https://sites.google.com/site/dresda99/ ... a-spazialeRifiuti Spaziali
NAPOLI 3 DICEMBRE 2010 (ANSA) – WASHINGTON ,- Lo shuttle Discovery, in fase di rientro a terra, ha evitato un detrito spaziale che ha trovato sulla sua orbita. La Nasa non ha compreso di che rifiuto si tratti, ma il detrito potrebbe provenire dalla stazione spaziale dove gli astronauti dello Shuttle hanno lavorato nei giorni scorsi. I tempi della missione non dovrebbero subire variazioni: l’atterraggio a Cape Canaveral, in Florida, e’ confermato per stasera alle 19,05 (le 1,05 di domani in Italia).
Con questa notizia apro uno scenario che forse non tutti conoscono,forse perché “galleggia sopra alle nostre teste”ma esiste con il triste nome di spazzatura spaziale.
Molti di voi se lo sono di sicuro già chiesto: ma tutti i satelliti che vengono lanciati nello spazio, una volta terminata la missione che fine fanno? La risposta è molto semplice, rimangono in orbita attorno alla Terra. E’ così che l’umanità è riuscita in poco più di mezzo secolo di attività a creare uno spesso strato di immondizia spaziale. Secondo i dati diffusi dalla NASA, il 37,7 % del pattume spaziale è rappresentato da pezzi metallici che si sono staccati dai satelliti; il 31,3 % da carichi abbandonati; il 16,6 % da pezzi di vettori e il 13 % da oggetti persi nel corso delle passeggiate spaziali. Il rimanente 1,3 % è costituito dai cosiddetti detriti anomali. La velocità dei detriti, che si aggira intorno ai 36.000 Km/h, li rende dei veri e propri proiettili capaci di avere su una navetta conseguenze devastanti.
Per questo motivo il problema è stato già preso in esame dalla NASA che ha creato un sistema di stazioni a terra, che tracciano l’immondizia (almeno i pezzi più voluminosi) in modo da scongiurare le collisioni. Nonostante le precauzioni : un satellite americano per le telecomunicazioni, di proprietà privata (Iridium), si è scontrato con un satellite militare russo ormai fuori uso. Lo ha comunicato un portavoce dell’esercito statunitense, il colonnello dell’Air Force Les Kodlick che ha commentato:
“Crediamo sia la prima volta che due satelliti collidono in orbita”. Lo scontro, ha riferito l’ufficiale, è avvenuto a un’altezza di circa 780 km sopra l’Artico settentrionale.
Nel 1958 gli Stati Uniti d’America lanciarono un satellite denominato Vanguard I che è uno dei più longevi superstiti dei detriti spaziali e che, dall’ultimo aggiornamento del 2008, rimane il più vecchio detrito ancora in orbita[3] .
Ai detriti spaziali, secondo quanto affermato da Edward Tufte nel libro Envisioning Information, vanno aggiunti anche un guanto perduto da Edward White durante la prima attività extra-veicolare americana, una macchina fotografica perduta da Michael Collins durante la missione Gemini 10, i sacchi d’immondizia espulsi dai cosmonauti della Mir durante 15 anni di vita della Stazione Spaziale[3], una chiave inglese ed uno spazzolino da denti.
Sunita Williams ha perso un’altra macchina fotografica durante una attività extra-veicolare (EVA) durante la missione STS-116. Durante la missione STS-120, nel corso di un’altra attività extra-veicolare (EVA) per la riparazione di uno strappo in un pannello solare, è stato perso un paio di pinze. Durante la missione STS-126 Heidemarie M. Stefanyshyn-Piper ha perso una cassetta degli attrezzi, delle dimensioni di una ventiquattrore.
Durante i vari voli, Discovery è stato bersagliato 1634 volte con 92 finestrini sostituiti, 317 colpi al radiatore con 53 danni gravi.
Ma da queste notizie poco piacevoli ne traspare una positiva: studiando i detriti spaziali per evitare le collisioni sono progredite anche le tecnologie per monitorare e proteggere la Terra da eventuali meteroiti.
Da una recente intervista pubblicata su uno dei maggiori blog su internet un noto scienziato Andrea Milani disse : “Per provocare un danno ad un satellite basta un detrito con un diametro di 5/10 centimetri, per distruggerlo ne basta uno di 20 Noi oggi in realtà non conosciamo la maggior parte dei proiettili che possono distruggere un satellite anche perché gli oggetti che riusciamo a vedere superano i 50 centimetri di diametro ”. Tempo fa qualcuno avrà sentito della collisione tra i satelliti Cosmos e Iridium, che ha creato una nuova “nuvola” di rottami. Ma ciò che è accaduto è stato anche peggio del previsto perché, essendo lo scontro avvenuto fra due satelliti, gli sciami di frammenti che si sono formati sono addirittura due. Il pericolo sta nel fatto che questi sciami sono su un orbita polare, un orbita cioè che incrocia tutte le altre ad alta velocità. Quindi una sorta di reazione a catena che renderebbe di fatto ‘inabitabile’ una zona del cielo”.
Ho voluto a tal proposito riportare un articolo giornalistico che mette in luce quello che e successo:
Dieci minuti di terrore in orbita, poi l’allarme è rientrato e gli abitanti della Iss sono tornati al lavoro
WASHINGTON
Nella serata di ieri tre astronauti a bordo della “Stazione spaziale internazionale” (Iss) si sono velocemente trasferiti a bordo della capsula Sayz di soccorso perché la stazione avrebbe potrebbe essere urtata dal frammento di motore di una satellite in orbita. «Manovra anti-detriti, procedete verso il veicolo di salvataggio» ha ordinato la Nasa da Terra e i tre astronauti a bordo di ISS, due americani e un russo, si sono così trasferiti a bordo della navicella Soyuz TMA-13. L’allarme è comunque cessato in poco più di 10 minuti perchè il detrito che minacciava di danneggiare la stazione l’ha invece superata senza urtarla. L’oggetto esterno, frammento del motore di un satellite, era grande poco più di un centimetro, ma se avesse perforato la struttura secondo il portavoce della Nasa Josh Byerly «avrebbe potuto provocare una catastrofe».
Tre astronauti hanno abbandonato per alcuni minuti la stazione spaziale internazionale per una possibile rotta di collisione con dei detriti. Dopo che i detriti sono passati gli astronauti sono tornati nella stazione spaziale.
Brivido nello spazio. Per una manciata di minuti l’incubo di una non cinematografica Odissea 2009 si è affacciato nella mente dei tre astronauti che alle 12:35 ora di Houston (le 17:35 in Italia) hanno lasciato la Stazione Spaziale Internazionale dopo aver ricevuto un ordine di evacuazione dal centro di controllo della Nasa.
I DETRITI. “Manovra anti-detriti, procedete verso il veicolo di salvataggio” ha ordinato la Nasa da Terra e i tre astronauti a bordo di ISS, due americani e un russo, si sono così trasferiti a bordo della navicella Soyuz TMA-13. Ci sono rimasti una decina di minuti, fino a che l’allarme anti-detriti è passato. Se così non fosse stato, avrebbero effettuato un rientro d’emergenza a terra.
NASA. La Nasa ha precisato che la manovra è stata decisa “per motivi precauzionali”, perché le eventualità che alcuni detriti spaziali potessero urtare la stazione erano “molto deboli”. Nello stesso tempo, tuttavia, da terra non erano assolutamente certi che ISS non sarebbe stata urtata da quel piccolo detrito. Anzi: sapevano che se avesse colpito la stazione avrebbe potuto provocare una fatale perdita di pressione all’aria della stazione. La Nasa ha precisato che il detrito in questione era un piccolo pezzo di motore di una vecchia navicella e che è passato a circa 5 chilometri dalla Stazione Spaziale. Non si è trattato, quindi, dei residui dei due satelliti, uno russo e uno americano, scontratisi in orbita un mese fa.
LA PROCEDURA DI SICUREZZA. La procedura messa in atto oggi è piuttosto rara (anche se non è la prima) ed è stata eseguita alla perfezione: i tre astronauti – ha reso noto la Nasa – sono rimasti a bordo della navicella Soyuz per 11 minuti, dalle 12:35 alle 12:45, il tempo necessario per far passare i detriti in questione. Quindi sono rientrati e hanno ripreso a lavorare. Se abbiano pensato o meno al film di Stanley Kubrick “2001 Odissea nello Spaziò non è dato di sapere. E’ certo, però, che ancora non sanno se nel fine settimana saranno raggiunti su ISS dalla missione Discovery, la prima del 2009, il cui lancio, già rinviato un mese fa, era previsto per la notte di ieri ma è stato ulteriormente rimandato per una perdita di idrogeno da uno dei serbatoi dello shuttle. Ora è stato riprogrammato da Cape Canaveral, in Florida, per domenica sera, lunedì al massimo. In caso di nuovi imprevisti tutto sarà rimandato ad aprile. Su ISS i tre astronauti aspettano.
IL PRECEDENTE INCIDENTE. L’incidente avvenne il 12 febbraio scorso a 805 chilometri in verticale sopra la Siberia, ed ebbe grande eco perché non era mai avvenuto prima che due satelliti si scontrassero. In quell’occasione sia i tecnici americani sia i tecnici russi dopo i dovuti, elaborati calcoli, esclusero ogni possibilità di un eventuale impatto di quei detriti con ISS. E’ certo che l’evacuazione di oggi di ISS non è stata una conseguenza di quell’impatto.
SATELLITI spenti per sempre, ultimi stadi di razzi, motori al plutonio esauriti, schegge di collisioni fra oggetti spaziali e perfino cassette degli attrezzi perse dagli astronauti durante le passeggiate nel cosmo. La soffitta del nostro pianeta è affastellata di ferraglie di cui niente e nessuno – se non la fine della Terra – riusciranno mai a fare pulizia. Ma a differenza delle soffitte normali, dove basta chiudere la porta per isolare il vecchiume, la “spazzatura spaziale” è diventata talmente abbondante da minacciare che alcuni frammenti abbandonino il turbinio d’alta quota e piovano sulla Terra.
Poche ore dopo, nella mattinata di domenica, decine di segnalazioni di oggetti volanti non identificati hanno raggiunto le autorità del Texas. Una fiammata nel cielo simile a una stella cadente e un tonfo che ricordava un aereo che rompe la barriera del suono hanno scatenato una ridda di allarmi “all’ufo”. La Faa non esclude che si tratti delle schegge dei satelliti russo e americano, mentre l’U. S. Strategic Command è più scettico sulle cause della palla luminosa, il cui video è finito sui siti internet.
Se gli ufo possono sembrare un’ipotesi remota, ben più concreto è il rischio che le schegge dei satelliti provochino altre collisioni e ancora altre schegge, in una reazione a catena che gli esperti della Nasa all’inizio degli anni ’90 hanno soprannominato “sindrome di Kessler” e minaccia col tempo di rendere impraticabile lo spazio a satelliti e missioni con astronauti a bordo. A quelle velocità d’altronde (i due satelliti viaggiavano a 28 mila chilometri all’ora: quasi 8 chilometri al secondo) anche un frammento piccolo come una moneta ha un potere di penetrazione superiore a un proiettile. E un oggetto del diametro di mezzo centimetro – la Nasa spiegò ai suoi astronauti in partenza per la missione Apollo – quando orbita intorno alla Terra acquista la stessa energia di una palla da bowling lanciata a 100 chilometri all’ora.
Di fronte al problema della spazzatura spaziale, tutto il mondo, insieme con il suo cielo, si trova a essere come un’unica casa: le collisioni possono avvenire ovunque. E infatti frammenti di razzi o navi spaziali da quando lo Sputnik, il primo satellite artificiale, ha colonizzato l’orbita nel 1957, sono stati ritrovati in Sudafrica come a Cuba, nel deserto dell’Arabia Saudita o in Costa D’Avorio, sono stati trasportati sulla spiaggia alle Bahamas o raccolti dalle reti dei pescatori in Brasile. Nel 1969 una nuvola di pezzi di metallo contorto pesanti almeno dieci chili l’uno sono caduti sul ponte di una nave giapponese. Martedì scorso lo scontro fra i due satelliti di Mosca e Washington è avvenuto sopra la Siberia, ma gli avvistamenti delle ipotetiche schegge sono avvenuti in Texas. E a essere minacciati da ulteriori detriti alla deriva sono ora gli astronauti russi e americani che coabitano nella Stazione spaziale internazionale a un’altezza di 350 chilometri.
E se oggi lo scontro fra due oggetti spaziali targati Mosca e Washington ci rimanda al problema di una spazzatura impossibile da smaltire e al nostro contributo nell’inquinare il pianeta e il suo cielo, qualche decennio fa incidenti simili sarebbero stati avvolti probabilmente dal silenzio, scatenando a livello militare brividi da guerra nucleare. “Oggi ci lamentiamo della mancanza di cooperazione fra i paesi, e delle difficoltà con cui le informazioni sullo spazio circolano – ricorda Bignami – ma all’epoca della guerra fredda in orbita avvenivano cose ancor più tremende, avvolte nel silenzio siderale. Satelliti che si distruggevano a vicenda a colpi di laser e propellenti al plutonio dagli standard tecnologici non proprio accurati”. Soprattutto i satelliti spia, che avevano il compito di scrutare la terra con radar potenti e ad alta risoluzione, non si accontentavano di un’alimentazione a base di energia solare. “Accadeva che i sovietici caricassero a bordo reattori nucleari con qualche decina di chili di plutonio e li lanciassero in cielo senza troppe preoccupazioni. Molti di quei residui oggi sono ancora lì”. Non comportano pericoli per la salute umana sulla Terra, al massimo disturbano i telescopi ai raggi gamma. Ma di certo raccontano come il cielo un tempo (e non solo) fosse considerato una discarica comoda e senza fondo. Un po’ sede del senso divino e un po’ pattumiera, a seconda delle convenienze.
il Comitato dell’Onu per l’Utilizzo pacifico dello spazio si era riunito l’anno scorso a Vienna per discutere una soluzione, senza che al momento nessun Paese membro si sia impegnato formalmente. Secondo gli specialisti le possibili strategie sono due: il recupero della maggior massa possibile di detriti e frammenti oppure una condivisione delle informazioni sulla loro localizzazione, in modo da minimizzare la possibilità di collisioni future. La prima, oltre al problema pratico di come far rientrare nell’atmosfera i detriti, è costosa e rischiosa: durante il recupero i pezzi più grandi potrebbero infatti frammentarsi ulteriormente causando maggiori problemi (anche un pezzo di metallo di un centimetro di diametro è potenzialmente distruttivo date le elevate velocità orbitali).
La seconda dipende dalla buona volontà dei Paesi membri di rivelare l’esatto posizionamento dei propri satelliti – anche militare – e ogni altro dato riguardante eventuali frammenti: in questo senso l’Agenzia Spaziale Europea ha lanciato il programma Space Situational Awareness, che mira alla sorveglianza della zona interessata. Secondo gli esperti servirebbe tuttavia un sistema globale integrato, proposta su cui fino ad ora solo Stati Uniti e Francia hanno espresso un qualche interesse, senza che nessun Paese abbia però manifestato un sostegno ufficiale all’iniziativa.
Detto ciò vi lascio con una foto molto emblematica……spero che possa trasmettere più di quanto possa essere: