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 Oggetto del messaggio: SCAIOLA E L' OMICIDIO DI MICHELE LANDI
MessaggioInviato: 22/05/2014, 01:07 
http://cerca.unita.it/ARCHIVE/xml/55000 ... by=0&f=fir



Particolari sul delitto Biagi che Landi sapeva L'amico David Iaschi

racconta: Michele era in possesso di informazioni che solo gli

investigatori possono chiedere





Il bar non è lontano dalla sede della ex «Edizioni Voltaire» a Montesacro, quartiere di Roma. «Nel ‘95 io e Michele avevamo rilevato la società dove ambedue lavoravamo e dove ci siamo conosciuti , e spesso venivamo proprio qui a parlare e a confrontarci».


Michele è Michele Landi, il perito informatico trentaseienne trovato impiccato giovedì 4 aprile nella sua casa di Montecelio di Guidonia, e chi parla è David Iaschi, suo amico e collega da dieci anni, che quasi come portavoce di tutti gli amichi e colleghi di Landi, rifiuta tutte le versioni sin qui proposte dagli inquirenti e riportate dai giornali.


«Si è iniziato con il suicidio per motivi di denaro, poi però è risultato chiaro che era una normale fluttuazione di denaro di un ragazzo con mille incarichi diversi. Poi si è parlato di uno stato di ubriachezza, ma sfido chiunque sia andato la sera stessa a cena fuori, a non avere un alto tasso alcolico.



E ora addirittura si ipotizzano giochi sessuali estremi, nel corso dei quali, forse per sbaglio e non si sa per mano di chi, ha trovato la morte: insomma vogliono farci credere che Michele aveva una doppia vita». Ma Davide non riconosce il suo amico, nel ragazzo che avrebbe avuto squallidi appuntamenti prechattati a computer, tanto pericolosi da portarlo alla morte. «Lui che di ragazze poteva averne quante ne voleva, e non aveva la minima difficoltà a socializzare, anzi», ribadisce. In quel ritratto a tinte forti nemmeno la madre riconosce il proprio figlio, una gentile signora moglie di un pilota, che risponde al telefono in lacrime, e dice confusamente di «non poter opporsi ad un potere così grande».



E nemmeno Loredana, la fidanzata storica, quella che tutti gli amici pensavano che, nonostante le altre, prima o poi avrebbe sposato, riconosce il suo ragazzo e si trincera dietro un no comment, ammettendo solo di avere gli incubi su una vicenda della quale sembra difficile riuscire a capire anche le sole modalità della morte. E che,pure, provocarono la discesa in campo, sorprendentemente, dell'allora ministro degli Interni Scaiola, per dichiarare che si tratta di suicidio.



Invece, sulle delicate perizie che Landi aveva svolto, ultime quelle su D'Antona, in forma ufficiale,è calato il silenzio. Silenzio anche sulle lettere di rivendicazione dell'omicidio Biagi, a proposito delle quali Landi concesse un'intervista prima della morte a Radio 24 di Bologna. «Ma io ricordo benissimo il comandante Umberto Rapetto, comandante del gruppo anticrimine tecnologico della Guardia di Finanza, che collaborava alla nostra rivista «Micro e Personal computer» con uno pseudonimo, per poter dire quello che voleva senza avere problemi.




Era simpatico, ironico, ma è attraverso di lui che Michele iniziò ad interessarsi degli aspetti più delicati della sicurezza informatica. Ma Rapetto dalla morte di Landi non parla, anche se Davide continua a pensarlo quasi come un datore di lavoro del suo amico. «Svolgeva per lui delle vere e proprie consulenze, così le chiamava, anche se non so in che forma venisse pagato». Ufficiale era quella su D'Antona , svolta per il legale dell'allora presunto telefonista Alessandro Geri, Rosalba Valori. Poco chiaro, invece, in che ruolo svolgesse indagini sull'omicidio Biagi, nonostante che per l'intervista a Radio 24, nella quale aveva detto di essere impegnato in una indagine informale e si era detto convinto che la mano dei delitti D'Antona e Biagi è la stessa, pare fosse stato consigliato dallo stesso Rapetto.



Landi, in quella intervista che è poi entrata nelle indagini della procura di Bologna, aveva affermato che il mittente della rivendicazione dell'assassinio di Biagi non è uno sprovveduto ma uno capace di districarsi nella rete e di inviare in pochi secondi centinaia di e-mail ma, aveva aggiunto, questo non significa che con un lavoro da certosino non si possa risalire al suo indirizzo informatico, a quella prima e-mail partita da un telefonino che ha aperto la strada alla valanga di messaggi.




Ora, però, David dice molto di più: «Ricordo molto bene il coinvolgimento di Michele. Mi disse di aver individuato la scheda, e quindi il numero di cellulare ed eventualmente il nome di chi aveva chiamato, nonché la zona, il quartiere Parioli, da dove arrivò la telefonata di rivendicazione dell'omicidio. E queste sono indagini che non puoi svolgere se non hai i tabulati wind, per arrivare alla cella di chiamata: tutte informazioni che può richiedere solo la polizia.



Non un semplice perito informatico». Stava quindi collaborando ad un'indagine ufficiale? «Non lo so, ma riguardo a Biagi, e alla morte di Michele , anche da tecnico del settore, mi vengono in mente strane differenze, sotto gli occhi di tutti in questi giorni. Dopo quello che è stato definito un suicidio, come quello di Michele, sono stati immediatamente sequestrati tutti i computer alla Luiss, il giorno dopo.



Dopo quello che è sembrato subito un omicidio, purtroppo quello di Biagi, nemmeno il computer personale della vittima è stato messo al sicuro, e proprio da lì sono partite tutte quelle e.mail».



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MessaggioInviato: 22/05/2014, 01:16 
http://antonella.beccaria.org/2010/10/1 ... ntroverso/





Michele Landi, storia di un suicidio controverso



È il 4 aprile 2002.




Sono circa le undici di sera quando i vigili del fuoco e i carabinieri di Tivoli trovano il corpo senza vita di Michele Landi nella sua casa di Guidonia Montecelio, a una trentina di chilometri da Roma. È stata la fidanzata ad allertare le forze dell’ordine perché da troppe ore Michele non risponde al telefono.


Una corda intorno al collo con un nodo scorsoio, le gambe piegate con le ginocchia appoggiate sul divano, l’appartamento in disordine, ma senza segni di violenza. Quella mattina Landi avrebbe dovuto tenere una lezione agli uomini della guardia di finanza alla Luiss Management, ma non si è mai presentato. Cellulare spento e telefono di casa che squilla a vuoto. L’ipotesi del suicidio è la prima a farsi strada.

Ma chi era Michele Landi e di cosa si occupava? Tecnico informatico, era stato consulente di Umberto Rapetto, tenente colonnello della Fiamme Gialle, e del pubblico ministero di Palermo Lorenzo Matassa. Nelle loro prime dichiarazioni, entrambi escludono l’ipotesi del suicidio. Di più: Matassa pensa a un omicidio maturato in ambienti ben precisi: «Penso ai servizi segreti, quelli che hanno cercato di dare un segnale a chi sta lavorando sull’omicidio del professore Marco Biagi», secondo quanto riporta il quotidiano La Stampa del 7 aprile.

Un parere «informale» su un’indagine di terrorismo

Michele Landi era stato intervistato il 27 marzo precedente da una giornalista di Radio 24 a proposito della rivendicazione delle Nuove Brigate Rosse sull’omicidio di Marco Biagi, avvenuto a Bologna otto giorni prima. Su quella rivendicazione Landi stava lavorando «informalmente», come dichiara lui stesso alla cronista che lo ha contattato, senza nessun incarico ufficiale nell’indagine.


Anche perché quell’inchiesta era nelle mani di una squadra investigativa dedicata, che già si stava avvalendo di consulenti propri, fuori e dentro Wind, l’azienda di telecomunicazioni da cui era partita la la rivendicazione tramite una scheda prepagata che consentiva qualche giorno di anonimato. Inoltre, scavando nel curriculum dell’informatico, Landi fu anche perito per l’avvocato Rosalba Valori, difensore di Alessandro Geri, presunto telefonista – verrà in seguito scagionato da ogni addebito – delle Nuove Br per l’omicidio di Massimo D’Antona, il consulente del ministero del lavoro assassinato a Roma il 20 maggio 1999.

Questo, in poche immagini, il contesto in cui si consuma il suicidio del 4 aprile 2002. In seguito al quale le voci partono incontrollate, a proposito dei motivi che potrebbero aver spinto qualcuno a uccidere l’uomo mascherando quel delitto per una morte auto-inferta. Si parla di scoperte che riguardano l’abbattimento del Dc9 sopra Ustica il 27 giugno 1980, sistemi bellici di tipo elettronico, e un ex gladiatore, il “Doctor Franz”, nel novembre 2003 sostiene che Landi avesse scoperto la provenienza della rivendicazione dell’omicidio Biagi: un computer di un ministero. Voci, appunto, la cui verifica risulta difficile, se non impossibile.




Poi, all’improvviso, cala il silenzio. Più nessuna agenzia, nessun articolo, pochissime ricostruzioni nei libri. Come se di questo caso non si volesse o non si potesse parlare, come se non interessasse più capire esattamente che fine ha fatto il giovane informatico. Un silenzio che va al di là del pudore per una morte che non ci si aspettava, sia stato suicidio o fatalità. Eppure sono in tanti, ancora oggi, a essere convinti che sia successo qualcosa di “strano”. Tra questi il giornalista e scrittore Daniele Biacchessi che, nel libro L’ultima bicicletta. Il delitto Biagi (Mursia, 2003) e nella trasmissione radiofonica Il giallo e il nero, in onda su Radio 24 l’8 aprile 2007, sostiene l’esistenza di un collegamento con le indagini sulla morte del giuslavorista bolognese. Intanto le Nuove Br vengono smantellate e Marco Mezzasalma, attraverso attività di informatica forense particolarmente complesse, viene identificato come il responsabile dell’invio della rivendicazione via mail.

Dalle testimonianze di parenti e amici, raccolte dal sostituto procuratore di Tivoli Salvatore Scalera e dai media, emerge la figura di un uomo che amava la vita, ma anche di un anticonformista, dalle tante sfaccettature. Uno originale, che lavorava fino a tarda notte e che conduceva ritmi sui generis.


C’è qualcosa, in particolare, che colpisce gli inquirenti e il pubblico, per quel poco che trapela sui giornali: da alcuni elementi e da una serie di foto nei computer, sarebbe emerso che Michele Landi forse aveva un’altra vita, oltre a quella di brillante tecnico, frequentando ambienti particolari.


Quasi una doppia personalità, con un alter ego che – riferisce un settimanale dell’epoca – avrebbe compreso uno pseudonimo femminile e un sito ad hoc, ospitato su un server d’oltreoceano da cui, dopo la morte dell’informatico, sarebbero stati cancellati dei file.



A questo punto partì una richiesta di rogatoria internazionale per effettuare verifiche sugli account di Landi, ma la richiesta non avrà buon esito: non si saprà chi ha cancellato cosa né perché. Unico neo, questo, in un’indagine in cui tutte le evidenze porterebbero a due ipotesi che escludono l’omicidio: per gli inquirenti si tratta di un suicidio oppure di morte accidentale tramite soffocamento





Si chiese giustizia, ma poi calò il silenzio



L’avvocato della famiglia, Claudio Giannelli, i parenti e gli amici, da quanto hanno dichiarato nei primi anni, hanno sempre escluso la possibilità di un suicidio. In un primo momento la sorella aveva realizzato un sito a nome del fratello (ora non più online) per ricordarne la figura, pubblicare una rassegna stampa sul caso e cercare una giustizia che, stando a quanto aveva scritto ancora il 10 gennaio 2005, non era giunta.



Una ricerca di giustizia motivata dal fatto che da quasi tre anni (e più precisamente dal maggio 2002) sul fascicolo delle indagini era stata scritta la parola “omicidio”. Va anche aggiunto che, rispetto a quanto già detto, in procura a Tivoli continuava a regnare lo scetticismo a questo proposito e che ci si era mossi in questo senso più per motivi procedurali. E con il novembre 2004 si era giunti a una richiesta di archiviazione perché non si ravvisava alcun reato che coinvolgesse terze persone.




Dunque cosa è accaduto a Michele Landi? Si suicidò davvero, come hanno sostenuto le perizie depositate in procura? Fu in incidente? Oppure accadde qualcos’altro, determinato dalla professione e, forse, soprattutto dalle dichiarazioni rilasciate alla stampa pochi giorni prima di morire?


Oltre ai file cancellati dai server di Landi, ci sono altri elementi che hanno lasciato alcune domande senza risposta. Per esempio, nell’aprile 2002 si smentì che Landi avesse avuto a che fare con il sistema Catrin (comunicazioni militari) mettendolo in relazione al caso di Davide Cervia, tecnico informatico scomparso il 12 settembre del 1990 a Velletri.




Eppure, recuperando le pagine web che raccontavano la storia del professionista morto nel 2004, si leggeva: «In collaborazione con l’ispettorato per l’arma di artiglieria e per la guerra nucleare batteriologica chimica, studio dei sistemi di submunizioni (Sadarm Tgsw), di elettronica applicata ai sistemi di arma terrestre (Fieldguard, radar controfuoco, sistema Catrin, sistema di trasmissioni contratte, navigatori inerziali applicati ai sistemi di artiglieria semovente M-109G, girogoniometri) e sistemi di misura e telerilevamento (Rpv, Drones, telemetri laser)». Forse solo l’indicazione di un’attività lavorativa complessa su materie sensibili.



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Michele Landi, storia di un suicidio controverso



È il 4 aprile 2002.




Sono circa le undici di sera quando i vigili del fuoco e i carabinieri di Tivoli trovano il corpo senza vita di Michele Landi nella sua casa di Guidonia Montecelio, a una trentina di chilometri da Roma. È stata la fidanzata ad allertare le forze dell’ordine perché da troppe ore Michele non risponde al telefono.


Una corda intorno al collo con un nodo scorsoio, le gambe piegate con le ginocchia appoggiate sul divano, l’appartamento in disordine, ma senza segni di violenza. Quella mattina Landi avrebbe dovuto tenere una lezione agli uomini della guardia di finanza alla Luiss Management, ma non si è mai presentato. Cellulare spento e telefono di casa che squilla a vuoto. L’ipotesi del suicidio è la prima a farsi strada.

Ma chi era Michele Landi e di cosa si occupava? Tecnico informatico, era stato consulente di Umberto Rapetto, tenente colonnello della Fiamme Gialle, e del pubblico ministero di Palermo Lorenzo Matassa. Nelle loro prime dichiarazioni, entrambi escludono l’ipotesi del suicidio. Di più: Matassa pensa a un omicidio maturato in ambienti ben precisi: «Penso ai servizi segreti, quelli che hanno cercato di dare un segnale a chi sta lavorando sull’omicidio del professore Marco Biagi», secondo quanto riporta il quotidiano La Stampa del 7 aprile.

Un parere «informale» su un’indagine di terrorismo

Michele Landi era stato intervistato il 27 marzo precedente da una giornalista di Radio 24 a proposito della rivendicazione delle Nuove Brigate Rosse sull’omicidio di Marco Biagi, avvenuto a Bologna otto giorni prima. Su quella rivendicazione Landi stava lavorando «informalmente», come dichiara lui stesso alla cronista che lo ha contattato, senza nessun incarico ufficiale nell’indagine.


Anche perché quell’inchiesta era nelle mani di una squadra investigativa dedicata, che già si stava avvalendo di consulenti propri, fuori e dentro Wind, l’azienda di telecomunicazioni da cui era partita la la rivendicazione tramite una scheda prepagata che consentiva qualche giorno di anonimato. Inoltre, scavando nel curriculum dell’informatico, Landi fu anche perito per l’avvocato Rosalba Valori, difensore di Alessandro Geri, presunto telefonista – verrà in seguito scagionato da ogni addebito – delle Nuove Br per l’omicidio di Massimo D’Antona, il consulente del ministero del lavoro assassinato a Roma il 20 maggio 1999.

Questo, in poche immagini, il contesto in cui si consuma il suicidio del 4 aprile 2002. In seguito al quale le voci partono incontrollate, a proposito dei motivi che potrebbero aver spinto qualcuno a uccidere l’uomo mascherando quel delitto per una morte auto-inferta. Si parla di scoperte che riguardano l’abbattimento del Dc9 sopra Ustica il 27 giugno 1980, sistemi bellici di tipo elettronico, e un ex gladiatore, il “Doctor Franz”, nel novembre 2003 sostiene che Landi avesse scoperto la provenienza della rivendicazione dell’omicidio Biagi: un computer di un ministero. Voci, appunto, la cui verifica risulta difficile, se non impossibile.




Poi, all’improvviso, cala il silenzio. Più nessuna agenzia, nessun articolo, pochissime ricostruzioni nei libri. Come se di questo caso non si volesse o non si potesse parlare, come se non interessasse più capire esattamente che fine ha fatto il giovane informatico. Un silenzio che va al di là del pudore per una morte che non ci si aspettava, sia stato suicidio o fatalità. Eppure sono in tanti, ancora oggi, a essere convinti che sia successo qualcosa di “strano”. Tra questi il giornalista e scrittore Daniele Biacchessi che, nel libro L’ultima bicicletta. Il delitto Biagi (Mursia, 2003) e nella trasmissione radiofonica Il giallo e il nero, in onda su Radio 24 l’8 aprile 2007, sostiene l’esistenza di un collegamento con le indagini sulla morte del giuslavorista bolognese. Intanto le Nuove Br vengono smantellate e Marco Mezzasalma, attraverso attività di informatica forense particolarmente complesse, viene identificato come il responsabile dell’invio della rivendicazione via mail.

Dalle testimonianze di parenti e amici, raccolte dal sostituto procuratore di Tivoli Salvatore Scalera e dai media, emerge la figura di un uomo che amava la vita, ma anche di un anticonformista, dalle tante sfaccettature. Uno originale, che lavorava fino a tarda notte e che conduceva ritmi sui generis.


C’è qualcosa, in particolare, che colpisce gli inquirenti e il pubblico, per quel poco che trapela sui giornali: da alcuni elementi e da una serie di foto nei computer, sarebbe emerso che Michele Landi forse aveva un’altra vita, oltre a quella di brillante tecnico, frequentando ambienti particolari.


Quasi una doppia personalità, con un alter ego che – riferisce un settimanale dell’epoca – avrebbe compreso uno pseudonimo femminile e un sito ad hoc, ospitato su un server d’oltreoceano da cui, dopo la morte dell’informatico, sarebbero stati cancellati dei file.



A questo punto partì una richiesta di rogatoria internazionale per effettuare verifiche sugli account di Landi, ma la richiesta non avrà buon esito: non si saprà chi ha cancellato cosa né perché. Unico neo, questo, in un’indagine in cui tutte le evidenze porterebbero a due ipotesi che escludono l’omicidio: per gli inquirenti si tratta di un suicidio oppure di morte accidentale tramite soffocamento





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Oltre ai file cancellati dai server di Landi, ci sono altri elementi che hanno lasciato alcune domande senza risposta. Per esempio, nell’aprile 2002 si smentì che Landi avesse avuto a che fare con il sistema Catrin (comunicazioni militari) mettendolo in relazione al caso di Davide Cervia, tecnico informatico scomparso il 12 settembre del 1990 a Velletri.




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MessaggioInviato: 22/05/2014, 15:06 
Sic Scajola è coinvolto nell' omicidio di Landi ,

Bel personaggio Scaiola, vi ricordate di quando dovevamo andare al nucleare con il " Piano Scaiola " ?

Con la benedizione dell' escremento di Arcore !!!!!!! ,

Buia ad oltranza e buttare via le chiavi.


zio ot



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MessaggioInviato: 22/05/2014, 17:54 
Sissi , ma metterlo nella stessa cella di Mike Tyson dopo che, quest'ultimo, è stato offeso e picchiato dal Ku Klux Klan e la supremazia ariana .


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