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MessaggioInviato: 15/09/2014, 12:57 
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Ufologo 555 ha scritto:

Bèh, perché gli ucraini considerano territorio loro la Crimea ... (Come noi dovremmo considerare territorio nostro la Penisola Istriana e ... la Corsica) [;)]
Tutto stà a .."mettersi d'accordo", ed è quello il problema ... [^]

Ma cosa dici Ufò....sbandi sempre in "curva",mi meraviglio di te con tutti questi anni addosso,dovresti avere tanta esperienza nell'analizzare il contesto!. [:0]
Il discorso dell'Ukraina è diverso!,come fai a non capirlo?. [:(]


Ultima modifica di bleffort il 15/09/2014, 12:59, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 15/09/2014, 16:51 
Ma sì! ogni scusa è buona ... E' inutile andare a cercarne i motivi; ogni nazione per conto suo è in fermento ... (E noi stiamo qui a perdere tempo) [^]



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MessaggioInviato: 15/09/2014, 19:52 
Sveglia Europa, non è Putin il nostro nemico (e sull’Ucraina perfino Solzenicyn la pensava come lui)

Ma quale Hitler. Ma quale Unione Sovietica. L’accanimento della sinistra obamiana contro Putin e la Russia rischia di fare male solo all’Ucraina. E a noi.


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Sull’indipendenza dell’Ucraina Aleksandr Solzenicyn la pensava nello stesso modo di Mikhail Gorbaciov e di Vladimir Putin oggi: un fatto da accettare come inevitabile, ma non secondo i confini decisi in epoca sovietica. È quanto emerge dalla riesumazione delle lettere scambiate fra il premio Nobel per la letteratura e l’intellettuale ucraino Sviatoslav Karavanskij alla vigilia dell’indipendenza di Kiev. Solzenicyn sperava che fra Russia e Ucraina sarebbe rimasta una forma di unione, ma era disposto ad accettare la secessione di Kiev. Non però nei confini della repubblica sovietica. «Malgrado tutta la mia passione», scriveva il grande dissidente, «non obietto alla separazione dell’Ucraina… Ma se si tratta veramente dell’Ucraina. Ora che nell’Ucraina Occidentale vengono abbattuti i monumenti a Lenin (e lo meritano!), perché gli ucraini occidentali più di tutti gli altri vogliono che l’Ucraina abbia proprio i confini leniniani, ossia quelli regalati alla stessa dal caro Lenin che, cercando di rabbonirla in qualche modo per la privazione dell’indipendenza, aggiunse ad essa territori che non erano mai stati ucraini, ossia la Novorossija (Russia del Sud), Donbass (per isolare il bacino del fiume Donets dalle influenze “controrivoluzionarie” della regione del Don) e parti rilevanti della riva sinistra del Dnepr? (E Krusciov in un batter d’occhio “regalò” anche la Crimea.) Ed ora i nazionalisti ucraini difendono ferreamente proprio questi “sacri” confini leniniani?». La lettera non ebbe risposta.

La Russia non è in guerra con l’Unione Europea, Donetsk non è Danzica, Putin non è Hitler e una riedizione del 1939 non è alle porte sul nostro continente. L’accordo di massima per un cessate il fuoco permanente nell’Ucraina orientale che Poroshenko e Putin hanno convenuto telefonicamente il 3 settembre scorso – naturalmente la Russia ha smentito, ma tutti capiscono come sono andate le cose – è lì a dimostrare che gli attori del conflitto sono dotati di razionalità, che la geopolitica non è un’opinione e che finché esisteranno gli stati il realismo sarà sempre un approccio migliore dell’idealismo e dell’affermazione di princìpi che normalmente sono la copertura ideologica di interessi e volontà di potenza.

L’evocazione delle tragedie della Seconda Guerra mondiale e dell’aggressività che fu caratteristica dell’Unione Sovietica è comprensibile sulla bocca del presidente del Consiglio europeo, il polacco Donald Tusk, della presidente lituana Dalia Grybauskaite, o degli intellettuali polacchi (fra i quali il grande Andrzej Wajda) che hanno firmato un appello intitolato enfaticamente “Da Danzica a Donetsk, 1939-2014”. Comprensibile a motivo dei traumi storici che i loro paesi hanno patito per mano sovietica e prima ancora zarista, ma non giustificabile. Perché a reagire con isteria e con iperboli alla crisi attuale si rischia di ripetere non gli errori degli anni Trenta che portarono alla guerra nel 1939, ma quelli descritti da Christopher Clark nel suo The Sleepwalkers, che portarono l’Europa a un conflitto le cui proporzioni superarono ogni immaginazione nel 1914.

Putin non è Hitler e nemmeno Stalin o Breznev. Non promuove un’ideologia di supremazia razziale e nemmeno una rivoluzionaria universale rivolta a tutti i popoli come i suoi predecessori al Cremlino. Non è a capo di una macchina militare e di un apparato industriale senza rivali in Europa, come furono rispettivamente l’Unione Sovietica e la Germania del Terzo Reich. La Russia è una ex potenza globale che lotta per restare almeno potenza regionale. La sua spesa militare è pari a 87,8 miliardi di dollari, cioè meno di quelle di Francia e Regno Unito sommate insieme (119,1 miliardi di dollari) e meno di un settimo di quella degli Stati Uniti (640 miliardi di dollari).

La Russia è un paese in pieno declino demografico, nel quale la popolazione è scesa da 150 a 143,5 milioni di abitanti fra il 1990 ed oggi, ed è notevolmente invecchiata. Il suo prodotto interno lordo, che dipende per la maggior parte dall’estrazione di materie prime energetiche, è uguale a quello dell’Italia, che ha meno della metà dei suoi abitanti ed è 57 volte più piccola.

Per frenare questo declino ed evitare lo scivolamento del paese nella condizione di stato fallito dotato di arsenale nucleare – condizione che si stava realizzando negli anni della presidenza Eltsin – Vladimir Putin ha ricostituito la “verticale del potere”, che prima di lui avevano realizzato in modi diversi lo zarismo e il comunismo bolscevico, e ha concepito la creazione di un’Unione Euroasiatica che avrebbe riunito alcuni degli stati nati dal dissolvimento dell’Unione Sovietica attorno al polo d’attrazione rappresentato dalla Federazione Russa.

Il progetto ha subìto un colpo d’arresto formidabile nel febbraio scorso, quando la cacciata del presidente Yanukovich da Kiev ha azzerato le possibilità che l’Ucraina entrasse a far parte della nuova associazione regionale. Al contrario: con l’ascesa al potere dei partiti filo-europeisti e anti-russi, Putin si è trovato di fronte alla prospettiva che l’Ucraina, da potenziale granaio e laminatoio dell’Unione Euroasiatica, diventasse un avamposto della Nato a soli 500 chilometri da Mosca. Al summit della Nato del 2002 il documento finale conteneva la seguente frase: «Georgia e Ucraina entreranno a far parte della Nato».

Il reale disegno di zar Vladimir
Ecco allora che le iniziative aggressive attuate dalla Russia da marzo in avanti e che vengono percepite come azioni espansionistiche (annessione della Crimea, sostegno ai ribelli dell’autoproclamata Repubblica popolare del Donbass, intervento militare diretto benché mascherato) vanno in realtà lette come reazioni dettate dalla volontà di contenere una bruciante sconfitta: l’uscita imprevista e irreversibile dell’Ucraina dalla sfera di influenza russa. La Crimea e il Donbass, per il quale Putin oggi chiede uno statuto speciale che sta a cavallo fra l’autonomia e l’indipendenza, sono i premi di consolazione del torneo geopolitico che ha consegnato all’Occidente la vincita più ambita: l’Ucraina.

Per comprendere il valore intrinseco di tale primo premio basta conoscere il significato del suo nome, cioè “terra di frontiera”. Quegli ucraini che affermano che il governo Putin ha osteggiato il movimento del Maidan di Kiev nel timore che il suo successo rappresentasse un esempio per i cittadini russi e li spingesse a ribellarsi ai loro governanti, dimostrano di conoscere poco i loro cugini. I quali sono scesi in piazza contro il loro governo due anni prima che lo facessero gli ucraini (proteste di Mosca del dicembre 2011), ma dopo l’annessione della Crimea alla Russia hanno appoggiato la decisione di Putin con tassi di consenso dell’83 per cento che persistono fino ad oggi.
ucraina-kiev-maidanIl popolo russo si sarebbe ribellato a Putin non per aver aperto gli occhi a seguito del successo della rivoluzione del Maidan ucraino, ma per punirlo di non aver fatto pagare a caro prezzo agli ucraini il loro strappo dallo storico rapporto con Mosca.

La dottrina su cui Putin basa la sua politica di rivendicazione del riconoscimento della Russia come potenza regionale è pericolosa per alcuni paesi che confinano con la Federazione Russa, ma non per l’Unione Europea nel suo complesso. Diversamente dai suoi predecessori comunisti, non promuove un’ideologia universalista suscettibile di raccogliere consensi all’interno delle classi sociali dei paesi occidentali. In passato milioni di italiani, francesi, spagnoli, eccetera identificarono i propri interessi politici con quelli geopolitici del governo che sedeva al Cremlino, e questo mise in serie difficoltà l’alleanza politico-militare occidentale. Oggi questo non può più accadere: Mosca presenta la protezione dei russi etnici come il valore che guida la sua politica estera nei confronti dei paesi vicini.

L’alternativa di civiltà che Putin intende promuovere attraverso l’Unione Euroasiatica è centrata sui valori del cristianesimo ortodosso, che nell’Europa occidentale e sud-occidentale è praticamente inesistente. L’unica area dove Russia e Unione Europea potrebbero ancora competere è rappresentata dai Balcani, ma lì tutti i paesi tranne la Bosnia e la Serbia (e il Kosovo e la Macedonia, che non sono sensibili alle sirene russe) hanno già aderito alla Nato, perciò la competizione sarà molto circoscritta.

Putin dunque ha già definito in termini restrittivi l’area su cui la Russia amerebbe esercitare un’egemonia regionale. Dà definitivamente per persa l’Ucraina, e si accontenta delle briciole rappresentate da Crimea e Donbass. Ha annesso la prima, ma non farà lo stesso col secondo. La questione del Donbass deve restare aperta, a costo di vedere aggiungersi altre sanzioni economiche contro la Russia a quelle che America ed Europa hanno già deciso, fino a quando Mosca non otterrà l’obiettivo che le sta più a cuore: l’assicurazione formale che l’Ucraina non entrerà mai a far parte della Nato.

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Che i paesi più importanti dell’Unione Europea (Germania, Francia, Italia, Regno Unito) siano disponibili a scendere a patti con la Russia di Putin sulla base di un accordo che vedrebbe Mosca dare semaforo verde all’adesione dell’Ucraina al club di Bruxelles e mettere fine alla destabilizzazione delle regioni orientali del paese in cambio del riconoscimento dell’annessione della Crimea alla Russia e dell’impegno scritto a non fare dell’Ucraina un membro della Nato, è un segreto di Pulcinella.

Incontro tra Barack Obama ed Angela Merkel a BerlinoFare come i finlandesi
Polacchi, svedesi e baltici possono alzare i toni finché vogliono, invocare il soccorso europeo all’Ucraina aggredita finché vogliono, ma due fatti duri come la pietra sono sotto gli occhi di tutti. Il primo è che i paesi dell’Unione Europea aderenti alla Nato non hanno nessuna intenzione di essere trascinati dentro a un conflitto militare sul territorio europeo, né direttamente inviando truppe a fianco dei governativi ucraini né indirettamente armandoli e fornendo logistica. Per fare la guerra ci vogliono le armi e la voglia di usarle, e all’Europa mancano le une e l’altra. I bilanci militari dei paesi europei della Nato sono in costante diminuzione: ai tempi della Guerra fredda la loro spesa militare equivaleva al 50 per cento di quella totale dell’Alleanza, oggi arriva appena al 25 per cento. Gli Stati Uniti di Obama hanno tagliato i bilanci militari, i paesi europei di più. Solo Grecia, Estonia e Regno Unito spendono più del 2 per cento del Pil per il settore militare, e presto Londra scenderà sotto questo standard, fissato in sede Nato.

Dall’altra parte la Russia conosce altrettanto bene la sua debolezza: non occuperà mai l’Ucraina o un altro paese confinante, anche se Putin ha fatto intendere che sarebbe possibile alle sue forze armate, perché le occupazioni militari sono destinate a fallire, a creare voragini nei bilanci e a consegnare alla damnatio memoriae i politici che le vollero: le lezioni dell’occupazione sovietica dell’Afghanistan negli anni Ottanta e di quella dell’Iraq ai tempi di Bush nel decennio scorso non sono state dimenticate né a Mosca né a Washington. Tutto quello che Putin ha in mente è di mantenere destabilizzata l’Ucraina orientale, se necessario correndo in soccorso (in incognito) dei secessionisti quando questi si trovano a mal partito, finché Bruxelles e Kiev non si decideranno a intavolare vere trattative con la Russia.

Che ai pesi massimi dell’Europa la prospettiva del compromesso geopolitico non dispiaccia è noto, la vera novità è che apparentemente anche il presidente Poroshenko sta convergendo su questa ipotesi. Resasi conto che Unione Europea e Stati Uniti sono disponibili a un’escalation di sanzioni economiche antirusse ma non a un’escalation militare, la nuova leadership ucraina sembra accedere all’idea della trattativa a tutto campo con Mosca. Dalla quale potrebbe uscire, fra le soluzioni della crisi, quella che il New York Times ha già definito la “finlandizzazione” dell’Ucraina.

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Ucraina, nuova protesta in piazza a Kiev pro UeAi tempi della Guerra fredda in Europa c’erano due paesi nei quali, diversamente da quanto avveniva nel blocco comunista, si praticavano l’economia di mercato e la democrazia liberale rappresentativa, ma senza che ciò sfociasse nella loro adesione alla Nato. Questi due paesi erano la Finlandia e l’Austria, militarmente neutrali ed esterni anche all’Unione Europea (vi aderirono nel 1994, a Guerra fredda terminata da cinque anni). La loro perdita di autonomia nella politica estera era largamente compensata dalla onesta rinuncia dei sovietici a perseguire progetti di destabilizzazione dentro ai loro confini. Un beneficio di cui non godettero paesi come l’Italia e la Germania, i cui terroristi di estrema sinistra trovarono sempre complicità nei paesi del Patto di Varsavia.

Auspicare la finlandizzazione dell’Ucraina è il migliore augurio che si possa fare ai rivoluzionari genuini (non quelli di estrema destra) del Maidan di Kiev: in un’Ucraina non più percepita da Mosca come minaccia strategica, potranno sperimentare e sviluppare i “valori europei” per i quali hanno messo in gioco le proprie vite nell’inverno scorso senza temere interferenze russe. Dovranno occuparsi solo delle resistenze interne.

http://www.tempi.it/sveglia-europa-non- ... Bcll1f-WfU



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MessaggioInviato: 16/09/2014, 00:01 
In quanto ad armi non letali,si potrebbe chiedere ad hamas di inviare le proprie armi:le stesse che fanno ridere i cittadini israeliani quando le sirene ne annunciano l'arrivo.Meno letali di quelle.....



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MessaggioInviato: 16/09/2014, 11:59 
evidentemente la nave intercettata con armi di vario tipo iraniana x hamas erano piene di confetti,come la nave con armi nord coreane diretta in iran x rifornire hamas hetzbollah,intercettata dai servizi segreti degli eu,o come l'aereo atterrato a bangkok x problemi tecnici su cui furono trovate una notevole quantita di armi che via iran sarebbero arrivate in libano e palestina,sono tutti fuochi d'artificio x il capodanno........ [:I] [8D]


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MessaggioInviato: 16/09/2014, 12:02 
Sai perché sparano "razzi per capodanno"? Perché sanno come finirebbero ......[8D]



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MessaggioInviato: 26/09/2014, 23:39 
E pensare che qualcuno aveva già capito tutto nel 2011....

[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=PX47nHVow-w[/BBvideo]



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 09/10/2014, 00:18 
Ma tu guarda......... [8D]

Cita:
xfabiox ha scritto:

I TEDESCHI INIZIANO A DIRE LE VERITA' SULL'UCRAINA

di Mihaela Bruja

BILD : I NAZI UCRAINI COORDINATI DA FBI E CIA……..
La Casa Bianca conferma.

FRANKFURTER ALLGEMEINE : miliziani di Pravy Sektor di Odessa stipendiati dalla Nato, da mille a tremila euro al mese.

«In Ucraina agiscono sul campo alcune centinaia di agenti segreti statunitensi. Il loro compito ufficiale è “combattere il crimine organizzato”. In realtà, coordinano il lavoro delle squadre militari ucraine e dei gruppi di miliziani di estrema destra». Dopo il rogo di Odessa finalmente i media occidentali iniziano a occuparsi dell’estrema destra in Ucraina. E così “Bild”, il più diffuso quotidiano tedesco, rivela, citando fonti interne al governo di Berlino, come Cia ed Fbi giochino un ruolo di primo piano nella partita ucraina.

Popoff ha già scritto in proposito, spiegando come il direttore della Cia Robert Brennan abbia coordinato da Kiev, in prima persona, alcune operazioni militari (notizia confermata dal portavoce della Casa Bianca Jay Carney: È vero, abbiamo agenti sul campo, ma solo per non far degenerare la situazione in Europa»). Abbiamo anche scritto di come i nazisti ucraini siano stati addestrati in campi Nato in Polonia e nei Paesi baltici. E, infine, dell’apertura in Ucraina occidentale di ben ventitré campi di addestramento militari per le nuove reclute neonaziste.

Il quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine, ha scritto: «I radicali che operano nell’area di Odessa vengono letteralmente stipendiati dalla Nato. Quanto? La media per i miliziani è di mille euro al mese (un buon salario per gli standard ucraini). Mentre i leader arrivano fino a tremila euro».
Una banda di miliziani di Pravy Sektor gira indisturbata per le strade di Odessa. Nonostante la strage del 2 maggio, i nazisti godono ancora di immunità da parte delle autorità locali.

Uno dei provvedimenti in attesa di essere trasformati in legge dal parlamento ucraino riguarda la legalizzazione delle squadracce di Pravy Sektor (Settore Destro), i militanti che hanno dato un contributo decisivo alla vittoria militare della rivoluzione. Gli stessi che hanno conquistato il comando della protesta a suon di sprangate e hanno eliminato l’opposizione democratica con la violenza.

L’Occidente non solo non ha contestato i nazisti mentre si appropriavano di piazza Maidan a suon di botte, ma alcuni politici statunitensi li hanno addirittura appoggiati. Le foto che la sottosegretaria di Stato Victoria Nuland e il senatore John McCain si sono fatti con i leader di Svoboda e Settore Destro non sono state delle gaffe politiche, bensì un doveroso riconoscimento dell’ottimo lavoro svolto da un quarto di secolo a questa parte per la Nato e per Washington.

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MessaggioInviato: 09/10/2014, 19:29 
... e sull'"europa" ... QUANDO? No, dico, la dichiarazione di GUERRA MONETARIA! [^]



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MessaggioInviato: 17/10/2014, 10:43 
Ucraina al centro dei colloqui. Ma salta il bilaterale con Merkel
REUTERS

Il presidente russo è arrivato a Belgrado dalla Serbia in tempo per la cena di gala a Palazzo Reale offerta da Napolitano

17/10/2014
anna zafesova

Vladimir Putin arriva al vertice Asem a Milano intenzionato a risolvere il problema del gas con l’Europa, ma intanto avverte che è pronto a tagliare le forniture se l’Ucraina non starà ai patti.



Prima di recarsi all’appuntamento italiano - il primo di questo livello da quando è iniziata la nuova guerra fredda tra Mosca e l’Occidente - il presidente russo è passato da Belgrado, dove è stato omaggiato dal suo collega serbo Tomislav Nikolic come «il fratello Vladimir», e ha colto l’occasione per mandare ai suoi interlocutori europei dei messaggi vagamente minacciosi. «Ci sono grossi rischi di transito», ha dichiarato, promettendo che in caso Kiev - che si è vista chiudere il rubinetto da quasi sei mesi - preleverà il gas destinato ai consumatori europei Mosca taglierà le forniture.

http://www.lastampa.it/2014/10/17/ester ... agina.html

ma dopo l'incontro con renzi(l'uomo del destino),terorizzato,ha promesso di lasciare i rubnetti aperti [:246] [:246]


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MessaggioInviato: 17/10/2014, 11:26 
Se ci fosse stato il berlusca!!! [:264]



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Qua c'è lo zampino di UE e USA... ne sono convinto.

Cita:
... Christophe de Margerie, amministratore delegato della compagnia petrolifera francese "Total" è morto in un incidente aereo avvenuto all'aeroporto Vnukovo di Mosca. Il velivolo privato su cui viaggiava De Margerie, si sarebbe schiantato al suolo poco dopo il decollo, avendo urtato un veicolo adibito alle pulizie della pista innevata.

[cut]

Strenuo difensore della Russia e delle sue politiche energetiche anche nel mezzo del conflitto in Ucraina, de Margerie aveva detto alla Reuters in un'intervista a luglio che l'Europa avrebbe dovuto smettere di pensare a tagliare la sua dipendenza dal gas russo e concentrarsi invece sul rendere tali consegne sicure. "Ho sentito persone dire che dobbiamo proteggere l'Ucraina e poi parlare di Russia. Questa non è la stessa cosa ... Stiamo andando a costruire un nuovo muro di Berlino?" aveva detto nell'intervista. "La Russia è un partner e non dovremmo perdere tempo a proteggere noi stessi da un vicino di casa ... Quello che stiamo cercando di fare è di non essere troppo dipendenti da qualsiasi paese, non importa quale. Non dalla Russia, che comunque ci ha salvato in numerose occasioni". Laureato alla Ecole superieure de commerce di Parigi, è diventato amministratore delegato di Total nel febbraio 2007, assumendo il ruolo aggiuntivo di presidente nel maggio 2010...

http://www.repubblica.it/esteri/2014/10 ... 14798/?rss



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Ucraina. Fanno paura i campi di concentramento “democratici” nell’Est

Se ne parla da un po’ e ora ne ha parlato anche Nicolai Lilin su L’Espresso. Stiamo parlando dei campi di concentramento “democratici” che il governo di Kiev vorrebbe utilizzare in Ucraina per rinchiudere i cittadini dell’Est identificati come “terroristi”: chiunque non appoggia il governo dei golpisti insediatosi grazie ad un colpo di stato coordinato dalla CIA).

Inizialmente abbiamo pensato che fosse una di quelle notizie forzate, prive di fonti reali, magari messe in circolo per alzare la tensione in modo artificioso. Eppure con il passare delle settimane sono arrivate sempre nuove conferme, come sottolineato dallo scrittore russo Nicolai Lilin su L’Espresso. Lilin è sempre stato in prima fila nel denunciare le violenze della giunta di Kiev nel Sud-Est ucraino, a cominciare con la vergognosa strage di Odessa “dimenticata” dai media europei, al punto da aver ricevuto anche minacce di morte da parte dei neonazisti ucraini. Lilin però è stato chiaro e ha descritto in modo nitido come il governo di Kiev stia preparando dei veri e propri campi di concentramento all’interno dei quali vorrebbe rinchiudere tutti i presunti “terroristi”, e ovviamente a deciderlo saranno proprio le autorità di Kiev che, per le operazioni nell’Est, si affida da mesi allaGuardia Nazionale e ad altri gruppi estremisti.

Come ha scritto Lilin: “Spaventa la modalità di selezione di tali criminali, poiché secondo le affermazioni rilasciate alla stampa dal ministro della difesa ucraino Michail Koval, gli abitanti del Donbass saranno “raccolti” in questi “campi di filtraggio” dove, dopo aver separato le donne, gli uomini e i bambini, alcuni “specialisti” dell’esercito ucraino decideranno chi di loro è un terrorista e chi no. Non si parla però di processo“. Insomma se lo scrittore russo ha ragione si parla di veri e proprilager utilizzati per estipare persone sgradite, il tutto con l’Europa fintamente democratica che preferisce guardare dall’altra parte, magari accusando Putin di nazismo! Al momento secondo quanto dichiarato da Lilin sarebbero due i campi di concentramento in fase di costruzione, fatto questo confermato da alcuni giornalisti che sono riusciuti a entrare in quello della cittadina di Zhdanovka.

Qui, citando sempre Lilin : “Il capo cantiere, intervistato dai giornalisti, ha rivelato che il campo viene costruito per conto del ministero degli interni ucraino, con i soldi dell’Unione Europea. I valori europei, probabilmente mal interpretati ed esaltati alla follia, sono espressi attraverso cartelli che riportano le bandiere dell’Europa Unita e che decorano i muri esterni del campo. Il capo cantiere ha inoltre affermato che la sua ditta sta facendo un ottimo lavoro e che le persone rinchiuse in questo lager avranno un livello di vita molto alto, visti i comfort di cui lo stanno dotando i suoi operai. I lavori ad oggi dovrebbero essere già finiti“.

http://www.informarexresistere.fr/2014/ ... i-nellest/



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MessaggioInviato: 29/10/2014, 19:23 
Con l'adesione apparente all' unione europea da parte Ucraina,Mosca riposizionerà(giustamente) il suo arsenale ai confini europei.Inutile negare la volontà di spingersi ad est da parte della Nato(anche se inutile).Tuttavia,Mosca dormirà sonni tranquilli per la sua flotta del mar Nero,mentre noi avremo sonni agitati per i costi dell'annessione Ucraina all'unione.Putin sogna,Obama promette,Hollande gesticola e Cameron subisce.La Merkel,sobria e sorniona mette tutti d'accordo.Solamente i leader della nuova Ucraina,credono davvero alle promesse occidentali(Stati Uniti).Roba da matti!



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MessaggioInviato: 01/12/2014, 17:52 
Cita:
Una tassa per gli ucraini che lavorano o risiedono all'estero



PoroshenkoNon ci sono parole per commentare l'ultima follia del governo ucraino. Un governo in mano ad un gruppo di tecnocrati senza scrupoli manipolati dagli Stati Uniti.

Da gente come questa non ci si poteva certo aspettare nuove iniziative positive.

Infatti questi qua hanno in mente di introdurre una tassa straordinaria sui cittadini ucraini che lavorano e/o risiedono all’estero.

Gli importi sono questi:

- 500$ al mese per chi lavora e risiede in Russia

- da 200$ a 700$ per chi lavora e risiedi in Europa

Tutti i cittadini ucraini saranno controllati dall'autorità fiscale e se risulterà che lavorano o risiedono in un'altra nazione saranno soggetti al pagamento della tassa.

The tax will be collected from those unable to officially confirm their presence in Ukraine in the event that the fiscal authority receives information about a person’s probable absence for more than 2 months from his place of residence.

Questa iniziativa dell'Ucraina è inquietante e molto pericolosa perché potrebbe fungere come 'esempio da seguire' per altri paesi europei. Un'ottima idea per impoverire ulteriormente tutti quei cittadini che, nella peggior delle ipotesi, sono magari costretti ad andare via dalla propria nazione per motivi di lavoro. Pure quelli che decidono di spostarsi in un'altra nazione per studio o per altri motivi verrebbero penalizzati.

Rendiamoci conto:

“sei senza lavoro ed emigri per sopravvivere, ma devi dare una tangente al tuo paese che ti ha messo sulla strada".

Come vi sembra l'idea?

Una cosa è certa: per non avere problemi, non bisogna possedere più nulla (di registrato) nella proprio nazione di origine e inoltre bisogna abituarsi all'idea che quando si decide di lasciare il proprio paese bisogna fare il biglietto di sola andata.


http://www.ecplanet.com/node/4456


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