).

Siamo attivi nel mercato italiano, dove abbiamo un volume di affari dieci volte superiore a quello svizzero. Costruiamo una centrale in Italia per il mercato italiano.” Kurt Bopst – CEO di Repower motiva così i 9000 franchi svizzeri che la sua società ha dato ai manifestanti italiani, intervenuti a sostegno del progetto di costruzione di una centrale a carbone a Saline Joniche (RC).

La manifestazione di protesta era organizzata dagli ambientalisti svizzeri, a Coira, nel Cantone dei Grigioni. “E’ molto brutto che un’azienda grigionese faccia questo, è inaccettabile che un’azienda di proprietà del Cantone dei Grigioni (46%) usi questi metodi poco trasparenti e poco democratici”, commenta così Jon Pult, gran consigliere del PS svizzero. Il primo motivo di scandalo, per gli svizzeri, è dunque il contributo erogato per la contro-protesta. Ma non è il solo.

Costruire una centrale a carbone che molti non vogliono, oltre tutto in un territorio infiltrato dalla mafia”. Un concentrato di problemi in una sola frase, la prima in apertura del servizio andato in onda sul canale LA1 della televisione svizzera. Certo, sono problemi per chi li rileva come tali, l’informazione e i cittadini svizzeri, ma non sono problemi in termini assoluti. E infatti, il consigliere di Stato grigionese - Mario Cavigelli, responsabile del dipartimento energia del Cantone - avvalla l’operazione di Repower

Se l’Italia prevede la produzione di energia attraverso l’utilizzo di gas, carbone o altre fonti fossili, e se vogliamo partecipare a quel mercato, dobbiamo rispettare le norme vigenti di quel paese. Non possiamo prendere gli standard svizzeri e trasferirli in Italia. L’Italia è un paese autonomo e può decidere da sé gli standard delle fonti energetiche che desidera” E continua “se io voglio un’impresa attiva a livello interazionale, sono le leggi di quel paese a essere determinanti. Naturalmente l’impresa deve seguire una condotta corretta e a quel punto se l’Italia dice - vogliamo dell’energia e vogliamo produrla nel nostro paese - e se dice che il carbone almeno per i prossimi decenni le va bene, allora non vedo alcun problema”.

Ci si sente un po’ paese del c.d. terzo mondo, terra di conquista per i “paesi ricchi” che vogliono fare profitti senza pregiudicare il loro ambiente di vita. Ammesso che ciò sia possibile posto che, come noto, condividiamo un unico ambiente.

E d’altra parte l’Italia appartiene anche al primo mondo, quello predatorio, ricco e miope, che con i suoi gioielli di Stato, Eni ed Enel, sbarca in Nigeria a caccia di petrolio e in America Latina a caccia di acqua e certificati verdi. Sì, perché l’energia idroelettrica è fonte rinnovabile, anche quando non rispetta i diritti dell’ambiente e delle comunità locali.

E a proposito delle comunità locali, il servizio continua implacabile “resta il fatto che in Svizzera sarebbe impossibile costruire una centrale contro la volontà popolare ma in Italia, si sa, la democrazia diretta non esiste. Ecco perché il WWF svizzero, che si oppone al progetto, ha commissionato un sondaggio in Calabria per dimostrare al governo grigionese che Repower lede la volontà popolare.”

L’impianto ha avuto la Valutazione d’Impatto Ambientale positiva, ma parere negativo da parte della regione Calabria, che ha inoltrato ricorso. Secondo il sondaggio del WWF la maggioranza dei cittadini è contraria, come pure i comitati locali e le associazioni ambientaliste. Favorevole invece la Confindustria, come riporta questo articolo del Sole24ore

In Svizzera dunque una centrale a carbone non potrebbe essere costruita, anche in ragione della politica energetica che privilegia le fonti rinnovabili e limita l’uso del carbone per le attività industriali di cementifici e fonderie. E neppure costruirebbero qualsiasi cosa in contrasto con la volontà dei cittadini. Ma si sa, dicono gli svizzeri, in Italia la democrazia diretta non esiste!

- A questo link si può vedere l’intera puntata del reportage televisivo, in italiano.

http://la1.rsi.ch/_dossiers/player.cfm?uuid=c9029a19-6ad0-4744-ba83-a53bdd22eda3

- Sul caso di Saline Joniche anche qui http://speziapolis.blogspot.it/2012/05/da-saline-joniche-malosco-in-cerca-di.html#more

- Su Eni e Nigeria qui http://speziapolis.blogspot.it/search?q=nigeria

e qui http://www.recommon.org/campagna-delta-del-niger-nigeria/

- Sui conflitti di Enel, in Italia e in America latina qui http://www.recommon.org/enel-energia-per-chi-a-quale-costo/

Source: SpeziaPolis: L’Italia vuole ...ostruirebbero mai a casa loro.

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Aggiungo una interrogazione di un parlamentare
al Consiglio Federale del 2008
http://www.parlament.ch/i/suche/pagine/ ... d=20123626
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Ed un servizio del 2011
[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=ATkkzZDlf6A[/BBvideo]


Ultima modifica di Wolframio il 28/11/2012, 21:20, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 28/11/2012, 21:09 
Ci aspetta un futuro grigio. Nel mondo 1.199 nuove centrali a carbone

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By Edoardo Capuano - Posted on 26 novembre 2012

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Lo studio di Global Coal Risk Assessment sui progetti delle compagnie energetiche di tutto il mondo. Tre quarti riguardano il subcontinente asiatico e la Cina, ma anche l'Europa fa la sua parte. Andrea Boraschi (Greenpeace): “Contributo enorme a gas serra, si va verso il caos climatico"

Il futuro è sporco: nero come il carbone che alimenta le centrali di oggi e, soprattutto, quelle di domani. Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia, “la domanda di carbone nel mondo crescerà del 21% entro il 2035”.

Sono già più di mille i nuovi impianti in arrivo: bruciando il buon vecchio combustibile fossile, immetteranno in atmosfera una quantità di gas serra pari a quelle dell’intera Cina, ormai il più grande inquinatore del pianeta.

Catastrofe climatica assicurata, avverte il World Resources Institute, ma l’allarme cade nel vuoto: l’importante, per i super-produttori, è garantirsi energia a basso costo. Proprio la Repubblica Popolare, insieme all’India, ospiterà più di tre quarti di questi nuovi impianti.

I due giganti asiatici però non sono soli: fra i 10 principali importatori e utilizzatori di carbone restano anche nazioni europee “virtuose” come la Germania, il Regno Unito e, nonostante la forte vocazione nuclearista, la Francia.

Il combustibile più inquinante del mondo non passa mai di moda: come 200 anni fa, è ancora leader nell’industria energetica. Sono infatti 483 le compagnie elettriche che, in tutti i continenti, si apprestano a costruire ben 1.199 nuove centrali. Impianti che, come evidenzia lo studio Global Coal Risk Assessment (qui il documento integrale, in inglese), saranno capaci di fornire elettricità per oltre 1.400 Gw: una quantità di energia enorme, pari a quattro volte quella attualmente prodotta (con il carbone) negli Stati Uniti d’America.

Il record di progetti è detenuto dall’India, che da sola costruirà 455 nuove centrali; segue la Cina, con 363. E le 381 rimanenti? Saranno sparse in 57 altri Paesi. Fra cui l’Italia, dove lo studio prevede i cantieri per l’avvio di 4 nuovi impianti.

Si presenta uno scenario pericoloso che ci allontana dalla possibilità di tenere sotto controllo gli effetti del riscaldamento globale, avverte il Wri. Eppure, secondo la coordinatrice dello studio, Ailun Yang, le speranze di rimediare al peggio ci sono. Se non altro per le politiche climatiche che, nei prossimi anni, renderanno meno appetibile l’opzione del “carbon power” anche a livello finanziario.

A partire dai nuovi limiti delle emissioni previsti per gli Usa o per la stessa Cina che, appunto, “potranno dare segnali molto forti circa i rischi per la futura performance finanziaria del carbone”. Sì, perché al di là dell’aspetto ambientale, sono enormi le cifre investite dalle principali banche del pianeta nel combustibile più “sporco”. A partire dalla Banca Mondiale che, nonostante i suoi recenti appelli allarmistici sulla crisi climatica globale, solamente negli ultimi sei anni ha finanziato la coal industry per un totale di 5,3 miliardi dollari.

Se il vecchio carbone vivrà una nuova giovinezza in Europa e in Giappone, ci sono Paesi come Turchia e Russia che – riguardo a nuove centrali – coltivano progetti ambiziosi ma ancora incerti.

Senza contare la costellazione di economie emergenti (dal Senegal alla Cambogia, fino all’Uzbekistan) che hanno fame di energia immediata e poco costosa, ma non dispongono di giacimenti entro i propri confini.

Tra vent’anni, in ogni caso, la domanda sarà enormemente accresciuta, conferma l’Aie nel suo World Energy Outlook annuale. Uno scenario che, secondo il responsabile della Campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia, Andrea Boraschi, deve preoccupare: costruire oggi infrastrutture energetiche di quel tipo vuol dire “aggiungere un contributo enorme alle emissioni di gas serra per almeno 30 o 40 anni”. È questione di numeri, avverte Boraschi: anche se l’Europa dovesse frenare, “se Cina e India non invertiranno presto la rotta, la strada verso il caos climatico sarà sempre più breve e diretta”.

Autore: Andrea Bertaglio / Fonte: ilfattoquotidiano.it

Source: Ci aspetta un futuro grigio. N...i a carbone | http://www.ecplanet.com


Ultima modifica di Wolframio il 28/11/2012, 21:09, modificato 1 volta in totale.


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