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MessaggioInviato: 12/02/2013, 00:54 
Cita:
mik.300 ha scritto:


belushi..
proprio a lui pensavo..



Era piuttosto evidente. [:)] [;)]




Cita:
mik.300 ha scritto:


ma chi controlla
l'esecuzione?

c sarà qualcuno,
qualche organismo,
no?

o i controlli sono posticipati
a 2 anni ?



Non so che dirti.
Mi auguro che chi ha inquinato in quel modo e che tutti coloro che hanno appoggiato lo schifo ILVA..... paghino.
Certo è che se al governo salgono nuovamente i soliti noti, i Riva avranno le spalle coperte.
E a Taranto si continuerà a morire.









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MessaggioInviato: 20/02/2013, 00:17 
Cita:
mik.300 ha scritto:


ma chi controlla
l'esecuzione?

c sarà qualcuno,
qualche organismo,
no?




A proposito di controlli: l'articolo che riporto non interessa direttamente Taranto e il disastro ambientale ILVA ma, leggete per rendervi conto -ancora una volta- che “geni” ci sono in Italia.




Ambiente, Clini libera tutti: il governo fa un regalo a chi inquina

Blitz sull'autorizzazione ambientale alle medie imprese fino a 250 dipendenti: 15 anni senza controlli né sanzioni. La denuncia di Angelo Bonelli di Rivoluzione Civile: "E' un dono elettorale per un sistema produttivo che lo stava aspettando con ansia"




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Un vero servitore dello Stato non dorme mai, nemmeno mentre tutti gli altri sono distratti dalla campagna elettorale, da Sanremo o dal gran rifiuto di Joseph Ratzinger. E infatti il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, ha portato e fatto approvare venerdì in Consiglio dei ministri il decreto che istituisce la nuova Autorizzazione unica ambientale (Aua) per le Piccole e medie imprese, che ingloba una serie di adempimenti burocratici in vigore fino ad oggi. Bene, si dirà, semplificare è giusto. Vero in generale, ma il diavolo – al solito – si nasconde nei dettagli e la linea che separa uno snellimento burocratico dalla deregulation è sottilissima: “Più che una semplificazione – denuncia Angelo Bonelli, leader dei Verdi e candidato di Rivoluzione Civile – è un tana libera tutti per chi inquina, un regalo elettorale per un sistema produttivo che lo stava aspettando con ansia: l’interesse dell’impresa a risparmiare tempo e denaro è prevalente rispetto alla tutela dell’ambiente e della salute”.
Non ci si lasci nemmeno ingannare dal fatto che le nuove norme riguarderanno solo le Pmi. Questo non è affatto un provvedimento di nicchia: piccole e medie sono quelle imprese che hanno meno di 250 dipendenti e una cinquantina di milioni di fatturato annuo, a spanne l’80% di chi produce in Italia.


Ora vediamo nel dettaglio quali sono gli aspetti più preoccupanti di questa norma. Intanto, all’articolo 3, la lunghezza straordinaria di questa nuova autorizzazione: si passa dai cinque anni attuali a ben 15. Curiosamente lo stesso governo ammette che tanto il Consiglio di Stato quanto le commissioni parlamentari gli avevano fatto presente che quel lasso di tempo è un po’ troppo lungo: purtroppo “non è stato possibile accogliere tale suggerimento in quanto alla predetta riduzione conseguirebbe un aumento degli oneri a carico delle imprese” e questo contrasta con la lettera del decreto. Semplificazioni di febbraio, che è la fonte primaria di questo regolamento.


In questi 15 anni, potrebbe pensare qualcuno, ci saranno però allora frequenti controlli e un rilevante apparato di sanzioni per chi non rispetta le regole. Macché: all’articolo 9 si prescrive che ci sarà solo un monitoraggio annuale sull’attuazione della nuova Aua (vale a dire sul fatto se la semplificazione funziona). Controlli e sanzioni? Non ci sono. Anche stavolta il governo ammette nella sua relazione che entrambi gli erano stati richiesti dalle Regioni, ma – purtroppo anche stavolta – non si può perché ci si è dimenticati di inserirli nel dl Semplificazioni e quindi il regolamento non li può creare dal nulla. E così potranno lavorare per 15 anni praticamente senza controlli robette come inceneritori, discariche, fonderie, raffinerie e impianti pericolosi d’ogni genere. Lo si evince anche dalle correzioni all’articolato originale che Il Fatto Quotidiano ha potuto visionare:
la prima formulazione escludeva infatti dal rinnovo semplificato “scarichi di sostanze pericolose”, “emissione di sostanze cancerogene, tossiche per la riproduzione o mutagene o di sostanze di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate” e via dicendo, previsione poi cancellata con un bel tratto nero in orizzontale.


Non bastasse, grazie alla soppressione di un comma del Codice Ambientale, la nuova Autorizzazione unica potrà essere per così dire parcellizzata, ovvero concessa senza “considerare l’insieme degli impianti e delle attività” presenti nello stabilimento che la richiede. Non manca nemmeno qualche elemento pazzoide: le regioni potranno infatti “definire ulteriori criteri per la qualificazione delle modifiche sostanziali” e altri cambiamenti minori, finendo in sostanza per complicare la giungla normativa e costringendo imprese che lavorano su più territori a seguire regole diverse per ottenere lo stesso via libera.


Infine, una nota di colore: il governo che voleva abolire le Province – e il premier che vuole abolirle se gli italiani lo voteranno – ha deciso che il soggetto a cui fa capo il rilascio della nuova Aua saranno… le Province. L’attivismo di fine mandato di Clini, peraltro, non si limita alla deregulation ambientale per le Pmi, ma include un controverso decreto che permetterà ai cementifici di bruciare nei loro impianti il cosiddetto Css (combustibili solidi secondari). Il dl ha avuto il parere contrario della commissione Ambiente della Camera, ma il ministro ha già annunciato che questo non sarà sufficiente a fermarlo: quel parere non è vincolante. La curiosa motivazione dei tecnici del ministero è che molti cementifici già bruciano il petcoke, che è molto più inquinante del Css, quindi con le nuove regole ci sarebbe un miglioramento delle emissioni in atmosfera.
Ora, a parte l’idea che il problema dei rifiuti si risolve solo con la combustione, c’è il fatto che bruciando Css i cementifici inquinano assai di più rispetto ai “normali” inceneritori e possono per di più farlo a norma di legge, visto che hanno limiti di emissione più alti. “Clini dovrebbe dare a Monti consigli per l’Agenda green – conclude Bonelli – ma tra decreti sull’Ilva, silenzio assenso per costruire persino in aree protette, tagli ai parchi nazionali e questi ultimi atti può al massimo scrivergli l’Agenda black”.





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Te capì il Clini (Ministro dell'Ambiente)?! Immagine










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MessaggioInviato: 27/02/2013, 00:31 
sabato 23 febbraio 2013



La faccia tosta del criminale


Mentre il mostro sforna fumi e veleni, di giorno e soprattutto notte, ignorando qualsiasi precauzione, i padroni rifiutano di collaborare anche con la magistratura. Sanno di poter contare su tanti amici che sono dalla loro parte.
Ne sanno forse qualcosa Clini, Prestigiacomo e Bersani?
Ecco l'Ilva ieri...

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Ilva custodi: guerra sull'acciaio. Azienda minaccia risarcimento


Ammonta a circa un milione di tonnellate la richiesta di acciaio che i custodi giudiziari Barbara Valenzano, Emanuela Laterza, Claudio Lofrumento e Mario Tagarelli dovranno esaminare nei prossimi giorni. Al termine della riunione di ieri tra i tecnici nominati dal gip Patrizia Todisco e l’avvocato Francesco Brescia in rappresentaza dell’Ilva, i custodi giudiziari hanno infatti acquisito circa un migliaio di ordini di vendita ancora non soddisfatti dall’azienda del Gruppo Riva.


Dopo il via libera del gip alla vendita dei pordotti finiti e semilavorati sequestrati il 26 novembre su richiesta della procura ionica, toccherà ora ai custodi giudiziari provvedere alle operazioni di vendita destinando poi il ricavato, il cui valore dovrà essere stimato nei prossimi giorni, in un fondo che rimarrà comunque sotto sequestro. Resta intanto da individuare anche la strategia di vendita per le altre 700mila tonnellate di acciaio, ma soprattutto da analizzare le perdite lamentate in questi mesi dall’azienda. Delle rinunce dei clienti per via delle vicende giudiziarie, al momento, non c’è traccia.


L’azienda Ilva manifesta la sua volontà di non collaborare con la magistratura. E così i custodi ieri hanno chiesto nuovamente all’azienda di fornire l’elenco delle richieste annullate dai clienti. Un dato che l’Ilva in quel momento non è stata in grado di fornire e che potrebbe arrivare sulla scrivania degli amministratori giudiziari nei prossimi giorni. Dati di non poco conto per comprendere se e quanto l’Ilva abbia perso in termini economici. Nelle scorse settimane, infatti, la stessa azienda aveva lamentato l’annullamento di un contratto con una grossa azienda americana del valore di circa 25 milioni di dollari. Non solo. Oggi minaccia di chiedere il risarcimento dei danni subiti.La situazione, quindi, resta tesa.


A dimostrarlo c’è l’ennesimo scambio di lettere al vetriolo tra Bruno Ferrante, presidente del cda Ilva, e i custodi giudiziari. Lettere che danno seguito alla guerra epistolare iniziata quando l’ex prefetto di Milano ricopriva l’incarico di quarto amministratore giudiziario. In una missiva inviata il 21 febbraio scorso, infatti, Ferrante non solo ha rinunciato all’incontro richiesto dai custodi per affrontare con una strategia comune la commercializzazione dei prodotti, ma ha chiarito che l’Ilva «non presta il consenso alla commercializzazione dei prodotti, in quanto lesiva del diritto all’esercizio di impresa» e chiarendo inoltre che il provvedimento del gip «sarà contrastato con ogni iniziativa».


Soprattutto Ferrante è tornato sui danni causati dell’azione giudiziaria. «Parte degli ordini - scrive Ferrante - a suo tempo pervenuti è stata evasa, a seguito di riprogrammnazione degli stessi attraverso quanto prodotto successivamente al 4 dicembre 2012. Altri ordini - aggiunge il presidente dell’Ilva - sono stati annullati dai clienti e, in relazione a tali recessi, ci riserviamo di chiedere i danni nei confronti di chi ha posto in essere le condizioni che li hanno determinati». Una vera e propria sfida alla magistratura e ai custodi, insomma.
Un monito che chiude anche l’ultimo spiraglio di dialogo fra l’azienda e l’autorità giudiziaria tarantina. (F. Casula GdM)




fonte







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Dopo aver inquinato (lo fanno tutt'oggi) et ucciso, hanno il coraggio di parlare di risarcimento danni.



Meglio sottolinearlo ancora...

Cita:
Thethirdeye ha scritto:


Davvero incredibile la faccia da culo di questa gente...

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MessaggioInviato: 31/03/2013, 00:32 
giovedì 28 marzo 2013



La profezia del Comitato per Taranto!


COMINCIA LA DISMISSIONE SOCIETARIA!!!



Come dicevamo ieri nel post Riva Fire vuole liberarsi di Ilva!, leggendo gli articoli entusiasti dei giornalistini copincollisti di comunicati stampa, la nomina di Enrico Bondi per "risanare" la società Ilva non nasce da un desiderio di rappresentre "voi, capacità di fare impresa e lavoro, capacità di sostenere gli investimenti”, come ha falsamente dichiarato Ferrante rivolto ai lavoratori e ai mangiabustarelle locali.



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In realtà si tratta di isolare la pecora nera destinata al macello dal resto gregge prima che le sue inquietudini possano turbare le pecore buone e produttive!
E oggi quest'analisi ci viene confermata persino... dal giornale storicamente amico dei Riva!


A questo aggiungiamo che tutta la vicenda giudiziaria ha spiazzato i Riva che speravano di campicchiare ancora un po' con il sistema di "lubrificazione" retto da Archinà.
Per questo hanno escogitato ogni stratagemma per allungare i tempi e continuare a produrre per non rischiare di coinvolgere le altre attività.
Si sono presi un po' tardi con la compartimentazione societaria rispetto alla valanga processuale ma mentre infuriavano le piazze e le aule, stanno completando l'isolamento dell'Ilva per mettere in salvo il grosso del capitale da possibili confische.
Così potranno avviare più serenamente gli impianti di Taranto verso la classica recita finale dei grandi complessi industriali italiani: il fallimento. Il modo migliore per lavarsi le mani e accollare allo Stato tutti i costi sociali ed ambientali della chiusura!
Ovviamente, tutti, dai sindacalisti ai politici stanno a guardare... e gli operai vanno alla messa di Pasqua dove l'arcivescovo invita tutti alla... speranza!!



Ilva, la ragnatela societaria del gruppo siderurgico dall'Europa ai Caraibi


Le spiagge bianche e i resort di lusso di Curaçao e gli studi notarili di Milano e del Lussemburgo. Una inchiesta del Sole-24 Ore in edicola oggi racconta due facce finora nascoste della vicenda Ilva. La ragnatela societaria con cui, dall'estero, la famiglia Riva controlla il suo impero siderurgico. E le operazioni straordinarie, effettuate in Lussemburgo e in Italia, nel pieno dello scontro con i giudici di Taranto.


Per la prima volta si fa luce sulla invisibile ragnatela di fiduciarie e di società estere che stanno sopra tutte le società operative. La cassaforte è la Luxpack Nv, una società a responsabilità limitata (Llc) con un capitale di appena seimila dollari, che ha sede nell'edificio di Kaya Wfg Mensing 36, nell'isola del Mar dei Caraibi, di fronte alle coste del Venezuela.


Presidente della Luxpack è Adriano Riva, classe 1931. Adriano è il fratello del patron del gruppo Emilio Riva, indagato dalla procura di Taranto per associazione per delinquere, disastro ambientale e concussione e attualmente agli arresti domiciliari. Ma non c'è solo questo.
L'inchiesta del Sole-24 Ore ha anche provato a sovrapporre il drammatico incedere della vicenda Ilva - dal sequestro dell'impianto di Taranto al tentativo di una soluzione politica tramite la concessione dell'Aia, dagli arresti che hanno colpito la famiglia Riva e i suoi manager alla disponibilità a cercare un socio straniero - con le operazioni straordinarie effettuate a livello societario negli ultimi mesi.


Alla fine di queste operazioni, il quadro appare nitido. Nella lussemburghese Stahlbeteiligungen Sa ci sono soprattutto le attività estere. In Riva Fire, che controlla l'Ilva, resta il business dei laminati piani a freddo e a caldo. In Riva Forni Elettrici ci sono invece i prodotti lunghi. Razionalizzazione societaria per due business, i lunghi e i piani, che hanno caratteristiche differenti? Senz'altro. Ma anche un modo per isolare da tutto il resto l'Ilva. Per disporne più facilmente. Ma anche per "proteggere" - o almeno per tentare di farlo - il resto del patrimonio familiare da ogni iniziativa giudiziaria. (Sole24h)



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MessaggioInviato: 07/04/2013, 00:45 
Cita:
Pegasus ha scritto:


Eh, le cozze....prima potevi farlo, oggi non più: per quanto ne so gli allevamenti sono stati dichiarati non idonei alla salute e di conseguenza ne è stata vietata la pesca (ed anche l'allevamento se non sbaglio) causa diossina.
Ora per il tarantino comprare le cozze rasenta il colmo: per stare sicuro, deve comprare quelle provenienti da Bari....




Cita:
Thethirdeye ha scritto:


Purtroppo, mi è stato appena confermato da un amico che lavora a Taranto (proprio nel settore alimentare), che le famose "cozze tarantine", sono solo una favola che si potrà raccontare ai nostri nipoti. E' altissimo il rischio. Inoltre, mi è stato confermato che l'approvigionamento di cozze, per Taranto, è di appannaggio della città di Bari. Proprio come hai detto tu....




...



sabato 30 marzo 2013





La cozza e la salute di Taranto



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E’ arrivata come una mazzata per i mitilcultori, quelli pochi, ancora rimasti a Taranto. Dal 1^ Aprile anche il novellame del primo seno del Mar Piccolo dovrà essere sgomberato , secondo la direttiva dell’ASL. Eppure appena tre mesi fa la stessa ASL aveva dato il consenso all’allevamento in quella parte del mar Piccolo. I mitilcultori avevano fatto investimenti, ed ora la notizia di sgombrare tutto per destinazione…. Ignota.


A Taranto ormai viene chiuso tutto. Anche la Centrale del Latte, oltre all’allevamento di bestiame, all’agricoltura ecc ecc Come una piccola , grande Cernobyl. Là tutto inquinato da radioattività , qui da inquinanti chimici e industriali. Là la centrale di Cernoby e la città di Pryp’jat’ , qui l’ILVA e la città di Taranto. Come a Pryp’jat’, le istituzioni farebbero meglio a dichiarare l’inagibilità del luogo, chiudere le porte di accesso alla città e ai paesi limitrofi e portare la popolazione in altri lidi. Sarebbe un assunzione di responsabilità più coerente rispetto al balletto a cui si sta assistendo.
Questa notizia di poche ore fa, si accompagna ad un’altra passata sotto silenzio dai main stream embedded , e come poteva essere diversamente, e cioè quella riferita al convegno del Made in Steel la fiera biennale dedicata all’acciaio. Le normative ambientali richiedono investimenti che non danno alcun ritorno economico». Queste le parole di Gianfranco Tosini, responsabile del centro studi di Siderweb.


Continua a leggere... Come a dire che le parole spese in questi anni dal governo e dai politici nazionali e locali, sindacalisti più o meno padronali sono solo , appunto, parole. Dietro c’è la ferrea logica del profitto. La famiglia Riva non investirà mai, ne potrà mai farlo in uno stabilimento vecchio , obsoleto e non più in grado di competere con le moderne tecnologie rispettose delle norme di legge europee*. A meno di non chiudere l’area a caldo, dismetterla , bonificarla e continuare a mantenere l’area a freddo alimentato o attraverso bramme importate o attraverso un ciclo a caldo che utilizzi rottame di ferro ( l’assurdità di continuare a estrarre ferro quando abbiamo il problema di smaltimento del rottame di ferro che abbonda nelle nostre discariche) Mi chiedeva un compagno, come è mai potuto succedere tutto questa catastrofe ambientale , è tutta colpa solo e soltanto dell’ILVA, già Italsider? Rivolgo la domanda a Francesco Calcante. memoria storica dell’ambientalismo tarentino, che ha svolto un ruolo di responsabile sindacale all’interno dell’azienda, già Italsider, nella Commissione Ambiente e Sicurezza, ma anche come impegno politico e sociale, il quale ha sottolineando da sempre e in molteplici occasioni la necessità di assumere precauzioni adeguate, denunciando alle Autorità competenti smaltimenti ed interventi impropri e collaborando caso per caso ad individuare procedure e protocolli di intervento appropriati onde minimizzare gli impatti di sostanze inquinanti per la salute dei lavoratori e dell’ambiente . E’ in modo particolare ha effettuato studi approfonditi all’epoca sui PCB


I policlorobifenili, i PCB appunto, sono una famiglia di 209 congeneri, distinti in diossina-simili (12) e non diossina-simili (197). La produzione, a tutt’oggi è stata vietata ma i prodotti commerciali largamente impiegati hanno lasciato vistose tracce nell’ambiente e negli esseri umani.


I nomi commerciali più noti sono: Aroclor, Fenclor, Phenoclor, Clophen, Kaneklor, Pyralene , Apirolio. I prodotti per uso elettrotecnico sono comunemente chiamati Askarel e possono contenere in aggiunta ai PCB fino al 50% di triclorobenzeni. La presenza di Apirolio (Askarel nel nome commerciale) nell’area industriale di Taranto và essenzialmente ascritta all’impiego di tale prodotto quale sostanza dielettrica (isolante) nei trasformatori elettrici industriali e nelle “reattanze”, qualità queste,che si richiedono all’olio per trasformatori, inteso come mezzo refrigerante e isolante insieme, sono dettagliatamente esposte nelle Norme CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano), le quali precisano anche i controlli da compiere sull’ olio stesso prima di impiegarlo nonché la eventuale procedura di rigenerazione in caso di decadimento delle caratteristiche dielettriche, definendo inoltre le prove spinterometriche. La caratteristica più saliente di questi liquidi, oltre a quelle proprie dell’olio minerale, è quella della assoluta non infiammabilità (da cui il loro nome- apiros) ; tale proprietà evita il pericolo di incendi ed esplosioni che talvolta si presenta nei trasformatori in semplice olio minerale.


L’apirolio presenta inoltre una rigidità dielettrica del 30 ± 40% superiore, ed una costante dielettrica circa doppia di quella dell’olio minerale. Quest’ultimo proprietà fa sì che nei trasformatori in apirolio le sollecitazioni dovute ad azioni elettrostatiche risultino più ridotte Grazie anche alle sollecitazioni di Francesco fu compiuta una indagine commissionata dall’Assessorato del Comune di Taranto – igiene e sanità -(assessore Mario Guadagnolo) che a suo tempo, richiese a tutte le aziende insediate sul territorio di fornire informazioni circa la detenzione e l’esercizio di apparecchiature contenenti apirolio. E stiamo parlando di una circolare del 23/4/1980 e su sollecitazione dell’Ispettorato del Lavoro


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Un totale come si evince dal documento di 2.355 Tonnellate di prodotto altamente tossico nel territorio tarentino. Va precisato che ogni azienda deteneva quantità ulteriori della sostanza come scorta di magazzino al fine di “rabboccare” le continue perdite a cui le apparecchiature andavano incontro. Né si hanno notizie di particolari cure o misure precauzionali che i responsabili delle aziende adottavano nemmeno al momento della sostituzione dell’olio per sopraggiunta esaustività dello stesso. Si presume, quindi, che il metodo più utilizzato fosse….il semplice travaso nelle fogne o nelle discariche. Operai dell’allora Italsider si immergevano nei trasformatori con una semplice tuta di cotone per ripulirli dell’olio esausto, per versare i residui nei normali contenitori di normali olii esausti. Anche perché nessuno, apparentemente, dei responsabili delle aziende, avevano cognizione di quel che utilizzavano e che facevano manipolare normalmente ai loro operai. Lo stesso Francesco dovette impiegare tempo e studi approfonditi in continue ricerche per venire a conoscenza di cosa fosse l’Askarel o PCB utilizzato.


E’ emblematica la Sentenza pronunciata dal Tribunale di Taranto- Giudice Monocratico 2° SEZ. Penale Dr. M. Rosati, (artt.544 e segg., 549 c.p.p.), contro i responsabili a vario titolo dello stabilimento Italsider, imputati di omissione dei controlli previsti per la verifica delle caratteristiche dielettriche dell’apirolio, per non aver esercitato il corretto esercizio dei trasformatori onde prevenire il pericolo di scoppio, per aver esposto il personale ai rischi per la salute dei lavoratori interessati, ed altro.
Ma l’allora Italsider non era la sola ad effettuare versamenti incontrollati e alla sciuè sciuè. Si hanno notizie ( siamo nel 2004) di operazioni di dragaggio effettuate dalla Direzione dell’Arsenale della Marina Militare, sui fondali del I° seno del Mar Piccolo, di fanghi altamente inquinati da PCB che avrebbero poi indebitamente stoccato sulle sponde dello stesso. Per tale operazione furono interessate da avviso di garanzia ben 16 indagati. Attualmente non è noto l’esito di tale vicenda.


E non a dire che le cose dormivano a livello legislativo sopratutto per sollecitazione di direttive europee. Infatti con il Decreto del Presidente della Repubblica del 24 maggio 1988, n. 216 -
Attuazione della direttiva CEE n. 85/467 recante sesta modifica (PCB/ PCT) della direttiva CEE n. 76/769/CEE concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi, ai sensi dell’art. 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183.
Ordinario n. 143 alla Gazzetta Ufficiale del 20 giugno 1988),si vieta a tutti gli effetti l’immissione sul mercato delle sostanze in questione, attesa la loro pericolosità. A fronte di tale decreto le aziende dispongono, quindi, prima un censimento e poi un piano di dismissione dei trasformatori ad apirolio, dell’apirolio stesso e connesse scorte.


A tutt’oggi non si conoscono i risultati di tali censimenti né dell’approntamento di un piano di dismissioni sia di conferimento che di smaltimento. I dati dovrebbero essere in possesso dell’Arpa , che però non li rende noti.
Il versamento di questi liquami industriali si sono verificati sopratutto nel Mar Piccolo che è un habitat ormai in disequilibrio ambientale. La fauna e la flora che vi cresceva e prosperava che alimentava la mitilcultura e la crescita di pesci la cui prelibatezza aveva varcato i confini. Mi trovavo qualche anno fa a Bergen in Norvegia al mercato del pesce e mi sorprese vedere esposto un cestino di cozze nere con la dicitura Vere cozze tarentine, ad un prezzo da rarità e da prelibatezza! neanche fossero uova di pesce di storione!


Ora con l’ultimo divieto da parte dell’ASL , ennesimo e probabilmente doveroso, non resta altro che dichiarare off limits tutto il sito e provvedere all’evacuazione forzata oppure pretendere l’intervento attivo dello Stato , corresponsabile, perché l’inquinamento e il disastro ambientale non è solo o soltanto dell’ILVA già Italsider o solo della famiglia Riva, ma coinvolge lo Stato e le sue diramazioni istituzionali a tutti i livelli, per intero con le sue dirette attività industriali ( vedi Arsenale Militare) , ma sopratutto per le sue inefficienze criminali e delittuose del passato e ancora del presente! (Reset)








fonte







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* Fatiscente come lo ha correttamente definito Thethirdeye.








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Cita:
Aztlan ha scritto:


L' ILVA sta UCCIDENDO la gente.


La sua chiusura è una necessità inevitabile, perchè i soldi per bonificare e ristrutturare tutto non ci sono.




E visto che hanno fatto fuori anche il primo seno del Mar Piccolo... ancor di più...


Cita:
Wolframio ha scritto:


La NATO ringrazia per il parcheggio liberato.


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Taranto, piombo nel sangue dei bambini
Elevato rischio di danni irreversibili


I dati di un'indagine commissionata dal Fondo Antidiossina e da PeaceLink sono preoccupanti
Immediato il collegamento con i veleni dell'Ilva. Ma per la Consulta l'acciaio non va fermato


Il piombo è stato classificato dall’Istituto per le ricerche sul cancro (Iarc di Lione) dell’Oms come probabilmente cancerogeno per l’uomo. Per i bambini può causare danni irreversibili al cervello perché è neurotossico. E' il rischio che si sta correndo a Taranto, dove ci sono valori che vanno da 22 a 36 microgrammi di piombo per decilitro di sangue

http://www.ilfattoquotidiano.it/


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lunedì 22 aprile 2013





Dai domiciliari: a Riva serve la paghetta per fare la spesa?






Denuncia l’inquinamento dell’Ilva, Riva chiede danni per 500mila euro a Bonelli





Grazie ai magistrati si è scoperchiato un pentolone dove – posso dirlo in televisione? – degli infami, che sono degli infami, hanno venduto la salute e l’ambiente dei tarantini”.
Eccola la frase pronunciata da Angelo Bonelli, leader dei Verdi ed ex candidato sindaco di Taranto, nel corso della trasmissione Servizio Pubblico dedicata all’Ilva, il 30 novembre scorso.
Dichiarazioni che sarebbero “gravemente offensive dell’onore, del decoro e alla reputazione personale e professionale” di Emilio Riva, 86enne ex patron dello stabilimento siderurgico agli arresti domiciliari dal 26 luglio scorso per disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro e dal 26 novembre scorso accusato anche di associazione a delinquere e di corruzione in atti giudiziari per aver versato, secondo l’accusa, una tangente di 10mila euro all’allora perito della procura Lorenzo Liberti per ammorbidire una perizia sull’Ilva.


Emilio Riva, per il gip Patrizia Todisco, è uno degli uomini che ricoprono un “ruolo apicale” nell’associazione per delinquere di cui fanno parte altri membri della famiglia Riva responsabili secondo le accuse della drammatica situazione ambientale ionica.
Come il figlio Fabio, sfuggito alla cattura che gli sarebbe costata il carcere perché il giorno dell’arresto era in Inghilterra dove ancora si trova in attesa della decisione dei giudici londinesi sulla richiesta di estradizione presentata dalle autorità italiane.
Lo stesso uomo che al telefono, ignaro di essere intercettato dagli uomini della Guardia di finanza di Taranto, dichiarò che “due casi di tumore in più all’anno … una minchiata …”. Oppure come l’altro figlio Nicola Riva, anch’egli ai domiciliari dallo scorso 26 luglio.
Su Nicola Ed Emilio Riva, qualche settimana fa, confermando definitivamente le misure cutelari la corte di Cassazione ha spiegato che i reati sono stati “posti in essere con condotta sia commissiva che omissiva, con coscienza e volontà per deliberata scelta della proprietà e dei gruppi dirigenti che si sono avvicendati alla guida dell’Ilva i quali hanno continuato a produrre massicciamente nell’inosservanza delle norme di sicurezza con effetti destinati ad aggravarsi negli anni”.



Nonostante nelle parole di Angelo Bonelli, tra i pochi che hanno osato sfidare la famiglia Riva, non ci sia alcun espresso riferimento a Emilio Riva, per il legali dell’anziano proprietario dell’acciaieria ionica, “è evidente che egli si riferisce agli ex responsabili della gestione dello stabilimento di Taranto e in particolare all’ingegner Riva nella sua qualità di ex presidente della società Ilva spa”.
I legali di Emilio Riva hanno deciso così di citarlo in giudizio (civile) dinanzi al tribunale di Varese chiedendo un risarcimento di 500mila euro.
Un’azione che nei mesi scorsi il presidente Bruno Ferrante ha mosso anche contro alcuni giornalisti. Insomma i tempi in cui Girolamo Archinà, ex responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva in carcere dal 26 novembre, riusciva a “tenere tutto sotto coperta” sono lontani.



Ora l’Ilva trascina in tribunale la politica e la stampa. Fatti sintomatici di come l’attenzione sull’Ilva sia cambiata.
Il primo ad accorgersene era stato lo stesso Archinà che al telefono il 13 luglio 2010 affermava malinconicamente: “Sono costretto a dire avevo ragione! Cioè io ho sempre sostenuto che bisogna pagare la stampa per tagliarli la lingua! cioè pagare la stampa per non parlare!”.
Non solo. Archinà aveva anche la certezza di saper trattare i politici nel modo dovuto. Tanto da poter dare lezioni “gratis”, affermava in un’altra telefonata catturata dalle fiamme gialle.
Ma l’Ilva non è più quella di Archinà. L’azienda ha scelto un nuovo percorso. Sarà un giudice a stabilire se l’onore di Emilio Riva o dell’azienda in generale è stato leso, ma intanto è doveroso prendere atto di come sia cambiata l’aria che si respire nei piani alti dell’azienda.
La speranza è che presto cambi anche l’aria di “malattie e morte” – come dicono i periti – che respirano i tarantini. (FattoQuot)






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MessaggioInviato: 04/05/2013, 16:53 
Taranto, celle frigorifere dell’ospedale piene di arti umani? La macraba storia segnalata da Matacchiera


TARANTO – Riceviamo e pubblichiamo una nota stampa di Fabio Matacchiera, presidente del Fondo Antidiossina onlus.

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“Pochi giorni fa, per un caso fortuito, ho conosciuto un necroforo del cimitero di Taranto (addetto al seppellimento ed alla esumazione delle salme). Averlo incontrato e conosciuto, ha stuzzicato fortemente la mia curiosità, tanto da fargli molte domande incentrate anche sui particolari di quello “strano” lavoro e sulla questione relativa alla impossibilità di poter seppellire i defunti nel cimitero adiacente all’Ilva. Si ricordi che è solo di pochi giorni fa la notizia pubblicata da tutti giornali relativa all’alto tasso d’inquinamento dei terreni, tanto da costituire un pericolo per la salute per chi li scava e li smuove. Il necroforo che ho conosciuto, che mi ha dato l’impressione di essere un uomo distinto e posato, mi ha fatto alcune incredibili confidenze che mi hanno fortemente scosso, tanto da indurmi a fare alcuni approfondimenti e alcune ricerche che, tuttavia, andrebbero confermate ed ulteriormente avvalorate, soprattutto da parte delle autorità sanitarie ed in primis dal Sindaco di Taranto che mi sembra impossibile non sia a conoscenza di tutta questa storia.Veniamo ai fatti! Il necroforo mi ha riferito che le celle frigorifere dell’ospedale SS. Annunziata di Taranto sarebbero piene di arti e resti di persone viventi che hanno subito amputazioni ed interventi chirurgici di tale tipo). In altre parole, mentre le celle frigorifere del cimitero sono tutte occupate da salme che non possono essere seppellite per i motivi sopra detti ed ormai noti, le celle frigorifere dell’ospedale sarebbero anch’esse piene, ma di arti umani. Vediamo perchè. Secondo le affermazioni del necroforo. ”Periodicamente – mi riferisce l’uomo – arrivano al cimitero di Taranto richieste di seppellimento di casse contenenti arti e resti umani dall’ospedale di Taranto. Fino a qualche tempo fa, continua a riferirmi l’uomo, quelle casse le inviavamo all’inceneritore dello stesso cimitero, ma da quando è stato posto sotto sequestro dai carabinieri, poichè non a norma di legge, le seppellivamo nei terreni insieme alle salme. Da alcuni mesi, però, per i fatti noti, riconducibili all’inquinamento dei terreni, non possiamo più seppellire nemmeno quelli e i resti rimangono nelle celle frigorifere dell’ospedale SS. Annunziata di Taranto”.

Source: Taranto, celle frigorifere del...tacchiera — Inchiostro Verde


[:(] Ma è cosi grave la situazione che non si puo più nemmeno scavare una fossa?


Ultima modifica di Wolframio il 04/05/2013, 16:56, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 07/05/2013, 00:23 
Cita:
Wolframio ha scritto:


[:(] Ma è cosi grave la situazione che non si puo più nemmeno scavare una fossa?




Questa è la realtà. Purtroppo Taranto è la città più inquinata d'Europa (divenuta tale per menefreghismo rispetto l'ambiente e la salute di chi vi abita).
Vedremo nel tempo cos'altro salterà fuori. Niente di buono. [:49]

Per tutto questo disastro sappiamo chi ringraziare. No?



CHE SCHIFO! [:89]








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Questa è MUSICA.......... [:p]


Ilva: sequestro beni per 8,1 mld

A Taranto e Milano. Provvedimento del gip
nei confronti della societa' e di Rivafire


http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 57704.html

24 maggio, 10:03 Militari della guardia di finanza stanno eseguendo a Taranto e Milano un sequestro di beni mobili e immobili e disponibilita' economiche per 8,1 miliardi di euro nei confronti della famiglia Riva. I sequestri riguardano sia l'Ilva sia la Rivafire spa. Il provvedimento e' stato disposto dal Tribunale di Taranto.

L'accusa ipotizzate dai magistrati di Taranto è associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati ambientali plurimi. Solo due giorni fa la procura di Milano aveva disposto il sequestro preventivo di circa 1,2 miliardi a carico di Emilio e Adriano Riva per truffa allo stato.



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 26/05/2013, 00:57 
Cita:
Thethirdeye ha scritto:

Questa è MUSICA.......... [:p]


Ilva: sequestro beni per 8,1 mld

A Taranto e Milano. Provvedimento del gip
nei confronti della societa' e di Rivafire


http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 57704.html

24 maggio, 10:03 Militari della guardia di finanza stanno eseguendo a Taranto e Milano un sequestro di beni mobili e immobili e disponibilita' economiche per 8,1 miliardi di euro nei confronti della famiglia Riva. I sequestri riguardano sia l'Ilva sia la Rivafire spa. Il provvedimento e' stato disposto dal Tribunale di Taranto.

L'accusa ipotizzate dai magistrati di Taranto è associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati ambientali plurimi. Solo due giorni fa la procura di Milano aveva disposto il sequestro preventivo di circa 1,2 miliardi a carico di Emilio e Adriano Riva per truffa allo stato.






Sounds Good. [;)]






Ora si che il Tessssoooro è al sicuro!




I Riva in caduta libera.
Questa volta si trovano proprio nei guai.
Non li salva più nessuno, nemmeno il governo inciucius.




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giovedì 30 maggio 2013



Taranto: "dalla California d'Europa a periferia bulgara"



E' uno dei più noti, se non il più noto critico d'arte italiano: ci ha insegnato ad amare l'arte, ed in generale "la bellezza" non solo nell'arte, ma anche nel paesaggio. E oggi ci ha insegnato ad amare Taranto.
Philippe Daverio è intervenuto questa mattina nella trasmissione Storie Vere su Rai UNO, dove ospiti erano Cristina Zagaria autrice del libro "Veleno", e Daniela Spera attivista ambientalista tarantina, protagonista del libro.




"Mai come a Taranto" ha detto il critico d'arte "il sonno della ragione ha generato mostri": i mostri non sono solo quelli generati dall'industria pesante, ma anche i frutti avvelenati prodotti da una classe politica corrotta e da un sindacato colluso con i vertici aziendali, dati in pasto ad una città ammalata, che ha dato più volte segno di voler cambiare. Questa la nostra lettura della dura e forte presa di posizione di Philippe Daverio che ha paragonato Taranto ad una "periferia bulgara". Potenzialmente avrebbe dovuto essere invece la "California d'Europa"!, ma "abbiamo creduto tutti nella balla" ha continuato Daverio. La balla, era l'illusione che un'industria inquinante come l'Ilva portasse benessere in città. Ed invece l'ha distrutta. Ha distrutto le sue opere d'arte più preziose, i suoi paesaggi: il suo ambiente naturale. Ha distrutto tante vite umane: ed è questo il prezzo più alto che ha dovuto pagare Taranto, così come tutto il meridione, potenziale Giardino d'Europa.





Ed è per questo che il critico Daverio chiederà all'Europa di intervenire a favore del Meridione; come la Germania ha saputo tutelare i suo beni paesaggistici, così l'Italia deve riuscire in questa impresa perchè non si verifichino più i crolli alla Reggia di Caserta, patrimonio dell'umanità: cedimenti che sono l'esempio di un sistema marcio che si chiama Paese Italia.





Dobbiamo essere allora più "meridionalisti ed europesti" dice Daverio: credere maggiormente nelle nostre "bellezze" con interventi pubblici mirati, e non farci più incantare dalla balle... che si rivelano delle vere bolle di sapone. Perchè la ragione non venga mai più travolta dal sonno generatore di mostri.

Grazie Philippe Daverio!

















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giovedì 13 giugno 2013


E mo beccatevi sto MinCulPop!



Lu sole lu mare e... Operation Smile Italia... sulla Cavour, una nave da GUERRA! Mentre in tutta Italia tagliano i fondi alla sanità...
La televisione di Stato è sempre pronta per il MinCulPop, ligia a lavare la conscienza di chi ripaga morti e inquinamento con decreti salvaladri e spese militari... Cosa c'è di bello in questa ennesima pagliacciata?
I (potenziali) turisti non se la bevono, sto programma va bene solo per quei tarantini provinciali che si sentono cagati sul mainstream nazionale!
La Taranto che "vuole ricominciare" è quella frustrata e umiliata dall'alleanza tra speculazione, poteri forti e infedeli servitori dello Stato, che poi buttano due spiccioli mandando qualche giornalista a far gite in barca con gli sfondi finti!







Lineablu: Nella Taranto che vuole ricominciare

In onda sabato 15 giugno 2013 alle 14.00



Nella Taranto marina che vuole ripartire tentando di riprendersi dalle criticità provocate dalla situazione dell’Ilva, si svolge sabato 15 giugno alle 14:00 su Rai 1 la seconda puntata della ventesima edizione di Lineablu, la trasmissione dedicata all’infinito mondo marino. Donatella Bianchi esordirà illustrando con immagini inedite e riprese tutte particolari, le caratteristiche storiche e naturali di una città che vuole riproporsi come centro metropolitano di eccellenza storica che si candida a Capitale europea della Cultura per l’anno 2019. Si parlerà inoltre di attività consolidate come la miticoltura e dei rapporti storici con la presenza della Marina Militare e il suo arsenale.



A bordo della portaerei Cavour ancorata a Taranto si svolgerà l’attività di Operation Smile Italia, una importante iniziativa della Marina Militare in collaborazione con il Ministero della Difesa e la Protezione Civile. Sulla nave si realizzeranno interventi operatori chirurgici di laparotomia in simultanea con sale operatorie di Istanbul, New York, Londra su bambini di tutto il mondo colpiti da drammatici eventi naturali. Fabio Gallo, 28 anni, volto giovane di Unomattina che partecipa alla trasmissione accanto alla Bianchi, anticiperà da Imperia con il professor Corrado Piccinetti alcuni argomenti enogastronomici e nutrizionali della manifestazione genovese “Sapori da sfogliare”.



In chiusura di puntata, Fabio Gallo con il professor Giorgio Calabrese illustrerà le proprietà e le caratteristiche del pregiato olio ligure. Il programma in occasione dei vent’anni è trasmesso interamente in alta definizione. Risalteranno così ancora di piu’ le bellezze, i colori, i contrasti del Mediterraneo di cui Taranto rappresenta un visibile, suggestivo esempio. - (RAI)






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Si parlerà inoltre di attività consolidate come la miticoltura...

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venerdì 5 luglio 2013


Seppelliti nella diossina!!




San Brunone, il cimitero dei veleni


[img.nr]http://1.bp.blogspot.com/-VoTjtaHdjE4/UdcSxZsnUDI/AAAAAAAAIvs/9AsQHyyW5YE/s400/san-brunone.jpg[/img.nr]





Revocato da quasi due mesi il divieto di utilizzo dei campi di inumazione, causa forte inquinamento dei terreni, resta il problema della sicurezza dei necrofori che operano a stretto contatto con un suolo contaminato dai veleni della grande industria.



L’area del «San Brunone», infatti, adiacente all’Ilva, risulta fortemente compromessa dalla presenza di pcb, diossina e polveri minerali che mettono a serio rischio la salute del personale addetto alla tumulazione, attività per la quale si movimenta il terreno.



Con lo sblocco delle sepolture, la cooperativa sociale “L’Ancora”, che attualmente si occupa dei servizi cimiteriali di Taranto, ha dotato i propri lavoratori di un adeguato abbigliamento che impedisca il contatto con il terreno inquinato.
E ha distribuito mascherine con appositi filtri per evitare l’inalazione tossiche.



Ma ciò non basta a tranquillizzare i lavoratori che, nonostante questi accorgimenti, non si sentono protetti e temono di ammalarsi come già è successo in passato a molti loro colleghi, spiegano.



Tantomeno trova d’accordo i visitatori, che non possono avvicinarsi ai campi inagibili perché esposti ad un elevata concentrazione di diossina, dannosa per la salute tant’è vero che tecnicamente anche loro dovrebbero essere attrezzati ed indossare una mascherina per proteggersi dall’inalazione di sostanze nocive.
«Vogliamo mettere in luce il fatto che nel cimitero i lavoratori stanno facendo di tutto per mantenere una normalità che in realtà non c’è – rileva Ernesto Palatrasio, coordinatore provinciale Slai Cobas – lavorare su terreni inquinati con delle mascherine non è la soluzione al problema».



L’amministrazione comunale si affidò all’Asl per monitorare l’osservanza delle procedure anti-contaminazione al di fuori dei campi già inquinati.



L’Asl, a detta dei dipendenti de “L’Ancora” «propose di installare delle docce all’interno del cimitero e il più vicino possibile alle zone di inumazione. Ciò, per consentire ai necrofori di disfarsi immediatamente degli indumenti da lavoro e ripulirsi dalle sostanze inquinanti , prima di lasciare il posto di lavoro. Promesse disattese – denunciano i lavoratori – queste strutture ancora non sono state realizzate. Eppure, si continua a lavorare con sempre maggiori disagi – commenta Palatrasio –



Sappiamo anche che il cimitero è stato inserito tra le priorità degli interventi di bonifica, però ancora non capiamo in cosa consista questa “priorità” in termini pratici. Vogliamo che ci sia un’attività effettiva. In questo senso abbiamo chiesto di incontrare il commissario delle bonifiche, Alfio Pini».



Più in generale, i Cobas chiedono anche misure di sostegno nei confronti del personale «vittima dell’inquinamento industriale. Ci sono problemi relativi alla presenza sul luogo di lavoro. Questa attività non può esser svolta per sei ore al giorno e si può ben capire che serve una riduzione dell’orario – argomenta infine il coordinatore Cobas mostrando le cartelle cliniche dei cinquantadue dipendenti – I lavoratori sono tutti a rischio, non possono più essere soltanto vittime di questa situazione. Troppo spesso le uniche notizie che abbiamo sono quelle di operai colpiti da malattie. È inaccettabile» chiude Palatrasio. (Corgiorno)








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MessaggioInviato: 15/07/2013, 00:05 
Siamo alle comiche.... ma non so se ridere o se piangere.....


Tumori a Taranto? «Colpa delle sigarette».
Bufera su Enrico Bondi


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Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/07 ... ol/655757/



Ma come li scelgono questi PROFESSIONISTI?
Sulla base di quali requisiti? [:D]

Boh....



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