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MessaggioInviato: 09/07/2013, 10:03 
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ubatuba ha scritto:

Otto miliardi di euro. Gocce nell’oceano delle centinaia di miliardi di debito pubblico che il Paese ellenico continua annualmente ad accumulare. E almeno fossero soldi veri, a sostegno dell’economia reale, macché: una correzione contabile, un “clic”, ed ecco gli otto miliardi, che i mezzi d’informazione di mezzo mondo definiranno come magnanimi “aiuti” concessi ad Atene da quei filantropi della Bce, dell’Ue, del Fmi.
Già, proprio loro, la “troika”. La quale, conclusa ieri la sua missione esplorativa in Grecia, ha rilasciato una nota formale in cui lascia grondare copioso dalle sue fauci il consueto ottimismo; le consuete e mendaci prospettive di “ripresa”. A patto, chiaramente, che i Greci continuino ad essere disciplinati sulla strada della ricerca della (irrealizzabile) parità di bilancio, che non smettano di versare il “pizzo” alla piovra dell’usura di Bruxelles con relativi interessi e interessi sugli interessi.
La troika detta l’agenda a un governo che si regge su una maggioranza ultra-trasversale di partiti-fotocopia di destra e di “sinistra”. Sfogliamola: “riformare (sic) la tassazione su reddito (per chi ancora ha un reddito) e immobili (per chi ancora ha una casa)”; “contenere la spesa del settore sanitario”; “mettere il personale della pubblica amministrazione in mobilità e ricollocazione”: o meglio, sulla strada.
Niente timori, tuttavia: non sono previsti solo “tagli”. La Cupola dell’eurocrazia si premura anche di vigilare sul completamento della ricapitalizzazione… del “sistema bancario”! Misure, insomma, che colpirebbero con veemenza un qualunque sistema economico, ma che applicate alla situazione corrente della Grecia - caratterizzata da diffusa e grave indigenza, sfaldamento del tessuto sociale, aumento vertiginoso dei casi di suicidio - rischierebbero di essere addirittura letali.
In cambio di trenta denari: un “aggiustamento contabile” da otto miliardi gravati da ulteriori interessi. Questa volta l’allarme di Laocoonte è rivolto a loro: temano il nemico, anche quando è latore di doni; insorgano e si liberino. Riprendendosi la loro moneta, il loro Paese, la loro libertà, la loro vita.


(08 Luglio 2013) - See more at: http://www.rinascita.eu/index.php?actio ... ioOV6.dpuf

..la troika sara' pure ottimista,non credo il popolo greco,oramai ridotto al ruolo di schiavi........[:(!]


Ma come sono umani questi signori.........

L'eurogruppo divide in due tranche gli aiuti che la Grecia si aspettava tutti insieme a luglio, e la prima tranche da 2,5 miliardi arriverà solo "in funzione delle riforme che dovranno essere messe in piedi entro il 19 luglio". Lo ha detto il presidente dell'eurogruppo Jeroen Dijsselbloem al termine della riunione.

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 92931.html



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

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MessaggioInviato: 09/07/2013, 11:30 
negli accordi ci sarebbe pure il licenziamento di 12.000 statali......umanita'imperante......[:(!]


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MessaggioInviato: 11/07/2013, 12:04 
Questi sono dati oggettivi. La verità non può essere taciuta. Questi sono i risultati delle politiche economiche di burocrati senza scrupoli, di una finanza disumana non più al servizio dell'economia, ma viceversa.

Come possiamo essere ciechi dinanzi a tutto questo?!?

Fame e paura, crimini contro l’umanità per rapinare i greci

«Più di un terzo della popolazione greca non ha più accesso alla sanità nazionale», stima Giorgos Vichas, cardiologo. Alla clinica autogestita di Hellinikon, in periferia d’Atene, un centinaio di medici curano gratuitamente un numero sempre crescente di pazienti. Da un anno e mezzo, 10.000 persone hanno varcato le soglie di questa clinica di fortuna, installata nel mezzo di una vecchia base militare americana. A causa dei drastici tagli ai salari, abbassatisi del 40% in qualche anno, anche chi ha un lavoro non ha più i mezzi per pagare le spese mediche. E gli ospedali pubblici greci mancano di medicine, specialmente per la cura del cancro. Il settore della sanità è uno dei simboli della delinquenza dei servizi pubblici greci. In una sala di consultazione dai muri bianchi, il cardiologo snocciola storie che la dicono lunga sullo stato del paese: quella di una donna che ha appena partorito e a cui l’ospedale non vuole dare il figlio finché non paga le spese mediche. Un’altra è stata trattenuta nella sua camera d’ospedale, con una guardia davanti alla porta, perché doveva pagare 2.000 euro.

«Riceviamo molte persone che non possono più pagare per l’acqua e l’elettricità da quando le tasse sugli immobili sono aumentate. La corrente è stata tagliata anche a persone che hanno bisogno di strumenti medici permanenti, come l’ossigeno», dice Giorgos Vichas. Lo scorso inverno, non potendo comprare l’olio, il cui prezzo è raddoppiato, gli abitanti hanno rimesso in funzione i vecchi camini negli appartamenti. Si sono riscaldati con la legna, o la spazzatura. «La sera, ad Atene, l’aria era irrespirabile», commenta Makis Zervas, professore all’Hellenic Open University. Tre anni dopo il primo “piano di salvataggio” europeo, la Grecia scivola in una recessione che sembra non dover finire mai. Il tasso di disoccupazione è arrivato al 27%, il triplo rispetto al 2009. Una cifra ufficiale ancora al di sotto della realtà. «I giovani che cercano un lavoro dopo la fine degli studi non sono inseriti nel calcolo, né tutti quelli che lavorano un’ora alla settimana», precisa Makis Zervas. Nemmeno i lavoratori indipendenti che hanno appena terminato la loro attività a causa di mancanza di clienti.

Nel centro di Atene, le saracinesche sono abbassate su una parte delle attività commerciali. Il 63% dei giovani con meno di 25 anni è senza lavoro. La crescita ? Con un tasso del 6% nel 2012, sembra molto lontana. Il Pil è caduto del 25% dal 2008. Come quello degli Stati Uniti al momento della crisi del 1929. Quali prospettive dopo sei anni di recessione? La Grecia è «sulla buona strada per raggiungere il suo ambizioso piano di pareggio del debito», osa dire la direttrice generale del Fmi, Christine Lagarde. Il paese potrebbe ritornare a crescere nel 2016, profetizzano il Fmi e l’Unione Europea. Ma per arrivare fin qua, bisognerà fare degli sforzi. Come se si esigesse ancora, dalla Grecia già stremata, di correre una maratona in più. Gli obiettivi di riduzione del debito, fissati dalla Troika (Fmi, Commissione Europea, Banca Centrale Europea) sembrano irreali. Qualcuno, in un ufficio da qualche parte a Bruxelles o Francoforte, ha disegnato delle curve, maneggiato la sua calcolatrice, disegnato delle proiezioni. Riprese pari pari dai capi di Stato europei. Obiettivo: un debito al 124 % del Pil nel 2020. Era del 156 % nel 2012. Sarà del 175 % nel 2013.

E’ cominciata male. Veloce, risponde la Troika, bisogna accelerare le privatizzazioni, smantellare i servizi pubblici, e in assenza di alternative, ricapitalizzare le banche. La vendita delle compagnie di gas è cominciata la settimana scorsa, e la televisione pubblica è stata colpita dal ritorno del boomerang: 2.600 disoccupati in più. Compagnie d’elettricità, d’acqua, di gas naturale, porti e aeroporti, ferrovie e autostrade, lotteria nazionale… la Grecia svende i suoi beni pubblici. Questi dovrebbero portarle 9,5 miliardi di euro entro il 2016. «Stanno anche privatizzando la riscossione delle tasse», si indegna Makis Zervas. «E le università sono state ricomprate al 49% da società private, il che è contrario alla Costituzione». Il “piano di cessione delle attività pubbliche” preteso dal Fmi e dall’Unione Europea è messo in opera dal Fondo di espropriazione del patrimonio pubblico (Taiped). Questa società anonima greca, fondata nel 2011, ha per obiettivo di “massimizzare il valore” dei beni pubblici venduti. Poiché queste privatizzazioni sono «l’elemento chiave per il ripristino della credibilità, precondizione fondamentale per il ritorno della Grecia sul mercato dei capitali mondiali», martella il sito dell’organismo. Che propone, come in un catalogo turistico, spiagge, foreste, isole deserte o siti archeologici. Tutto deve sparire. Signore e signori miliardari, promotori immobiliari e industrie del turismo, non esitate: è l’ora dei saldi.

In testa sul sito del Taiped: un terreno di 1,8 milioni di metri quadri (l’equivalente di 250 campi di calcio) con 7 chilometri di costa sull’isola di Rodi. E le zone classificate “Natura 2000”, sulle quali Taiped suggerisce di costruire alberghi, campi da golf e centri commerciali. O il vecchio aeroporto di Atene, un terreno di 623 ettari (tre volte la superficie di Monaco) in riva al mare, dove qualche resto di infrastruttura costruita per le Olimpiadi del 2004 si eleva nel mezzo di erbacce. «Hanno cercato di venderlo al Qatar, che non l’ha voluto», spiega Natassa Tsironi, una riparatrice che qui si occupa di un giardino autogestito. «Una legge ha votato che si autorizzino gli investitori a fare quello che vogliono di questo terreno, ivi compreso costruire delle torri; 69 ostacoli regolamentari, amministrativi e tecnici, che rallentavano le privatizzazioni, sono stati eliminati», gioisce Taiped nella sua relazione del 2013. La società di “denazionalizzazione” è guidata da un ufficio di cinque membri, tutti usciti dal settore privato e delle banche greche. Il suo presidente dirigeva fino al 2013 la più grande compagnia della acque in Grecia, e ha fondato un’impresa di costruzione di piscine – le entrate sembrano assicurate, visti tutti i complessi preposti allo svago che cresceranno sulla costa.

Il direttore generale di Taiped, Yannia Emiris, era responsabile della banca d’investimenti Alpha Bank. Accompagnato da due “osservatori” nominati dall’Ue e dall’Eurozona, questo gruppo è stato incaricato della liquidazione dei beni pubblici greci. E dispone di una «autorità assoluta circa le decisioni». Tutte le entrate trasferite al Fondo devono essere vendute o liquidate: «Il ritorno degli attivi allo Stato non è autorizzato». La grande svendita – «il più grande programma di cessione del mondo» – è iniziato. Il popolo greco fatica a veder partire il suo patrimonio sbriciolato? «Non si può fare una frittata senza rompere le uova», dice retorico il primo ministro Antonis Samaras, in un forum a proposito della privatizzazione della radio-televisione pubblica greca, la Ert. «Dobbiamo mostrare al popolo che noi osiamo opporci ai pilastri più urlanti dell’opacità e dello spreco», scrive. Ert era dunque un eccesso. Che i cittadini trovino il modo di vedere una logica in queste decisioni arbitrarie. La frittata è riuscita, almeno? Gli obiettivi sono lontani dall’essere raggiunti: in due anni, le privatizzazioni non hanno portato che 2 miliardi di euro. Neanche 1% del debito.

Questo d’altronde non diminuisce di una virgola. Era di 310 miliardi nel 2009. Nel 2013, qualche “piano di salvataggio” più tardi, col il paese che si infossa nel marasma economico mentre la democrazia greca è in agonia, il debito si eleva sempre a 309 miliardi di euro. Il Pil ha subito violenti colpi d’arresto e il debito rappresenta oggi il 180 % del Pil (contro il 130% del 2009). La Grecia non è più un paese sviluppato, stima il fornitore di indici di borsa “Msci”, che la pone ormai nella categoria dei paesi emergenti. Quanti anni ci vorranno per ritrovare il tasso d’occupazione del 2009? «Con il 4% di crescita, si può sperare di raggiungere quel livello nel 2020-2025», valuta Sotiris Koskoletos, economista all’Istituto di ricerca Nicos Poulantzas. «Ma chi può sperare oggi in una crescita al 4%?». A cosa sono serviti i piani di salvataggio successivi? A salvare la Grecia da una bancarotta immediata, concedendole nuovi crediti. E cancellando un parte del debito, grazie a una sua “ristrutturazione”, aggiungendole dei nuovi prestiti. Ma anche – e soprattutto – salvando le banche greche e i creditori stranieri. «Una buona parte del piano d’aiuto è stato utilizzato per la ricapitalizzazione delle banche, è un dato di fatto. Erano infatti sotto-capitalizzate, versando in gravi difficoltà finanziarie e a rischio di fallimento», descrive la situazione Céline Antonin, economista presso il dipartimento analisi e previsione dell’Ofce.

Chi ha ricevuto i 207 miliardi di euro sbloccati dall’Unione Europea e dal Fmi dal 2010? Le banche greche (per 58 miliardi) e i creditori dello Stato greco (per 101 miliardi), in gran parte banche e fondi di investimento. Almeno il 77 % dell’“aiuto” europeo non è andato a beneficio dei cittadini ma, direttamente o indirettamente, al settore finanziario. Uno studio di “Attac Autriche” mostra che solo 46 miliardi sono serviti a rigonfiare le casse pubbliche – sempre sotto forma di prestito, ovviamente. Da mettere in parallelo con i 34 miliardi pagati dallo Stato ai suoi debitori come interesse sul debito nello stesso periodo. Salvare le banche è quindi la priorità della Troika. «Si può averne l’impressione, in quanto cittadino, e giustamente: è un assegno in bianco alle banche», prosegue Céline Antonin, dell’Ofce: è soprattutto un mezzo di trasformare il debito privato detenuto dalle banche e dai creditori, in debito pubblico. La parte del debito greco detenuto dai creditori privati è stata divisa in due. Su chi peserà, d’ora in poi, il rischio di bancarotta della Grecia? Sull’Unione Europea e sul Fmi. Quindi sugli Stati e sui cittadini europei.

Perché i greci hanno accettato queste misure di austerità in cambio di un “piano di salvataggio” che non ha risolto niente? «Abbiamo perso un milione di posti di lavoro nel settore privato. E’ come se, in Francia, si sopprimessero d’un colpo 6 o 7 milioni di posti di lavoro. Si ricevono più volte al giorno delle cattive notizie. Come un cervello umano può sopportare questa cadenza?», si interroga Panagiotis Grigoriou, storico ed etnologo, autore del blog “Greek Crisis”. «Più di 8.000 manifestazioni e scioperi hanno avuto luogo in tre anni, i greci si sono rassegnati. Cosa si può fare di più? Ogni linea del “memorandum”, la lista delle misure di austerità imposte dalla, è stata votata. Si annullano delle leggi in vigore da decenni. La Costituzione è stata violata. A cosa serve il Parlamento? Non siamo più nel capitalismo, ma nel suo prolungamento: una sorta di meta-capitalismo», prosegue Grigoriou. Trauma collettivo: una situazione che ricorda stranamente la strategia dello choc, definita da Milton Friedman, teorico del liberismo economico, «aspettarsi una crisi su ampia scala e poi, mentre i cittadini sono ancora sotto choc, vendere lo Stato pezzo per pezzo, a degli interessi privati, prima di trovare il modo di rendere eterne le “riforme” varate sotto il segno della fretta».

Benvenuti in Grecia, laboratorio europeo del “capitalismo del disastro”. Milton Friedman descrive come dei cambiamenti economici improvvisi e di grande ampiezza provochino reazioni psicologiche «facilitanti la risoluzione». Una risoluzione che si traduce in attacco sistematico contro la sfera pubblica. Un approccio simile alla dottrina militare degli Stati Uniti in Iraq, “Shock and Awe” (trauma e spavento), descrive l’autrice canadese Naomi Klein, che aveva lo scopo di «controllare la volontà, le percezioni e la comprensione dell’avversario, privandolo di ogni capacità di agire e reagire», per meglio attuare, infine, la terapia dello choc economico. «Far uscire la Grecia dalla crisi non era la più grande preoccupazione della Troika», analizza Haris Grolemis, responsabile dell’istituto di ricerca Nicos Poulantzas. «Se avessero voluto davvero aiutare il paese, avrebbero agito in maniera meno violenta e più solidale. Ma l’essenziale per loro era di proteggere l’euro. E di imporre una disciplina ai paesi che non seguivano alla lettera le regole di Maastricht». Risultato: la Grecia è diventata una sorta di zona economica speciale, dalla manodopera a buon mercato.

Il 5 giugno 2013, il Fmi ha fatto il suo mea culpa: Christine Lagarde ha ammesso che il primo “piano di salvataggio” in Grecia è terminato con dei «notevoli fallimenti». E indica come responsabile l’Unione Europea: gli Stati europei non avrebbero «le competenze» richieste per far bene avanzar questo tipo di programma di aiuti. Ma la privatizzazione dei beni pubblici e il salvataggio degli interessi finanziari privati prosegue. «Miliardi di persone perdono la loro vita o subiscono danni irreparabili alla loro salute, a causa della vita politica condotta oggi in Grecia», insorge il dottor Giorgos Vichas. «Non sono delle semplici morti, sono degli omicidi: quelli che hanno votato delle leggi che provocano l’esclusione di un numero di persone crescente dalla copertura sanitaria nazionale sono degli assassini. Non è solo una responsabilità politica, ma una responsabilità criminale. Speriamo che un giorno pagheranno per i loro crimini». La morte subita dalla televisione pubblica ha sferzato la popolazione greca. Un risveglio della democrazia? E’ quello che ci spiegano, gli occhi lucidi, quelli che incrociamo nel locali occupati della “Ert”, là dove i tecnici e i giornalisti si affannano per continuare la diffusione dei programmi, su canali clandestini. La Grecia non è che un laboratorio, altri paesi saranno presto coinvolti. «In Francia, voi sarete forse i prossimi. Preparatevi». Le politiche d’austerità e la strategia dello chock della Troika saranno presto estese a tutto il continente? Il solo mezzo di impedirlo è di lottare accanto a chi sarà la prossima cavia.

(Agnès Rousseaux, “Strategia dello shock: come il Fmi e l’Unione Europea svendono la Grecia al miglior offerente”, intervento editato dal blog “Bastamag” e ripreso il 2 luglio 2013 da “Come Don Chisciotte”).

http://www.libreidee.org/2013/07/fame-e ... di+idee%29

http://www.informarexresistere.fr/2013/ ... e-i-greci/



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MessaggioInviato: 11/07/2013, 15:47 
...e questa sarebbe l'europa dei popoli........ [?] [?]ne dubito fortemente [:(!]


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L'Europa è solo un'entità geografica. E tale penso resterà ...



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MessaggioInviato: 13/07/2013, 13:47 
IL CARROZZONE PERDE PEZZI …. NEL SUD EUROPA

Immagine

http://www.altrainformazione.it/wp/2013 ... ud-europa/

DI AMBROSE EVANS-PRITCHARD
telegraph.co.uk

In Europa la strategia della crisi del debito è ormai vicina al collasso. La tanto attesa ripresa non è riuscita a decollare. Gli indici di indebitamento in tutta l’Europa meridionale stanno crescendo ad un ritmo accelerato e il consenso politico per una austerità estrema non esiste più in nessuno stato dell’UEM in crisi. E ora la FED americana ha assestato una bella botta al credito con le sue ultime misure.
FOTO : Un rapporto riservato della UE conferma che ancora una volta la Grecia non raggiungerà gli obiettivi imposti dalla austerità.
Nessuno dei notabili di Eurolandia sembra disposto ad ammettere che la loro strategia ormai è insostenibile. Sperano di tenere nascoste tutte le crepe fino alle prossime elezioni tedesche di settembre, come se questo potesse cambiare qualcosa.
E’ trapelato un rapporto dalla Commissione Europea che conferma che la Grecia ancora una volta non riuscirà a rispettare, di parecchio, gli obiettivi che avrebbe dovuto raggiungere con la sua austerità. Continuano a dire che la Grecia non ha la “la volontà e la capacità” di riscuotere le tasse. Infatti, Atene non rispetta i suoi obiettivi perché l’economia è in caduta libera, in quella caduta causata da una eccessiva dose di austerità. La IOBE ( fondazione privata di ricerca greca) ufficialmente dichiara che il PIL quest’anno si ridurrà del 5%, ma ha fatto capire ai giornalisti che la percentuale alla fine potrebbe arrivare al 7%.
La stabilizzazione in Grecia è un miraggio.

La lenta crisi in Italia si sta infiammando di nuovo. La proiezione del suo debito pubblico ha superato la linea rossa da due anni. E il debito di 2.100 miliardi, il 129% del PIL – potrebbe già essere oltre il punto di non ritorno per un paese che non può disporre degli spazi di manovra che concede solo una propria moneta.
Standard & Poor’s non ha detto proprio questo, quando ha declassato il paese, quasi a livello spazzatura, a BBB martedì scorso, ma se si legge tra le righe, è vicino a dire che il gioco per l’Italia sta per finire.

Il suo punto è che se “il PIL nominale” rimane vicino allo zero, Roma dovrà produrre un avanzo primario del 5% del PIL ogni anno per stabilizzarsi e tenere fermo il rapporto con il debito. “I rischi per il raggiungimento di questo risultato sembrano essere in aumento,” hanno detto.
Anzi. Il Fondo Monetario Internazionale ha appena abbassato le previsioni di crescita per l’Italia al-1,8% e così il calo cumulato della produzione italiana dal 2007 ad oggi arriverà al 10%. Questa si chiama “depressione” . Ma un paese come può uscire da questa trappola, se deve convivere con una moneta ( imposta e ) sopravvalutata del 20-30 % all’interno dell’UEM?
La crisi della Spagna è ad una nuova svolta. Il Partido Popular, quello al governo del paese, è coinvolto in uno scandalo di una tale gravità che non potrà plausibilmente continuare a negare tutto per molto tempo e sfacciatamente, senza parlare di come potrà convincere la nazione a seguirlo per un altro anno nella sua politica dei tagli che lasciano terra bruciata tutto intorno. El Mundo scrive che sta prendendo piede uno stato d’animo “pre-rivoluzionario”.
Un magistrato ha acquisito l’originale di un “documento scottante” che dimostrerebbe che il premier Mariano Rajoy ha accettato soldi illegali mentre era Ministro. La sinistra sta chiedendo la sua testa e lo stesso stanno facendo anche i membri del Consejo General del Poder Judicial, il cane da guardia della giustizia.
“I cittadini non possono tollerare una situazione in cui il Presidente del Consiglio ha preso soldi senza dichiararli”, ha detto José Manuel Gómez, un membro del Consejo. Gran parte del partito di governo sembra coinvolta in una rete di finanziamenti occulti e se tutto questo fosse dimostrato – ha detto Gomez – sarebbe una minaccia “gravissima” alla democrazia spagnola.
Il Portogallo sta in bilico, il Prof. João Ferreira do Amaral nel suo libro – “Perché dobbiamo uscire dall’euro” un bestseller per diversi mesi – accusa Bruxelles di essere un cane da guardia della Germania e del potere dei creditori.
Come ha già fatto la Grecia, il Portogallo corre per mordersi la coda in una spirale sempre più profonda. La contrazione economica del 3% l’anno sta erodendo la base imponibile, portando Lisbona a non rispettare gli obiettivi di disavanzo previsti. C’è un recente documento della Banca del Portogallo che spiega perché le cose sono andate storte: Il moltiplicatore fiscale è “il doppio rispetto al normale”, cioè ha un peso doppio nelle piccole economie, quando queste vivono periodi di crisi.
Ma c’è qualcosa di nuovo: Vitor Gaspar, il sommo sacerdote di questa terapia d’urto del Portogallo, ha buttato la spugna ed ha accusato quelli che, per il loro cuore tenero, si sono rifiutati di fare tagli più vigorosi. Inutile dire che quest’uomo ancora si rifiuta di comprendere che una strategia di tagli salariali e di deflazione, in un paese che ha un debito totale del 370% del suo PIL, in qualsiasi momento storico sarebbe stata destinato al fallimento.
Se il Portogallo non si tira fuori con una “svalutazione interna” all’interno dell’UEM, vedrà sgretolarsi la sua base economica. Eppure, tutto il peso del debito rimane. Questo è l’effetto denominatore che si è sempre temuto e contemporaneamente alla crisi il debito pubblico è salito dal 93% al 123%, solo negli ultimi tre anni.
L’ uscita di scena di Gaspar ha chiuso un capitolo e i giovani della coalizione chiedono un cambiamento di rotta. Scrivo prima di sapere se il Presidente Anibal Cavaco Silva indirà elezioni anticipate, aprendo la strada a un governo di sinistra contrario all’austerità.
La stampa portoghese sta già scrivendo che la Commissione Europea lavora in segreto su un secondo piano di salvataggio, ammettendo in questo modo che ha capito che il carro di salvataggio da € 78 miliardi mandato dalla Ue-Fmi troika ha perso qualche ruota.
Questo è un campo politico minato. Qualsiasi nuovo salvataggio deve essere approvato con un voto del Bundestag tedesco, che certamente porrebbe condizioni feroci se si dovesse richiedere prima delle elezioni.
I leader europei hanno preso un impegno solenne di non ripetere mai l’errore commesso in Grecia, quello che ha costretto uno stato dell’EMU al fallimento, imponendo tagli a zero per banche e fondi pensione. Se il Portogallo dovesse essere obbligato a ridurre il suo debito, questi leader si troverebbero a dover fare una scelta pesante.
Violeranno questo loro impegno, rischiando di perdere la fiducia dei mercati? Oppure ammetteranno per la prima volta che i contribuenti devono pagare il conto per tenere insieme l’Europa monetaria? Tutti i pacchetti di salvataggio finora sono stati solo prestiti e tedeschi, olandesi, finlandesi e gli altri parlamenti creditori non hanno ancora mai dovuto assorbire un solo euro di perdite.
Tutto questo sta accadendo proprio mentre stanno arrivando le notizie dell’ondata d’urto che sta mandando la FED ai mercati del credito, spingendo verso l’alto il costo del debito di 70 punti base in tutta Europa. I rendimenti dei “bonos” spagnoli a 10 anni sono tornati a 4.8%. Ma il loro vero costo è molto più alto di quanto sembra, perché la Spagna è già in deflazione e calcolando il peso delle distorsioni fiscali, i tassi di interesse reali sono schizzati alle stelle.
Non facendo nulla per compensare tutto questo, la BCE sta (inerte) permettendo che si verifichi un “inasprimento passivo”. Il tentativo di Mario Draghi di abbassare i rendimenti con la sua nuova politica che guarda avanti è come “uno sputo conto-vento”. La BCE dovrebbe aprire tutto il suo rubinetto monetario – come ha fatto la Banca del Giappone – per schivare uno scivolamento nella trappola della deflazione e in un subdolo disastro per il prossimo anno. Niente di questo sta accadendo.
“Der Spiegel” scrive che il blocco a guida tedesca ha combattuto con veemenza contro il taglio dei tassi in occasione dell’ultima riunione della BCE, malgrado i dati che vedono che anche la Germania sta rallentando la sua corsa, come la Cina e come i paesi del BRICS che, un po’ tutti, stanno deragliando.
Finora i mercati hanno reagito con noncuranza alla gestazione di queste crisi che si avvertono in tutto il Club Med e restano affascinati dal “Tocco di Draghi“, con cui la BCE sta lentamente trascurando la sua promessa di rientro del debito italiano e spagnolo, dimenticando che ogni sua decisione si può applicare solo a determinate condizioni, e solo dopo il voto del Bundestag.
Queste condizioni non sono più praticabili, i politici si stanno disgregando ovunque e prima o poi, dovremo tutti andare a vedere questo immenso bluff.

Ambrose Evans Pritchard
Fonte: http://www.telegraph.co.uk
Link: http://www.telegraph.co.uk/finance/comm ... d/10172530

Traduzione per ComeDonChisciotte a cura di BOSQUE PRIMARIO



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Speriamo deraglino quanto prima così si renderanno conto che l'attuale sistema finanziario ed economico è sbagliato (come potrebbe essere altrimenti in un sistema che genera un debito insanabile????) e si deve cambiare, radicalmente dalle fondamenta e dai postulati di base. Che vada tutto in malora al più presto!



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MessaggioInviato: 13/07/2013, 21:01 
nelle medesima situazione greca c'e' pure il Portogallo a cui dovranno essere elargiti nuovi prestiti,con nuovi eventuali sacrifici ed una rinegoziazione del debito,dicamo pure situazione drammatica,con cipro ormai con un piede fuori la moneta unica [;)]


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MessaggioInviato: 14/07/2013, 09:31 
(Mi piacerebbe sapere sotto quale ricatto sono (siamo) tutte queste nazioni che non possono uscire dall'euro ...) [8D]



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MessaggioInviato: 15/07/2013, 20:07 
Governo cerca 12 miliardi. Manovra si avvicina

di: Valentina Conte Pubblicato il 15 luglio 2013| Ora 08:07



Iva, Imu, Tares, ticket sanitari: il costo per la loro riforma o eventuale slittamento. Allarme rosso per deficit/pil. Sforando parametri Maastricht si rischia apertura di una nuova procedura di infrazione.

ROMA (WSI) - Togliere gli italiani dall'incertezza e riformare l'Imu prima delle vacanze di agosto. Il ministro Saccomanni tira dritto, nonostante critiche e pressioni. E si prepara a scodellare cifre e tabelle sul tavolo della "cabina di regia", allorquando giovedì prossimo governo e maggioranza proveranno a trovare una sintesi politica sull'Imu e la copertura alternativa per l'Iva. Nessuno però esclude che la "pluralità di opzioni", promessa da Saccomanni, sia tale non solo nel contenuto, ma anche nella tempistica.

In altre parole, se le soluzioni prospettate dai "tecnici" non saranno gradite dal Pdl (che come si sa chiede l'abolizione dell'Imu prima casa per tutti) o anche dal Pd, a quel punto sarà inevitabile un rinvio "politico" della pratica all'autunno.

Quando in sede di legge di stabilità, l'ex finanziaria, tutti i nodi verranno al pettine: Iva, Imu, Tares, ticket sanitari (11 miliardi in quattro), cassa integrazione in deroga (1,4 miliardi extra, le Regioni sono già ora a secco), cuneo fiscale, precari della pubblica amministrazione, piano lavoro per i giovani, dismissioni del patrimonio.

Lo slittamento dell'Imu non è un'opzione, al momento. Potrebbe diventarla da giovedì in poi. I tecnici del Tesoro lavorano alla "rimodulazione" dell'imposta sulla casa, da tempo indicata da Saccomanni come l'unica via per alleviare famiglie con figli, senza fare sconti agli immobili di lusso.

Benché questi, come risulta dai dati forniti al Parlamento dal ministero qualche giorno fa, siano appena 73.723 in Italia, imponibile medio pari a 499 mila euro, per un gettito totale di 163 milioni. Un'inezia (lo 0,7%) rispetto ai 4 miliardi e 82 milioni dell'Imu prima casa.

A seconda delle ipotesi, tutte ancora in campo - aumento delle detrazioni a 600 euro, legame con i metri quadri, aggancio al reddito misurato dall'Isee, ampliamento della platea "lusso" anche ad abitazioni signorili - un costo per lo Stato c'è: da un miliardo e mezzo a tre. Da coprire, dunque.

Come? Per Saccomanni la strada è obbligata: tagli alla spesa. Un nuovo giro di spending review, che si auspica non lineare, ma di certo neanche indolore. Alternative? Poche, se non nessuna. Il ministro sa che l'Europa guarda, valuta, soppesa.

E non vuole, né può, legare gli sconti Imu (al pari della sterilizzazione Iva) a poste aleatorie. Come una spesa per interessi sul debito (80 miliardi l'anno) meno esosa del previsto, se lo spread però tiene sotto i 300 punti (non scontato, vista la fiammata dopo il declassamento di Standard&Poor's a BBB). Oppure un gettito fiscale da Iva inaspettato e legato ai debiti che lo Stato sta ripagando alle aziende (in 60 giorni sono stati mobilitati 8 miliardi, entro la fine di luglio saliranno a 14 su 20 totali).

A settembre il quadro potrebbe mutare. E consentire una riforma Imu davvero strutturale, anche se questo volesse dire spostare tutti i versamenti a dicembre. Intanto si rifaranno i conti, con la nota di aggiustamento al Def. A partire dal Pil per il 2013: il -1,3% stimato ad aprile sarà un -2.

Questo significa allarme rosso per il rapporto deficit/Pil, sopra il tetto del 3% forse di uno 0,2. Ovvero 3 miliardi di manovra d'autunno. Infine ad ottobre, quando si scriverà la legge di Stabilità, si verificherà l'efficacia di ecobonus edilizi e crediti P. a. Per capire se l'economia si muove o no.


http://www.wallstreetitalia.com/article ... icina.aspx

..la grecia si avvicina..........[:(!]


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MessaggioInviato: 15/07/2013, 20:11 
... ci prenderemo per mano ed usciremo da questo schifo di euro! [^]



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MessaggioInviato: 15/07/2013, 20:17 
BARNARD: RICATTATI DALL'UE, NON OSATE RICOSTRUIRE L'AQUILA
Postato il Lunedì, 15 luglio @ 06:56:27 CEST di davide

FONTE: LIBREEIDEE.ORG

Trovo un po’ fuorviante buttare l’accento sul “chiediamo all’Europa”: all’Europa non si può chiedere niente, è retta da un sistema di tecnocrati che hanno fatto trattati per cui lo Stato italiano è oggi completamente esautorato da qualsiasi decisione. Lei, Fassina, cita il Fiscal Compact, e cita precisamente l’articolo 3 – parte 1, comma C – dove viene previsto un possibile allentamento dei parametri di riduzione del deficit, se succede qualcosa. Lo prevede nel breve termine e pure nel medio termine: vuol dire che – per L’Aquila – bisognerebbe ripagare questo esborso in poche settimane o pochi mesi, ritrovando i fondi per ripianarlo. Quindi, all’Europa non si può chiedere niente.

Il problema è che voi non ne avete il coraggio. Cioè: la politica italiana non ha coraggio. Ma perché non avete coraggio, mentre invece gli altri ce l’hanno? La Germania ha avuto un coraggio indecente quando ha chiesto la parificazione del marco – uno a uno – con la Germania dell’Est, che è stato come se l’Europa avesse permesso alla Germania un’espansione del deficit di migliaia di miliardi.

L’hanno fatto, gliel’hanno concesso – Mitterrand gliel’ha concesso. E la Francia, pochi mesi fa, ha sforato il deficit di bilancio di 20 miliardi di euro, per concedere crediti d’imposta alle sue aziende, che stanno affondando. L’hanno fatto, se ne sono fregati, hanno avuto il coraggio di farlo. La Germania, nello stesso periodo – due settimane dopo – ha votato uno sforamento del deficit di bilancio di 6,4 miliardi di euro, per dare sgravi sui contributi in busta paga alle aziende tedesche. Perché noi viviamo in questo governo paralizzato dal terrore di andare contro la Germania? Io l’ho vista, Fassina, in televisione, dire: «Noi non possiamo». Lei aveva una faccia terrorizzata – credo che fosse da Santoro, o da Paragone. Viviamo in una condizione per cui questo governo italiano si è tolto completamente qualsiasi sovranità, e l’ha fatto firmando Trattato di Maastricht, Fiscal Compact, Europack, Six Pack, Correcting Banking Economic Balances, Excessive Deficit Procedure. E l’ha firmato il Pd, in Parlamento.



la legge di bilancio alla Commissione Europea prima ancora di consegnarla al Parlamento italiano. Allora, a questo punto: se non abbiamo il coraggio di dire “noi queste cose le facciamo, punto e basta” – cioè (nel caso della ricostruzione dell’Aquila) vuol dire tornare al ministero, parlare col suo dirigente, e dire: “Guardate, o tiriamo fuori questi soldi per L’Aquila, oppure zero… Dobbiamo avere il coraggio di farlo, punto: 5,5 miliardi per L’Aquila rappresentano uno sforamento dello 0,3% sul debito pubblico italiano. E non stiamo neanche a chiedere di fare un vero sforamento: in base alle proposte avanzate da Warren Mosler, stiamo a chiedere di permettere uno sforamento solo virtuale, perché il governo garantirebbe questi soldi con crediti d’imposta, che poi ritorneranno al governo in venti, trenta o quarant’anni.

Quindi, addirittura, noi dobbiamo dire all’Europa: noi lo facciamo, punto. E lo facciamo sforando dello 0,3% il debito pubblico italiano, con uno sforamento che è virtuale – non è neanche uno sforamento vero. Dico, non abbiamo neanche il coraggio di fare una roba del genere? Allora, se non c’è il coraggio di fare una cosa del genere quando gli altri fanno le cose che ho appena detto, allora è inutile anche parlare di politica, avere un vessillo, è inutile dire “siamo un partito”, è inutile anche dire “siamo un paese”. Qui bisogna ritornare a essere un paese. Ricominciare da qua, da L’Aquila, da una catastrofe naturale: onoriamo i 308 morti, noi siamo un paese. Ci vuole uno scatto di dignità.

(Paolo Barnard, intervento pronunciato il 12 luglio alla festa del Pd a L’Aquila di fronte al viceministro Stefano Fassina, presenti anche l’ex conduttore del Tg1 David Sassoli, ora capogruppo Pd al Parlamento Europeo, e il sindaco aquilano Massimo Cialente).

Fonte: http://www.libreidee.org
Link: http://www.libreidee.org/2013/07/barnar ... e-laquila/
16.07.2013

http://www.comedonchisciotte.org/site/m ... &sid=12082


siamo semplicemente dei servi della gleba di medioevale memoria.....[:(!]


Ultima modifica di ubatuba il 15/07/2013, 20:22, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 16/07/2013, 09:52 
Miracoli Lisbona non bastano. Bruxelles vuole di più

di: Alessandro Fugnoli Pubblicato il 05 luglio 2013| Ora 09:43
.
Ancora una volta a decidere i destini del Portogallo e dei suoi bond non saranno né i mercati né i politici portoghesi, bensì la Germania e la sua cancelliera. L'opinione di Alessandro Fugnoli


MILANO (WSI) - Sarò tua, dice la cortigiana al dignitario che si è perdutamente invaghito di lei, se passerai cento notti fuori dal mio uscio ad aspettare. Che ci sia vento, neve o bufera non importa. All’alba successiva alla centesima notte aprirò la porta e ti lascerò entrare. Il dignitario accetta senza esitare, è un prezzo dolce da pagare e l’amore rende leggera la fatica. Passa così una, dieci, cento notti seguendo scrupolosamente le istruzioni ricevute e senza mai lamentarsi, né con l’amata né dentro di sé. All’alba successiva alla centesima notte raccoglie tutte le sue cose e si allontana per sempre. Si aprono con questo racconto zen i Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes, un libro delicato e sottile, ma anche inquietante. L’amore è un monologo interiore ossessivo, ci si innamora dell’amore più che dell’oggetto d’amore, l’attesa che consuma e distrugge (perché non squilla mai il telefono?) è l’essenza di questa pratica che è in fondo ascetica. Chi è innamorato dell’amore, alla fine, non vuole essere corrisposto. L’innamoramento deve restare un atto incompiuto.

Sarò vostra, sembra dire la Germaniaai paesi mediterranei, se vi sottoporrete per lunghi anni a grandi sacrifici e, così facendo, dimostrerete la serietà delle vostre intenzioni. Faremo quanto ci è chiesto, rispondono i mediterranei, anche se lo faremo a modo nostro, con molte tasse e poche riforme. Non ci lamenteremo mai, né con te Germania né dentro casa nostra. Poi un giorno, rimesso a posto il saldo delle partite correnti grazie a un crollo dei consumi e a un non disprezzabile aumento della competitività dell’export, arrivati quasi alla fine del percorso, stremati, infreddoliti e impoveriti, invece di entrare nel paradiso della mutualizzazione del debito e della futura unione dei trasferimenti ce ne andremo in silenzio e non ci faremo più vedere.

È possibile che la fine dell’euro, se mai ci sarà, non avvenga con un cataclisma, come si è sempre pensato, ma con l’uscita silenziosa di qualcuno che i compiti li ha fatti quasi tutti e che però, a un passo dal traguardo, per misteriose e insondabili ragioni decide comunque di andarsene? Il Portogallo, in queste ore, l’ha fatto pensare. Le imprese epiche, nella storia, sono sempre state dirette a costruire qualcosa. Che si trattasse della costruzione degli imperi, della nuova frontiera americana, dell’industrializzazione a tappe forzate di Stalin o della conquista dello spazio, l’epos ha sempre mobilitato gli animi e gettato il cuore oltre l’ostacolo con una tensione verso qualcosa di più grande e di mai osato. La costruzione dell’Europa unita sembra essere il primo caso di epos della decrescita e della penitenza.

Il Portogallo, dopo l’Irlanda, è il paese europeo che più ha creduto in questo strano epos. Per certi aspetti ha raggiunto risultati grandiosi, quasi esaltanti. Aveva nel 2008 un disavanzo delle partite correnti del 13 per cento del Pil, produceva cioè per 100 e consumava e investiva per 113, facendosi prestare 13 dall’estero. Quest’anno sarà in surplus dell’uno per cento e l’anno prossimo, secondo Citi, del 3 per cento. Per fare un paragone, l’immensamente virtuosa Germania nel 2014 avrà un surplus del 5.4 per cento. Correzioni di questa portata (16 punti di Pil) si vedono solo, e non così spesso, nei paesi emergenti e vengono realizzate con macelleria sociale (quella vera, non quella immaginata) e con maxisvalutazioni (il Fondo Monetario le prescrive spesso del 50 per cento iniziale e del 30 finale). Senza piazze date a fuoco, senza indignados e, soprattutto, senza svalutazioni il Portogallo è comunque riuscito nell’impresa. Si noti che quello della bilancia delle partite correnti è un esame più severo di quello dei soli conti pubblici perché include anche i conti delle famiglie e quelli delle imprese. È una specie di triathlon con nuoto, ciclismo e corsa.
Nel triathlon uno può essere molto debole, per dire, nel nuoto, ma talmente forte nel ciclismo e nella corsa da arrivare primo lo stesso.

Il Portogallo è in questa situazione, è cioè ancora debole nei conti pubblici (disavanzo 2013 del 5.6 per cento, anche se il primario è in passivo solo dell’uno), ma ha lavorato sulle prestazioni di famiglie e imprese tanto bene da produrre un risultato finale, come abbiamo visto, di tutto rispetto. Ebbene, i commissari sportivi di Bruxelles non sono ancora soddisfatti e vogliono che il Portogallo vada bene anche nel nuoto e scenda comunque, entro il 2015, sotto il 3 per cento di disavanzo pubblico. Per farli contenti il Portogallo si sta preparando a ulteriori tagli della spesa pubblica (quelli che in Italia sono assolutamente impossibili) del 2.8 per cento nel solo 2014. È su questo punto che il Cds, il partito più piccolo della coalizione di centro-destra, ha deciso di uscire dal governo.

I tassi sui decennali portoghesi hanno subito pensato bene di portarsi vicini all’8 per cento e sui mercati è circolato lo spettro di una nuova Grecia proprio mentre si stava ritrovando un equilibrio dopo la brusca correzione delle scorse settimane. Commentatori d’oltreoceano hanno paventato default sovrani, crisi bancarie e fughe di depositanti nel timore di confische di tipo cipriota. Poiché la banche spagnole hanno in portafoglio 55 miliardi di euro di bond portoghesi, evocare il contagio immediato e la conflagrazione di tutta Europa è stato facile. Per fortuna la situazione non è così terribile. Sul piano politico sono possibili più alternative (grande coalizione, governo di minoranza, elezioni rapide).

A parte il Cds, gli altri partiti non solo sono ancora proeuro ma non mettono nemmeno in discussione, almeno formalmente, le richieste della Troika. Quanto al debito, il Portogallo non ha bisogno di emettere fino alla metà del 2014. Un default in questo momento è tecnicamente impossibile. Il quadro economico, dal canto suo, è quello tipico del sud europeo, con caduta verticale dei consumi e disoccupazione avviata l’anno prossimo verso il 20 per cento.

A decidere i destini del Portogallo e dei suoi bond non saranno in ogni caso né i mercati né i politici portoghesi bensì la Germania e la sua cancelliera. Da Berlino arrivano messaggi tranquillizzanti. Si vota fra dieci settimane e una nuova crisi dell’euro è l’ultima cosa che la Merkel possa desiderare.
Poche cose infastidiscono i mercati come l’instabilità estiva alla vigilia delle vacanze. Il desiderio di partire tranquilli induce talvolta a vendite non ottimali. L’impressione è però che lo shock dei tassi (il tapering del Qe) sia ormai nei prezzi e che per i bond sia iniziata una fase di tregua che potrà anche essere piuttosto lunga. Christopher Potts ipotizza addirittura 12-18 mesi relativamente stabili prima del bear market vero.

Le borse, dal canto loro, hanno recuperato una certa compostezza e, Portogallo permettendo, si muoveranno lateralmente. La prova più impegnativa, per l’azionario, verrà dal più tradizionale dei fattori, gli utili. Negli ultimi anni le società americane hanno dato il meglio, sia come vendite sia come utili, nei mercati esteri. Da qualche mese il dollaro più forte e la debolezza di molti mercati di sbocco (Europa, Brasile e in parte Cina) stanno mettendo sotto pressione i margini di alcuni settori, tra cui la tecnologia.

Per una ripresa significativa delle borse bisognerà aspettare la fine dell’anno. Non si tratterà di un’ulteriore espansione dei multipli, ma di qualcosa di più sano. Il 2014 si profila infatti più forte del 2013, tanto negli Stati Uniti quanto in Europa. Nessun miracolo, semplicemente l’effetto di politiche fiscali meno restrittive. Se i dati economici si profileranno troppo forti, in particolare sull’occupazione americana, potrà prodursi di nuovo una certa confusione sui bond. La Fed, dopo gli errori di comunicazione delle scorse settimane, sarà più attenta e cercherà di contenere l’instabilità, che avrà comunque breve durata.

Che la disoccupazione americana scenda sotto il 7 per cento a fine 2013 (come pensano molti economisti di mercato) o a metà 2014 (come pensa la Fed), alle borse andrà comunque bene. Lo scenario della Fed prolungherà il Qe, quello dei mercati provocherà un temporaneo nervosismo tra i bond ma renderà ancora più solide le prospettive di crescita per il 2014.

http://www.wallstreetitalia.com/article ... i-piu.aspx

ma x quale motivo si rende necessario eleggere governi che non hanno + alcun potere se non quello di ubbidire alle imposizioni totalitarie imposte dai tecnocrati dell'ue,tanto vale mandare un governatore......[;)]


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Questo video lo dedico a rmnd.... [:p]

Matteo Salvini che parla dell'Europa e dell'Euro con una chiarezza sconcertante...... [:D]
Strano ma vero....... (della serie... contano le idee e NON necessariamente
il colore di chi le propone...)

Dal minuto 01:38:12 al minuto 01:41:45

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/me ... f.html#p=0

Il conduttore ha cercato in tutti i modi di fermarlo ma... niente....
è andato avanti come un MULO. Ottimo lavoro..... [:o)]



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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