Time zone: Europe/Rome [ ora legale ]




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shighella ha scritto:

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Ufologo 555 ha scritto:

... e poi arriveranno i musulmani (a farci la "festa" ...!) [;)]


Sarà sufficiente la "festa" che ci sta facendo la finanza..
I musulmani, magari vengono a liberarci...chi può dirlo?! [:o)] [:D]

Ufologo, è molto che nn vieni a Roma? Ti assicuro che nn stanno tutti a Brescia!! [:)]

Ufò, ma nemmeno il pulsante del semaforo possono schiaccià sti poracci? [8)]




L'hanno detto alla radio ... [;)]

A Roma è un pò che non vengo (comunque abbastanza er vederla ridotta ad una "casbah"!) [8D]

Il semaforo lo attivano mamme con il passeggino, nonni o disabili ma quelli come me ... passano tra un gruppo di macchine e l'altro, dai! Si vede invece quando uno lo fà apposta; vecchio sì, scemo no! Poi sono tutti giovanotti .... che vanno al Bar di fronte.
Ma io parlo di ragazzi isolati, non di gruppi, intendiamoci! [:(!]



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Torniamo in topic va... che è meglio..... [8)]

Cita:
Tratto da: http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=293621

Orban – Discorso alla Nazione, a poche ore dall'Attentato scampato

Budapest – Cari amici lettori, per chi non l'avesse ancora capito l'Europa sta vivendo il periodo più buio della sua millenaria storia… Il più buio anche perchè il più occultato e mistificato (quanto dissacrante ed asfissiante). Insomma viviamo in una prigione totale e molti ancora non se ne rendono conto, plagiati dai media di regime. Tutti i fantasmi che qualcuno pensava fossero stati fugati – sulla scia di testi di storia completamente distorti, falsi ed alterati – stanno prendendo corpo, e sotto le mentite spoglie di agnelli che lavorano per una presunta e miracolistica unificazione europea, i mostri e gli spettri più cupi del passato stanno tornando minacciosamente a galla per una sorta di attacco finale ai popoli.



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MessaggioInviato: 29/07/2013, 10:17 
«Europa, avanti verso l’unione politica»

PARIGI – Signor ministro, tra un anno si svolgeranno elezioni europee che rischiano di trasformarsi in un trionfo degli euroscettici. Come pensano di affrontarle Francia e Italia? Enrico Letta offre la prospettiva degli Stati Uniti d’Europa, voi francesi siete più freddi al riguardo. Su questo Parigi e Roma restano divise?

«La visione dell’Italia ci obbliga ad andare oltre rispetto a quel che sono disposti a concedere alcuni Paesi. L’Italia è un pungolo importante. Oggi in Europa a un estremo troviamo la posizione italiana, all’altro quella della Gran Bretagna, che addirittura organizza un referendum sulla permanenza stessa nella Ue, probabilmente con l’obiettivo di restare ma in un’Unione indebolita, più leggera. L’equilibrio verrà trovato tra queste due visioni, e magari sarà espresso dalla linea francese: più prudenti sul federalismo ma comunque favorevoli a una maggiore integrazione». Thierry Repentin, 50 anni, savoiardo amante dell’Italia («una passione per il mercato del sabato a Torino»), è il ministro degli Affari europei francese. Lo incontriamo al Quai d’Orsay, alla vigilia della visita a Roma di lunedì 29 luglio.


Il 16 maggio scorso il presidente Hollande ha lanciato l’idea di una vera unione politica europea in due anni. Non le sembra che sia rimasta lettera morta?

«No, è un’idea all’ordine del giorno e in quest’ottica moltiplichiamo gli incontri con i partner a noi più vicini: ecco il senso del mio viaggio in Italia. Parigi e Roma stanno facendo molte cose assieme. Con il vostro ministro Enzo Moavero stiamo cercando di portare su scala europea un nuovo dossier, la strategia macro-regionale alpina, cioè la cooperazione transfrontaliera per gestione del territorio, turismo, agricoltura, università, tra Italia, Francia, Austria, Germania, Slovenia. Vogliamo varare il progetto nel corso del vertice italo-francese di novembre».

Lo shopping francese in Italia (l’ultimo caso è Lvmh che ha comprato Loro Piana) non complica i rapporti?

«Non c’è alcun motivo, dovremmo preoccuparci se questi interventi venissero da Cina o Russia, ma all’interno dell’Europa sono nornali. Di recente con il presidente Hollande abbiamo fatto visita all’acciaieria Rio Tinto in Francia, che verrà ripresa da un investitore tedesco e ne siamo soddisfatti. Nel tessuto economico francese poi l’Italia è molto presente, soprattutto con le piccole e medie imprese. A Saint-Michel-de-Maurienne, nella mia Savoia, è un imprenditore italiano (Gianpiero Colla, ndr) che ha rilevato il fornitore automobilistico Metaltemple, salvando così 150 posti di lavoro».

A Roma parlerete anche di Torino-Lione? Per la Francia non sembra più un progetto prioritario. Ci credete ancora?

«Certamente, sono giudicate non prioritarie solo le linee di accesso alla galleria franco-italiana: finché quella non è in stato avanzato le linee di accesso francesi possono aspettare. Ma la galleria deve essere costruita il prima possibile. A Roma parleremo appunto della ratificazione del Trattato internazionale da parte dei rispettivi Parlamenti. C’è solo una difficoltà».

Quale?

«L’intervento finanziario della Commissione europea è decisivo, ma previsto nel bilancio 2014-2010. Noi vogliamo cominciare i lavori prima, entro il 2013. Contiamo di metterci d’accordo con Bruxelles».

Che pensa delle proteste sul fronte italiano?

«Esistono in Italia e in Francia dei movimenti anti-crescita: li vediamo all’opera in Val di Susa, e contro la costruzione dell’aereoporto a Notre-Dame des Landes. Sono gli stessi. Io penso che la Torino-Lione sia uno snodo essenziale per tutta l’Europa, per togliere il tappo e aprire i collegamenti ferroviari da Londra fino ai Balcani».

È vero che nulla si muove in Europa perché tutti aspettano le elezioni del 22 settembre in Germania?

«C’è una forma di attesa che ha toccato le relazioni esterne: per esempio abbiamo rinviato le discussioni su Serbia e Kosovo e sulla Turchia perché non interferissero con il voto tedesco. Ma al contrario, su altri temi quelle elezioni hanno agito da acceleratore. Per esempio la Germania ha accettato che le politiche economiche in seno all’Eurogruppo vengano decise in base agli indicatori sociali (saranno definiti in ottobre). Sono convinto che Angela Merkel vi è stata spinta anche dalla elezioni vicine. La cancelliera oggi si apre a un dibattito nel quale Francia e Italia finora erano in prima linea senza ricevere particolari echi».

L’unione bancaria è in ritardo. Colpa della Germania?

«La riflessione presso i nostri amici oltre il Reno avanza. Ma nel frattempo l’Europa non si può fermare, c’è un calendario da rispettare: l’unione bancaria andrà varata entro il luglio 2014, quindi tutte le decisioni andranno prese entro la fine di quest’anno».

Non pensa che questi ritardi facciano il gioco degli euroscettici?

«Senza dubbio. Prima delle elezioni europee dell’anno prossimo dobbiamo mettere a punto dispositivi che mettano in sicurezza l’economia e i cittadini. La questione della supervisione bancaria è fondamentale: dobbiamo avere a disposizione un meccanismo che possa rispondere a una bancarotta bancaria. La Banca centrale europea deve essere in grado di vedere che succede realmente nelle banche. E poi norme che mettano in sicurezza i depositi dei risparmiatori banche, perché non si ripeta quel che è accaduto a Cipro».

A Roma parlerete anche delle fughe dei capitali?

«Sì, è un altro problema da affrontare subito. In Europa non possiamo dire ai nostri concittadini che ci sono 1000 miliardi che sfuggono al fisco. C’è stata una decisione importante al summit europeo di maggio per rivedere i rapporti con i paradisi fiscali europei: ce ne sono cinque, sono ben conosciuti (Svizzera, Liechtenstein, Principato di Monaco, Andorra e San Marino, ndr). Ne parliamo assieme per avere la potenza di fuoco necessaria. Poi, sotto la presidenza lituana, dobbiamo andare avanti nella lotta contro il dumping sociale, cioè evitare che i lavoratori di Paesi europei con garanzie sociali molto basse mettano fuori mercato quelli più protetti».

Il premier italiano Enrico Letta propone una procura europea. La Francia è d’accordo?

«Ne abbiamo parlato, la procura europea è un suo forte centro di interessi, da giurista e capo di governo: una procura europea potrebbe lottare meglio contro la delinquenza finanziaria e economica, dobbiamo andare in quella direzione. Se la Francia e Italia sono in fase, si tratta di risultati che possiamo ottenere».

Che propongono di fare Parigi e Roma per il lavoro dei giovani?

«Quella è la priorità più grande. Abbiamo già chiesto e ottenuto che i 6 miliardi di euro previsti dal bilancio 2014-2020 vengano usati subito nel biennio 2014-2015. Poi rilanciare il progetto Erasmus, per gli studenti ma anche per i lavoratori apprendisti. Più in generale, Francia e Italia sono oggi ascoltate sulla necessità di affiancare al rigore anche misure sociali, dare segnali ai giovani».

Come riuscirete a fermare l’ondata populista alle elezioni europee?

«Dobbiamo fronteggiare Ukeep in Gran Bretagna, Grillo in Italia, e Front National in Francia, più molti altri. E per sua natura, il voto alle elezioni europei non favorisce mai i governi in carica. Ma io non sono disfattista. Dobbiamo riuscire a spiegare ciò che l’Europa porta quotidianamente ai nostri concittadini. Molte cose non si potrebbero fare senza i fondi strutturali europei. Nelle grandi città francesi, tutte le azioni di accompagnamento degli strati deboli della popolazione si fanno grazie ai fondi sociali europei. Senza l’Europa avremmo regioni intere senza più agricoltura, sarebbe un disastro. Non sono pessimista, a condizione che troviamo il modo di raccontare bene tutti i meriti dell’Europa».

http://superdupont.corriere.it/2013/07/ ... -politica/



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MessaggioInviato: 29/07/2013, 12:50 
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Atlanticus81 ha scritto:

«Europa, avanti verso l’unione politica»

La questione della supervisione bancaria è fondamentale: dobbiamo avere a disposizione un meccanismo che possa rispondere a una bancarotta bancaria. La Banca centrale europea deve essere in grado di vedere che succede realmente nelle banche. E poi norme che mettano in sicurezza i depositi dei risparmiatori banche, perché non si ripeta quel che è accaduto a Cipro».


Mamma mia.... quante cose mi piacerebbe poter dire a questo signore.... [}:)]

Cita:
Che propongono di fare Parigi e Roma per il lavoro dei giovani?

«Quella è la priorità più grande. Abbiamo già chiesto e ottenuto che i 6 miliardi di euro previsti dal bilancio 2014-2020 vengano usati subito nel biennio 2014-2015. Poi rilanciare il progetto Erasmus, per gli studenti ma anche per i lavoratori apprendisti. Più in generale, Francia e Italia sono oggi ascoltate sulla necessità di affiancare al rigore anche misure sociali, dare segnali ai giovani».


E' l'ntortatore dell'ultima ora questo Premier.... 6 miliardi suddivisi in 27 paesi
e poi suddivisi per il numero di disoccupati, porteranno poche briciole alle
imprese che dovessero assumere e tempo indeterminato.

Inetti, cialtroni e fuffari.....

Cita:
Come riuscirete a fermare l’ondata populista alle elezioni europee?

«Dobbiamo fronteggiare Ukeep in Gran Bretagna, Grillo in Italia, e Front National in Francia, più molti altri. E per sua natura, il voto alle elezioni europei non favorisce mai i governi in carica. Ma io non sono disfattista. Dobbiamo riuscire a spiegare ciò che l’Europa porta quotidianamente ai nostri concittadini.


E cosa porta questa Europa "quotidianamente" ai cittadini sig. Letta? [:(!] [}:)]

Cita:
Molte cose non si potrebbero fare senza i fondi strutturali europei. Nelle grandi città francesi, tutte le azioni di accompagnamento degli strati deboli della popolazione si fanno grazie ai fondi sociali europei. Senza l’Europa avremmo regioni intere senza più agricoltura, sarebbe un disastro. Non sono pessimista, a condizione che troviamo il modo di raccontare bene tutti i meriti dell’Europa».


Raccontare.... è il verbo esatto. Raccontare favolette e filastrocche....
Caro Letta... ti sveglierai tutto sudato un giorno... perchè il tuo "sogno"
si è già trasformato in incubo per un numero molto consistente di persone...

E' solo questione di tempo.....



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MessaggioInviato: 29/07/2013, 22:43 
Italia, potenza scomoda: dovevamo morire, ecco come

Il primo colpo storico contro l’Italia lo mette a segno Carlo Azeglio Ciampi, futuro presidente della Repubblica, incalzato dall’allora ministro Beniamino Andreatta, maestro di Enrico Letta e “nonno” della Grande Privatizzazione che ha smantellato l’industria statale italiana, temutissima da Germania e Francia. E’ il 1981: Andreatta propone di sganciare la Banca d’Italia dal Tesoro, e Ciampi esegue. Obiettivo: impedire alla banca centrale di continuare a finanziare lo Stato, come fanno le altre banche centrali sovrane del mondo, a cominciare da quella inglese. Il secondo colpo, quello del ko, arriva otto anno dopo, quando crolla il Muro di Berlino. La Germania si gioca la riunificazione, a spese della sopravvivenza dell’Italia come potenza industriale: ricattati dai francesi, per riconquistare l’Est i tedeschi accettano di rinunciare al marco e aderire all’euro, a patto che il nuovo assetto europeo elimini dalla scena il loro concorrente più pericoloso: noi. A Roma non mancano complici: pur di togliere il potere sovrano dalle mani della “casta” corrotta della Prima Repubblica, c’è chi è pronto a sacrificare l’Italia all’Europa “tedesca”, naturalmente all’insaputa degli italiani.

E’ la drammatica ricostruzione che Nino Galloni, già docente universitario, manager pubblico e alto dirigente di Stato, fornisce a Claudio Messora per il blog “Byoblu”. All’epoca, nel fatidico 1989, Galloni era consulente del governo su invito dell’eterno Giulio Andreotti, il primo statista europeo che ebbe la prontezza di affermare di temere la riunificazione tedesca. Non era “provincialismo storico”: Andreotti era al corrente del piano contro l’Italia e tentò di opporvisi, fin che potè. Poi a Roma arrivò una telefonata del cancelliere Helmut Kohl, che si lamentò col ministro Guido Carli: qualcuno “remava contro” il piano franco-tedesco. Galloni si era appena scontrato con Mario Monti alla Bocconi e il suo gruppo aveva ricevuto pressioni da Bankitalia, dalla Fondazione Agnelli e da Confindustria. La telefonata di Kohl fu decisiva per indurre il governo a metterlo fuori gioco. «Ottenni dal ministro la verità», racconta l’ex super-consulente, ridottosi a comunicare con l’aiuto di pezzi di carta perché il ministro «temeva ci fossero dei microfoni». Sul “pizzino”, scrisse la domanda decisiva: “Ci sono state pressioni anche dalla Germania sul ministro Carli perché io smetta di fare quello che stiamo facendo?”. Eccome: «Lui mi fece di sì con la testa».

Questa, riassume Galloni, è l’origine della “inspiegabile” tragedia nazionale nella quale stiamo sprofondando. I super-poteri egemonici, prima atlantici e poi europei, hanno sempre temuto l’Italia. Lo dimostrano due episodi chiave. Il primo è l’omicidio di Enrico Mattei, stratega del boom industriale italiano grazie alla leva energetica propiziata dalla sua politica filo-araba, in competizione con le “Sette Sorelle”. E il secondo è l’eliminazione di Aldo Moro, l’uomo del compromesso storico col Pci di Berlinguer assassinato dalle “seconde Br”: non più l’organizzazione eversiva fondata da Renato Curcio ma le Br di Mario Moretti, «fortemente collegate con i servizi, con deviazioni dei servizi, con i servizi americani e israeliani». Il leader della Dc era nel mirino di killer molto più potenti dei neo-brigatisti: «Kissinger gliel’aveva giurata, aveva minacciato Moro di morte poco tempo prima». Tragico preambolo, la strana uccisione di Pier Paolo Pasolini, che nel romanzo “Petrolio” aveva denunciato i mandanti dell’omicidio Mattei, a lungo presentato come incidente aereo. Recenti inchieste collegano alla morte del fondatore dell’Eni quella del giornalista siciliano Mauro De Mauro. Probabilmente, De Mauro aveva scoperto una pista “francese”: agenti dell’ex Oas inquadrati dalla Cia nell’organizzazione terroristica “Stay Behind” (in Italia, “Gladio”) avrebbero sabotato l’aereo di Mattei con l’aiuto di manovalanza mafiosa. Poi, su tutto, a congelare la democrazia italiana avrebbe provveduto la strategia della tensione, quella delle stragi nelle piazze.

Alla fine degli anni ‘80, la vera partita dietro le quinte è la liquidazione definitiva dell’Italia come competitor strategico: Ciampi, Andreatta e De Mita, secondo Galloni, lavorano per cedere la sovranità nazionale pur di sottrarre potere alla classe politica più corrotta d’Europa. Col divorzio tra Bankitalia e Tesoro, per la prima volta il paese è in crisi finanziaria: prima, infatti, era la Banca d’Italia a fare da “prestatrice di ultima istanza” comprando titoli di Stato e, di fatto, emettendo moneta destinata all’investimento pubblico. Chiuso il rubinetto della lira, la situazione precipita: con l’impennarsi degli interessi (da pagare a quel punto ai nuovi “investitori” privati) il debito pubblico esploderà fino a superare il Pil. Non è un “problema”, ma esattamente l’obiettivo voluto: mettere in crisi lo Stato, disabilitando la sua funzione strategica di spesa pubblica a costo zero per i cittadini, a favore dell’industria e dell’occupazione. Degli investimenti pubblici da colpire, «la componente più importante era sicuramente quella riguardante le partecipazioni statali, l’energia e i trasporti, dove l’Italia stava primeggiando a livello mondiale».

Al piano anti-italiano partecipa anche la grande industria privata, a partire dalla Fiat, che di colpo smette di investire nella produzione e preferisce comprare titoli di Stato: da quando la Banca d’Italia non li acquista più, i tassi sono saliti e la finanza pubblica si trasforma in un ghiottissimo business privato. L’industria passa in secondo piano e – da lì in poi – dovrà costare il meno possibile. «In quegli anni la Confindustria era solo presa dall’idea di introdurre forme di flessibilizzazione sempre più forti, che poi avrebbero prodotto la precarizzazione». Aumentare i profitti: «Una visione poco profonda di quello che è lo sviluppo industriale». Risultato: «Perdita di valore delle imprese, perché le imprese acquistano valore se hanno prospettive di profitto». Dati che parlano da soli. E spiegano tutto: «Negli anni ’80 – racconta Galloni – feci una ricerca che dimostrava che i 50 gruppi più importanti pubblici e i 50 gruppi più importanti privati facevano la stessa politica, cioè investivano la metà dei loro profitti non in attività produttive ma nell’acquisto di titoli di Stato, per la semplice ragione che i titoli di Stato italiani rendevano tantissimo e quindi si guadagnava di più facendo investimenti finanziari invece che facendo investimenti produttivi. Questo è stato l’inizio della nostra deindustrializzazione».

Alla caduta del Muro, il potenziale italiano è già duramente compromesso dal sabotaggio della finanza pubblica, ma non tutto è perduto: il nostro paese – “promosso” nel club del G7 – era ancora in una posizione di dominio nel panorama manifatturiero internazionale. Eravamo ancora «qualcosa di grosso dal punto di vista industriale e manifatturiero», ricorda Galloni: «Bastavano alcuni interventi, bisognava riprendere degli investimenti pubblici». E invece, si corre nella direzione opposta: con le grandi privatizzazioni strategiche, negli anni ’90 «quasi scompare la nostra industria a partecipazione statale», il “motore” di sviluppo tanto temuto da tedeschi e francesi. Deindustrializzazione: «Significa che non si fanno più politiche industriali». Galloni cita Pierluigi Bersani: quando era ministro dell’industria «teorizzò che le strategie industriali non servivano». Si avvicinava la fine dell’Iri, gestita da Prodi in collaborazione col solito Andreatta e Giuliano Amato. Lo smembramento di un colosso mondiale: Finsider-Ilva, Finmeccanica, Fincantieri, Italstat, Stet e Telecom, Alfa Romeo, Alitalia, Sme (alimentare), nonché la Banca Commerciale Italiana, il Banco di Roma, il Credito Italiano.

Le banche, altro passaggio decisivo: con la fine del “Glass-Steagall Act” nasce la “banca universale”, cioè si consente alle banche di occuparsi di meno del credito all’economia reale, e le si autorizza a concentrarsi sulle attività finanziarie peculative. Denaro ricavato da denaro, con scommesse a rischio sulla perdita. E’ il preludio al disastro planetario di oggi. In confronto, dice Galloni, i debiti pubblici sono bruscolini: nel caso delle perdite delle banche stiamo parlando di tre-quattromila trilioni. Un trilione sono mille miliardi: «Grandezze stratosferiche», pari a 6 volte il Pil mondiale. «Sono cose spaventose». La frana è cominciata nel 2001, con il crollo della new-economy digitale e la fuga della finanza che l’aveva sostenuta, puntando sul boom dell’e-commerce. Per sostenere gli investitori, le banche allora si tuffano nel mercato-truffa dei derivati: raccolgono denaro per garantire i rendimenti, ma senza copertura per gli ultimi sottoscrittori della “catena di Sant’Antonio”, tenuti buoni con la storiella della “fiducia” nell’imminente “ripresa”, sempre data per certa, ogni tre mesi, da «centri studi, economisti, osservatori, studiosi e ricercatori, tutti sui loro libri paga».

Quindi, aggiunge Galloni, siamo andati avanti per anni con queste operazioni di derivazione e con l’emissione di altri titoli tossici. Finché nel 2007 si è scoperto che il sistema bancario era saltato: nessuna banca prestava liquidità all’altra, sapendo che l’altra faceva le stesse cose, cioè speculazioni in perdita. Per la prima volta, spiega Galloni, la massa dei valori persi dalle banche sui mercati finanziari superava la somma che l’economia reale – famiglie e imprese, più la stessa mafia – riusciva ad immettere nel sistema bancario. «Di qui la crisi di liquidità, che deriva da questo: le perdite superavano i depositi e i conti correnti». Come sappiamo, la falla è stata provvisoriamente tamponata dalla Fed, che dal 2008 al 2011 ha trasferito nelle banche – americane ed europee – qualcosa come 17.000 miliardi di dollari, cioè «più del Pil americano e più di tutto il debito pubblico americano».

Va nella stessa direzione – liquidità per le sole banche, non per gli Stati – il “quantitative easing” della Bce di Draghi, che ovviamente non risolve la crisi economica perché «chi è ai vertici delle banche, e lo abbiamo visto anche al Monte dei Paschi, guadagna sulle perdite». Il profitto non deriva dalle performance economiche, come sarebbe logico, ma dal numero delle operazioni finanziarie speculative: «Questa gente si porta a casa i 50, i 60 milioni di dollari e di euro, scompare nei paradisi fiscali e poi le banche possono andare a ramengo». Non falliscono solo perché poi le banche centrali, controllate dalle stesse banche-canaglia, le riforniscono di nuova liquidità. A monte: a soffrire è l’intero sistema-Italia, da quando – nel lontano 1981 – la finanzia pubblica è stata “disabilitata” col divorzio tra Tesoro e Bankitalia. Un percorso suicida, completato in modo disastroso dalla tragedia finale dell’ingresso nell’Eurozona, che toglie allo Stato la moneta ma anche il potere sovrano della spesa pubblica, attraverso dispositivi come il Fiscal Compact e il pareggio di bilancio.

Per l’Europa “lacrime e sangue”, il risanamento dei conti pubblici viene prima dello sviluppo. «Questa strada si sa che è impossibile, perché tu non puoi fare il pareggio di bilancio o perseguire obiettivi ancora più ambiziosi se non c’è la ripresa». E in piena recessione, ridurre la spesa pubblica significa solo arrivare alla depressione irreversibile. Vie d’uscita? Archiviare subito gli specialisti del disastro – da Angela Merkel a Mario Monti – ribaltando la politica europea: bisogna tornare alla sovranità monetaria, dice Galloni, e cancellare il debito pubblico come problema. Basta puntare sulla ricchezza nazionale, che vale 10 volte il Pil. Non è vero che non riusciremmo a ripagarlo, il debito. Il problema è che il debito, semplicemente, non va ripagato: «L’importante è ridurre i tassi di interesse», che devono essere «più bassi dei tassi di crescita». A quel punto, il debito non è più un problema: «Questo è il modo sano di affrontare il tema del debito pubblico». A meno che, ovviamente, non si proceda come in Grecia, dove «per 300 miseri miliardi di euro» se ne sono persi 3.000 nelle Borse europee, gettando sul lastrico il popolo greco.

Domanda: «Questa gente si rende conto che agisce non solo contro la Grecia ma anche contro gli altri popoli e paesi europei? Chi comanda effettivamente in questa Europa se ne rende conto?». Oppure, conclude Galloni, vogliono davvero «raggiungere una sorta di asservimento dei popoli, di perdita ulteriore di sovranità degli Stati» per obiettivi inconfessabili, come avvenuto in Italia: privatizzazioni a prezzi stracciati, depredazione del patrimonio nazionale, conquista di guadagni senza lavoro. Un piano criminale: il grande complotto dell’élite mondiale. «Bilderberg, Britannia, il Gruppo dei 30, dei 10, gli “Illuminati di Baviera”: sono tutte cose vere», ammette l’ex consulente di Andreotti. «Gente che si riunisce, come certi club massonici, e decide delle cose». Ma il problema vero è che «non trovano resistenza da parte degli Stati». L’obiettivo è sempre lo stesso: «Togliere di mezzo gli Stati nazionali allo scopo di poter aumentare il potere di tutto ciò che è sovranazionale, multinazionale e internazionale». Gli Stati sono stati indeboliti e poi addirittura infiltrati, con la penetrazione nei governi da parte dei super-lobbysti, dal Bilderberg agli “Illuminati”. «Negli Usa c’era la “Confraternita dei Teschi”, di cui facevano parte i Bush, padre e figlio, che sono diventati presidenti degli Stati Uniti: è chiaro che, dopo, questa gente risponde a questi gruppi che li hanno agevolati nella loro ascesa».

Non abbiamo amici. L’America avrebbe inutilmente cercato nell’Italia una sponda forte dopo la caduta del Muro, prima di dare via libera (con Clinton) allo strapotere di Wall Street. Dall’omicidio di Kennedy, secondo Galloni, gli Usa «sono sempre più risultati preda dei britannici», che hanno interesse «ad aumentare i conflitti, il disordine», mentre la componente “ambientalista”, più vicina alla Corona, punta «a una riduzione drastica della popolazione del pianeta» e quindi ostacola lo sviluppo, di cui l’Italia è stata una straordinaria protagonista. L’odiata Germania? Non diventerà mai leader, aggiunge Galloni, se non accetterà di importare più di quanto esporta. Unico futuro possibile: la Cina, ora che Pechino ha ribaltato il suo orizzonte, preferendo il mercato interno a quello dell’export. L’Italia potrebbe cedere ai cinesi interi settori della propria manifattura, puntando ad affermare il made in Italy d’eccellenza in quel mercato, 60 volte più grande. Armi strategiche potenziali: il settore della green economy e quello della trasformazione dei rifiuti, grazie a brevetti di peso mondiale come quelli detenuti da Ansaldo e Italgas.

Prima, però, bisogna mandare casa i sicari dell’Italia – da Monti alla Merkel – e rivoluzionare l’Europa, tornando alla necessaria sovranità monetaria. Senza dimenticare che le controriforme suicide di stampo neoliberista che hanno azzoppato il paese sono state subite in silenzio anche dalle organizzazioni sindacali. Meno moneta circolante e salari più bassi per contenere l’inflazione? Falso: gli Usa hanno appena creato trilioni di dollari dal nulla, senza generare spinte inflattive. Eppure, anche i sindacati sono stati attratti «in un’area di consenso per quelle riforme sbagliate che si sono fatte a partire dal 1981». Passo fondamentale, da attuare subito: una riforma della finanza, pubblica e privata, che torni a sostenere l’economia. Stop al dominio antidemocratico di Bruxelles, funzionale solo alle multinazionali globalizzate. Attenzione: la scelta della Cina di puntare sul mercato interno può essere l’inizio della fine della globalizzazione, che è «il sistema che premia il produttore peggiore, quello che paga di meno il lavoro, quello che fa lavorare i bambini, quello che non rispetta l’ambiente né la salute». E naturalmente, prima di tutto serve il ritorno in campo, immediato, della vittima numero uno: lo Stato democratico sovrano. Imperativo categorico: sovranità finanziaria per sostenere la spesa pubblica, senza la quale il paese muore. «A me interessa che ci siano spese in disavanzo – insiste Galloni – perché se c’è crisi, se c’è disoccupazione, puntare al pareggio di bilancio è un crimine».

http://www.informarexresistere.fr/2013/ ... ecco-come/

magari e' gia'postato,ma rinfrescare la memoria non guasta......[;)]


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Bravo Ubatuba ...[:264]



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ubatuba ha scritto:
Italia, potenza scomoda: dovevamo morire, ecco come

magari e' gia'postato,ma rinfrescare la memoria non guasta...... [;)]


Già postato ma... visto che lo hai riproposto, direi di aggiungere anche il video... [;)]

[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=5lPGzvfnI9M[/BBvideo]



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

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..perfetto tte,meglio non dimenticare.............cercano in tutti i modi che l'oblio regni sovrano..... [:49] [:89] [:213]


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MessaggioInviato: 31/07/2013, 12:50 
.. oltre all'ignavia degl'italiani ...[8)]



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MessaggioInviato: 31/07/2013, 13:53 
Cita:
Ufologo 555 ha scritto:

.. oltre all'ignavia degl'italiani ... [8)]


agli italici e'sufficente un po di calcio e san remo x distoglierli dall'attenzione dei prob reali da cui sono minacciati [;)] [;)]


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MessaggioInviato: 31/07/2013, 14:06 
Infatti una volta S. Remo durava tre giorni (e stufava già ...), ora la "settimana santa"! [8)]
L'ulimo che vidi avevo 24 anni .... [;)]



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MessaggioInviato: 04/08/2013, 13:03 
L’Italia è La Vera Bomba H per la Distruzione dell’Euro

http://www.rischiocalcolato.it/2013/08/ ... leuro.html

1) Il primo problema è che siamo troppo grandi per fallire senza fare saltare il banco.
2) Il secondo problema è che stiamo fallendo.
3) Il terzo problema è che a meno di una abolizione formale e sostanziale della democrazia nessun FMI, nessuna BCE oppure Commissione Europea (la Troika) potrebbe realmente intervenire in Italia.

Lo schema per le nazioni fallite che fino ad ora ha funzionato in europa:

1) La nazione collassa schiacciata da debito, deficit, crollo della produzione industriale, disoccupazione.
2) La nazione non ha più accesso al credito sui mercati internazionali.
3) Si insedia un governo di emergenza nazionale, alla bisogna sostenuto dalla ex-opposizione.
4) Vengono chiesti e ottenuti aiuti a FMI, Bce e Commissione Europea (EFSF, ESM)
5) Gli ispettori di FMI, BCE e Commissione Europea (la Troika) impongono una serie di misure economiche che hanno il solo scopo di garantire la restituzione di interessi e capitale prestati. Il debito precedente diventa subordinato e alla bisogna può essere tagliato/azzerato (scommettiamo che il vecchio debito greco verrà azzerato?)
6) Poi dita incrociate nella speranza che la baracca europea tenga, comunque si è comprato tempo.

Faccio notare che la traiettoria di deficit e debito pubblico italiano è assolutamente fuori controllo. Al solito nessun media sussidiato (con soldi pubblici) mette in rilievo questo enorme problema, dunque vi faccio l’ennesimo riepilogo:

Il Debito Pubblico Italiano chiuderà certamente il 2013 al di sopra della sogli dei 2080mld di euro e con tutta probabilità toccherà quota 2100mld.
Dato un tasso medio sull’intero debito pubblico al 3,6% l’Italia paga circa 75 mld all’anno di soli interessi. Una cifra già oggi insostenibile e destinata a salire.
I rapporti debito pubblico/PIL e Deficit/Pil a fine 2013 saranno rispettivamente nell’intorno del 134% e del 4,8%. Ben oltre le ridicole stime del governo, riportate a pappagallo dai media. Non ci vuole un genio per arrivare a queste conclusione si tratta di sapere usare un foglio di calcolo e usare un minimo di onestà intellettuale.

E ora arrivo al punto che NON è economico ma è squisitamente politico.

L’attuale maggioranza di governo si sta squagliando, personalmente penso che alla fine si troverà una nuova maggioranza composta dal PD, Scelta Civica e “i responsabili” del PDL, comunque una coalizione piuttosto debole e destinata ad indebolirsi sempre di più.

All’M5S è stato servito (dal PD e da Letta che non hanno immediatamente aperto la crisi di governo) su un piatto d’argento un calcio di rigore a porta vuota per diventare il primo partito italiano, ad occhio mi pare che gli errori fatti negli ultimi 4 mesi non si ripeteranno e che questa volta il partito fondato da Beppe Grillo terrà un comportamento meno confuso e naif.

In sintesi:

- Se si va ad elezioni, ad oggi, salvo novità politiche molto rilevanti (tipo Renzi che divorzia dal PD e forma la sua forza politica) o salvo l’invenzione di una qualche legge elettorale truffa, l’M5s vince e si prende la maggioranza almeno alla camera.
- Se l’attuale maggioranza tira a campare ne uscirà indebolita sia da destra che da sinistra.

E ora arrivo al punto: Come noto la BCE è pronta ad implementare aiuti illimitati all’Italia, aiuti che però sono condizionali. Così come sono condizionali gli aiuti che provengono dall’FMI e dai fondi salva stati. In altre parole la politica italiana deve essere in grado di ottemperare alle richieste e alle condizioni imposte per accedere agli “aiuti”. Io francamente penso che la politica Italiana non sia in grado (attuale maggioranza) o non voglia (maggioranza M5S) ottemperare a nessuna condizione esterna per il tempo necessario.

Il Portogallo e la Grecia possono saltare tranquillamente in aria. Mi dispiace per loro ma sono irrilevanti. L’Italia invece no farebbe saltare in aria talmente tante banche in giro per l’Europa da fare saltare in aria l’intera costruzione europea per come la conosciamo oggi.

Altro che popcorn.



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E allora ... damose da fà ! [^]



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Mi sembrano tanto quelle pax mafiose che servivano per spartirsi in santa pace il buissines.



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Infatti, quando in Italia le varie mafie trovano l'accordo, poi va tutto ... bene! [^]



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