VIAGGIO NELL'ITALIA CHE NON CI STA
di Andrea Indini22 settembre 2013, Berlino. Angela Merkel calca il palco della Konrad-Adenauer-Haus. Gli altoparlanti risuonano Tag wie diese dei Die Toten Hosen. Herman Gröhe sventola, tronfio, la bandiera tedesca. Un orgoglio troppo nazionalista per i gusti della cancelliera che si affretta a strappare di mano al suo segretario generale la bandierina. I flash dei fotografi, però, l'hanno immortalata così spingendo i principali quotidiani del Vecchio Continente a condannare quella che è poi passata per una sfrenata manifestazione di orgoglio nazionale. "Merkel, Merkel über alles" titolò – non senza una nota polemica – El Mundo.
È la fine di un'era che vedeva nell'Unione europea una sorta di totem sacro intoccabile e indiscutibile. La crisi economico-finanziaria, l'immobilismo della Bce, il colonialismo tedesco, le briglie euroburocratiche e il giogo del super euro hanno avuto l'effetto benefico della rottura. Il sogno europeo si è trasformato in incubo. D'altra parte il processo di unificazione fu un progetto di élite che mai coinvolse il popolo. Se per alcuni la crisi può essere usata come una minaccia politica per obbligare a cedere la sovranità nazionale a una sovrastruttura europea, per altri diventa l'opportunità per rompere col passato.
Solo in quest'ottica si spiega l'exploit di consensi per tutte quelle formazioni euroscettiche e antieuro che, in tutti i Paesi del Vecchio Continente, stanno prendendo piede e che, alle prossime elezioni, potrebbero portare a Strasburgo un esercito di deputati da far impallidire il Ppe e il Pse.
CRESCE L'ONDATA DEGLI EUROSCETTICI
Incassato il bottino alle municipali francesi, Marine Le Pen punta a fare il botto alle Europee. Sul voto del 25 maggio ha scommesso tutto. E i sondaggi sembrano essere dalla sua parte. Tanto che sembra esser già stata nominata come leader di riferimento per tutti i partiti euroscettici. Formazioni politiche che andranno a imporsi pesantemente nella composizione del nuovo parlamento. Con un sogno in testa: l'abolizione della moneta unica. "L'euro è uno strumento che è stato messo in atto per forzare l'unione politica e per forzare l'indebolimento della sovranità popolare a favore dell'oligarchia europea – spiega la Le Pen al Giornale.it – questa esperienza disastrosa si fermerà o a causa del caos, dello sconvolgimento e del dramma sociale o perché il popolo avrà deciso di unirsi per poter organizzare, tranquillamente e serenamente, il ritorno della moneta nazionale".
L'ondata euroscettica fa sempre più paura ai tecnocrati di Bruxelles e ai poteri forti del Vecchio Continente. Perché su Strasburgo potrebbe abbattersi un terremoto che supererà la classica demarcazione tra destra e sinistra formano una nuova linea di separazione: pro e anti euro. E ogni Paese dell'Eurozona ha il suo movimento anti euro. In tutto sono una trentina, tanto eterogenei da riflettere ciascuno le differenti specificità nazionali. Anche in Germania dove la cancelliera Angela Merkel ha usato l'Ue e la moneta unica per ingrassare i tedeschi e mettere in ginocchio gli altri Stati membri. Oltre ai nazisti della Npd, che puntano di ottenere l'1,8% e mandare un paio di rappresentanti a Strasburgo, l'Alternative für Deutschland di Bernd Lucke potrebbe addirittura puntare al 7,5%. "Non avremmo chiamato così il nostro partito se non ci fossero alternative all'euro – spiega Alexander Gauland, uno dei fondatori – non pretendiamo di abolirlo domani, ma vogliamo tornare a valute nazionali". La proposta è di spaccare l'Europa in due, con un a sorta di euro-Nord e più valute per i Paesi periferici. "È inaccettabile imporre una valuta comune a Paesi con economie incompatibili – continua – dentro l'Eurozona la Grecia non risolverà mai la crisi. E in Spagna, Italia o Grecia dalla crisi si uscirà meglio tornando a svalutare monete nazionali".
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Un focus particolare va, poi, dedicato all'Ukip di Nigel Farage che, stando alle ultime rilevazioni, sarebbe lì lì con i laburisti. Tanto da aspirare a far meglio dell'ultima tornata elettorale quando portò a casa tredici seggi. Costola del partito conservatore dal 1999, quando se ne andò sbattendo la porta per protestare contro l'adesione del Regno Unito al Trattato di Maastricht, Farage ha raccolto sempre più consensi portando avanti una politica contro l'invasione degli immigrati. In Olanda, invece, la campagna anti euro è affidata al Pvv di Geert Wilders che lo scorso novembre ha sottoscritto un patto d'intenti con il Front National.
Patto già allargato agli austriaci del Fpo (il partito di estrema destra fondato da Jörg Haider), ai fiamminghi del Vlaam Belang e alla Lega Nord di Matteo Salvini ed esteso a tutte quelle forze politiche che vorranno unirsi nella lotta antieuropeista. Per riuscire a far sentire la propria voce dovranno costituire un nuovo gruppo politico che, da regolamento, verrà accettato solo se ci saranno minimo 25 eurodeputati e sette Stati rappresentati. Secondo gli ultimi sondaggi alla pattuglia degli euroscettici potrebbero andare circa 140 seggi. Non moltissimi se si considera che nel nuovo emiciclo i parlamentari saranno in tutto 751. Ma abbastanza se su temi specifici sapranno trovare accordi con gli altri gruppi minori, per influenzare i lavori di un'eurocamera dove né i popolari del Ppe né i socialisti del Pse potranno contare su ampie maggioranze
LE SPINTE ANTI EURO IN ITALIA
"Lasciate perdere parole come 'populismo' che non significano nulla e sono solo la spia della pigrizia mentale di chi le usa – spiegava giorni fa Angelo Panebianco sul Corriere della Sera – lasciate perdere persino il termine anti europeismo: essere contro l'Unione così com'è non significa necessariamente essere anche contro l'Europa in quanto tale". Perché, finalmente, si può dire (senza essere azzannati al collo) che l'Unione europea così com'è non va affatto bene. Va rivoltata come un calzino.
In Italia le spinte sono variegate e vanno in ordine sparso. A farla da padroni sono sicuramente i Cinque Stelle che alle Europee puntano a superare ampiamente la soglia del 20% e a piazzare una settantina di eurodeputati. Da qualche giorno Beppe Grillo sta portando in giro per l'Italia il tour "Te la do io l'Europa", una sorta di comizio elettorale a pagamento per tirare la volata a candidati inesperti. "Dobbiamo riprenderci la lira, con un referendum. Poi svalutare la lira per far diventare i nostri prodotti concorrenziali all'estero", tuona il comico avvolto, come un fantasma, nella bandiera della Ue. Quello che propone è un referendum sulla moneta unica: "L'Italia ha perso la sua sovranità monetaria senza che i cittadini fossero interpellati". Peccato che solo fino a qualche mese fa la pensasse diversamente. Anche Gianroberto Casaleggio, nel 2013, se ne andava in giro a dire: "Se usciamo dall'euro, non risolviamo i nostri problemi".
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L'addio all'euro è sicuramente il punto cardine della campagna elettorale del Carroccio. Che, in vista delle europee, ha ritoccato il proprio logo inserendo la dicitura "No euro". "L'euro è una moneta criminale che ha portato vantaggi solo ai tedeschi – spiega Salvini al Giornale.it – in questi anni ha massacrato l'economia italiana". Per il segretario della Lega Nord questa è la battaglia con la "b" maiuscola: "Prima usciamo da questa gabbia di matti, prima torniamo a competere".
Da qui l'assonanza con la Le Pen con cui Salvini ha già sottoscritto un accordo pre-elettorale che, oltre all'abolizione della moneta unica, mira a bloccare l'immigrazione incontrollata tornando a difendere i confini, a contrastare l'estremismo islamico e a difendere la famiglia tradizionale fondata sulla mamma e sul papà. Se su molti punti il Front National e la Lega Nord combaciano perfettamente, su altri sono diametralmente opposti. In primis, sulla centralità della sovranità nazionale di cui la figlia del combattente bretone Jean-Marie Le Pen si fa portavoce. Il Carroccio chiede, invece, l'indipendenza dei popoli. Un'istanza che il referendum in Veneto ha rimesso al centro del dibattito politico e che trova ampi consensi sia in Scozia, che il 18 settembre voterà la secessione dall'Inghilterra, sia in Catalogna, dove da anni la battaglia è accesissima. "Noi siamo autonomisti e indipendentisti – spiega Salvini – andiamo a Bruxelles per smontare questa Europa centralista e restituire potere ai territori e ai popoli, alle patrie e ai cittadini".
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Con la Le Pen trova, invece, più assonanza sulla sovranità nazionale Fratelli d'Italia. "Serve un'Europa che sia capace di recuperare la sovranità e i diritti dei popoli – spiega Giorgia Meloni al Giornale.it – e non un'Europa totalmente asservita alla tecnocrazia, alla burocrazia e agli interessi della grande finanza". Proprio per questo l'ex ministro della Gioventù introduce un nuovo bipolarismo: non più tra destra e sinistra, ma tra alto e basso. "Stando alle condizioni date – continua la Meloni – per l'Italia non ha molto senso rimanere all'interno di una moneta troppo forte e con vincoli e costrizioni che ci costringeranno a fare macelleria sociale, di fatto per fare gli interessi dei tedeschi". Sul banco degli imputati proprio quei patti che i governi italiani sono stati obbligati a sottoscrivere attraverso la minaccia dello spread tra i Btp decennali e i Bund tedeschi.
Lo spauracchio del default usato come arma di distrazione di massa per piegare l'interesse nazionale ai diktat europeisti. "Grazie ai patti sottoscritti dagli ultimi governi, quelli che l'Europa ci mandava – conclude la Meloni ai microfoni – nei prossimi anni dovremmo spendere per la Ue, oltre ai soldi che già diamo (l'Italia è il primo contribuente dell'Eurozona, ndr), circa 65 miliardi di euro l'anno tra fiscal compact e Fondo salva stati".
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ATTRATTIVA LE PEN
Come già la Lega Nord, anche Fratelli d'Italia ha "subito" il fascino del Front National. Meloni e Le Pen hanno già avuto un faccia a faccia per mettere sul tavolo le problematiche da affrontare dopo il voto. Il punto è se riusciranno a smussare le differenze per dar vita a una nuova formazione che tenga testa ai due principali partiti, il Ppe e il Pse, che i sondaggi danno alla pari. Il vincitore potrà nominare il presidente della Commissione europea. In lizza ci sono il lussemburghese Jean-Claude Juncker e il tedesco Martin Schulz, entrambi graditissimi alla Merkel e sgraditissimi agli anti euro. Qui inizia la battaglia.
Perché la trasformazione dell'Unione europea in un Soviet burocratico lontano dai bisogni della gente e la crisi economica hanno spento il progetto europeo. Perché, così com'è, l'Europa non vale una lira. "Bruxelles è diventata, nel corso degli anni, un concentrato di nefandezze e assurdità, il simbolo dell'inefficienza e delle richieste folli, della lontananza dai cittadini e delle leggi da manicomio – spiega Mario Giordano nel suo ultimo libro - dall'euro alla neuro, il passo è stato breve".
Mentre i popoli tiravano la cinghia gli euroburocrati cosa facevano? Stanziavano 4 milioni di euro per studiare una dinastia islamica e studiavano le lezioni di danza in Burkina Faso, finanziavano con 3 milioni l'uso degli insetti in cucina e promuovevano il tango finlandese. L'exploit della Le Pen ha il merito di sdoganare il pensiero antieuropeista. Per anni il culturame imperante non ammetteva critiche. Oggi anche la sinistra si permette di criticare, con i dovuti distinguo, la Ue. Lo fa anche Maurizio Crozza che, da ottimo comico qual è, ha il polso del sentimento popolare.
Adesso non resta che aspettare: le elezioni del 25 maggio saranno un vero spartiacque. In Italia i partiti anti euro potrebbero totalizzare oltre il 30% delle preferenze: il M5S è dato intorno al 25%, la Lega Nord tra il 5 e il 6%, Fratelli d'Italia è appeso al 4% (soglia di sbarramento per entrare a Strasburgo). Sapranno far fronte comune? Chi guiderà la nuova formazione euroscettica, di per sé troppo variegata per portare avanti un progetto strutturato? E soprattutto: l'euro ha davvero i giorni contati?
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http://www.ilgiornale.it/static/reporta ... uropee.htm