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Idea: e se Parigi uscisse dall’euro?
31 - 03 - 2013
Brigitte Granville
http://www.formiche.net/2013/03/31/idea ... -dalleuro/
Effetto-crisi: perfino il nerbo storico del progetto europeo, la Francia, non esclude più di abbandonare l’euro. E l’effetto netto potrebbe essere tutto sommato positivo per l’Europa.

La dura realtà della crisi permette a ciò che prima sembrava impensabile di farsi strada nel dibattito pubblico. L’idea che oggi si osa pronunciare in Francia è che il Paese affonderebbe in una condizione ancora più grave se non recuperasse la propria sovranità monetaria.

I dubbi francesi

Due sorprendenti dichiarazioni rilasciate da leader francesi all’inizio dell’anno hanno chiarito quest’idea. Il presidente Hollande, preoccupato dall’apprezzamento dell’euro rispetto alle altre grandi monete mondiali, ha invocato un tasso di cambio target. Il ministro delle finanze Pierre Moscovici ha detto poi che l’Europa potrebbe garantire alla Francia un ritardo nel raggiungimento del target vincolante del deficit (3% del Pil). Queste posizioni implicano il desiderio di esercitare un potere monetario sovrano sulle regole e decisioni dell’Unione economica e monetaria. Nel 1989-91 la stessa ragione fu dietro la decisione di Mitterand di imporre l’euro alla Germania – in pratica, di imbrigliare il potere della Bundesbank all’interno di una rete in cui la Francia pensava di poter esercitare una forte influenza. Dato che la moneta unica era la condizione francese per accettare la riunificazione francese, i tedeschi dovettero accettarla. Due decenni dopo, potrebbero aver cambiato idea.


La strada stretta dell’Europa

La crisi dei debiti sovrani ha denudato la realtà dell’unione monetaria, dal momento che i cambi fissi e immutabili fissano e approfondiscono le differenze di competitività tra gli Stati membri dell’eurozona. In un’unione monetaria ci sono solo due modi per ridurre i gap di competitività: trasferimenti dai Paesi più avanzati a quelli più arretrati oppure svalutazioni interne – in altre parole: riduzioni dei salari reali. Non sorprende che la preferenza sia stata accordata al primo modo. Fino alla crisi finanziaria del 2008, i trasferimenti sono stati nella forma di prestiti privati internazionali a banche e governi. A seguito della crisi creditizia, i trasferimenti fiscali hanno sostituito quelli di capitale privato, provocando l’aumento a dismisura dei deficit. E ora che il governo tedesco, in quanto principale prestatore, chiede ragione dei trasferimenti ai Paesi più deboli dell’eurozona, questi vengono condizionati a misure di austerità: cioè, di svalutazione interna.


Hollande contro l’euro forte

I salvataggi ad opera del Meccanismo europeo di stabilità sono l’esempio più chiaro di questo modello, mentre il fiscal compact impegna i Paesi membri a misure fiscali restrittive e riforme strutturali. Maggiore austerità è una condizione vitale perché la Banca centrale europea sia disposta a comprare quantità illimitate di debito a breve dei Paesi in difficoltà. Ad oggi, quest’arma ha avuto l’effetto desiderato, senza che sia stato necessario usarla. I mercati finanziari dell’eurozona si sono stabilizzati, e l’euro si è apprezzato su dollaro e yen. Ma, come indicato dalle recenti dichiarazioni di Hollande, questo apprezzamento è l’ultimo cosa di cui un Paese poco competitivo come la Francia abbia bisogno. Sebbene il governo francese, diversamente da quello spagnolo e italiano, non abbia ancora difficoltà a finanziarsi a bassi tassi di interesse, l’apprezzamento dell’euro in una fase recessiva è come benzina sul fuoco.


Che farà la Germania?

Se non torna la crescita, il già alto debito pubblico francese si gonfierà in modo insostenibile, aumentando il rischio che gli investitori esteri abbandonino i titoli di Stato dell’Esagono. Da questa difficoltà emerge l’idea affascinante che il mercato obbligazionario in fondo preferisca meno austerità fiscale come via per aumentare la crescita economica, con ciò facendo apparire più sostenibile nel lungo termine un alto livello di indebitamento. Non sorprende che Moscovici spinga per una “decisione collettiva europea” che renda più flessibili i termini fiscali del Trattato, per rispettare il quale la Francia dovrebbe fare nuovi massicci tagli di spesa. La Germania accetterà mai questa proposta, o l’implicita richiesta di Hollande che la Bce segua l’esempio giapponese e attui una politica monetaria più espansiva per ridurre il tasso di cambio? A differenza del Giappone, però (e degli Stati Uniti, naturalmente), Parigi è membro di un’unione monetaria, e non può perseguire unilateralmente obbiettivi domestici. Per evitare il disastro, ci sono dunque solo due opzioni: forzare in qualche modo la mano alla Germania o fare da soli.


Pensare l’impensabile

Ci sono due ragioni per cui, ad ora, la seconda opzione (l’abbandono dell’unione monetaria) è stata impensabile. La prima riguarda i rischi economici e finanziari. Abbandonare l’euro provocherebbe una crisi bancaria, fuga dei capitali, inflazioni e forse perfino un default del debito. D’altra parte, la maggiore competitività e l’erosione del valore reale del debito compenserebbe rapidamente questi costi, ricostruendo la fiducia nelle prospettive dell’economia francese. Il successo di questa strategia dipenderebbe dalla credibilità delle politiche del governo: quella monetaria, quella fiscale e soprattutto le radicali e indispensabili riforme dal lato dell’offerta, per le quali a quel punto ci sarebbero margini sufficienti.


Meglio soli che male accompagnati

Lo spettro di una continua stagnazione economica e della disoccupazione in continua crescita (con i lavoratori giovani e anziani più colpiti) dovrebbe rimuovere il secondo ostacolo, di natura geopolitica, all’uscita della Francia dall’eurozona. Per le élites dell’Esagono dalla Seconda guerra mondiale in avanti, l’alleanza con la Germania è stata fondamentale per proiettare potere e influenza francese. Queste ambizioni dovrebbero oggi essere sacrificate in nome del mantenimento della qualità della vita dei cittadini francesi. La Francia non recupererà la sua forza economica senza mettere da parte l’euro. Anche in questo caso, non si vede perché le relazioni con gli altri Paesi europei dovrebbero soffrirne più di tanto. Al contrario, la prosperità sostenibile che ne risulterebbe creerebbe condizioni molto più sane per continuare sulla strada di una “unione sempre più forte” in Europa.

© Project Syndicate 2013Brigitte Granville, docente di economia internazionale al Queen Mary University di Londra



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MessaggioInviato: 01/04/2013, 16:26 
ADESSO LA MERKEL VUOLE I NOSTRI RISPARMI
Lunedì, 01 Aprile 2013.
http://www.claudioborghi.com/claudio-bo ... i-risparmi


La nostra Borsa ha “salutato” l’accordo di Cipro con una caduta del 2,5%. In Spagna i titoli di Bankia, istituto di credito in difficoltà sono andati a zero. Come mai? Nei documenti ufficiali della Commissione Europea si legge spesso questa frase: “La stabilità della moneta ha reso l’area Euro una destinazione attraente per gli investimenti”. Se mai era stato vero in passato, di certo oggi niente è più lontano dalla realtà, o meglio, di certo non è più vero per i paesi dell’Europa periferica in cui noi, nostro malgrado, ci troviamo. Da questi Stati, a furia di tasse, austerità e decisioni politiche strampalate e sempre “eccezionali”, il denaro sta venendo schiacciato fuori come da un tubetto di dentifricio. Ricordiamo da dove siamo partiti per capire meglio le conseguenze di questi errori ripetuti. La madre di tutti i disastri è stata la Grecia: anche allora si pensava che, come Cipro, una piccola economia non avrebbe danneggiato l’intera eurozona e si è pensato come “punizione” di imporre perdite ai detentori di titoli di stato ellenici. Gli investitori però impiegano molto poco a ragionare per analogia: il dire che un titolo di stato in Euro era in realtà molto diverso a seconda di chi lo emetteva ha creato il mostro dello spread, con titoli di “serie A” emessi dai paesi più forti e titoli di serie inferiore emessi dagli stati più vulnerabili. A loro volta le banche che possedevano questi titoli, sicuri fino al giorno prima, sono andate in crisi. Il credito si è congelato mettendo in difficoltà le imprese e di conseguenza inguaiando anche le banche che avevano finanziato il privato invece del pubblico. Invece di fornire garanzie credibili riconoscendo l’errore e placando i risparmiatori, in scia alla mossa di Draghi che promise interventi illimitati, ecco che l’eurogruppo, capitanato dal ministro delle finanze olandese Djisselbloem, ha dato il via a provvedimenti sconclusionati e ammantati di un moralismo senza ragion d’essere. L’Eurocrate ha servito l’aperitivo in casa sua, nazionalizzando all’improvviso SNS, la quarta banca olandese con l’esproprio di azionisti ed obbligazionisti subordinati. Si badi bene, mai era stato utilizzato lo strumento dell’esproprio: risparmiatori di tutta Europa, Italia in primis, si sono visti letteralmente sottrarre i titoli detenuti nel loro conto in banche domestiche e lo stato olandese si terrà ogni utile futuro relativo a tali titoli. Un’azione che sarebbe sembrata aggressiva persino alla buon’anima di Chavez in Venezuela. A Cipro, con banche danneggiate proprio dal “peccato originale” greco, si è alzato il tiro e si sono colpiti anche gli obbligazionisti senior e i correntisti, con in più lo spettro del controllo dei capitali. Soltanto un tardivo rinsavimento ha “salvato” la follia di aggredire anche i depositi garantiti sotto i 100mila euro. A questo punto lo stesso pensiero che ha spaventato i detentori di titoli di Stato dopo la Grecia sta terrorizzando obbligazionisti e depositanti di tutta Europa: vuoi vedere che nonostante la BCE le banche non sono tutte ugualmente sicure? Ecco il rassicurante regalo della Troika: un bel siluro alle banche dei paesi più vulnerabili e la nascita di un futuro superspread bancario che costringerà la periferia a finanziarsi a tassi insostenibili con conseguente ulteriore danno per le imprese. Un passo indietro di secoli che rischia di farci tornare all’era delle corse agli sportelli. La Germania ride e allarga le braccia pronta a ricevere la seconda ondata di capitali in fuga e noi stiamo a guardare: illusi di poter attirare capitali in quella che sta diventando, per ragioni politiche, non economiche, una nassa per risparmiatori.



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MessaggioInviato: 01/04/2013, 23:27 
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Blissenobiarella ha scritto:

RAgazzi, tenete a mente questa notiza...se confermata è di quelle rivelatrici.

01 Aprile 2013
CIPRO, CONCESSIONI SULLE ACQUE TERRITORIALI IN CAMBIO DEL SALVATAGGIO
DI: REDAZIONE - LA TRATTATIVA SOTTOBANCO CON BERLINO E LA SVENDITA DELLE RISORSE NATURALI DI CIPRO
http://clubcapretta.it/index.php?option ... Vl9JKIqx2A


Immagine


Si sa, nessuno da' niente per niente.

E quando si prende, bisogna avere qualcosa da dare.

E quando non hai più niente da dare, finisce che paghi in natura.

Risulta infatti che, come garanzia sul prestito della bce, Berlino ha ottenuto il diritto di sfruttamento delle acque territoriali di Cipro per i prossimi 99 anni a partire da oggi.

Saranno infatti aziende tedesche che avranno il diritto di entrare nelle acque cipriote, per la prospezione e l'eventuale sfruttamento delle risorse petrolifere (come se nel mediterraneo ci facesse piacere, avere un'altra catastrofe in stile BP golfo del messico), per il possibile sfruttamento del giacimento di metano parzialmente condiviso con Israele e sufficiente per placare la fame di gas naturale europeo per 50 anni buoni, oltre che per lo sfruttamento delle notoriamente pescose e ricche zone FAO, conosciute soprattutto per la presenza del pregiato tonno rosso del mediterraneo, amato dai giapponesi, pescato, macellato e congelato direttamente in barca, spedito per via aerea in Giappone e battuto all'asta a carissimo prezzo al mercato del pesce di Tokio.

Almeno quel poco che ne è rimasto.

Insomma, grassi affari. Bel colpo, salvare Cipro.

Eric Mackerel, presidente dell'associazione tedesca marittimi commerciali, ha dichiarato: "nessuna trattativa sottobanco, Cipro ha deciso di aprire le sue acque territoriali allo sfruttamento commerciale, noi abbiamo fatto la nostra proposta ed abbiamo battuto le offerte di greci, francesi, inglesi ed americani perché la nostra proposta era la migliore".

Guarda caso, proprio la proposta tedesca.

Saluti particolarmente felici quest'oggi

Felice Capretta & Redazione Club

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Perchè Berlino e non la comunità europea tutta?



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MessaggioInviato: 02/04/2013, 00:06 
Il più grande imprenditore italiano attacca le banche e ne denuncia la speculazione.


di Sergio Di Cori Modigliani
E’ forse l’unica grande azienda italiana, leader planetario nel suo specifico settore merceologico, ad essere virtuosa, solida, in espansione. Presente in 132 nazioni, ha 75.560 dipendenti, di cui 62.000 addetti che producono nel territorio della repubblica italiana. Non ha neppure un cassintegrato e non ne prevede. Il suo titolo quotato in borsa, soltanto nel 2012, è schizzato in avanti del 32%: unico titolo in positivo. Il suo fatturato si aggira intorno ai 7 miliardi di euro, superiore di un +13,1% rispetto all’anno precedente.

L’azienda è nata nel 1961, ad Agordo, in provincia di Belluno, dentro un garage.

La storia di questa fabbrica e del suo ideatore e fondatore è studiata oggi nel corso di management industriale all’università di Harvard come esempio pratico e vincente “del miracolo economico italiano che coniuga impresa, creatività, rischio, con una ricerca accurata del design, del gusto e del dettaglio che nasce dall’applicazione della tradizione artigiana locale”.



L’azienda non ha mai visto uno sciopero, né uno scorporo, né proteste.

Si chiama LUXOTTICA. Produce lenti per occhiali e li vende in tutto il mondo. Tra i suoi clienti più famosi la polizia stradale della California (i celeberrimi CHIPS) l’esercito cinese, tutta la linea occhiali di Christian Dior e Yves Saint Laurent. Produce in Italia e vende in Cina.

Il suo proprietario e fondatore, Leonardo Del Vecchio, nato nel 1935 a Milano, è poco noto alla massa degli italiani. Ma il suo nome è un mito in Usa, Germania, Gran Bretagna, Cina.

La sua frase più recente? “Non investiamo neppure un euro nella finanza, perché noi sappiamo come produrre, come inventare mercato, avendo come fine la ricchezza collettiva della comunità, altrimenti questo lavoro non avrebbe senso”.

Alieno da conventicole, complotti, schieramenti politici di parte, corteggiato da sempre sia dalla destra che dalla sinistra (“no grazie, non mi piacciono i balli a corte” ha risposto all’ultima preghiera-convocazione alle elezioni politiche del 2008 sia al PD che al PDL che alla Lega Nord) è uscito allo scoperto per la prima volta nella sua esistenza, violando il suo codice personale fatto di discrezione, poche chiacchiere e molto lavoro intinto di creatività.

“Basta con i manager mitomani finanzieri” ha detto al giornalista Daniele Manca in una esplosiva intervista pubblicata sul corriere della sera qualche giorno fa, non a caso, in Italia, volutamente passata sotto silenzio e rimasta priva del dibattito che avrebbe meritato.

Ma non all’estero.

Soprattutto in Usa e in Gran Bretagna dove la situazione italiana è seguita con estrema attenzione, perché Del Vecchio sta spiegando come funziona l’Italia, anzi….come non funziona l’Italia e perché, allertando il business internazionale che conta sulla situazione nel nostro paese. Vox clamantis in deserto, la sua opinione è fondamentale, soprattutto in questo momento, e per una ragione ben specifica: perché Del Vecchio è sceso in campo (non ama e non ha bisogno di visibilità) andando all’attacco del cuore della finanza italiana.

Qualche notizia biografica su di lui tanto per capire che tipo sia.

All’età di sette anni rimane orfano, insieme a quattro fratelli. Provenendo da famiglia disagiata, i fratelli vengono dati in affidamento. Lui, invece, finisce nei Martinitt, l’orfanotrofio milanese per poveri. All’età di 15 anni, con il diploma di scuola media, esce e va a lavorare come garzone di bottega in una fabbrica che stampa marchi di metallo. I proprietari del negozio lo aiutano e lo spingono a iscriversi ai corsi serali all’Accademia di Brera per studiare design e soprattutto incisione. A ventidue anni si trasferisce nel trentino dove trova lavoro come operaio in una fabbrica di incisioni metalliche e impara il mestiere. Dopo sei anni, all’età di 27 anni, riesce a ottenere gratis un enorme garage e capannone abbandonato nel comune di Belluno, di proprietà della regione, con la consegna di avviare un’attività per assumere personale proveniente dalle comunità montane più disagiate. E inizia, insieme a due collaboratori, a tirar su l’impresa: fabbricare occhiali all’italiana, con montature originali artigianali d’eccellenza, incise a mano, e lenti molate da lui personalmente. Vent’anni dopo è una florida azienda e va all’attacco del mercato statunitense che gli mette potenti sbarramenti. Li supera tutti. Stende la concorrenza più competitiva che si arrende. Acquista i tre più importanti marchi Usa e diventa la più potente multinazionale al mondo nel settore della produzione di occhiali. Dal 2002 è leader incontrastato.

Oltre ad essere il maggior azionista di Luxottica è un importantissimo grande azionista di Unicredit e soprattutto le assicurazioni Generali. Data la sua posizione è sempre stato nel consiglio direttivo del colosso assicurativo. Tre giorni fa (ed ecco perché ne parliamo e lui ha deciso di parlarne al pubblico) si è dimesso, se n’è andato sbattendo via la porta, con un clamoroso atto d’accusa: “la mia è una protesta contro il management imprenditoriale di questo paese, composto da individui superficiali che non sanno nulla del loro lavoro, sono semplici contabili mitòmani. Mi sento davvero a disagio. Il vero problema è che quando da assicuratori si vuole diventare finanzieri comprando le più disparate partecipazioni senza comunicare nulla ai propri azionisti, non si fa un buon servizio né per l’azienda, né per gli azionisti, né per il paese. Mentre questo è un periodo in cui ciascuno dovrebbe fare il proprio dovere, ovverossia: fare ciò che sa fare. E chi crede che lo spread sia domato, si sbaglia di grosso. Basta un nulla per farlo schizzare a 600 e mandare la nazione a picco. E’ ciò che stanno facendo gli imprenditori italiani e le banche e i colossi assicurativi perché insistono nell’investire nella finanza: il rischio è alto ed estremo”.

La considero una voce fondamentale da ascoltare, quella di Leonardo Del Vecchio.

Sulla quale riflettere. Perché l’Italia ha bisogno di un incontro tra imprenditoria efficace, efficiente e virtuosa da una parte e mondo del lavoro dall’altro, uscendo fuori dalle consuete griglie di protesta che finiscono per coagulare dissenso e indignazione uscendo fuori dalla immediata necessità di emergenza di costruire alleanze solide tra le due parti sociali.

Del Vecchio è sceso in campo.

Nel modo giusto.

Non scende in campo appoggiando un certo partito, né movimento. Non ama Monti e non lo odia. Non vuole entrare in politica come soggetto. Vuole dare uno scossone al mondo dell’imprenditoria. La sua voce è da diffondere.

Perché il suo curriculum professionale ed esistenziale è il suo biglietto da visita.

“Il problema dell’Italia nasce quando si vuole fare finanza. Quando, le aziende, usando i soldi degli investitori e soprattutto dei risparmiatori, comprano un pezzettino di Telecom, e un pezzetto di una banca russa; si mettono a repentaglio –come nel caso delle assicurazioni Generali- ben due miliardi di euro alleandosi con il finanziere ceko Kellner e ci si impegna con la Citylife in una percentuale che nessun immobiliarista al mondo avrebbe mai accettato, com’è avvenuto nel 2009 quando hanno investito 800 milioni in fondi di investimento greci. Miliardi di euro sono andati in fumo. Erano soldi di imprenditori italiani che avevano investito con l’idea di poter poi spostare i profitti nel mercato del lavoro per tirar su imprese e creare lavoro. I manager responsabili di questi atti perdenti sono stati tutti promossi e saldati con stipendi multi milionari. Non si va da nessuna parte, così”.

E’ impietoso, Del Vecchio. Picchia duro. E se lo può permettere. E parlando al canale televisivo di Bloomberg, quando un giornalista americano gli ha fatto la domanda da 1 milione di dollari “Lei come si pone rispetto all’articolo 18 che in Italia è il punto dolente nello scontro tra imprenditori e lavoratori?” ne è uscito in maniera impeccabile. Ha risposto: “Un dibattito inutile, fuorviante. Personalmente, ripeto “personalmente” non mi riguarda. Su 65.000 lavoratori italiani che pago ogni mese, non c’è nessuno, neppure uno che rischia il licenziamento. Che ci sia l’art.18 così com’è, che venga abolito, modificato, cambiato, per me è irrilevante. La mia azienda funziona e ogni imprenditore -parlo di quelli veri- ha come sogno autentico quello di assumere e non di licenziare. Il paese si rialza assumendo non licenziando. E la colpa è delle banche”.

E’ la prima volta che un grande imprenditore, un grande finanziere, un grande industriale, attacca frontalmente le banche italiane. E qui non si tratta dei bloggers che odiano Goldman Sachs o dei consueti slogan contro la finanza internazionale. Perché Del Vecchio attacca la gestione inconcludente delle banche, affidata a “personale e personalità poco affidabili”. Racconta la parabola di Alessandro Profumo che lui presenta come una favola con un brutto finale, senza fare pettegolezzi o scandali.

“Finchè Unicredit e le Generali facevano le banche andava bene. Poi si sono buttati nella finanza e hanno perso la testa. Ho visto sotto i miei occhi trasformarsi Profumo. Partecipazioni, fusioni, investimenti a pioggia inutili e perdenti, con l’unico fine di agguantare soldi veloci e facili invece che produrre impresa con l’unico risultato di ottenere perdite colossali e bonus di uscita per diverse decine di milioni di euro. Le banche italiane hanno perso la testa. Ricordo il 1981. La mia azienda, dopo 20 anni, era diventata forte e solida. Avevo capito che la globalizzazione era alle porte e bisognava andare all’attacco del mercato americano. Ma non si cerca di entrare in Usa se non si è solidi finanziariamente. Abbiamo fatto le nostre ricerche e analisi e alla fine abbiamo calcolato che avevamo bisogno di una certa cifra molto alta. Mi rivolsi al Credito Italiano. Andai a parlare con Rondelli che la dirigeva. Gli dissi che volevo iniziare acquistando Avantgarde, un marchio americano che sarebbe stato il cavallo di Troia, ma non avevo i soldi. Presentai il progetto, il business plan, il programma, i rischi. Dieci giorni dopo mi convocò alla banca. Accettò. Mi presentai in Usa che mi ridevano in faccia. Dissero la cifra. Tirai fuori il libretto di assegni e firmai senza neppure chiedere lo sconto di un dollaro. Due ore dopo, l’amministratore delegato di Avantgarde mi confessò al bar penso di aver commesso il più grande errore professionale della mia vita e si ritirò dagli affari. Un anno dopo avevo restituito alla banca tutto il capitale con gli interessi composti, avevo aperto quattro nuovi stabilimenti e assunto 4.500 persone. Questo deve fare una banca. O in Italia lo capiscono e si danno una smossa, oppure si rimane alle chiacchiere e si affonda”.

Del Vecchio spera e auspica che Monti intervenga molto presto nel settore che lui (e Corrado Passera) conoscono molto ma molto bene: banche e finanza italiane. E propone di far applicare un codice ferreo di regolamentazione comportamentale che imponga a tutti gli amministratori delegati di banche, fondazioni e aziende, di riferire come usano i soldi.

“Alle Generali l’amministratore delegato poteva disporre investimenti fino a 300 milioni di euro senza comunicare niente a nessuno. Lo stesso a Unicredit, Intesa SanPaolo, Mps. La verità è che nessuno sa dove vanno a finire quei soldi, dove siano andati a finire i soldi. La mia azienda alla fine dell’anno si ritrova circa 700 milioni di euro da investire. Andrea Guerra che è il mio amministratore ogni volta che deve spendere cifre superiori a 1 milione di euro, informa ogni singolo membro del consiglio e manda copia a ogni importante azionista. Pretende di avere delle risposte e pretende che si discuta del suo investimento perché vuole sapere l’opinione di tutti, compreso il collegio sindacale interno e il rappresentante sindacale dei lavoratori dipendenti. Perché l’azienda è anche loro. Il loro posto dipende dalle scelte di chi dirige. Ogni decisione presa viene valutata collettivamente. Se si rischia, lo sanno tutti, l’hanno accettato. Non esistono mai sorprese. Questa è la strada. Non ne esistono altre. O si fa così, o si chiude tutti quanti, baracca e burattini”.

Perché la classe politica italiana non si fa carico delle gravissime preoccupazioni di imprenditori come Del Vecchio e non interviene in proposito?

Non stanno lì in parlamento ad appoggiare un gruppo di professori nel nome delle imprese e della ripresa economica? Se non ascoltano i leader che producono, che senso ha? Dov’è il Senso?

Ho pensato che potesse essere interessante una voce insolita, diversa dai precari, dai disoccupati, dai licenziati, che vivono ogni giorno la propria tragedia esistenziale. Il nemico non sono le imprese. Il vero nemico è la sordità di governanti e politici che non ascoltano chi produce e conosce la verità del mercato.

Quello è il vero nemico.

Quella sordità è l’anti-politica. Che cosa c’entra Beppe Grillo?

Fonte: sergiodicorimodiglianji.blogspot.it 29 Aprile 2012

http://ilupidieinstein.blogspot.it/2012 ... liano.html


Tratto da: Il più grande imprenditore italiano attacca le banche e ne denuncia la speculazione. | Informare per Resistere http://www.informarexresistere.fr/2012/ ... z2PFg6WlDd
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MessaggioInviato: 02/04/2013, 00:08 
Cita:
MaxpoweR ha scritto:



Perchè Berlino e non la comunità europea tutta?


Stessa domanda che si è fatto mio marito. Già, perchè?
Occhi sulla notizia e vediamo di capirlo.

Intanto è di oggi anche quest'altra new:

Cita:
MILANO - Inizia oggi un mese cruciale per la Grecia, alle prese da ben prima di Cipro con piani di austerity "lacrime e sangue" per ottenere il salvataggio internazionale. Atene - dopo aver approvato un piano di alienazione degli aeroporti regionali - si appresta a lanciare la privatizzazione delle sue ferrovie. Il ministero per lo Sviluppo, guidato da Costas Hatzidakis, ha annunciato il lancio della procedura di dimissione della Trainose, che dovrebbe essere completata entro l'inizio del 2014. E' così arrivato il via libera al trasferimento di azioni della società (oggi al 100% statale) all'agenzia greca responsabile per le privatizzazioni, l'Hellenic Republic Asset Development Fund (Hrdaf), che ha già curato altre dismissioni - come quella della lotteria.
=>http://www.repubblica.it/economia/2013/04/01/news/grecia_vende_ferrovie-55750354/

Che è solo l'ennesima puntata del telefilm "tutti pazzi per i saldi greci" : http://www.lagenziadiviaggi.it/mobile_n ... ategoria=1



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Cita:
ubatuba ha scritto:

Il più grande imprenditore italiano attacca le banche e ne denuncia la speculazione.





Ne dovremmo avere di più di imprenditori così in Italia, non solo con la capacità condurre un'azienda di successo , ma anche con la lucidità di capire che la finanza e il sistema bancario fondato sull'economia che ne deriva, sono la rovina delle economie reali.



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Cita:
Blissenobiarella ha scritto:

Cita:
ubatuba ha scritto:

Il più grande imprenditore italiano attacca le banche e ne denuncia la speculazione.





Ne dovremmo avere di più di imprenditori così in Italia, non solo con la capacità condurre un'azienda di successo , ma anche con la lucidità di capire che la finanza e il sistema bancario fondato sull'economia che ne deriva, sono la rovina delle economie reali.


purtroppo di questo tipo di imprenditori in italia ne conti ben pochi.....[:(!]


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Blissenobiarella ha scritto:

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MaxpoweR ha scritto:



Perchè Berlino e non la comunità europea tutta?


Stessa domanda che si è fatto mio marito. Già, perchè?
Occhi sulla notizia e vediamo di capirlo.

Intanto è di oggi anche quest'altra new:

Cita:
MILANO - Inizia oggi un mese cruciale per la Grecia, alle prese da ben prima di Cipro con piani di austerity "lacrime e sangue" per ottenere il salvataggio internazionale. Atene - dopo aver approvato un piano di alienazione degli aeroporti regionali - si appresta a lanciare la privatizzazione delle sue ferrovie. Il ministero per lo Sviluppo, guidato da Costas Hatzidakis, ha annunciato il lancio della procedura di dimissione della Trainose, che dovrebbe essere completata entro l'inizio del 2014. E' così arrivato il via libera al trasferimento di azioni della società (oggi al 100% statale) all'agenzia greca responsabile per le privatizzazioni, l'Hellenic Republic Asset Development Fund (Hrdaf), che ha già curato altre dismissioni - come quella della lotteria.
=>http://www.repubblica.it/economia/2013/04/01/news/grecia_vende_ferrovie-55750354/

Che è solo l'ennesima puntata del telefilm "tutti pazzi per i saldi greci" : http://www.lagenziadiviaggi.it/mobile_n ... ategoria=1


Fondamentalmente si tratterebbe di due cose distinte (IN TEORIA) una cosa è il salvataggio ed una cosa il diritto di sfruttamento di quelle aree. Quindi la Germania avrebbe agito come stato autonomo, così come l'italia stipulava patti con la libia o la Russia. Uhm perchè non attacchiamo cipro e ci sostituiamo ai Tedeschi così come i Francesi si sono sostituiti a noi in libia? Pare sia lecito no lo hanno fatto loro ^_^

Cosa buffa è che la Germania ci guadagna e ci lucra sempre e mi viene difficile pensare che cipro abbia effettivamente scelto l'offerta migliore, anzi in un certo senso l'ha fatto, ha fatto l'unica scelta che le permetteva di sopravvivere. Non si potrebbe configurare qualcosa tipo l'inside trading? Dopotutto gli altri competitor non potevano conoscere la situazione debitoria di Cipro come la Germania la quale ha sfruttato informazioni interne per far leva e cambiare le carte in tavola offrendo ciò di cui aveva bisogno cipro ma che nessun altro offerente poteva mai offrire... Magari ho detto una cappellata e non si tratta di inside trading ma spero sia chiaro il senso di ciò che intendo.

La cosa che infastidisce è che cipro la salviamo assieme (ma lo decide la Germania, bah da quando comandano loro? O_O) ma ci guadagna solo la Germania... Ma che caspita sta succedendo? Possibile che siano tutti imbecilli quelli che ci rappresentano in quelle sedi? questa cosa è talmente banale che se ne accorge pure un bambino...


Ultima modifica di MaxpoweR il 02/04/2013, 00:45, modificato 1 volta in totale.


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ubatuba ha scritto:

Il più grande imprenditore italiano attacca le banche e ne denuncia la speculazione.

E’ impietoso, Del Vecchio. Picchia duro. E se lo può permettere. E parlando al canale televisivo di Bloomberg, quando un giornalista americano gli ha fatto la domanda da 1 milione di dollari “Lei come si pone rispetto all’articolo 18 che in Italia è il punto dolente nello scontro tra imprenditori e lavoratori?” ne è uscito in maniera impeccabile. Ha risposto: “Un dibattito inutile, fuorviante. Personalmente, ripeto “personalmente” non mi riguarda. Su 65.000 lavoratori italiani che pago ogni mese, non c’è nessuno, neppure uno che rischia il licenziamento. Che ci sia l’art.18 così com’è, che venga abolito, modificato, cambiato, per me è irrilevante. La mia azienda funziona e ogni imprenditore -parlo di quelli veri- ha come sogno autentico quello di assumere e non di licenziare. Il paese si rialza assumendo non licenziando. E la colpa è delle banche”.

Troveremo i banchieri impiccati agli angoli delle strade.

Preferiranno togliersi la vita da soli, piuttosto che farsela
strappare da cittadini assetati di sangue....



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"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 02/04/2013, 02:25 
Sul fatto che ci sia un certo grado di imbecillità, io ci farei più di un pensierino.
Berlino si è accaparrato il diritto esclusivo di sfruttamento delle acque per 99 anni. Ma ora che Berlino è sistemata, si spolperanno Cipro anche tutti gli altri, tranquillo che arrivano tutti esattamente come sta succedendo in Grecia.
Perchè non stanno salvando nessuno Max, stanno solo rientrando dei debiti che loro stessi ci hanno caricato sulle spalle (http://www.youtube.com/watch?v=zHm4TBRIKSQ).

Non si tratta di inside traiding, cio non toglie che la Germania abbia giocato e stia giocando sporco: http://tempesta-perfetta.blogspot.it/20 ... ta-la.html.

Inoltre vale la pena notare, che la crisi di Cipro non è giunta affatto di sorpresa. Che le banche cipriote fossero mostruosamente sovradimensionate rispetto al Paese era una cosa nota agli analisti del settore e anche ai semplici economisti. Per anni hanno osservato Cipro ingrassare a colpi di capitale estero e si sapeva cosa sarebbe successo. Quello che dobbiamo chiederci è perchè l'europa non è intervenuta su Cipro prima che la crisi, ripeto visibilissima, esplodesse. Perchè siamo arrivati ad avere un'ennesima crisi dell'Eurozona, quando la si poteva evitare semplicemente esigendo che le banche cipriote adeguassero i propri sistemi di controllo sui capitali agli standard europei?

Altra osservazione: la folle manovra salvacipro e l'attacco ai risparmi dei correntisti cosa sta causando? Il massiccio ritiro dei capitali di investimento, esteri e non, dalle banche periferiche dell'eurozona, ritenute non sufficientemente garantite a quelle centrali...ossia gli investitori stanno smettendo di investire in Italia, Spagna, Portogallo e in tutti paesi più vulnerabili per portare i loro soldi dove ? In Germania? Certamente. In Francia? A questo punto vale la pena di soffermarsi a pensare che la Francia sta correndo un grosso pericolo: "Se non torna la crescita, il già alto debito pubblico francese si gonfierà in modo insostenibile, aumentando il rischio che gli investitori esteri abbandonino i titoli di Stato dell’Esagono. " (http://www.formiche.net/2013/03/31/idea ... -dalleuro/). E se la Francia minaccia di uscire dall' euro è un po' diverso se a minacciare di uscire è, che sò? Cipro...

Pensiamo anche al fondo salvastati...a chi serve? Noi abbiamo versato quest'anno 20 miliardi di euro per salvare gli altri, distruggendo la nostra economia. Ma chi abbiamo salvato? il MES trasferisce i fondi ai paesi in difficoltà ossia Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna e Cipro... e questi Paesi che se ne fanno dei fondi? fanno ripartire le loro economie? NO! pagano i loro debiti ai loro creditori. E chi sono i creditori europei per eccellenza? Si, diamine, di nuovo loro Francia e Germania http://memmt.info/site/a-chi-servono-i- ... austerita/ .

Ora mettiamo insieme tutte queste riflessioni....



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MessaggioInviato: 02/04/2013, 14:05 
l'ennesima caso dove l'euro non ha colpe (e neanche i "20 anni di politica e politicanti italiani"...)

Cita:
http://www.equilibri.net/nuovo/articolo/danimarca-le-conseguenze-della-crisi-economica-sono-evidenti


[color=blue]Danimarca: le conseguenze della crisi economica sono evidenti

03 Apr 2012

(Copenhagen) - Forte crisi del mercato immobiliare, produttività a meno 20 % negli ultimi due decenni, consumo privato in intenso declino, disoccupazione giovanile raddoppiata dal 2008. Stiamo parlando dell’Italia? O di uno dei paesi del famigerato gruppo dei PIGS? Acronimo dispregiativo, ma anche tecnico, che si riferisce ai paesi, in particolare nel sud dell’Europa, con economie deboli e conti pubblici disastrati? No, benvenuti in Danimarca, Scandinavia, il famoso paradiso del benessere egualitario del Nord Europa, dove la crisi economica inizia a farsi sentire anche qui, durante le plumbee giornate invernali......
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Cipro: Berlino mette le mani sulle acque territoriali dell’isola

Con una decisione discutibile, e ovviamente oscurata da quasi tutti, la Bce ha concesso a Berlino, come garanzia sul prestito a Cipro, la concessione delle acque territoriali di Nicosia.

In pochi sanno che Cipro ha pagato a caro prezzo il prestito concessole dalla Bce per tenere a galla il sistema economico dell’isola. Oltre al prelievo forzoso sui conti bancari dai 100.000 euro in su infatti, come garanzia sul prestito della Bce Berlino ha ottenuto il diritto di sfruttamento delle acque territoriali di Cipro per i prossimi 99 anni a partire da oggi. Le aziende tedesche infatti avranno il diritto di entrare nelle acque cipriote, per la prospezione e l’eventuale sfruttamento delle risorse petrolifere, con tutto quello che ne potrebbe conseguire. Berlino potrà quindi mettere le mani sul giacimento di metano parzialmente condiviso con Israele, ma anche sullo sfruttamento delle zone di pesca Fao, onosciute soprattutto per la presenza del pregiato tonno rosso del mediterraneo, amato dai giapponesi, pescato, macellato e congelato direttamente in barca, spedito per via aerea in Giappone e battuto all’asta a carissimo prezzo al mercato del pesce di Tokio. Nicosia sostanzialmente ha quindi perso importanti risorse, il tutto in nome dei conti da tenere in regola. Eric Mackerel, presidente dell’associazione tedesca marittimi commerciali, ha dichiarato: “nessuna trattativa sottobanco, Cipro ha deciso di aprire le sue acque territoriali allo sfruttamento commerciale, noi abbiamo fatto la nostra proposta ed abbiamo battuto le offerte di greci, francesi, inglesi ed americani perché la nostra proposta era la migliore”.

http://www.imolaoggi.it/?p=45742



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MessaggioInviato: 02/04/2013, 17:55 
parlando terra terra,si potrebbe tranquillamente affermare che si creano determinate crisi x accapparrarsi i tesori dei paesi colpiti..................[:(!]


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L'Europa chiude la porta in faccia all'Italia. Una proroga al limite del 2014 per riportare il deficit al 3% del Pil, come previsto dal patto di stabilità Ue, non verrà concessa a Olanda e Italia. Ad affermarlo è stato un portavoce della Commissione europea, Olivier Bailly, nel consueto briefing quotidiano con la stampa a Bruxelles: "Non sono a conoscenza dell'intenzione di concedere altro tempo ad altri Paesi - ha spiegato - e non ricordo alcuna dichiarazione della Commissione che annunci l'intenzione di concederne". Finora, dunque, i paesi "graziati" potrebbero essere solo Portogallo, Francia e Spagna, anche se a Madrin non verranno concesse altre estensioni del termine nonostante le difficoltà riscontrate dal governo di Madrid, che prevede una contrazione del Pil per il 2013 dallo 0,5% all'1 per cento. "Quando si tratta di definire le prospettive di crescita o di deficit di un paese - ha spiegato Bailly - ci si deve basare sulle cifre di Eurostat" e questi dati saranno disponibili solo dal prossimo 22 aprile. Per ora, ha concluso il portavoce, "stiamo verificando tutti gli elementi e solo sulla base di questi si deciderà sulla procedura di deficit eccessivo".

http://www.liberoquotidiano.it/news/eco ... icit-.html

siamo ritornati al periodo del credere obbedire combattere............[:(!]
..manca solo il balcone di palazzo venezia,,,,,,,,,,,


Ultima modifica di ubatuba il 02/04/2013, 18:08, modificato 1 volta in totale.

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dichiariamo guerra alla germania, e risolviamo tutti i nostri problemi :)



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