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MessaggioInviato: 05/02/2014, 19:57 
Gli F-104 erano ottimi caccia! (Ma se poi la NATO da inìbecilli li hanno caricati per diventare cacciabombardieri ........) Era un interecettore puro! Infatti , quelli che sono precipitati, erano tutti c.b.; di intercettori pochi. Poi ce ne erano veramente tanti nella NATO ..


Ultima modifica di Ufologo 555 il 05/02/2014, 20:13, modificato 1 volta in totale.


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U.F.O. "Astronavi da altri Mondi?" - (Opinioni personali e avvenimenti accaduti nel passato): viewtopic.php?p=363955#p363955
Nient'altro che una CONSTATAZIONE di fatti e Cose che sembrano avvenire nei nostri cieli; IRRIPRODUCIBILI, per ora, dalla nostra attuale civiltà.
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Stellare
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MessaggioInviato: 05/02/2014, 20:14 
..appunto,erano intercettori puri....e convertirli in caccia bombardieri fu un grosso errore,di certo erano + consoni degli f35 [;)]


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Marziano
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MessaggioInviato: 06/02/2014, 03:12 
ogni programma di alta tecnologia ed ogni singolo aereo ha avuto i suoi problemi. L'efa è stato concepito negli anni '80 e ancora ci stanno fornendo i lotti di produzione, ma di che stiamo parlando, si è fatta solo demagogia tra il pacidiotismo e l'antiamericanismo andante e il pentagono non ha MAI fatto mancare i fondi, che ammontano al 90% dell'intero programma, il resto 10 fornito dagli alleati. e comunque, per correttezza di esposizione, noi gli F 35 non li compriamo, li produciamo e li vendiamo assieme agli altri che fanno parte del consorzio.

Ora torniamo in tema.



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MessaggioInviato: 08/02/2014, 13:43 
Ricordo quando ero nella base di pratica di mare (dove era custodito il relitto), un militare del personale mi aveva detto che potevo andare a vederlo, indicandomi l'hangar, stavamo andando insieme, poi mentre mi stavo avviando verso l'hangar è uscito fuori un tizio che mi ha bloccato, dicendomi che non ci si poteva avvicinare... [B)]



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MessaggioInviato: 15/02/2014, 20:58 
27 GIUGNO 1980: LA STRAGE INSABBIATA
il relitto del DC 9 Itavia: a Bologna nel museo della memoria




di Gianni Lannes


Ma quale isola di Ustica. Il governo Cossiga coadiuvato dalla Nato e dallo Stato Maggiore della Difesa ha falsificato anche i dati geografici. Il depistaggio dello Stato italiano decollò istantaneamente. Il DC 9 dell'Itavia ammarò al largo del Golfo di Salerno, quasi sulla verticale della portaerei Saratoga della VI flotta USA. La parola d'ordine discesa dal superiore livello politico a quello sottostante militare, era disarmante: dovevano essere ripescati solo cadaveri. L'allora ministro della Difesa, tale Lelio Lagorio, era all'oscuro di queste oscure manovre? E perché non mosse un dito quando il collega ministro Rino Formica gli riferì del missile nell'immediatezza del fatto, su soffiata del generale Rana, a capo del Rai? Anche Giuliano Amato dovrebbe fornire qualche spiegazione in merito alla strage di Ustica.

Forse, non si poteva correre il rischio di trovare qualche sopravvissuto che avrebbe raccontato cosa era accaduto? E così mandarono in onda una lenta agonia, con soccorsi al rallentatore (da leggere con attenzione la deposizione del tenente colonnello Lippolis - responsabile dei soccorsi in prima battuta - interrogato dal collega Barale nell' allegato riservato della relazione Pisano). I centri radar della NATO (sistema Nadge), in particolare Licola, Marsala e Jacotenente, avevano registrato integralmente l'accadimento; ma poi furono distrutte quasi tutte le prove. Non c'era proprio nessun cono d'ombra.

La notte di quel remoto 27 giugno 1980, quando l'aereo proveniente da Bologna e diretto a Palermo, alcuni minuti dopo avere sorvolato l'isola di Ponza, interruppe improvvisamente le sue comunicazioni radio e sparì dagli schermi radar, i controllori di volo cercarono di determinare le coordinate corrispondenti agli ultimi segnali registrati, allo scopo di indirizzare le ricerche e i soccorsi; ma solo per modo di dire. Le tracce strumentali del DC9 erano mescolate ad una molteplicità di segnali che denotavano la presenza di alcuni velivoli militari vicini. Inizialmente, come si legge negli atti della Commissione parlamentare Gualtieri, l'ultimo «punto noto» del DC9 fu considerato il contatto radio con «Roma-Controllo» delle 20,57', riferibile alle coordinate geografiche 40°12'N, 13°01'E, quando il pilota comunicò di trovarsi al punto Alpha dell'aerovia Ambra 13, a un'altezza di 25.000 piedi (circa 7.620 m). In seguito, nel corso della notte, si decise di dare maggior credito alle ultime immagini radar generate dal transponder di bordo e registrate dal centro di Roma-Ciampino alle ore 20,59'45”, associabili alle coordinate 39°35'N, 13°04' E6. In seguito a più accurate stime, la posizione relativa all'ultimo segnale del transponder è stata ulteriormente rifinita, spostandola una ventina di chilometri più a Nord, sicché essa risulta associata alle coordinate 39°43'N, 12°55' E7.

La prima domanda che mi sono posto è se l'incertezza iniziale sulla posizione in volo occupata dall'aereo di linea al momento del disastro possa aver portato all'equivoco della sua localizzazione a Ustica o negli immediati dintorni. La risposta è negativa. Infatti, se riportiamo su una carta geografica le coordinate relative al contatto radio delle 20,57 e all'ultima battuta radar delle 20,59' 45”, otteniamo un segmento di una sessantina di chilometri che rappresenta la traccia degli ultimi due minuti e quarantacinque secondi di volo dell'aereo. Tale segmento si colloca in una posizione mediana rispetto alla congiungente Ponza-Ustica, in pieno Tirreno Centrale. Si può calcolare che l'estremità nord di questo segmento, quella corrispondente alla comunicazione radio delle 20,57, presenta le seguenti distanze geodetiche rispetto alle località di terraferma relativamente più vicine:

- VENTOTENE, km 73
- PONZA, km 77
- ISCHIA, km 96
- CAPRI, km 110
- USTICA, km 167

L' estremità sud del segmento in esame, corrispondente all'ultimo segnale radar delle 20,59 45” - verosimilmente il punto in cui l'aereo, dopo essere stato colpito, subisce il blackout elettrico, interrompe i segnali radio e scende verso il Tirreno - ha le seguenti distanze geodetiche rispetto alle località relativamente più prossime:

-USTICA, km 116
-VENTOTENE, km 127
-PONZA, km 131
-ISCHIA, km 139
-CAPRI, km 144

Insomma, se un equivoco poteva sorgere all'inizio doveva essere relativo all'ipotesi che l'aereo fosse precipitato molto più vicino a Ventotene e a Ponza, che non Ustica. Superata la confusione iniziale, comunque, è apparso evidente ai controllori di volo e all'apparato dei soccorsi che il disastro era avvenuto almeno 115 chilometri a Nord dell'isola di Ustica, in una zona a metà strada fra le isole Ponziane e Ustica. Da questa consapevolezza non poteva certo nascere l'equivoco che il disastro si fosse consumato nello spazio aereo sopra l’isola di Ustica. Oltre al punto in cui l'aereo discese nel Tirreno, ci sono altre posizioni rilevanti da mettere bene a fuoco al fine di avere un quadro geografico completo del disastro: quelle relative alla localizzazione dei relitti in mare.

Secondo le carte ufficiali gli elicotteri di soccorso decollarono a partire dalle 22, un'ora dopo la scomparsa del velivolo; i mezzi navali salparono ancora più tardi, a partire dalle 23,30. Nessuna delle missioni di ricognizione notturna ebbe esito positivo. Eppure, dalle registrazioni radar della NATO, si evince che un velivolo militare si portò subito sul punto di ammaraggio del DC 9. E che addirittura un Atlantic Breguet italiano - (specializzato in particolare nella caccia notturna ai sommergibili, ovvero in grado di vedere anche al buio e di piazzare boe di segnalazione in mare) in attività addestrativa, sorvolò la zona di ammaraggio dell'I-Tigi, proveniente da Catania. Nave Proteo della Marina Militare, specializzata esclusivamente per il soccorso in mare non fu prontamente allertata. Nave Vittorio Veneto, che incrociava in quel tratto del Tirreno, unitamente ad altre numerose unità aeronavali della Nato e non, ebbe l'ordine di far subito rotta verso La Spezia senza prestare alcun soccorso.

Infatti, la prima localizzazione di alcuni rottami avvenne soltanto la mattina seguente, alle 7,12 (oltre dieci ore dopo il disastro) con l'avvistamento, da parte di un elicottero, di una macchia oleosa e di alcuni frammenti galleggianti, in una zona corrispondente alle coordinate 39°49'N, 12°55' E11. Poi intervenne l'Atlantic Breguet decollato da Cagliari al cui comando c'era il tenente di vascello Bonifacio.

Il tragico recupero di 42 salme intere - su nave Doria della Marina Militare - di un frammento anatomico riconosciuto, di altri resti anatomici non identificabili, di parti dell'aereo e degli effetti personali dei suoi occupanti, proseguì nelle ore e nei giorni successivi, in una vasta area del Tirreno Centrale in cui i venti e le correnti marine avevano, nel frattempo, sparpagliato quella congerie di reliquie. Il mare non avrebbe mai più restituito i corpi dei 39 dispersi. Anche in questo caso i conti ufficiali non tornano. Infatti per le autorità tricolori sono state recuperate solo 38 salme e pezzi di cadaveri. Anche dando per buono questo numero inesatto per difetto di salme recuperate, furono eseguite solo alcune autopsie (sette su 38 cadaveri), addirittura incomplete e parziali, tant'è che a distanza di qualche anno ne furono rinnovate due (in particolare quella del signora Calderone) Perché? Si registrarono per caso anche degli annegamenti, che avrebbero denotato la sopravvivenza di qualcuno dopo l'impatto con il mare? Tutti i magistrati che si sono applicati al caso, senza uno straccio di prova medico-legale, hanno escluso questa più che probabile ipotesi. Un dato di raffronto: il 23 dicembre del 1978 precipitò un volo di linea nelle acque in quella stagione gelide del mare di Sicilia, nei pressi di Palermo e si salvarono ben 21 persone, mentre perirono altre 108.

Sulla base degli elenchi dei «relitti e reperti» e della loro localizzazione geografica riportati nella Sentenza-Ordinanza del giudice Rosario Priore (datata 31 agosto 1999), ho potuto ricostruire l'area in cui risultava concentrata la maggior parte dei resti galleggianti al momento del ritrovamento, nei due giorni successivi al disastro. Si tratta di uno specchio di mare delimitato dalle latitudini geografiche 39° 50'N – 39° 30'N e dalle longitudini 12° 50'E – 13° 10'E. A conti fatti, un rettangolo di circa 28 x 37 km (la dimensione maggiore è lungo il meridiano) il cui punto centrale cade alcuni km a Sud-Est rispetto al punto dell'ultimo segnale radar; quindi in accordo con la dispersione operata dai venti prevalenti dal Nord-Ovest. Altri rottami furono recuperati al di fuori dell'area di massima concentrazione.

Si può calcolare che l'area di maggiore concentrazione dei resti galleggianti del DC9 si trovava circa 110 chilometri a Nord di Ustica: una distanza che non permette di affermare che i rottami dell'aereo furono recuperati «nelle acque» dell'isola.

Molto più tempo fu necessario per rintracciare e ripescare, da un abisso del Mar Tirreno a circa 3.500 metri di profondità, i rottami affondati del DC9. A causa di presunte difficoltà tecniche ed economiche, trascorsero tra 7 e 11 anni dal recupero: la prima missione effettuata nel biennio 1987-88 a cura della compagnia francese Ifremer (legata secondo l'ammiraglio Fulvio Martini ai servizi segreti di Parigi); la seconda nel 1991 affidata alla britannica Wimpol. Furono spesi complessivamente dallo Stato, quasi 28 miliardi delle vecchie lirette. Le principali parti del relitto furono ritrovate in una zona delimitata dai paralleli 39° 41' N - 39° 43' N e dai meridiani 13°01' E - 13°04' E.
Erano parti della fusoliera e della cabina di pilotaggio, i due reattori, le ali, i carrelli, la porta principale dell’aeromobile, la porta del vano cargo anteriore, la coda con i relativi piani alari, le due scatole nere e il registratore delle comunicazioni radio, bagagli vari.
A conti fatti, l'area del ritrovamento occupa una trentina di chilometri quadrati (ovvero 5 x 6 km, con il lato maggiore lungo il meridiano); la parte centrale si trova una dozzina di km a Est rispetto alla posizione dell'ultimo contatto radar. Anche in questo caso è facile calcolare la distanza fra l'area di giacitura dei pezzi in fondo al mare e l'isola di Ustica: circa 115 chilometri. Una distanza tale da non consentire di attribuire geograficamente all'isola il luogo di inabissamento del velivolo. Il DC9 non arrivò a volare sopra il cielo di Ustica perché fu abbattuto oltre 115 chilometri a settentrione dell'isola. Inoltre, fu ritrovato tra i rottami del DC 9 anche il serbatoio supplementare di un caccia Usa. Ed in seguito, nel 2000 un peschereccio di Gaeta ripescò pezzi consistenti di un Phantom.

La nave Bannock in missione scientifica riceveva via radio, dal comando marittimo, le istruzioni sulla rotta da seguire, più o meno verso Nord, per raggiungere il luogo del disastro. Il professor Paolo Colantoni rimase in plancia, accanto al comandante, a scrutare le onde, per ore, senza rilevare alcuna traccia di rottami né di vita. Dopo oltre tre ore di navigazione, quando sembrava che la nave fosse ormai vicina al presunto luogo di caduta dell'aereo, arrivò, sempre via radio, un comando inaspettato: abbandonare la zona e volgere la prua a Ovest, verso la Sardegna. A Colantoni suonò molto strano: il professore, nelle testimonianze rese ai giudici su quella drammatica avventura, ha avanzato il sospetto che la Bannock, all'inizio, sia stata volutamente allontanata dal luogo degli eventi. Colantoni non poté fare a meno di collegare quell'improvvisa deviazione con quanto era avvenuto il giorno prima, durante il viaggio di avvicinamento della Bannock a Ustica, quando aveva chiesto alle autorità marittime, tramite il comandante, il permesso di sostare in pieno Tirreno per un'osservazione scientifica dei fondali, ma aveva ricevuto un diniego con la motivazione che l'avidità di ricerca scientifica avrebbe interferito con altre operazioni in corso. Quali operazioni? Col senno di poi, le operazioni militari che precedettero l'abbattimento del DC9!

Alle prime luci del giorno la Bannock fu dirottata di nuovo, stavolta verso Nord-Est, in un tratto di mare prossimo alla rotta del traghetto Civitavecchia-Olbia in cui erano stati segnalati alcuni rottami dell'aereo. La ricerca ebbe esito positivo: c'era un relitto che galleggiava. Quando lo issarono a bordo si resero conto che era la parte finale del cono di coda del DC9. Dopo il recupero del frammento, arrivò un'altra indicazione di rotta che meravigliò l'equipaggio della Bannock: tornare al punto da cui erano stati allontanati la notte precedente. E questa volta si presentò ai loro occhi lo spettacolo straziante dei cadaveri che galleggiavano in mezzo ai rottami dell'aereo. Ma ormai nella zona erano confluiti numerosi mezzi di soccorso, molto meglio attrezzati della Bannock per il recupero di corpi e materiali; così la nave oceanografica ebbe il permesso di rientrare a Ustica, cosa che fece in giornata.

Il giorno dopo la Bannock andò ad ormeggiarsi nel porto di Napoli, dove il cono di coda fu consegnato alla Marina Militare. Colantoni fu poi convocato a più riprese dal giudice istruttore Priore, sia per riferire questa storia, sia per offrire la sua consulenza di sedimentologo, diversi anni dopo, quando furono localizzati negli abissi del Tirreno gli altri pezzi del DC9. Il professore è fra quanti sono fermamente convinti che qualcun altro, prima dei tecnici della Ifremer, abbia manovrato sul fondo del Tirreno per raccogliere e fare sparire reperti imbarazzanti, poiché troppo evidenti sono, a suo giudizio, alcuni solchi di recente formazione, lasciati nei sedimenti abissali da qualche apparato sottomarino che, probabilmente, è stato usato per trascinare e sollevare oggetti pesanti. Solchi che sono stati ripresi e fotografati dall'alto, prima che la ditta francese procedesse al recupero del relitto. Chi è sceso sul relitto del DC9 Itavia nel 1980? La Mediterranean Survey Services del banchiere Pacini Battaglia e del socio, ossia l'ammiraglio Giovanni Torrisi, allora capo di Stato Maggiore della Difesa? Oppure la Marina militare Usa, come ha dichiarato Giuliano Amato in veste di sottosegretario alla presidenza del consiglio? O forse l'Ifremer che nel 1986, senza alcuna autorizzazione formale dello Stato italiano, ovvero un anno prima di firmare il contratto per il recupero del relitto, dragò proprio quei fondali? Alla ricerca di cosa?

Altro che incidente. Il Dc 9 Itavia era forse una vittima designata, oppure soltanto sacrificata? Da allora ai giorni nostri sono state assassinate almeno 21 testimoni scomodi - senza contare le vittime indirette della strage di Ramstein il 28 agosto 1988 - che avrebbero prima o poi raccontato la verità negata ancora dopo 33 anni di depistaggi ai massimi livelli istituzionali, nazionali ed internazionali.

fonte: http://sulatestagiannilannes.blogspot.i ... biata.html


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MessaggioInviato: 15/02/2014, 21:00 
USTICA: UNA STRAGE IMPUNITA DI STATI. PROVE OCCULTATE


DC 9 ITAVIA, ABBATTUTO IL 27 GIUGNO 1980



di Gianni Lannes

In fondo al Tirreno, ci sono due missili mai recuperati (uno di fabbricazione israeliana e l’altro francese, ma in dotazione entrambi all'aviazione di Gerusalemme). Ecco le coordinate: 39°43#8242;0#8243;N 12°55#8242;0#8243;E.

Nella Repubblica degli omissis, i depistaggi classici sono imbastiti mediante distrazioni provvidenziali, ritardi clamorosi o errori giudiziari.

La mattina del 22 maggio 1987 il Nautile esplora le profondità tirreniche alla ricerca dei rottami del DC 9 Itavia precipitato il 27 giugno 1980, a causa di un misterioso attacco militare, avvenuto mentre percorreva la rotta Ponza-Palermo sull’aerovia Ambra 13.
Sul minuscolo sommergibile sono imbarcati due operatori dell’Ifremer, la società francese che ha avuto l’incarico di procedere al recupero dei resti dell’aereo. L’area in cui è stato individuato il relitto è a 3.600 metri di profondità. I fari del sommergibile illuminano il fondo che si intravede come una massa grigio brillante nelle immagini trasmesse in superficie alla nave appoggio Nadir. Gli operatori sono immersi in un mondo silenzioso dove sentono solo il ronzio della macchina da ripresa e le loro parole. Alle 11,58 appare sul fondo una forma particolare, che potrebbe essere il corpo di un missile. Uno dei due operatori scandisce il termine: “missile”. Dalla registrazione si sente chiaramente l’inconfondibile pronuncia francese: “misil”.

L’immagine scompare dopo qualche secondo. Continua la monotona visione del fondo marino sabbioso. D’improvviso il nastro si divora una manciata di minuti. Qualcosa è stato tagliato: immagini o parole? L’esplorazione continua. Alle 13,53 s’intravede un’altra classica forma di missile, un trapezio isoscele con un corpo allungato. Alle 14,34 sul nastro scorre l’immagine dello stesso oggetto da un’altra angolazione. Le ricerche dell’Ifremer vengono sospese tre giorni dopo. Il 26 giugno si effettua una verifica sul fondo per prendere nota della quantità di reperti non recuperati. Il direttore tecnico dell’Ifremer, l’ingegner Jean Roux, rivela in un’intervista che lo stop è stato dato dall’ingegner Massimo Blasi, il perito incaricato dai magistrati di supervisionare le operazioni di recupero.

rottami del DC9 Itavia- foto Gianni Lannes


I reperti tirati a galla sono stati concentrati in un hangar dell'aeroporto di Pratica di Mare dell'Aeronautica militare tricolore (l'Arma azzurra che ha concretamente depistato ed inquinato le indagini). La tecnica più avanzata per risalire alla causa di un disastro aviatorio è quella di costruire una sagoma di legno dell’aereo perduto e di far combaciare i pezzi recuperati. Se questo si fosse fatto subito, si sarebbe notata già allora la corrispondenza tra due fori di forma trapezoidale, come se il tratto motore di un missile avesse attraversato l’aereo da parte a parte.

I pezzi del Dc9 recuperati sono rimasti ammucchiati alla rinfusa. Delle due sagome di missili, viste durante le riprese del 22 maggio nell’area marina in cui si trovava il relitto, non c’è traccia fra i rottami. Né vengono fuori tra quelli portati in superficie durante la seconda operazione di recupero, affidata ad una società inglese dopo che si sono scoperti i legami dell’Ifremer con i servizi segreti francesi. Trascorrono tre anni prima che i periti di parte abbiano la possibilità di esaminare i nastri dell’operazione Ifremer: è in questa fase che si notano le due sagome di missili sul fondale subacqueo.

Secondo un primo sommario tentativo di identificazione si tratta di un Matra R 530 di fabbricazione francese e di uno Shafrir israeliano. Quel tipo di Matra è lungo 3,28 metri, ha un diametro di 26 centimetri, con ingombro alare di 110, pesa 195 chilogrammi. L’ordigno è munito di una testata a frammentazione e può colpire il bersaglio a tre chilometri di distanza con la guida a raggi infrarossi, e a 15 chilometri con la guida radar semiattiva. L’altro tipo di missile è lungo 2,5 metri, ha 16 centimetri di diametro e 52 di apertura alare, pesa 95 chilogrammi ed ha una gittata di 5 chilometri. Entrambi sono missili usati per la dotazione dei caccia da Paesi occidentali e da Israele, in particolare: Mirage III, Kfir, F4, A4, F15, F16.

Quando il volo IH 870 è posizionato a 43 miglia a sud di Ponza, il controllo di Roma Fiumicino autorizza il pilota a prendere accordi con il controllo di Palermo per iniziare la discesa verso Punta Raisi. Sono le 20:56: in quel preciso momento il DC 9 naviga a 7.620 metri d'altitudine e dista ben 129,5 miglia nautiche dal radar di Fiumicino. Tutti gli aerei civili hanno a bordo uno strumento che si chiama trasponder: trasmette automaticamente ai radar del controllo aereo i dati di identificazione e di quota. L’ultimo segnale del trasponder del DC9 riporta alle 20,59 minuti la posizione dell’aereo esattamente a 25 mila piedi. Poi il vuoto di informazioni. Il pilota non risponde più alle chiamate del controllo aereo. I servizi radar civili non ricevono più segnali. La sigla IH 870 rimbalza nell’etere con affannosi appelli che non ricevono nessuna risposta, neppure dal Rescue Coordination Center di Martina Franca che pure li capta: una località in provincia di Taranto, che ospita nelle viscere di un sorvegliatissimo promontorio (mascherato da una riserva naturalistica), un'importante base di comunicazioni, utilizzata sia per il soccorso aereo sia come terminale del NICS (Nato Integrated Communications System).

La base Imaz, nome in codice di Martina Franca, è uno de centri nevralgici delle rete di comando e controllo della NATO. E' inserita in una maglia di comunicazione che già allora operava attraverso l'integrazione della rete satellitare col troposcatter: un sistema utilizzato per coprire le lunghe distanze mediante la riflessione di onde radio nella troposfera. In altri termini, le antenne di questo dispositivo militare ascoltano, commutano e rilanciano tutte le informazioni che transitano per le linee collegate con i comandi NATO in Italia. La base ha anche la funzione di coordinamento della difesa radar nel centro e sud Italia. Il SOC (Sector Operations Center) di Martina Franca ha il controllo operativo sui gruppi radar di Jacotenente (Gargano), Licola (Napoli) e Siracusa che svolgono funzioni di avvistamento e di guidacaccia (Control and Reporting Center) nei cieli meridionali.

Oltre ad orecchie belliche acutissime la Puglia vanta una finissima vista radar. I suoi potenti e pericolosi (a causa delle radiazioni ionizzanti dal punto di vista sanitario ed ambientale) sensori disseminati fra il centro e il sud sono integrati nel NADGE (Nato Air Defence Ground Environment), l'ombrello radar dela NATO, che assicura una ragnatela di avvistamento e intercettazione nei cieli europei estesa dalla Norvegia alla Turchia. Nel 1980 l'RCC era comandato dal tenente colonnello Gugliemo Lippolis, che poteva chiedere l'intervento di due sottocentri (RSC) di Ciampino (Roma) e di Elmas (Cagliari), e utilizzare aerei e navi forniti dall'Aeronautica e dalla Marina Militare.

Una fonte confidenziale che ho condotto a deporre dai magistrati della Procura della Repubblica di Roma, Amelio e Monteleone, all'epoca sottufficiale dell'Aeronautica nel centro radar di Jacotenente mi ha rivelato - fornendo riscontri - che "quella sera c'era la guerra" e che "il Governo USA pagava loro (ufficiali e sottufficiali italiani) un doppio stipendio in nero per tenere la bocca chiusa e fare cose fuori dall'ordinario". A questa persona in procinto tempo addietro di fare rivelazioni scottanti, l'Arma Azzurra ha riservato addirittura un improvviso ed inaudito trattamento sanitario obbligatorio, facendolo sparire per un mese senza avertire la famiglia (la moglie aveva sporto denuncia ai carabinieri).

Inoltre, le forze armate nordamericane, sempre in Puglia avevano a quel tempo una base di intercettazioni del famigerato sistema Echelon, ubicata a San Vito dei Normanni, in provincia di Brindisi (chiusa nel 2004 e ceduta allo Stato italiano per la cifra simbolica di 1 dollaro). A causa dell'elevatissimo livello di inquinamento provocato dalle attività militari dei cosiddetti "alleati", il sito dedito alla guerra elettronica - affidato all'Aeronautica tricolore - risulta tuttora abbandonato, tanto da aver subito una visita di ispezione parlamentare e due incendi dolosi.

Se non fossero intervenuti pesanti condizionamenti sulle prime indagini ed inquinamenti da parte della Cia, del Sismi e del Sios Aeronautica, gli interrogativi si sarebbero potuti risolvere con il tempestivo sequestro dei tracciati acquisiti quella sera dal sistema NADGE, l'ombrello radar della NATO.

I vertici militari italiani si mossero in modo da far apparire che il quadro della situazione era confinato nei rilevamenti radar delle sole stazioni di Ciampino, Licola e Marsala (le ultime, due per di più completamente inaffidabili).
La magistratura e le commissioni amministrative e governative accettarono supinamente quel confine e si fecero pilotare nel vicolo cieco Latina-Ponza-Palermo. Dopo dieci anni, sotto la pressione della stampa, dei familiari delle vittime e del loro collegio di parte civile, i confini delle indagini si sono estesi alla base radar di Poggio Ballone (Grosseto) che aveva rilevato quella sera movimenti di aerei militari.

In un sistema radar integrato bisogna arrivare al cuore per sapere tutto. Quest'azione non si è neppure tentata. E quando il giudice Rosario Priore ci ha provato è stato sballottato in posti del sistema militare italiano già ripuliti.

La commissione d'inchiesta sulle stragi ha messo il dito sulla piaga: il suo documento definisce gravissimo il fatto che la magistratura e il governo abbiano trascurato di interrogare il centro della difesa NATO, che aveva il quadro preciso della situazione - come del resto Shape a Bruxelles, dove pure vi erano militari italiani - costituito dalle segnalazioni non solo dell'apparato difensivo italiano, ma di tutto il sistema NADGE, e giudica "incredibile" che ci sia affannati per anni attorno ai radar di Ciampino e di Marsala. Decisivo era sapere se nella zona di Ustica quella sera ci fossero aerei militari; ma lo si è domandato burocraticamente, mettendosi nella condizione di accettare le risposte".

I rottami del DC 9 Itavia - foto Gianni Lannes


Il giudice Rosario Priore nella sentenza-ordinanza del 31 agosto 1999 ha ricostruito “uno scenario di guerra” per quella sera. Ed almeno una ventina di testimoni diretti e indiretti degli eventi sono stati suicidati dai servizi segreti.

Sono passati 33 anni dalla strage nel cielo di Ustica. Uno di quei due missili che sono ancora in fondo al Tirreno è stato lanciato contro l’aereo civile, e l’ha trapassato come un panetto di burro.

Le ultime scoperte dei periti di parte civile hanno confermato definitivamente che il Dc 9 Itavia è stato abbattuto da un missile. La prova è costituita da 31 sferule d’acciaio trovate in un foro vicino all’attacco del flap con la fusoliera dell’aereo. Il flap è il congegno che consente di aumentare la superficie dell’ala durante le manovre di decollo e atterraggio per far fronte alla riduzione di velocità. Nel foro non si era mai guardato. Per la curiosità di un perito si è frugato all’interno e in una delle cellette rettangolari che costruiscono la travatura del flap sono spuntate le 31 sferule del diametro di tre millimetri. La loro presenza può essere spiegata con l’esplosione vicino alla parte anteriore dell’aereo della testata a frammentazione di un missile. Il getto violentissimo di un anello di sferule d’acciaio è il caratteristico effetto di una testata a frammentazione che esplode a distanza ravvicinata. Dall’esame di due fori sulla fusoliera e di alcune deformazioni dell’arredo interno del Dc9 alcuni periti hanno anche tratto la convinzione che dopo l’esplosione della testata di un missile del tipo descritto, il tratto contenente il motore abbia attraversato da parte a parte l’aereo. Il mancato recupero dal fondo del Tirreno dello Shafrir e del Matra ha impedito di fare una verifica probabilmente essenziale per scrivere l’ultimo capitolo del mistero di Ustica. Alle rogatorie internazionali il Governo U.S.A. non ha mai fornito collaborazione.

Sull’aereo viaggiavano settantasette passeggeri e quattro membri d’equipaggio. Tra i passeggeri c’erano undici bambini, dai due ai dodici anni, e due neonati.

fonte: http://sulatestagiannilannes.blogspot.i ... stati.html


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MessaggioInviato: 15/02/2014, 21:02 
STRAGE DI USTICA: ATTORI PRINCIPALI

Francesco Maurizio Cossiga (primo ministro italiano)

Valéry Giscard d'Estaing (presidente della Repubblica francese)

Menachem Begin (premier israeliano)


di Gianni Lannes



La tragica storia in pillole di questo intrigo internazionale, imbottito di menzogne istituzionali e depistaggi infiniti. Il movente della strage è la fornitura italo-francese di tecnologia e combustibile nucleare all'Iraq. L'8 febbraio 1978, infatti, l'Italia aveva sottoscritto un contratto da 50.320.000 milioni di dollari, a cui seguirono mastodontici affari per la vendita di armi in cambio di petrolio, sponsorizzati in prima persona da monsieur Cossiga (l'annuncio il 4 maggio 1980 della commessa per l'acquisto di 4 fregate classe Lupo per una cifra che si aggirava sui 1.500 miliardi di lire).

La sera del 27 giugno 1980 da Marsiglia decollò un aereo diretto a Bagdad con un secondo carico speciale di uranio arricchito al 93 per cento, ossia materiale fissile immediatamente utilizzabile per una bomba atomica. Il primo era partito il 25 giugno. Contrariamente, a quanto si sostiene infondatamente, e per sentito dire da un ispettore della Iaea a Bagdad, il successivo carico partì segretamente proprio quel 27 giugno. Il volo IH 870 da Bologna già in ritardo di due ore, fu ritardato appositamente di ulteriori 20 minuti e decollò effettivamente alle 20,08 per fungere da specchietto per le allodole. Il Dc9 Itavia fu scelto come velivolo civile, eventualmente da sacrificare, come poi è stato. Insomma, vittime predestinate da ragioni affaristiche.

I servizi segreti Sdece con a capo Alexandre de Marenches, e Sismi comandati dal generale Giuseppe Santovito (iscritto alla P2), predisposero l'operazione di sviamento, facendo scortare il DC 9 dell'Itavia, grazie al complementare beneplacito dello stato maggiore della Difesa. Il ministro della difesa Lelio Lagorio ne era al corrente?

Gli uomini del Cheyl Ha Avir che avevano predisposto una missione quasi impossibile ma realizzata come tante altre, compreso il bombardanento il successivo 7 giugno 1981 del reattore nucleare Osirak a Tuwaitha, furono così ingannati dalla presenza di caccia transalpini, e colpirono l'obiettivo sbagliato, mentre il valivolo decollato dalla Francia volava indisturbato verso la meta. Risultato nella terra promessa: Begin ebbe un infarto e Ran Goren, a capo della squadriglia della stella di David, fu immediatamente destituito ed inviato negli Usa a studiare.

I cosiddetti soccorsi, ovviamente furono messi in atto al rallentatore. Non dovevano esserci sopravvissuti! Il volo IH 870 ammarò e non esplose in volo. C'erano passeggeri vivi alle 21 e 10 minuti circa quando l'aeroplano planò in mare.

Poi, il 18 luglio andò in onda la messinscena di un Mig 23 che era partito dall'aeroporto dell'Aeronautica militare di Pratica di Mare. A tale proposito ho trovato una traccia radar registrata dai potenti siti Nadge di Jacotenente nel Gargano e di Otranto, di un velivolo che scende da nord arriva a Reggio Calabria e poi torna indietro verso Castelsilano. Il capo di Stato maggiore dell'aeronatica era il generale Lamberto Bartolucci, mentre a capo del Sios c'era il generale Zeno Tascio, che si era tanto prodigato per la vendita di armamenti all'Iraq ed aveva imbastito il depistaggio del mig 23 in Calabria, facendo scongelare addirittura da un congelatore dell'aeroporto Am di Gioia del Colle, un cadavere circonciso, di certo non libico. Il facile capro espiatorio era la Libia, che però nella vicenda non c'entrava nulla. Gheddafi ne approfittò per fare la vittima degli Usa.

A quel tempo, il capo di stato maggiore della difesa, era l'ammiraglio di squadra Giovanni Torrisi (iscritto alla P2). Singolare coincidenza, nel corso dell'estate di 33 anni fa, la società italiana Mediterranean Survey Services (costituita a Roma il 17 luglio 1980), di cui era titolare il banchiere Francesco Pacini Battaglia (iscritto alla P2), ispezionò con propri mezzi subacquei i fondali dove si era inabissato l'I - Tigi. Nel consiglio di amministrazione della MSS figurava proprio l'ammiraglio Giovanni Torrisi.

Il 22 maggio 1988, il sommergibile Nautile dell'Ifremer (impresa notoriamente legata ai servizi segreti francesi) filmò a 3 mila metri di profondità, tra i rottami del Dc9 Itavia, ben due carcassse di missili aria-aria: uno Shafrir (produzione israeliana) e un Matra R 530 (produzione francese), che però non furono mai recuperati. Che singolare coincidenza!

La sera del 27 giugno 1980, alle ore 21,20 circa, l'avvocato Enrico Brogneri, vide sfrecciare sul cielo di Catanzaro a bassissima quota, un velivolo proveniente dal Tirreno, di colore grigio chiaro che identificò per un Mirage o un Kfir.

Il 28 giugno 1980, un manipolo di soldati giunti da una caserma di Cosenza piantonarono per 3 giorni un velivolo di colore grigio chiaro con una coccarda a forma di stella. Le loro testimonianze sono agli atti giudiziari. Dagli accertamenti giudiziari del giudice Priore si aprpende che in quei giorni il tenente dei carabinieri Santoliquido a bordo di un elicottero dell'Arma, imbracò questo relitto fantasma che sparì nel nulla.

Il 18 luglio 1980 mentre era in atto l'esercitazione Nato denominata Demon Jam, fu fatto ritrovare un Mig 23 a Castelsilano. Ma a tutt'oggi, non esiste un testimone oculare dell'evento, vale a dire qualcuno che abbia realmente assistito alla caduta di questo secondo caccia.

La NSA che allora aveva una base di ascolto segreta di Echelon, in Puglia (San Vito dei Normanni) intercettò e registrò tutto il flusso di comunicazioni tra membri del Governo tricolore e alti ufficiali italiani, susseguenti alla tragedia.

Questa verità inconfessabile ha mietuto tante altre vittime, comprese, quelle del disastro di Ramstein il 28 agosto 1988, dove tra l'altro perirono, i piloti Naldini e Nutarelli, gli stessi che la sera del 27 giugno avevavo intercettato nei pressi del Dc 9 Itavia, sul cielo della Toscana, l'inserimento in scia dei velivoli francesi, ed avevano squoccato - inascoltati - l'allarme generale. I due veterani Landini e Nutarelli non furono mai interrogati da anima viva di magistrati: né Santacroce (oggi presidente di Cassazione), né Bucarelli. Santacroce e Bucarelli furono reiteramente denunciati al Csm che archiviò in tutta fretta i documentati addebiti. Quanto a Priore, ha dichiarato di aver convocato Naldini e Nutarelli per un interrogatorio, ma questa asserzione non può essere vera, poiché Priore stesso fu nominato giudice inquirente del caso, soltanto il 23 luglio 1990, esattamente due anni dopo la morte degli ufficiali delle frecce tricolori.

La verità è il minimo che dobbiamo a quelle 81 vittime, e a tutte quelle persone che furono assassinate in seguito, perché erano in procinto di rivelare i fatti.

Perché questa verità era così inconfessabile da richiedere in seguito il silenzio, l’occultamento delle prove, gli omicidi mirati? Quella notte del 27 giugno del 1980 c’erano 68 adulti e 13 bambini compresi due neonati che tornavano a casa, che andavano in vacanza, che leggevano il giornale, giocavano con una bambola e dormivano in braccio alle mamme. Quelli che sapevano hanno deciso che i cittadini, la gente, noi non dovevamo sapere niente: hanno manomesso le registrazioni, cancellato i tracciati radar, bruciato i registri, hanno inventato esercitazioni che non sono mai avvenute. Hanno minacciato e intimidito chiunque osasse sollevare dubbi. Vero Giovanardi? Il muro di gomma non è fiction, ma un angolo buio, una zona grigia, una vergogna dello Stato italiano cementata dall’omertà internazionale di altri Stati come Israele, Francia e Stati Uniti d'America.

fonte: http://sulatestagiannilannes.blogspot.i ... ipali.html


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selecta76 ha scritto:
La sera del 27 giugno 1980 da Marsiglia decollò un aereo diretto a Bagdad con un secondo carico speciale di uranio arricchito al 93 per cento, ossia materiale fissile immediatamente utilizzabile per una bomba atomica. Il primo era partito il 25 giugno. Contrariamente, a quanto si sostiene infondatamente, e per sentito dire da un ispettore della Iaea a Bagdad, il successivo carico partì segretamente proprio quel 27 giugno. Il volo IH 870 da Bologna già in ritardo di due ore, fu ritardato appositamente di ulteriori 20 minuti e decollò effettivamente alle 20,08 per fungere da specchietto per le allodole. Il Dc9 Itavia fu scelto come velivolo civile, eventualmente da sacrificare, come poi è stato. Insomma, vittime predestinate da ragioni affaristiche.

I servizi segreti Sdece con a capo Alexandre de Marenches, e Sismi comandati dal generale Giuseppe Santovito (iscritto alla P2), predisposero l'operazione di sviamento, facendo scortare il DC 9 dell'Itavia, grazie al complementare beneplacito dello stato maggiore della Difesa. Il ministro della difesa Lelio Lagorio ne era al corrente?

Gli uomini del Cheyl Ha Avir che avevano predisposto una missione quasi impossibile ma realizzata come tante altre, compreso il bombardanento il successivo 7 giugno 1981 del reattore nucleare Osirak a Tuwaitha, furono così ingannati dalla presenza di caccia transalpini, e colpirono l'obiettivo sbagliato, mentre il valivolo decollato dalla Francia volava indisturbato verso la meta. Risultato nella terra promessa: Begin ebbe un infarto e Ran Goren, a capo della squadriglia della stella di David, fu immediatamente destituito ed inviato negli Usa a studiare.

Non ho ben capito lo svolgersi degli eventi indicato da Lannes
Il DC9 sarebbe stato usato come specchietto per le allodole per coprire il traffico di uranio arricchito da Marsiglia verso Bagdad.
Due caccia francesi avrebbero scortato il DC9 per fare credere che l'uranio era a bordo?
Il Cheyl Ha Avir (israeliano?) avrebbe abbattutto il DC9 pensando di abbattere l'aereo partito da Marsiglia con l'uranio a bordo?
Quindi i viaggiatori del DC9 sarebbero stati testimoni dell'abbattimento con un missile e per questo andavano fatti tacere, vennero quindi colpiti dagli stessi francesi?


Ultima modifica di gippo il 17/02/2014, 05:19, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 17/02/2014, 10:10 
fosse stato l'F-35 non sarebbe cambiato molto dallo Starfighter:pieno di problemi,(l'ultimo è il software di volo,senza contare le beghe di progettazione,tra l'altro il più afflitto è,guarda caso la versione F-35B,quella a decollo corto che dovremmo fabbricare noi) più volte confermato dalla stampa anche di settore ,addirittura americana: https://medium.com/war-is-boring/5c95d45f86a5
prima cosa non ce ne facciamo nulla,chi dobbiamo bombardare..? Libia e Jugoslavia ormai non sono più una minaccia e per la difesa aerea va benissimo il nostro Eurofighter,(che ha preso a calci nel didietro anche il tanto blasonato F-22,a casa sua tra l'altro)
il motivo per cui è stato acquistato è semplicemente perchè il nostro paese è ahimè al guinzaglio degli USA,pur versando in una situazione economica penosa i nostri cari politici hanno messo sul piatto miliardi di euro di tasca nostra,che a mio parere potevano essere spesi meglio per vere necessità,(vedi sanità e istruzione) l'ex ammiraglio Di Paola&company si saranno beccati un sacco di tangenti dalla Lockheed e compagnia bella (eh già vi ricorda un altro scandalo del bel paese..? [:(!] Fine dell'OT
per quanto riguarda Ustica,sono più propenso a puntare il dito contro gli israeliani con l'aiuto degli yankee,in zona c'era una portaerei ai tempi,tra l'altro mi sembra che fosse stato ripescato nel Tirreno anche il relitto di un F-4 Phantom,(magari abbattuto dopo un ingaggio con i libici e finito con l'abbattimento del DC9)
Ammetto di non avere molta simpatia per le stelle e le strisce dato che hanno più volte dimostrato poca se non zero rispetto verso i propri "alleati"(ricordiamoci l'Achille Lauro presa a cannonate da un'unita dell'US Navy nell'85,(a bordo c'erano si terroristi ma anche migliaia di cittadini italiani) e il cavo tranciato da un EA-6B Prowler e conseguente morte di tutti i passeggeri di una funivia al Cermis nel '98


Ultima modifica di kenshiro1978 il 17/02/2014, 10:21, modificato 1 volta in totale.

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La poraterei era la "Forrestal" ma era in dara a Napoli, perciò niente aerei della Marina ..



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a me risulta fosse la Nimitz in rada a Napoli: http://alfazulu.altervista.org/articoli/ustica_7.htm
quindi la Forrestal,facente parte della 6a flotta (e i suoi caccia),dov'erano...?


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Se davvero esiste questo secondo missile non si può più parlare di errore durante esercitazioni e nemmeno nel tentativo di abbattare altri aerei.
Se il primo è stato un errore il secondo non può che essere volontario

Secondo me il tentativo di coprire il traffico di uranio non è una motivazione valida per uccidere 81 persone. Anche l'uso del DC9 come specchietto per le allodole mi sembra una pratica inverosimile.
I militari della NATO per coprire il traffico di uranio farebbero cose del genere? Non avevano altri mezzi per proteggere il volo con l'uranio?

EDIT
Inoltre avrebbero ritardato il volo del DC9 di altri 20 min per fare in modo che arrivasse in quel punto al momento giusto per fare da allodola? Mi pare un'assurdità ...


Ultima modifica di gippo il 17/02/2014, 20:17, modificato 1 volta in totale.

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Pardon, era la "Saratoga"; comnunque quando una Portaerei è ferma non decolla nessuno. Deve andare contro vento e alla massima velocità per il decollo dei caccia!



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Ustica: Napolitano, fare ogni sforzo per verità
Messaggio a 34 anni da strage, non c'è esauriente ricostruzione

http://www.ansa.it/sito/notizie/politic ... 54983.html



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Cita:
Thethirdeye ha scritto:


Ustica: Napolitano, fare ogni sforzo per verità
Messaggio a 34 anni da strage, non c'è esauriente ricostruzione

http://www.ansa.it/sito/notizie/politic ... 54983.html




Se aspettiamo lui stiamo freschi...

Forse qualcuno dall'estero può darci una mano, anche se sulla desecretazione di questo livello di incartamenti io, personalmente, ci ho sempre creduto poco...

Cita:
Strage Ustica: la Francia leva il segreto di Stato sul DC9 Itavia. Hollande decide di collaborare all'Inchiesta (FOTO)

http://www.huffingtonpost.it/2014/06/26 ... _ref=italy


Hollande decide di collaborare... sì... per insabbiare tutto di nuovo.

[}:)]



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