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MessaggioInviato: 11/03/2014, 13:28 
.. c'era anche la "Pax Romana": "si vis pacem parat bellum"; tutti seduti e zitti! [^] (Un po come quando c'erano i due ..."bolcchi") [8D]
Ora è tutto un gran casino! [:(!]



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http://www.ilnord.it/c-2652_INCHIESTA_E ... _CONTROLLI

<h2>INCHIESTA ESPLOSIVA DEL FINANCIAL TIMES SULLA BCE:
''TRATTAMENTI DI FAVORE PER LE BANCHE TEDESCHE, EVITATI CONTROLLI''</h2>

martedì 11 marzo 2014

LONDRA - Il Financial Times è autore di un'inchiesta finanziaria sulla Banca Centrale Europea che svela una realtà estremamente grave: trattamento di favore - e che favore - per le banche tedesche a discapito di tutte le alte banche europee, ma prima ancora dei cittadini NON tedeschi d'Europa. Ce n'è abbastanza per pretendere le dimissioni di Mario Draghi e la messa sotto accusa dell'intero consiglio di amministarzione della BCE, complice.

Leggiamo:

"Nella revisione radicale dei bilanci degli istituti di credito da parte della Banca Centrale Europea, le banche tedesche riescono a sfuggire al controllo del loro portafoglio mutui ipotecari, benché gli organi di vigilanza esprimano dei timori sull'esistenza di una bolla immobiliare nella più grande economia della zona euro.

Secondo gli addetti ai lavori, le banche tedesche, comprese Deutsche Bank e Commerzbank, non devono trasmettere i dettagli dei prestiti concessi ai proprietari di case in occasione della revisione della qualità dell'attivo condotta dalla BCE, che mira a far luce sui portafogli delle banche della zona euro.

I dirigenti delle banche hanno detto di aver fatto pressioni perché gli immobili residenziali tedeschi fossero esentati dall'indagine della BCE, perché sarebbe stato costoso valutare nuovamente i propri portafogli in linea con le regole stabilite dagli organi di vigilanza.

Gli acquirenti di case tedeschi incontrano delle regole rigide rispetto alle loro controparti della zona euro, con le banche che spesso esigono depositi più alti e prodotti ipotecari dai tassi di interesse bloccati per almeno 10 anni. Un recente studio della BCE ha mostrato che i tedeschi avevano il più basso tasso di proprietà della casa nella zona euro, appena il 44 per cento, di gran lunga dietro nazioni come la Spagna, dove l'83 per cento possiede la propria casa.

Questa relativa mancanza di attività ha significato che i prestatori tedeschi spesso valutano i loro prestiti solo quando è stipulato il mutuo, mentre le banche degli altri paesi valutano il loro portafoglio più di frequente. Ora, secondo le nuove regole degli organi di vigilanza della zona euro, le banche dovranno valutare di nuovo i prestiti che non sono stati valutati in modo indipendente lo scorso anno. Ciò potrebbe portare ad una nuova valutazione generale dei mutui immobiliari tedeschi, cosa che i banchieri hanno fortemente osteggiato.

Secondo delle persone informate dei fatti, Deutsche Bank e Commerzbank, due dei più grandi istituti di credito ipotecario in Germania, non hanno presentato i loro portafogli residenziali alla BCE. L'esercito delle casse di risparmio del paese, le Sparkasse, domina il mercato dei mutui residenziali, ma tutte tranne una risultano troppo piccole per essere incluse nella revisione della BCE.

La BCE ha detto che non ci sarebbe stata alcuna esenzione sulle classi di asset, e che avrebbe concentrato la propria revisione su quelle che considera essere le aree più a rischio dei portafogli di ogni singola banca, compresi gli immobili commerciali. A Commerzbank, per esempio, è stato chiesto di sottoporre i suoi prestiti immobiliari commerciali alla BCE per la revisione della qualità dell'attivo, dicono gli addetti ai lavori.

La Bundesbank ha avvertito negli ultimi mesi che i prezzi degli immobili residenziali nelle grandi città della Germania potrebbero essere sopravvalutati almeno di un quarto, dato che gli investitori internazionali e i residenti vi si sono riversati, considerandoli beni rifugio. Ma dice anche che ancora non vede una minaccia alla stabilità finanziaria dagli aumenti dei prezzi. Gli economisti della Deutsche Bank hanno sostenuto che la proprietà immobiliare tedesca non è in zona bolla, perché l'aumento dei prezzi è stato modesto per gli standard internazionali.

Gli organi di vigilanza dell'eurozona nella giornata di martedì dovranno fornire maggiori dettagli sulla prossima fase dell'indagine, con i risultati della revisione e gli stress test di 128 banche di tutto il blocco della moneta unica che saranno pubblicati nel mese di ottobre".

Articolo scritto da Alice Ross pe ril Financial Times - che ingraziamo.


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MessaggioInviato: 13/03/2014, 12:58 
Fredrik Reinfeldt concorda con lo speculatore miliardario George Soros. Basta con gli autocompiacimenti.
Basta con falsità e autocompiacimenti: la ripresa è debolissima e la domanda continua a essere bassa, secondo il premier svedese.

ROMA (WSI) - Il primo ministro svedese Fredrik Reinfeldt concorda con lo speculatore miliardario George Soros. L'Europa sia realista: la ripresa è "molto debole".

Come Soros, investitore famoso per le sue speculazioni al ribasso contro la sterlina che gli sono valse il soprannomen de "l'uomo che fece fallire la Banca d'Inghilterra", Reinfeldt avverte che le autorità dovrebbero smetterla autocompiacersi dei progressi timidi che la crescita economica ha registrato.

Qualcuno dovrebbe avere il coraggio di ammetterlo: l'area euro non ha effettuato quel rimbalzo convincente sperato dopo la crisi del debito scoppiata tre anni fa.

La crisi persiste e compromette il buon andamento delle attività commerciali e minaccia le nazioni che tanto fanno affidamento sull'export, come la Svezia.

Lo ha sottolineato il premier scandinavo in un'intervista rilasciata a Stoccolma.

Questo contesto è "senza dubbio una minaccia per la Svezia", ha dichiarato il 48enne politico.

Sul versante della crescita "quelli che stiamo vedendo sono numeri molto deboli, la domanda continua a essere bassa".

http://www.wallstreetitalia.com/article ... ssima.aspx

..tutto l'ottimismo circolante in questo momento,e' dovuto alle imminenti elezioni europee,e serve solamente,come speccchietto x le allodole,ed evitare il pieno degli euroscettici [;)]


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MessaggioInviato: 13/03/2014, 14:30 
[:257] [:264] [8)]



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MessaggioInviato: 14/03/2014, 20:02 
Partito trasversale
La lobby omosessuale detta legge in Europa



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7,24 KB [8)]

Esiste una «lobby gay» nelle istituzioni europee? Se ne parla spesso, di solito quando si lanciano generiche accuse o si immaginano complotti ai danni di altre istanze culturali, ideologiche o religiose. Ma come agisce, da chi è spalleggiato e a cosa punta chi si batte - tra corridoi e finanziamenti, convegni e direttive - per quelli che ritiene i diritti del mondo omosessuale? Libero ha provato a sostituire ai tic linguistici un po’ di fatti, raccolti tra Roma, Bruxelles e Strasburgo. Nel tentativo di capire se davvero la «lobby gay» è la più potente in Europa.

Primo fatto: l’intergruppo più nutrito del Parlamento europeo, cioè l’organismo che permette ai deputati di scambiarsi pareri su temi precisi, è quello che si occupa di gay e affini. Tema sintetizzato dalla sigla LGTB (omosessuali, lesbiche, transessuali e bisessuali, talvolta scritto LGTBI per comprendere anche gli «intersessuali»). Questo esercito di politici, dotato di una segreteria, è coordinato da 6 vicepresidenti e conta più di 150 eletti di tutti i partiti e Paesi dell’Unione, Italia compresa: ci sono Sonia Alfano, Francesca Barracciu (subentrata a Rosario Crocetta quando è diventato governatore siciliano), Roberto Gualtieri, Gianni Pittella, Niccolò Rinaldi, Gianni Vattimo, Andrea Zanoni. Tutti di centrosinistra.

Potenti burocrati
Tale gruppo di pressione ottiene effetti apprezzabili: negli ultimi 15 anni sono numerose le risoluzioni di Bruxelles a favore delle istanze omosessuali. Anche i gruppi partitici teoricamente più «insospettabili» - come gli euroscettici di “Europa delle Libertà e della Democrazia”, che accolgono pure la Lega Nord - hanno al loro interno membri gay. Il capogruppo è Emmanuel Bordez, belga, sposato con un uomo. Ci sono gay dichiarati anche tra i funzionari del parlamento, che a differenza dei politici sono inamovibili. Il Segretario generale della Commissione europea è Catherine Day, irlandese, considerata molto sensibile alle istanze omosessuali. Bazzica le istituzioni europee dal 1975, quando si occupò della Comunità economica per conto dell’associazione degli industriali del suo Paese. Un altro big ritenuto vicino all’universo gay è Klaus Welle, tedesco. Anch’egli è segretario generale. Nell’agosto 2011 un dipendente dell’Europarlamento ha annunciato le dimissioni inviandogli una mail, spedita in copia a tutti gli uffici di Bruxelles e Strasburgo, in cui lo accusava d’essere bisessuale e di assumere le persone che andavano a letto con lui. La mail è stata cancellata da tutti i pc dell’Europarlamento, grazie a un efficace e rigoroso sistema di controllo degli esperti informatici: la copia di quella letteraccia sopravvive solo perché qualcuno se l’era stampata, finché è finita sotto gli occhi di Libero.

Fondi cospicui
Le istanze omosessuali sono caldeggiate anche dall’Agenzia europea dei diritti fondamentali. Ha sede a Vienna ed è stata creata nel 2007. Incassa finanziamenti da Bruxelles e sostituisce il precedente Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia. Sul suo sito ufficiale riporta un sondaggio effettuato nei Paesi dell’Unione e in cui si chiede ai cittadini dei singoli Stati se da loro è diffuso un linguaggio offensivo verso «lesbiche, gay, bisessuali e o transessuali». La maglia nera è della Lituania. Dietro c’è l’Italia e quindi la Bulgaria. Sarebbero i Paesi che, stando alla rilevazione, sono più intrisi di omofobia.

Altro fatto: malgrado lo scarso rilievo ricevuto tra i deputati italiani, l’influente associazione omosex chiamata Ilga Europe sta caldeggiando iniziative ad hoc «per l’uguaglianza LGBT nell’Unione europea» in vista delle prossime elezioni. Insomma, nelle istituzioni combattono a favore dei gay parecchi parlamentari, funzionari, organismi come l’Agenzia dei diritti fondamentali. Fuori dal Palazzo, i gay si fanno sentire con le loro associazioni. Ilga Europe è un’organizzazione internazionale non governativa. Riunisce 407 sodalizi provenienti da 45 dei 49 Paesi in Europa. Ha lanciato una mobilitazione per «il sostegno dei diritti umani e l’uguaglianza LGBTI tra i candidati per il prossimo Parlamento europeo e della Commissione europea», sollecitando le associazioni omosex dei singoli Paesi per «individuare» i candidati più sensibili e votarli. L’appello di Ilga chiede di riconoscere giuridicamente il genere trans, programmi contro le discriminazioni, progetti per le famiglie omosessuali. Tra chi s’è detto favorevole all’iniziativa ci sono dieci politici austriaci, cinque belgi, due ciprioti, tre danesi, tredici finlandesi, sette francesi, diciassette tedeschi, due greci, otto irlandesi, un lettone, tre lussemburghesi, quattro di Malta. E ancora: nove olandesi, tre polacchi, un portoghese, tre sloveni, sei spagnoli, quattordici svedesi, ventitré del Regno Unito. Si fa prima a elencare i Paesi che non hanno politici che hanno aderito all’appello di Ilga: oltre all’Italia, ci sono Croazia, Ungheria, Bulgaria, Repubblica Ceca, Romania, Lituania, Estonia. Dal 1997 Ilga Europe gode dello status partecipativo nel Consiglio d’Europa e dal 2001 - come scrive l’associazione sul suo sito - «riceve il suo più grande finanziamento da parte della Commissione europea». Dal 2006 è riconosciuta nel Consiglio economico e sociale dell’Onu.

Cattolici sconfitti
Quando, nel 2004, il cattolico Rocco Buttiglione fu silurato dalla Commissione Giustizia dell’Europarlamento, l’allora ministro per gli Italiani nel Mondo Mirko Tremaglia non le mandò a dire: «Povera Europa, i culattoni sono in maggioranza». Un modo colorito, per non dire volgare, di tirare in ballo la famigerata lobby. La si può chiamare come si crede, ma a Bruxelles la sensibilità gay conta. Il 4 febbraio 2014, il giorno dopo l’altolà francese alla nuova legge sulle nozze gay, Bruxelles vota la risoluzione contro l’omofobia e la discriminazione. I cattolici provano a protestare ma non c’è partita. Voti a favore 394. Contrari 176. Astenuti 72. La relatrice Ulrike Lunacek (austriaca dei Verdi e lesbica dichiarata) esulta: «Molti di noi, lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali hanno vissuto, per troppo tempo, la propria vita nella paura», paura anche di «essere buttati fuori dalle nostre case, scuole o posti di lavoro». La Lunacek, come detto, è dei Verdi: ricordiamo che il copresidente dei Verdi europei è il tedesco Daniel Cohn-Bendi, attivo sia a Berlino che in Francia e colonna delle battaglie omosex.

Tornando alle risoluzioni pro omosessuali, spesso vengono inserite in un discorso più ampio che chiede di azzerare le discriminazioni tutte. Comprese quelle che coinvolgono handicappati e minoranze etniche. Anche per questo le istanze gay faticano a trovare efficaci contraltari.
norme e risoluzioni

Solo negli ultimi 15 anni, tra le altre cose, Bruxelles ha sfornato: nel 1998 la risoluzione «sulla parità di diritti per gli omosessuali nell’Unione»; nell’ottobre 2000 la risoluzione dell’Europarlamento per la «parità di trattamento in materia di occupazione»; nel 2001 un programma d’azione anti-discriminazione; nel 2005 una risoluzione per la protezione delle minoranze; nel 2006 una risoluzione anti-omofobia, riaggiornata un anno dopo per «l’intensificarsi della violenza razzista e omofoba»: nel 2007 altra risoluzione sull’omofobia; nel 2009 una sui diritti fondamentali. Nel 2011 ecco il documento su «violazione delle libertà di espressione e discriminazioni basate sull’orientamento sessuale in Lituania». Nel settembre 2011 viene votata una risoluzione su diritti umani e orientamento sessuale. Nel maggio 2012 altra dichiarazione contro l’omofobia. Nel luglio 2012 la risoluzione sulla violenza contro le lesbiche e per i diritti di «lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali in Africa».

Pochi mesi fa, alcuni parlamentari italiani hanno rinunciato a organizzare un convegno con Luca Di Tolve, già mister gay che ha dichiarato d’essere tornato etero a Medjugorje. Ora è sposato con una donna e racconta la sua storia di «conversione». E così si becca accuse pesanti dal popolo LGTB: nel maggio 2013 scatenarono una campagna per impedire un suo convegno in Veneto. Confidenza di un deputato a Libero: «Sa, qui in Europa siamo costretti a lavorare coi funzionari. E se decidono di boicottarci con la scusa che siamo anti-gay, per noi è la fine».

http://www.liberoquotidiano.it/news/115 ... ge-in.html


Ultima modifica di Ufologo 555 il 14/03/2014, 20:03, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 15/03/2014, 14:21 
Mangiare con 50 euro al mese, anche Tsipras si piega

Scritto il 13/3/14 • nella Categoria: segnalazioni
Pessime notizie, tanto per cambiare, da Atene: anche Alexis Tsipras, candidato di opposizione alla presidenza della Commissione Europea, si è ormai di fatto rassegnato alla retrocessione definitiva della Grecia verso il terzo mondo, guidato dai suoi spin-doctor americani. Lo sostiene Grigoriou Panagiotis, in un drammatico diario quotidiano che illustra le condizioni di vita sempre più precarie della popolazione, in un paese in cui – secondo la rivista medica “Lancet” – il rigore della Troika di Bruxelles ha fatto aumentare la mortalità infantile del 42%. Emergenza umanitaria, grazie alla spietata “cura” neoliberista dell’Unione Europea, che ha raso al suolo lo Stato greco e la sua capacità di proteggere i cittadini. Risultato: niente soldi per cibo e medicinali. Ormai si sopravvive con 50 euro al mese: è il budget medio destinato all’alimentazione della famiglia. La vera tragedia? Tutti si stanno abituando all’idea, anche Syriza.
«E’ il nuovo modello pensato per la Grecia e, fatte le debite proporzioni, per l’Irlanda», scrive Panagiotis in un post ripreso da “Come Don Chisciotte”. E’ la nuova povertà, ovvero «l’arte di vivere con 550 euro al mese, spendendo 200 euro per l’edilizia abitativa, 100 per riscaldamento ed elettricità, 30 di costi vari come l’acqua, 40 per il telefono – Internet compreso – e 100 euro dedicati alla cosiddetta previdenza sociale». E per il cibo? Soltanto 50 euro al mese. «Da qui la recente competizione tra i partiti politici (business tutto sommato succoso) su chi organizzerà la prima migliore zuppa popolare. E’ questo, del resto, il povero modello che Syriza ha già adottato senza dirlo troppo in giro». Secondo il blogger ellenico, a rassegnarsi alla “normalizzazione” degli stipendi medi attorno ai 580 euro sono gli stessi analisti del think-tank “Levy Economics Institute” del Bard College di New York, istituto che da poco più di un anno «è diventato consulente chiave (e ufficiale) della politica economica per il partito di Alexis Tsipras».
Anziché combattere contro la camicia di forza dell’Eurozona, gli specialisti americani «propongono la messa in circolazione di una moneta interna e parallela all’euro», e in ogni caso si preparano a far digerire ai greci un futuro da 500 euro al mese. «Un economista del Levy Institute – continua Panagiotis – mi aveva detto a margine di un simposio qualche mese fa che “è preferibile allineare gli stipendi sui 580 euro mensili, piuttosto che lasciar diffondere la situazione attuale dove moltissimi greci lavorano talora come schiavi per meno di 300 euro al mese”». Capito? «Aspettando i 580 euro, Syriza e anche l’elettricità, in certi quartieri gli abitanti si organizzano in assemblee popolari per inventare, forse, un modo con il quale poter resistere di fronte ai pignoramenti immobiliari organizzati dal regime bancocrate, che ha come scopo quello di sottrarre ai greci i loro beni immobiliari in modo da sottometterli in una maniera più “adeguata” al nuovo regime di neo-depauperati, probabilmente sotto l’alto patronato della Banca Mondiale, perché no?».

Pessime notizie, tanto per cambiare, da Atene: anche Alexis Tsipras, candidato di opposizione alla presidenza della Commissione Europea, si è ormai di fatto rassegnato alla retrocessione definitiva della Grecia verso il terzo mondo, guidato dai suoi spin-doctor americani. Lo sostiene Grigoriou Panagiotis, in un drammatico diario quotidiano che illustra le condizioni di vita sempre più precarie della popolazione, in un paese in cui – secondo la rivista medica “Lancet” – il rigore della Troika di Bruxelles ha fatto aumentare la mortalità infantile del 42%. Emergenza umanitaria, grazie alla spietata “cura” neoliberista dell’Unione Europea, che ha raso al suolo lo Stato greco e la sua capacità di proteggere i cittadini. Risultato: niente soldi per cibo e medicinali. Ormai si sopravvive con 50 euro al mese: è il budget medio destinato all’alimentazione della famiglia. La vera tragedia? Tutti si stanno abituando all’idea, anche Syriza.

«E’ il nuovo modello pensato per la Grecia e, fatte le debite proporzioni, per l’Irlanda», scrive Panagiotis in un post ripreso da “Come Don Chisciotte”. E’ la Alexis Tsiprasnuova povertà, ovvero «l’arte di vivere con 550 euro al mese, spendendo 200 euro per l’edilizia abitativa, 100 per riscaldamento ed elettricità, 30 di costi vari come l’acqua, 40 per il telefono – Internet compreso – e 100 euro dedicati alla cosiddetta previdenza sociale». E per il cibo? Soltanto 50 euro al mese. «Da qui la recente competizione tra i partiti politici (business tutto sommato succoso) su chi organizzerà la prima migliore zuppa popolare. E’ questo, del resto, il povero modello che Syriza ha già adottato senza dirlo troppo in giro». Secondo il blogger ellenico, a rassegnarsi alla “normalizzazione” degli stipendi medi attorno ai 580 euro sono gli stessi analisti del think-tank “Levy Economics Institute” del Bard College di New York, istituto che da poco più di un anno «è diventato consulente chiave (e ufficiale) della politica economica per il partito di Alexis Tsipras».

Anziché combattere contro la camicia di forza dell’Eurozona, gli specialisti americani «propongono la messa in circolazione di una moneta interna e parallela all’euro», e in ogni caso si preparano a far digerire ai greci un futuro da 500 euro al mese. «Un economista del Levy Institute – continua Panagiotis – mi aveva detto a margine di un simposio qualche mese fa che “è preferibile allineare gli stipendi sui 580 euro mensili, piuttosto che lasciar diffondere la situazione attuale dove moltissimi greci lavorano talora come schiavi per meno di 300 euro al mese”». Capito? «Aspettando i 580 euro, Syriza e anche l’elettricità, in certi quartieri gli abitanti si organizzano in assemblee popolari per inventare, forse, un modo con il quale poter resistere di fronte ai pignoramenti immobiliari organizzati dal regime bancocrate, che ha come scopo quello di sottrarre ai greci i loro beni immobiliari in modo da sottometterli in una maniera più “adeguata” al nuovo regime di neo-depauperati, probabilmente sotto l’alto patronato della Banca Mondiale, perché no?»

http://www.libreidee.org/2014/03/mangia ... -si-piega/


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Roma, 16 mar. - (Adnkronos) - I paesi membri non abbassino la guardia sul risanamento dei conti: per centrare gli obiettivi del Patto di Stabilità servirebbero nuove manovre nel 2015-16. E' il messaggio lanciato dagli analisti della Bce in un articolo pubblicato sull'ultimo Bollettino mensile dell'istituto

http://www.wallstreetitalia.com/article ... nomia.aspx


ma guarda un altro compitino x renzie,con questo ecco dove,una parte dell'aumento di 80 euro,andra' a finire..............[;)]


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Il gioco delle "tre carte" ....[^]



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http://www.ilnord.it/c-2672_GRECIA__IL_ ... SENZA_CURE

GRECIA / IL TERRIFICANTE DISASTRO SOCIALE IN CORSO:
PENSIONI DA 700 EURO TAGLIATE DEL 25%,
MALATI DIMESSI SENZA CURE


venerdì 14 marzo 2014

Nick Malkoutzis su Macropolis in un articolo molto interessante mostra in maniera molto cruda l'impatto sociale della crisi greca.

Mentre l'impatto reale è visibile in ogni ospedale, scuola, ufficio o azienda, sottolinea l'autore, ci sono alcuni indicatori che devono essere presi in considerazione per comprenderne l'estensione: il 34.6% della popolazione vive a rischio povertà o esclusione sociale (dati del 2012), il reddito dei proprietari di immobili si è contratto del 30% dall'inizio della crisi, con circa un terzo che dichiara ormai di essere indietro con i pagamenti e il 40% che non è in grado di adempiere a tutte le scadenze per quest'anno.

La Public Power Corporation, prosegue Malkoutzis, slaccia la corrente a circa 30 mila case ed uffici al mese per bollette non pagate. La disoccupazione è cresciuta del 160% complessivo e oggi 3,5 milioni di persone occupate devono tenere in vita i 4,7 milioni di disoccupati o inattivi. Solo il 15% dei disoccupati poi riceve assistenza finanziaria dallo stato, non c'è, infine alcun Welfare poi per i lavoratori autonomi – o partite Iva – che rappresentano il 25% della forza lavoro del paese.

I trasferimenti sociali sono stati tagliati di oltre il 18%, i tagli alla sanità di oltre l'11,1% tra il 2009 e il 2011 e sono i maggiori mai registrati nella storia dall'Ocse. Crescono per questo infezioni per HIV e tubercolosi. Per il 48,6% delle famiglie greche, le pensioni rappresentano il principale introito, e verrà tagliato ancora. Le vecchie pensioni da 700 euro di pensione, conclude l'autore, sono state ridotte di circa il 25% dal 2010 e vedranno ulteriori grandi tagli nei prossimi anni.

Al riguardo, il blog KTG racconta questa storia:

"Nell'ultimo giorno di febbraio a Lamia, un piccolo comune della Grecia centrale, alcuni passanti sono rimasti sciocati dalla scena che si sono trovati di fronte: una coppia di persone molto anziane distese a terra, ranninchiate a terra per proteggersi dal freddo e incapaci di stare in pide. Sedevano là in prossimità della loro casa. I vicini si sono affrettati a portare loro coperte, lenzuole, acqua e chiamare il servizio d'emergenza. Cosa era successo?

I due anziani, fratello e sorella, erano tornati a Lami dopo esser stati dimessi dall'ospedale di salute mentale “Dafni” di Atene, 300 chilometri di distanza. Dato che la loro casa era stata venduta dalle autorità municipali e giudiziarie, i due non avevano altro luogo dove andare se non a terra nella prossimità della loro casa. Secono un mezzo di informazione locale, LamiaReport.gr, il più anziano viveva da anni in una casa senza elettricità e in condizioni ai limiti dell'umano. Due mesi fa, la giustizia è intervenuta, vendendo la casa e mandando la coppia a Dafni. Con la nuova riforma della sanità e le scelte imposte dalla troika, l'ospedale Dafni ha dovuto disfarsi dei pazienti e la coppia è stata dimessa giovedì.

Non è ancora chiaro perchè i due siano stati mandati in un'ospedale psichiatrico, ma, riporta Ktg, nella Grecia dell'austerità e del collasso del Welfare, portare qualcuno in un centro di recupero mentale è forse “il modo burocratico più semplice per togliersi il problema degli esseri umani al termine della loro vita”. Le ultime riforme sanitarie imposte dalla troika prevedono che i pazienti malati di mente debbano essere rilasciati dalle unità psichiatriche qualunque siano le loro condizioni.

I due anziani, grazie alla sensibilizzazione dell'opinione pubblica locale, sono ora in un ospedale a Lamia e si cerca di trasferirli in un centro per anziani, anche se, senza pensione, non sono in grado di pagare. L'ennesimo drammatico esempio del vergognoso dramma sociale cui è costretta oggi la Grecia dopo tre anni e mezza di regime imposto dalla troika".

Fonte notizia: L'Antidiplomatico - che ingraziamo.


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http://www.ilnord.it/f-126_LUnione_Euro ... _70_giorni

<h2>L'Unione Europea finirà tra 70 giorni.</h2>
domenica 16 marzo 2014

A voler leggere solo quello che scrivono i frequentatori del social network, l'euro ha i giorni contati, l'Unione Europea crollerà a breve, gli euroscettici trionferanno alle elezioni europee, l'oligarchia della Commissione europea non vedrà l'estate.

Mentre l'obiezione principale mossa dagli "europeisti" a questa sintesi l'ha espressa matteo Renzi rivolgendosi a Beppe Grillo nell'unico (e penso irripetibile) incontro tra i due durante le consultazioni precedenti all'insediamento del governo ineletto: esci dal blog, il Paese reale è un'altra cosa.

Bene, proprio dal Paese reale tanto caro a Renzi come citazione retorica (lui appartiene alla casta politica, non alla gente travolta dalla povertà dell'euro) è arrivato lo schiaffone più sonoro agli "europeisti" nostrani e d'ogni dove.

Un'indagine condotta in tutti gli Stati dell'Unione in questi giorni e i cui risultati sono stati resi pubblici dal Corriere della Sera di oggi, non lascia spazio neppure al dubbio più piccolo: i cittadini del Vecchio Continente disprezzano la UE, disprezzano le politiche economiche espresse fin qua dalla UE e pensano che la UE abbia aumentato, anzichè diminuito, da che esiste, le diseguaglianze tra nazioni ricche e nazioni povere d'Europa.

I numeri sono impietosi: il 68% degli europei è diventato euroscettico, oltre il 70% dei francesi, degli spagnoli, degli italiani pensa che la UE sia andata fuori strada e abbia imboccato un percorso sbagliato, pericoloso, negativo, e distruttivo. E per brevità non cito austriaci, svedesi, inglesi, IL 60% DEI TEDESCHI! Tutti contro, tutti dello stesso parere: basta! Facciamola finita con questa UE.

Poi, c'è anche l'aspetto elettorale, ma quello a fronte del sentire anti Ue che accomuna popoli formati da cittadini che neppure si conoscono (voi quanti amici avete oltre frontiera?) è perfino secondario. Quando un francese che vive in Bretagna la pensa sulla Ue come uno spagnolo di Siviglia, un italiano di Bergamo, un inglese dello Yorkshire e un austriaco di Vienna o un tedesco di Emden, chiunqne, anche il più ottuso, non può che concludere: l'Unione Europea è finita.

E infatti, l'Unione Europea finirà tra 70 giorni ad oggi.

Cominciate a contare.

Il Pd, Renzi, gli 80 euro da presa in giro, i tagli e le manovre, gli annunci di verso e di controverso. Nulla potrà fare la sinistra euro fanatica per impedire che i popoli d'Europa schiantino l'Europa delle banche, della BCE, dei ricatti e dei diktat. Nè in Italia, nè altrove.

Cari - in ogni senso - signori, è finita.

70 giorni da oggi.

Ed è finita.

max parisi


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MessaggioInviato: 17/03/2014, 19:36 
"Progetto Europa": disgregazione! [;)]



Gli indipendentisti veneti fanno tremare Roma: "Secessione dall'Italia"

È partito ieri il referendum per la secessione. Il primo giorno oltre mezzo milione di voti: "Noi come la Crimea"

Il Veneto come la Crimea. Il comitato plebiscito.eu ha indetto un referendum autogestito per chiedere l’indipendenza dall'Italia.



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L'obiettivo è la secessione. E le adesioni sono ingenti: il primo giorno è corso a votare oltre mezzo milione di persone. E il risultato appare pressoché scontato. Bisognerà attendere sabato prossimo quando, a Treviso, saranno proclamati i risultati definitivi e l'eventuale dichiarazione di sovranità veneta.

Il voto si è aperto ieri. Ed è stato subito premiato con una partecipazione di massa. "Alle 18.30 hanno votato poco più di 430.000 veneti, oltre l’11,50% degli aventi diritto al voto", hanno festeggiato ieri sera gli organizzatori. Tanto che, oltre al Mattino di Padova, ha subito trovato l'interesse della televisione russa Vesti 24 e della Bbc. La televisione britannica ha pubblicato un servizio on line in cui il referendum veneto veniva paragonato alla consultazione che si terrà in Scozia il prossimo settembre. In realtà la mossa del comitato plebiscito.eu ha un valore prettamente politico. Tuttavia non bisogna sottovalutare come l'iniziativa stia raccogliendo un successo senza precedenti, quasi da far impallidire l'affluenza alle elezioni politiche. Al termine della prima giornata le province con più partecipazione sono state Vicenza (oltre 121.700 voti), Treviso (più di 118.300 voti) e Padova (105.300). A seguire Venezia (sopra i 50.000 voti), Verona (27.800 voti), Belluno (3.300 voti) e Rovigo (3.100 voti). La domanda a cui rispondere è semplice: "Vuoi tu che il Veneto diventi una Repubblica Federale indipendente e sovrana?". Seguono altre tre domande per decesidere se il Veneto debba rimanere nell'Unione europea, se il Veneto debba mantenere l'euro e se il Veneto debba restare nella Nato.

"Renzi, come tutti da Roma, ci guarda dall’alto in basso, crede che stiamo al Luna Park - ha commentato il governatore del Veneto, Luca Zaia, in una intervista a Libero - ma il fermento indipendentista è sempre più forte, e non dipende dalla gente del nord sempre più strozzata, dipende da Roma". Come spiega Guida Moltedo su Europa, a cavalcare la spinta c'è Alberto Morosin, il fondatore e leader di Indipendenza veneta che vorrebbe staccare dal Belpaese la più ricca delle regioni del Nordest. Dietro di lui, come spiega Daniele Ferrazza sul Mattino di Padova, convivono due anime differenti: "Da una parte il movimento Plebiscito 2013 che ha lanciato il sondaggio on line dal valore puramente politico; dall’altro la Lega Nord che, riscoprendo il tema, ha mobilitato la sua rete territoriale per fare pressione sul consiglio regionale; sul piano istituzionale, un cartello di sigle sta cercando di costituire un polo veneto in vista delle prossime elezioni regionali del 2015".

http://www.ilgiornale.it/news/interni/i ... 02361.html



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MessaggioInviato: 17/03/2014, 19:47 
Dai che ci siamo !!!!!!! [8D]



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MessaggioInviato: 17/03/2014, 19:53 
Magari! Valrebbe più il Nord Italia che tutta l'Europa! [^]



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MessaggioInviato: 18/03/2014, 15:11 
Sondaggi choc sugli anti euro: sono in testa in mezza Europa

In Europa cresce la fronda anti Euro. I partiti più in salute, nel Vecchio continente, sono quelli euroscettici. In Italia Lega, M5S e FdI superano il 30%

Roma - Una valanga di euroscetticismo è pronta ad abbattersi sull'Europa. A poco più di due mesi dalle elezioni i sondaggi lasciano prefigurare una possibile rivoluzione nella composizione dell'aula di Strasburgo.



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E nei salotti continentali si inizia a realizzare che qualora le forze contrarie alla moneta unica dovessero superare la soglia del 25% e trovare piattaforme programmatiche comuni l'agenda del nuovo Parlamento potrebbe essere sconvolta.

La rilevazione che desta maggior scalpore è quella relativa alla Gran Bretagna. Qui l'Ukip di Nigel Farage potrebbe diventare il primo partito col 30% dei consensi. Seguono i Laburisti col 28% e crollano i conservatori di Cameron al 21%. In Francia il vento sembra soffiare nella stessa direzione. Il Front national sorpassa l'Umo e sale al primo posto. Secondo un sondaggio il partito di Marine Le Pen sarebbe al 19%, davanti l'Ump al 18%. Il Partito socialista di François Hollande è fermo al 15%. Marine Le Pen è vista come la vera portabandiera dell'offensiva anti-euro e punta sulla spinta che potrebbe regalarle il primato nazionale per lanciare il suo affondo contro l'Unione monetaria. Altro Paese in cui è facile prevedere una affermazione anti-euro è l'Austria dove l'Fpo di Heinz Christian Strache è dato attorno al 27%. Mentre in Germania, seppure su scala più ridotta, sta acquisendo consensi la Alternative für Deutschland, data all'8%.

L'ondata euroscettica, peraltro, non è affatto limitata alla sponda destra dello spettro politico, ma si allarga anche a sinistra.

Colpisce, ad esempio, consultando la media dei sondaggi settimanali preparata dal sito «Electionista», quanto sta avvenendo in Italia. Nel nostro Paese i partiti che puntano a cambiare in profondità l'Ue sono al 35,4 con la Lista Tsipras, schierata a sinistra, al 5,1%. Questa lista, però, non mette nel mirino la moneta unica bensì i trattati. Gli altri partiti che contribuiscono a questo risultato sono il Movimento 5 stelle al 22,8%, la Lega al 4,5 e Fratelli d'Italia al 3%. Senza dimenticare Forza Italia, attestata su posizioni diverse ma comunque «euro-critiche» su alcuni specifici punti, al 23,3.

È evidente, insomma, che la campagna elettorale che si appresta a iniziare non potrà che ruotare attorno al tema dell'identità europea, con dibattiti sulla revisione dei trattati, sulle quote dell'immigrazione, sulla fine della libera circolazione, sull'uscita dalla moneta unica. La Lega, ad esempio, vuole giocarsi questa partita fino in fondo. E oggi annuncerà un accordo con alcune liste provenienti dal mondo della diaspora degli ex An. «La nostra battaglia per rendere più forte e coeso il fronte europeo anti-euro va avanti» spiega Matteo Salvini. «Entro aprile presenteremo una piattaforma comune e la nostra alleanza con altre forze. L'obiettivo è costituire un gruppo parlamentare, con Marine Le Pen e gli altri. Noi non siamo contro l'Unione europea, ma contro l'euro e questo va detto con chiarezza. Oggi faremo un piccolo passo già a livello nazionale, con l'annuncio di un accordo con altre forze anti-euro con cui presentare liste su tutto il territorio nazionale, a Roma e nel Sud». «L'asse con Grillo? In un eventuale gruppo parlamentare non ci azzecca molto alla luce delle sue posizioni sull'immigrazione non compatibili con le nostre. Se invece, visto che parla tanto di federalismo, vuole discuterne con noi e sottoscrivere i nostri referendum, allora ben venga».

http://www.ilgiornale.it/news/interni/s ... 02536.html



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Luca Zaia: Veneto come la Catalogna.

L'indipendenza vale 21 miliardi

In due giorni 700mila firme online per la secessione del Veneto.

Che cosa sta succedendo all'ombra del Leone di San Marco? Affaritaliani.it lo ha chiesto al Governatore Luca Zaia. "L'indipendenza vale 21 miliardi di tasse che resterebbero qui. Faremo un referendum. L'esempio è quello della Catalogna"

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Il Veneto è in fermento. Sul Leone di San Marco spirano venti indipendentisti. L'ultima iniziativa è quella di Plebiscito.eu, comitato trasversale nato a luglio 2013 dal movimento Indipendenza Veneta, che in due giorni ha raccolto 700mila firme online per la secessione. I primi sono stati quelli di Raixe Venete, anni fa, poi è stata la volta delle petizioni di Veneto Stato e di Indipendenza Veneta. Ai primi di marzo è toccato ai gazebo della Lega Nord, che in un weekend hanno raccolto più di 100mila firme per la secessione (sotto la pioggia). E ora Plebiscito.eu su Internet.

Che cosa sta succedendo? Affaritaliani.it lo ha chiesto a Luca Zaia, Governatore della Regione Veneto.
"Ben venga anche questa iniziativa (quella di Plebiscito.eu, ndr). E' il sintomo che la galassia indipendentista veneta è in fermento. La prova viene dalle firme raccolte ai primi del mese fisicamente nei gazebo della Lega, oltre 100mila. Ora anche online ci si muove per sostenere la causa indipendentista: la comunità veneta è assolutamente consapevole del suo futuro e di quanto lo stato centralista stia impedendo la crescita e la vita nel nostro territorio. Da un punto di vista istituzionale, la Regione ha un prgetto di legge in discussione per l'indizione di una consultazione referendaria".

Quando potrebbe tenersi il referendum in Veneto?
"Va approvato il progetto di legge, poi ci saranno tutti i vagli costituzionali e il confronto con il diritto nazionale e internazionale. Quindi si arriverà all'avvio del processo per giungere alla consultazione. Il Veneto vive in queste ore con passione il percorso indipendentista che stanno sperimentando i catalani. La Catalogna, dopo 30 anni di movimento indipendentista, tenterà di convocare il referendum il 9 novembre 2014, innescando da subito un contenzioso con Madrid. La via catalana sarà la stessa via che seguirà il Veneto".

Quindi? I tempi?
"Per noi è importante, al fine di capire le procedure, vedere che cosa accadrà in Catalogna".

Se il Veneto fosse indipendente, resterebbe nell'euro?
"E' l'ultimo dei problemi. L'indipendenza vorrebbe dire tenersi 21 miliardi di euro di tasse e quindi il Veneto sarebbe nel salotto buono dei paesi mondiali per qualità della vita, servizi, ricerca, università e molto altro. Saremmo insieme alla Baviera e a Singapore. Insieme alle migliori realtà del mondo".

Che cosa ne pensa Forza Italia che governa con lei il Veneto?
"Io ho il massimo rispetto dei miei alleati e compagni di viaggio. Sono una persona di parola e l'impegno preso nel 2010 lo onorerò fino alla fine. Ciò non toglie che i miei alleati sanno benissimo che la mia storia personale è quella di un partito che ha conosciuto diverse fasi, passando dal federalismo all'indipendenza. C'è qualcuno di Forza Italia che è favore, ma la prima prerogativa che deve avere un indipendentista è il rispetto delle idee altrui. Non per opportunità ma per civiltà".

http://www.affaritaliani.it/politica/ve ... a1803.html



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