venerdì 27 dicembre 2013 "Le ore contate del pianeta" 
Susan George: poteri occulti, la Terra è sotto scaccoSe avete a cuore il vostro cibo, la vostra salute e la stessa  sicurezza finanziaria, la vostra e quella della vostra famiglia, così  come le tasse che pagate, lo stato del pianeta e della stessa 
democrazia, ci sono pessime notizie: un gruppo di golpisti ha preso il 
potere  e ormai domina il pianeta.
Legalmente: perché le nuove leggi che  imbrigliano i popoli, i governi e gli Stati se le sono fatte loro, per  servire i loro smisurati interessi, piegando le democrazie con l’aiuto  di 
“maggiordomi” travestiti da politici.
La grande novità si chiama:  “ascesa di autorità illegittima”. Parola di Susan George, notissima  sociologa franco-statunitense, già impegnata nel movimento no-global e  al vertice di associazioni mondiali come Greenpeace. I governi legali,  quelli regolarmente eletti, ormai vengono di fatto «gradualmente  soppiantati da un nuovo governo-ombra, in cui enormi imprese  transnazionali (Tnc) sono onnipresenti e stanno prendendo decisioni che  riguardano tutta la nostra vita quotidiana».
L’
Europa è già completamente nelle loro mani, tramite i tecnocrati di Bruxelles, i subdoli “inventori” dell’aberrante 
euro. Ma anche nel resto del mondo la libertà ha le ore contate.

I nuovi oligarchi, spiega la George nell’intervento pronunciato al  Festival Internazionale di Ferrara, ottobre 2013, possono agire  attraverso le lobby o oscuri  “comitati di esperti”, attraverso organismi ad hoc che ottengono  riconoscimenti ufficiali. Talvolta operano «attraverso accordi negoziati  in segreto e preparati con cura da “executive” delle imprese al più  alto livello».
Sono fortissimi, arrivano ovunque: «Lavorano a livello  nazionale, europeo e sovranazionale, ma anche all’interno delle stesse  Nazioni Unite, da una dozzina di anni nuovo campo di azione per le  attività delle “corporate”».
Attenzione, averte la George: «Non si  tratta di una sorta di teoria paranoica della cospirazione: i segni sono  tutti intorno a noi, ma per il cittadino medio sono difficili da  riconoscere». Questo, in fondo, è il “loro” capolavoro: «Noi continuiamo  a credere, almeno in 
Europa,  di vivere in un sistema democratico». Non è così, naturalmente. Le sole  lobby ordinarie, rimaste «ai margini dei governi per un paio di  secoli», ormai «hanno migliorato le loro tecniche, sono pagate più che  mai e ottengono risultati».
Negli Stati Uniti, le lobby devono almeno dichiararsi al Congresso,  dire quanto sono pagate e da chi. A Bruxelles, invece, «c’è solo un  registro “volontario”, che è una presa in giro, mentre 10-15.000  lobbysti si interfacciano ogni giorno con la Commissione Europea e con  gli europarlamentari».
Che fanno? «Difendono il 
cibo-spazzatura, le  
coltivazioni geneticamente modificate, prodotti nocivi come il 
tabacco,  
sostanze chimiche pericolose o farmaci rischiosi». In più, «
difendono i  maggiori responsabili delle 
emissioni di gas a effetto serra», oltre  naturalmente ai loro clienti più potenti: le grandi 
banche.  Meno conosciuti delle lobby tradizionali, cioè quelle favorevoli a  singole multinazionali, sono in forte crescita specie nel comparto  industriale le lobby-fantasma, solitamente definite “
istituti”,  “
fondazioni” o “
consigli”, spesso con sede a Washington.
Sono pericolose  e subdole: pagano esperti per influenzare l’opinione pubblica, 
fino a negare l’evidenza scientifica, per convincere i consumatori del valore dei loro 
prodotti-spazzatura.
A Bruxelles il loro dominio è totale: decine di “comitati di esperti”  preparano regolamenti dettagliati in ogni possibile settore. «Dalla  metà degli anni ’90 – accusa Susan George – le più grandi compagnie  americane dei settori bancario, pensionistico, assicurativo e di  revisione contabile hanno unito le forze e, impiegando tremila persone,  
hanno speso 5 miliardi dollari per sbarazzarsi di tutte le leggi del New  Deal, approvate sotto l’amministrazione Roosevelt negli anni ’30»,  tutte leggi «che avevano protetto l’
economia  americana per sessant’anni».
Un contagio: «Attraverso questa azione  collettiva di lobbying, hanno guadagnato totale libertà per trasferire  attività in perdita dai loro bilanci, verso istituti-ombra, non  controllati». Queste compagnie hanno potuto immettere sul mercato e  scambiare centinaia di miliardi di dollari di titoli tossici “derivati”,  come i pacchetti di mutui subprime, senza alcuna regolamentazione.  «Poco è stato fatto dopo la caduta di Lehman Brothers per regolamentare  nuovamente la 
finanza.  E nel frattempo, il commercio dei derivati ha raggiunto la cifra di 2  trilioni e 300 miliardi di dollari al giorno, un terzo in più di sei  anni fa».
Quello illustrato da Susan George, nell’intervento tenuto a Ferrara e ripreso da “
Come Don Chisciotte”,  è un viaggio nell’occulto. «Ci sono organismi come l’
International  Accounting Standards Board, sicuramente 
sconosciuto al 99% della  popolazione europea». E’ una struttura di importanza decisiva, di cui  non parla mai nessuno.
Nacque con l’allargamento a Est dell’Unione  Europea, per affrontare «l’incubo di 27 diversi mercati azionari, con  diversi insiemi di regole e norme contabili». Ed ecco, prontamente,  l’arrivo dei soliti 
super-consulenti, provenienti dalle quattro maggiori  società mondiali di revisione contabile.

In pochi anni, il gruppo «è  stato silenziosamente trasformato in un organismo ufficiale, lo Iasb».  E’ ancora formato dagli esperti delle quattro grandi società, ma adesso  sta elaborando regolamenti per 66 paesi membri, tra cui l’intera 
Europa. 
 Attenzione: «Lo Iasb è diventato “ufficiale” grazie agli sforzi di un  commissario Ue, il neoliberista irlandese Charlie MacCreevy».  Commissario dell’Ue, cioè: “ministro” europeo,
 non-eletto da nessuno. E  per di più, egli stesso esperto contabile. Naturalmente, ha potuto agire  sotto la protezione di Bruxelles, cioè «senza alcun controllo  parlamentare». 
L’alibi? Il solito:  la Iasb è stato presentato come un’agenzia «puramente tecnica». La sua  vera missione? 
Organizzare, legalmente, l’evasione fiscale dei  miliardari.«Fino a quando non potremo chiedere alle imprese di adottare bilanci  dettagliati paese per paese, queste continueranno a pagare – abbastanza  legalmente – pochissime tasse nella maggior parte dei paesi in cui hanno  attività». Le aziende, aggiunge la sociologa, possono collocare i loro  profitti in paesi con bassa o nessuna tassazione, e le loro perdite in  quelli ad alta fiscalità. Per tassare in maniera efficace, le autorità  fiscali hanno bisogno di sapere quali vendite, profitti e imposte sono  effettivamente di competenza di ciascuna giurisdizione.
«Oggi questo non  è possibile, perché 
le regole sono fatte su misura per evitare la  trasparenza». E quindi: «Le piccole imprese nazionali o famigliari, con  un indirizzo nazionale fisso, continueranno a sopportare la maggior  parte del carico fiscale». Susan George ha contattato direttamente lo  Iasb per chiedere se una rendicontazione dettagliata, paese per paese,  fosse nella loro agenda. 
Risposta: no, ovviamente. «Non c’è di che  stupirsi. Le quattro grandi agenzie i cui amici e colleghi fanno le  regole, perderebbero milioni di fatturato, se non potessero più  consigliare i loro clienti sul modo migliore per evitare la tassazione».
L’altro colossale iceberg che ci sta venendo addosso, dal luglio  2013, si chiama 
Ttip, cioè 
Transatlantic Trade and Investment  Partnership. In italiano: protocollo 
euro-atlantico  su commercio e investimenti. «Questi accordi definiranno le norme che  regolamenteranno la metà del Pil mondiale – gli Stati Uniti e l’
Europa».
Notizia: le nuove regole di cooperazione 
euro-atlantica  «sono in preparazione dal 1995», da quando cioè «le più grandi  multinazionali da entrambi i lati dell’oceano si sono riunite nel  
Trans-Atlantic Business Dialogue», la maggiore 
lobby dell’Occidente,  impegnata a «lavorare su tutti gli aspetti delle pratiche regolamentari,  settore per settore». Il commercio transatlantico ammonta a circa 1.500  miliardi di dollari all’anno.
Dov’è il trucco? In apparenza, si  negozierà sulle tariffe: ma è un aspetto irrilevante, perché pesano  appena il 3%. Il vero obiettivo: «
Privatizzare il maggior numero  possibile di 
servizi pubblici ed eliminare le barriere non tariffarie,  come per esempio i regolamenti e ciò che le multinazionali chiamano  “ostacoli commerciali”». Al centro di tutti i trattati commerciali e di  investimento, c’è «la clausola che consente alle aziende di citare in  giudizio i governi sovrani, se la società ritiene che un provvedimento  del governo danneggi il suo presente, o anche i suoi profitti “attesi”». 
Governi sotto ricatto: comandano loro, i 
Masters of Universe.
Il Trans-Atlantic Business Dialogue, la super-lobby che ha incubato il trattato 
euro-atlantico,  ora ha cambiato nome: si chiama 
Consiglio Economico Transatlantico. E  non si nasconde neppure più. Ammette qual è la sua missione: 
abbattere  le regole e piegare il 
potere  pubblico, a beneficio delle multinazionali. Si definisce apertamente  «un organo politico», e il suo direttore afferma con orgoglio che è la  prima volta che «il settore privato ha ottenuto un ruolo ufficiale nella  determinazione della 
politica pubblica Ue-
Usa».

Questo trattato, se approvato secondo le intenzioni delle 
Tnc,  includerà modifiche decisive sui regolamenti che proteggono i  consumatori in ogni settore: 
sicurezza alimentare, prodotti farmaceutici  e chimici. Altro obiettivo, la “stabilità finanziaria”. 
Tradotto: la  libertà per gli investitori di trasferire i loro capitali senza  preavviso.
«I governi – aggiunge la George – non potranno più  privilegiare operatori nazionali in rapporto a quelli stranieri per i contratti di appalto», e il processo negoziale 
«si terrà a porte chiuse, senza il controllo dei cittadini».E come se non bastasse l’infiltrazione nel 
potere esecutivo, in quello legislativo e persino nel 
potere  giudiziario, le multinazionali ora puntano direttamente anche alle 
 Nazioni Unite. Già nel 2012, alla conferenza Rio + 20 sull’ambiente, i  super-padroni formavano la più grande delegazione, capace di allestire  un evento spettacolare come il 
“Business Day”. «Siamo la più grande  delegazione d’affari che mai abbia partecipato a una conferenza delle  Nazioni Unite», disse il rappresentante permanente della Camera di  Commercio Internazionale presso l’Onu.
Parole chiarissime: «Le imprese  hanno bisogno di prendere la guida e noi lo stiamo facendo». Oggi,  conclude Susan George, le multinazionali arrivano a chiedere un ruolo  formale nei 
negoziati mondiali sul clima. «Non sono solo le dimensioni,  gli enormi profitti e i patrimoni che rendono le Tnc pericolose per le  democrazie. È anche la loro concentrazione, la loro capacità di 
 influenzare (spesso dall’interno) i 
governi e la loro abilità a operare  come una vera e propria classe sociale che difende i propri interessi  economici, anche contro il bene comune». E’ un 
super-clan, coi suoi  tentacoli e i suoi boss: «Condividono linguaggi, ideologie e obiettivi  che riguardano ciascuno di noi». Meglio che i cittadini lo sappiano.
E i  politici che dovrebbero tutelarli? Non pervenuti, ovviamente.[align=right]Source: 
Nin.Gish.Zid.Da: "Le ore contate del pianeta" [/align]