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bleffort ha scritto:
Io penso una cosa:La lega nord è ancora l'ago della bilancia per un'altra eventuale ascesa del centrodestra,stà a questo movimento decidere anche se vuol salvare l'Italia e le industrie del nord cambiando politica e alleanze.
bleff la lega fa quello che decide b il logo è suo.
Poi la lega dovrebbe sparire del tutto per quello che ha combinato,se vai a vedere nei singoli casi noterai che di disastri ne sono stati combinati tanti altri nei vari enti in giro per il paese.
Insomma sicuramente la crisi globale ha contribuito molto ma tutta la classe dirigente degli ultimi 20 anni si è arricchita demolendo un paese,io non scherzo quando dico che un giorno ne dovranno rispondere davanti al tribunale.
Il nord italia era un vera e propria potenza commerciale ed economica,sono riusciti nell'impresa non facile di distruggere tutto.
LA DISFATTA DEL NORD, IL VENTENNIO NON È SOLO DI BERLUSCONINel 1994 la nuova classe dirigente della Padania calava su Roma Ladrona con il preciso intento di risolvere la questione settentrionale e con essa tutti i mali del Paese.La Lega, insieme ad altri, per vent'anni è stata in posizione politicamente determinante sia nelle regioni del Nord, sia nel Paese intero. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Il Paese si trova in condizioni economicamente peggiori di quando sono arrivati i leghisti. I territori del Nord sono stati governati malissimo. La Lega ha occupato poltrone e posti di potere con una voracità e un'ingordigia superiore a quella di tutti i partiti della Prima Repubblica. I casi di corruzione sono stati numerosi e conclamati. La Lega non ha raggiunto nessuno degli obiettivi che aveva tanto sbandierato (federalismo, riduzione delle tasse, sburocratizzazione, moralizzazione, liberalizzazioni, riduzione della partitocrazia, niente di niente) e anzi, molte volte si è adoperata perché avvenisse il contrario.
La Lega, insomma, ha fallito eticamente, politicamente e gestionalmente. Una Caporetto di dimensioni epocali, illustrata con ricchezza di particolari nel libro (La disfatta del Nord, nuovo saggio di Filippo Astone recentemente pubblicato, ndr), che non si limita al piccolo partito bossian-maroniano, ma esamina vari altri problema creati da alcune classi dirigenti del Nord che, oltre ai loro territori, per un ventennio hanno avuto in mano il Paese intero.
Non è colpa solo della crisi. Certo, la recessione economica in atto in tutto il mondo sta accelerando la caduta del Paese nella miseria. Ma il fatto è che l'Italia governata dal Nord (Berlusconi-Bossi) ha sofferto molto di più degli altri Paesi occidentali in recessione.
Secondo calcoli svolti da Eurostat, nel 1994, quando il duo Berlusconi-Bossi ha preso in mano il governo italiano per la prima volta, fatto 100 il reddito pro capite medio Ue, quello italiano era a livello 121. Nel 2010 (ultimo anno disponibile per i calcoli), fatto 100 il reddito pro capite medio Ue, quello italiano era a quota 104. Per quanto riguarda il debito pubblico, è passato dai 1134 miliardi di euro del 2001 ai 1900 del 2011.
«Nell'ultimo decennio», spiega l'economista Ronny Mazzocchi, intervistato nel libro «indipendentemente dall'indicatore utilizzato - prodotto interno lordo, pil pro capite, produttività del lavoro, total factor productivity - ci collochiamo agli ultimi posti nei ranking mondiali».
E così, negli anni Duemila, il tasso di risparmio delle famiglie si è abbassato del 5%, e quello di indebitamento è aumentato del 30%. Secondo l'Istat, il 2011 si è chiuso con ottantottomila occupati in meno nelle aziende con almeno un dipendente. In percentuale, nel 2011 l'occupazione è calata dello 0,7%. Meno della discesa dell'1,5% che si è vista nel 2010, ma comunque sempre di forte crisi si tratta, con ben pochi spiragli all'orizzonte. Particolarmente forte la disoccupazione nell'industria, che secondo Bankitalia ha chiuso il 2011 con un calo degli occupati dell'1%, che si somma al calo del 2,2% registrato nel 2010.
Vent'anni di Berluscon-leghismo hanno prodotto un tasso di disoccupazione che, considerando i cassintegrati, viene stimato da alcuni pari al 34% della popolazione attiva. Solo nel quinquennio 2006-2011, il manifatturiero, le fabbriche, sono passate dal 21% al 16% del pil. Tanti altri numeri sono citati nel libro, che è stato scritto con molta attenzione ai fatti, alle cifre.
I tre fallimenti della lega: morale, gestionale e politico. Il fallimento morale della Lega è il più evidente, dimostrato dalle spericolate avventure di Umberto Bossi (condannato in via definitiva per finanziamento illecito ai partiti), Francesco Belsito e altri.
Il secondo fallimento della Lega è quello politico: in vent'anni di vita parlamentare e dieci di governo in una posizione di forza, la Lega non ha portato a casa neanche uno degli obiettivi che rappresentano la sua ragion d'essere. Né il federalismo in qualche forma, né la riduzione delle imposte (che sono addirittura aumentate, proprio negli anni in cui la Lega esprimeva il ministro dell'Economia e delle Finanze Giulio Tremonti, poi candidate a premier proprio dal Carroccio) né provvedimenti a favore delle piccole imprese e delle partite iva, né un miglior accesso al credito, né la semplificazione burocratica.
In tante situazioni, come nel caso della finanziaria antifederalista del 2010, la Lega Nord ha agito addirittura all'opposto. A livello locale, per dimostrare come la Lega faccia il contrario di ciò che proclama, basterà citare il caso della sedicente difesa del piccolo commercio e del territorio. Come viene dimostrato nel libro, negli anni di governo leghista in Lombardia e Veneto, il tasso di licenze a supermercati e ipermercati rispetto alla quantità di popolazione ha raggiunto livelli da record italiano ed europeo. Alla faccia dei piccoli commercianti che - ignari - votano per il Carroccio.
Per quanto riguarda il territorio, si è toccato anche il record di licenze edilizie e di colate di cemento. Ultimo ma non meno importante, il fallimento gestionale. I politici della Lega hanno governato male molti enti (i risultati della gestione leghista di Malpensa, tanto per fare l'esempio più illustre, sono sotto gli occhi di tutti) hanno praticato il clientelismo, la spartizione partitocratica del potere e delle cadreghe. Sotto questo profilo, l'accaparramento di posti in tutte le società pubbliche e municipali possibili, è stato particolarmente vorace.
Tutto ciò, ignorando le esigenze del territorio e dei propri elettori. I deputati leghisti hanno votato provvedimenti a favore della corruzione, delle mafie, del malaffare. Dopo l'affaire Credieuronord, sono riusciti perfino a sostenere le banche colpevoli di comportamenti felloni nei confronti dei piccoli clienti. Per guadagnare i voti di un pugno di allevatori, hanno fatto perdere a tutti i contribuenti almeno quattro miliardi e mezzo di euro nelle quote latte. E, pur di rimanere al governo (con la scusa del federalismo), hanno ceduto a qualunque richiesta dell'alleato Silvio Berlusconi.
http://www.cadoinpiedi.it/2013/10/18/la ... sconi.html