Time zone: Europe/Rome [ ora legale ]




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MessaggioInviato: 15/04/2013, 22:21 
Copyright, la procura di Roma vuole fermare il file sharing mondiale?




di Fulvio Sarzana




Un cartone animato francese uscito nelle sale italiane a novembre del 2012, rischia di divenire una delle più grandi pietre di scandalo della storia recente di internet. Almeno in Italia. Il cartone animato in questione si chiama Un mostro a Parigi(Un monstre à Paris) ed è un film d’animazione del 12 ottobre 2011, uscito in Italia il 22 novembre 2012.

Un cartoon come tanti altri, forse più bello degli altri. Fatto sta che il 27 febbraio (più di due mesi dunque dall’uscita nelle sale) di quest’anno la società italiana di distribuzione italiana del film ha deciso di denunciare alla Procura della Repubblica di Roma le violazioni del copyright che aveva riscontrato sulla rete.

Da questa denuncia è scaturita una “velocissima” indagine (un mese) della polizia postale capitolina sfociata nella richiesta (accettata dal Gip di Roma) del Pubblico Ministero di oscuramento dei domini nella loro interezza e sequestro dei DNS dei nomi più importanti del panorama di scambio di file del calibro di Nowvideo, Nowdownload, Videopremium, Rapidgator, Bitshare, Cyberlocker, Clipshouse, Uploaded, giganti che radunano milioni di utenti in tutto il mondo, solo per citarne alcuni.

Si tratta, per entità e per estensione della più grande operazione di sequestro di contenuti su internet di un paese occidentale, seconda solo alla operazione di sequestro di domini adottata dal dipartimento dell’Homeland security Statunitense il 26 novembre 2010, che aveva portato al sequestro di 70 portali .

La società denunciante avrà naturalmente le sue buone ragioni, ma ci si chiede il perché 27 portali che raggruppano milioni e milioni di utenti siano stati resi inaccessibili nella loro interezza. Forse perché è stato scoperto un giro illecito di denaro? Come si pensava nel caso Megaupload? Perché si ponevano in commercio sostanze proibite? Perché le stesse avevano a che fare con un giro di sfruttamento della prostituzione minorile? No, o, almeno questo non appare dal sequestro, che è stato adottato perché un solo film sarebbe presente tra i milioni di files presenti nei suddetti portali. Uno solo.
Per un solo audiovisivo di pochi bit è stato adottato un blocco che ha lasciato al buio centinaia di migliaia di utenti italiani che non hanno ovviamente nulla a che vedere con questo film e che avevano semplicemente acquistato attraverso i sistemi premium la possibilità di scambiare file di grandi dimensioni. E, non sembra finita qui, dal momento che il Pm ha richiesto espressamente il sequestro dei domini, lasciando intravvedere una dimensione internazionale del sequestro.

Le reazioni al provvedimento sono state varie: alcuni di questi portali più legati al nostro paese, ritenendo di essere al sicuro in virtù dell’anonimato su internet, hanno pensato bene di cambiare il nome di dominio o suggerire cambiamenti di DNS, senza tenere in considerazione che le nuove tecniche investigative si stanno concentrando sul principio del “follow the money” e, che dunque prima o poi si arriverà anche a loro. Altri, subodorata la mala parata, hanno deciso di lasciare l’Italia, interrompendo volontariamente il traffico proveniente dall’Italia, sperando in questo modo di poter chiudere la partita che si è aperta davanti al Giudice di Roma, come hanno fatto di recente alcune grandi imprese mondiali del settore dei derivati finanziari, quando il tribunale di Roma ha deciso di sequestrare i portali di scambi finanziari dedicati al trading online. Si tratta di reazioni che, ovviamente non risolvono il problema, che si ripresenterà sotto le stesse forme, e che dà semplicemente motivo a chi è interessato alla censura, per dire “vedete, noi ve l’avevamo detto!”

Le imprese straniere non capiscono e, semplicemente, se ne vanno, escludendo il nostro paese dalla lista dei paesi interessanti dal punto di vista del mercato. L’Italia che certo non ha bisogno di far scappare capitali e imprese e che ha un disperato bisogno di far condividere ai propri cittadini su internet informazioni per non rimanere tagliata fuori dai grandi flussi mondiali della conoscenza, sta erigendo una vera e propria “muraglia cinese” virtuale nella più completa indifferenza di cittadini, associazioni e anche (spiace dirlo) della stampa.

Per non parlare ovviamente del mondo politico.

Alla “diaspora” peraltro, ha contribuito questa volta anche un mostro proveniente da cartoonia che, lasciato Parigi, sembra aver deciso di trasferirsi in pianta stabile nel nostro paese.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04 ... le/562813/



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MessaggioInviato: 15/04/2013, 22:46 
Cita:
Wolframio ha scritto:


Si tratta, per entità e per estensione della più grande operazione di sequestro di contenuti su internet di un paese occidentale,

seconda solo alla operazione di

sequestro di domini adottata dal dipartimento dell’Homeland security Statunitense

il 26 novembre 2010, che aveva portato al sequestro di 70 portali .



Se impiegassero tutte queste risorse per dare la caccia al peggio del peggio che c' è nella rete, invece di correre dietro a chi scarica un film o una canzone....



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MessaggioInviato: 19/04/2013, 17:06 
E intanto...

http://www.huffingtonpost.com/2013/04/1 ... 09504.html



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MessaggioInviato: 23/04/2013, 23:05 
Voglio capire una cosa:
Come è possibile che la Procura di Lecco ha messo sotto sequestro questo server che si trova in Germania?

Cita:
Streaming Online - http://www.Streaming-Online.biz

Streaming-Online Title:PPN 345/2012 - Comando Provinciale Lecco - Nucleo Speciale Frodi Tecnologiche - GDF

Streaming-Online IP:188.138.122.33
Streaming-Online server location:Germany
Streaming-Online ISP:Intergenia AG




Immagine
http://www.streaming-online.biz/

Non si tratta di una delle solite inibizioni dei DNS italiani, ma di un defacciamento vero e proprio del server. Da qualunque parte del mondo che si voglia accedere a quel link, appare il logo di sequestro della GDF.

Qualcuno sà spiegarmelo?



Qui sotto si puo vedere un decreto di sequestro del 7 gennaio 2013 concernente diversi server esteri ai quali è stato inibito l'accesso dei DNS dall'Italia. Ma non ho mai visto prima d'ora un sequestro di un server situato all'estero effettuato da autorità di un paese diverso dall'ospitante.

In questo caso non doveva essere la Polizia tedesca a procedere al sequestro ed apporre il proprio Logo?

Misteri dell'Europa [8] [8]

PDF
http://www.penalecontemporaneo.it/uploa ... tiFlor.pdf

Visualizzazione rapida dello stesso PDF:
http://webcache.googleusercontent.com/s ... lr=lang_it


Ultima modifica di Wolframio il 23/04/2013, 23:49, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 24/04/2013, 18:14 
Certo è che in Italia non si è mai visto nessuno più obbediente agli ordini che arrivano dalla Germania dai tempi di Mussolini.

Quindi sicuramente questo avviene col beneplacito, se già non fa parte di qualche ignota strategia, della stessa Berlino.

Come ha detto bene Wolf, misteri d' Europa.



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MessaggioInviato: 24/04/2013, 18:16 
Cita:
Solotecnico ha scritto:

E intanto...

http://www.huffingtonpost.com/2013/04/1 ... 09504.html


Abbiamo abbassato la guardia solo una volta e questo è il risultato.

All' ennesimo tentativo sono riusciti a far passare questa schifezza.

Ma non è ancora finita.



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MessaggioInviato: 25/04/2013, 19:36 
Bloccati 27 siti di musica e film illegali

Maxi-operazione della Polizia Postale di Roma con la collaborazione dell'Ufficio Multimedialità della S.I.A.E., che sono riusciti a scovare l'esistenza di una vera e propria piattaforma alternativa ai servizi offerti dalle emittenti a pagamento e dall'industria cinematografica. Un danno complessivo di circa 1,5 miliardi di euro


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Bloccati 27 siti di musica e film illegali




ROMA - Sequestro preventivo e oscuramento per 27 siti web che fornivano senza alcuna autorizzazione e dunque in violazione del diritto d’autore la visione streaming e il download di oltre 400 mila file di musica e film appena usciti al cinema.

Una maxi-operazione della Polizia Postale di Roma con la collaborazione dell'Ufficio Multimedialità della S.I.A.E., che sono riusciti a scovare l'esistenza di una vera e propria piattaforma alternativa ai servizi offerti dalle emittenti a pagamento e dall'industria cinematografica, con una disponibilità potenzialmente infinita di prodotti da offrire al pubblico.

I server utilizzati avevano base in Australia, U.S.A., Belize, Cina, Russia, Moldavia, Romania, Olanda, Svizzera, Francia e i domini in U.S.A., Seychelles, India, Australia, Svizzera, Panama, Inghilterra e Germania. In molti casi i domini stessi erano ospitati in paesi diversi da quelli dell'ubicazione del server in modo da sfruttare le normative più soft dei cosiddetti «paradisi web».

Uno dei sequestri più rilevanti a livello mondiale e il primo di queste proporzioni in ambito europeo, considerando che il danno complessivo ammonta a circa 1,5 miliardi di euro, di cui 800 milioni nel settore dei film e 700 milioni in quello della musica, nonché 1,4 miliardi di euro per quanto riguarda il software.

Secondo le stime, poi, la conseguente riduzione dell'indotto potrebbe comportare, entro il 2015, la perdita di 22 mila posti di lavoro solo nel mercato italiano.






http://www.diariodelweb.it/SciTech/Arti ... 425_289312



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MessaggioInviato: 08/05/2013, 20:21 
Polizia aumenta controlli sul Web

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Le volanti della Polizia sbarcano sul Web pronte ad indagare in misura maggiore sui crimini in Rete.

È questa una delle novità che a breve sarà introdotta in Italia, per meglio salvaguardare, tra l’altro, i nostri profili online.

Nel corso degli ultimi anni i reati in Rete sono cresciuti a dismisura ed i reparti della Polizia Postale sono oggi eccessivamente intasati, in seguito alle troppe denunce per truffe e abusi online.

Il tutto è stato confermato da Antonio Apruzzese, Comandante della Polizia Postale, che ha sottolineato che in pratica il funzionamento sarà analogo a quello delle volanti in giro per le strade: si monitoreranno maggiormente Internet ed i social network, e saranno subito pronte ad intervenire contro eventuali “profili falsi, abusi e diffamazioni”.

Tra i reati che saranno maggiormente perseguiti ci sono la pedopornografia, la pirateria digitale ed i cosiddetti “furti di identità”.

Prevista anche una collaborazione con l’FBI e con gli sviluppatori di social network, ovvero con coloro che hanno acquisito nel tempo una maggiore esperienza nel campo e che in passato hanno aiutato le forze dell’ordine per meglio esaminare i dati, post e commenti sul Web.

Siete d’accordo sulla nascita di un super poliziotto online che controllerà tutti i nostri post oppure pensate che la rete possa farne a meno ed essere in grado di auto regolamentarsi da sola?

Source: Polizia aumenta controlli sul Web

Immagine
Certo che sono d'accordo, controlli severi per chi naviga con lo 0.01% di alcool nel sangue, qualche semaforo qua e là per regolare il traffico di rete, Multare chi supera i 150 Mb/s in download e gli 80 Mb/s in upload, ogni tanto una retata nei servers delle prostitute online senza permesso di dimora, controllare chi esporta bitcoin, una sbirciatina nei Pc degli utenti di Ufoforum per controllare se detengono materiale complottistico.
I pedofili che passeggino pure nei parchi e che si tolgano dalla rete.
Mi raccomando di non dimenticare l'inibizione dei Dns e qualche sequestro di server.
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Ultima modifica di Wolframio il 08/05/2013, 20:22, modificato 1 volta in totale.


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Vogliono rifarsela con internet

Pubblicato 8 maggio 2013 - 14.09 - Da Claudio Messora


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Dunque ricomincia la stagione del “web sotto attacco“. Pensavamo di essercela lasciata alle spalle. E invece, a volte, ritornano. Come Giampiero D’Alia, quello che “tutta la rete voleva portarsi via” (cfr: post del 16 febbraio 2009), e che ora fa il ministro della pubblica amministrazione. Immaginiamo con quale lungimiranza e approccio nei confronti di internet. Ma il Ciak si gira! arriva nientemeno che dalla Boldrini, che apre le danze lamentando il trattamento indecoroso ricevuto in rete. Un sortilegio che risveglia d’incanto l’esercito dei pasdaran anti-web, da lungo tempo rinchiusi nel loro sarcofago a incartapecorire. Si invocano leggi severe, si prefigurano possibili aggravanti, si dipingono scenari di inasprimento. E’ un rito collettivo di esorcismo nel quale le vittime del nuovo mondo digitale cercano di vendicarsi del futuro che li ha travolti, come se potesse servire a riavvolgere il nastro catapultandoli come per magia nel loro confortevole status precedente.

I risultati iniziano a vedersi. Poche ore fa, a “Uno Mattina”, uno che se non ho capito male si occupa di diritto si è messo a teorizzare che in fondo, in Italia, tutto questo “anonimato” su internet non serve. In fondo, questo è un grande paese democratico: non siamo mica in Cina. In Cina insomma avrebbe anche un senso, ma qui possiamo farne a meno. E quindi dovremmo legiferare in senso restrittivo delle libertà della rete, perché tutte queste conquiste non si possono mica trasformare in un luogo di impunità.

E’ sempre utile ricordare, tanto per mantenersi in allenamento, che la rete non è uno stato sovrano e non ha un suo ordinamento giuridico a parte. La rete è fatta di server, di software e di persone che vi interagiscono. I server, i software e le persone, se si trovano entro i confini nazionali, sono già soggetti al complesso di norme che regolano tutto il resto. Diffami qualcuno? Non è che se lo fai sul web non sia reato: lo è già. Anzi, è anche peggio, visto che ai sensi dell’art. 595 del nostro codice penale, comma 3, è prevista una aggravante quando la diffamazione sia recata “con il mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità”. Ed è innegabile che un blog o una pagina Facebook o un account Twitter siano un “mezzo di pubblicità”. Dunque bisognerebbe ricordare ai talebani anti-rete che il problema non è la legge ma, semmai, i tempi di applicazione delle sanzioni. In altre parole, la palla si sposta dall’avere una normativa più restrittiva (lanciandosi in più che incostituzionali aggravanti generiche per il solo fatto di avere utilizzato il web) all’avere un processo di “monopolio della forza legittima” più efficace (faar rispettare la legge). Bisogna andare a giudizio in tempi ragionevoli, insomma.

Discorso a parte meritano i Don Chisciotte che lottano contro i mulini a vento dell’anonimato in rete, come il nostro esperto di diritto di “Uno Mattina“. Al di là di ogni considerazione filosofica sull’utilità o meno di potersi esprimere in forma anonima, bisognerebbe spiegare a costoro che l’anonimato in rete è un problema che non possono risolvere senza distruggere la rete stessa (e di certo, quest’ultimo è un obiettivo che un qualunque ministro di un qualunque paese periferico come il nostro non riuscirebbe a raggiungere neppure se il suo incarico durasse cento anni). In linea teorica, va chiarito che su internet già adesso nessuno è anonimo. Quando vi collegato al vostro provider, sia con un pc fisso che con un dispositivo mobile, questi provvede a rilasciarvi un indirizzo Ip (oppure lo fa la vostra azienda, che a sua volta ottiene un arco di indirizzi Ip da un provider). Tralasciando le amenità tecniche, si può semplificare dicendo che il vostro computer comunica questo indirizzo Ip in qualunque operazione che compiete in rete (consultare un sito web, inviare un’email, pubblicare qualcosa sui social network eccetera). Quindi, se diffamate qualcuno su Twitter, basta che la polizia postale richieda l’indirizzo Ip del mittente del tweet incriminato a Twitter, Inc (anche se i tempi possono allungarsi parecchio) per risalire al gestore che lo ha rilasciato. Il gestore a sua volta risale ai dati di intestazione del contratto che aveva in uso quell’indirizzo Ip all’ora del “delitto” e la polizia postale farà una visita in casa del tapino, restringendo la cerchia fino a identificare il responsabile finale. Se avevate impostato un’access point wi-fi aperto (senza un’adeguata protezione) sono affari vostri, perché la colpa del tweet molesto, o del download illegale, sarà comunque vostra anche se non siete stati voi. In condizioni di utilizzo ordinario della rete, insomma, non siete anonimi. Mai. La vostra identificazione è solo questione di tempo e di risorse disponibili, dopodiché si applicano le leggi esistenti. Ma del resto va da sè che, se non siete anonimi, il problema dell’anonimato in rete non si pone: ricadiamo di nuovo nel campo dell’esigenza di un’applicazione più puntuale ed efficace della legge.

Vero è che ci sono tuttavia altri sistemi per essere anonimi e per fare in modo che l’indirizzo Ip che viene registrato sul traffico dati non sia quello reale, cioè il vostro, ma uno fittizio. Ci sono i proxy, ci sono i servizi che consentono di inviare email anonime, ci sono le super-reti come Tor che, una volta installate sul proprio computer, rendono l’identificazione del computer fisico all’origine del traffico tanto lunga, complessa e difficile da risultare nella pratica impossibile, a meno che non si smuovano forze e risorse ingenti, che tuttavia vengono mobilitate solo in caso di interessi sovranazionali o economici di grande portata. I sistemi di “anonimizzazione” ci sono, e sono tanto più sicuri quanto più è avanzato il grado di conoscenza del cyber-spazio di chi li usa. Tuttavia, il nostro esperto di diritto di “Uno Mattina” non considera che a questa vulnerabilità (che in realtà rappresenta l’anima stessa della rete per come è stata concepita originariamente) nessuna legge potrà mai porre rimedio. Innanzitutto perché le guerre nel mondo digitale si combattono con sistemi sempre più sofisticati e mutevoli, che cambiano di giorno in giorno, perfino da un’ora con l’altra, mentre le leggi e i loro regolamenti di attuazione cambiano in un arco temporale che sta alla rapidità di evoluzione delle tecniche usate dagli hacker come le ere geologiche stanno alla durata della vita umana. E poi perché, per definizione, se uno ha le conoscenze per rendersi anonimo, hai voglia a fare una legge che lo sanzioni: sarebbe come dichiarare illegali i fenomeni paranormali (ammesso che esistano) e avere la pretesa di comminare sanzioni restrittive ai fantasmi. L’unico modo di avere il controllo totale di internet è chiuderla, cioè staccare i cavi dei dispositivi connessi.

Dunque chi invoca la fine dell’anonimato in rete è uno che vuole ragionare del sesso degli angeli. Ci provò anche la Carlucci che, appena eletta deputata, voleva che ogni singolo bit che transita in rete fosse corredato da una bella carta di identità di chi lo ha originato. Un indimenticabile comma di una sua memorabile proposta di legge recitava così (cfr: “Ucci Ucci… sta arrivando la Carlucci“): «E’ fatto divieto di effettuare o agevolare l’immissione nella rete di contenuti in qualsiasi forma (testuale, sonora, audiovisiva e informatica, ivi comprese le banche dati) in maniera anonima». La proposta di legge annegò tra i flutti tempestosi del mare del ridicolo, e nessuna spedizione di soccorso volle mai recuperarne il relitto.

Riassumendo: l’anonimato in rete, già oggi, per la maggior parte dei navigatori non è possibile. E per quei pochi che riescono ad ottenerlo con ragionevole approssimazione, c’è molto poco da fare: non senza immaginare una cura che uccida anche il paziente. Chi parla della necessità di regolamentare una cosa simile per legge non sa quel che dice. Ma questa davvero non è una novità, nel tristo (sì, con la “o”) panorama della consapevolezza digitale del politico medio.

Piuttosto, visto che siamo in tempi di “Convenzioni” per cambiare la Costituzione, sarebbe finalmente il caso di cogliere la palla al balzo e introdurre anche in Italia “Internet” come diritto fondamentale di ogni individuo direttamente nella Carta fondamentale della nostra Repubblica. Come in Finlandia. Se volete sapere a cosa serve internet e come potrebbe cambiare le sorti della nostra economia, se solo a qualcuno (magari a Letta?) venisse in mente di farci uscire dagli ultimi posti della classifica mondiale, leggete “A cosa serve internet“. Daniela Santanché non sembrava afferrarne fino in fondo l’utilità, quando provai a spiegarglielo a L’Ultima Parola. Il che da solo dovrebbe dimostrare quanto sia urgente darsi una mossa.

Source: Vogliono rifarsela con internet | Byoblu.com



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Hai ragione Wolframio, d'ora in poi devo stare molto attenta: non devo bere il limoncello mentre navigo....e neppure parlare contemporaneamente al cellulare lol [:o)] [:o)] [:o)]


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