11/12/2014, 15:30
22/12/2014, 19:31
Su oltre 16 milioni di persone lo spettro dell'esclusione sociale (keystone)
Germania, alto rischio povertà
Un cittadino su cinque non ha i soldi per pagare auto e riscaldamento
In Germania, un cittadino su cinque è a rischio povertà o esclusione sociale, perché, ad esempio, non ha i soldi per potersi permettere un'auto o pagare il riscaldamento. È quanto emerge dai dati diffusi dall'Ufficio di statistica federale DESTATIS, che, martedì, ha presentato uno studio intitolato "Vivere in Europa 2013".
I parametri tenuti in considerazione per elaborare la statistica sono la disoccupazione, la limitazione nei beni materiali e, appunto, il pericolo di cadere in situazione di povertà che riguarda quel 16,1% della popolazione che da single dispone meno di 979 euro al mese.
Dai dati risulta che, nel 2013, nella grande e solida Germania, oltre 16 milioni di persone, il 20,3% della popolazione, rispondeva ad almeno uno dei tre criteri. La tendenza è più o meno costante dal 2008, ma l'anno scorso si è verificato un leggero incremento, che si avvicina alla percentuale europea del 24,5%.
23/12/2014, 17:16
31/12/2014, 17:44
La guerra della Merkel per frenare la Fiat 500
Berlino fissa il limite delle emissioni in base al peso del veicolo. Così le auto grandi risultano meno inquinanti
Francoforte«Berlino non vuole più sentir parlare di oneri ecologici per l'auto». È il titolo di un recente articolo della Frankfurter Allgemeine Zeitung .
Qualcuno potrebbe pensare che l'industria automobilistica tedesca non abbia alcuna intenzione di affrontare il problema della futura mobilità, mettendo in campo il suo potenziale d'innovazione al fine di ridurre le emissioni di CO2. Non è proprio così, anzi è il contrario, perché Volkswagen e gli altri gruppi vedono in una più severa normativa europea un pericolo per il successo delle vetture premium made in Germany.
Nel giugno del 2013 la cancelliera Angela Merkel telefonò all'allora presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, bloccando all'ultimo minuto la decisione su un taglio delle emissioni di CO2 (dai 130 grammi del 2015 a un massimo di 95 grammi per chilometro entro il 2021). Quel progetto bloccato dalla Cancelliera prevedeva, però, che la Commissione Ue avrebbe dovuto esaminare un nuovo obiettivo di riduzione per il 2025. Vale a dire, limite massimo di emissione media di 68-78 grammi di CO2 al chilometro. Sennonché ora il governo di Berlino ha deciso di fare ancora marcia indietro.
Al massimo, stando a un comunicato congiunto tedesco-francese, l'obiettivo potrebbe essere il 2030. Lo sviluppo del settore auto dopo il 2021 sarebbe, infatti, ancora molto incerto. A questo punto il gioco ricomincia da capo con il governo tedesco nel ruolo di frenatore. C'è, però, anche un altro aspetto che ha quasi dell'incredibile, e cioè l'impossibilità di mettersi d'accordo in Europa su un unico metodo di test per misurare l'emissione effettiva di CO2 nei gas di scarico valido per tutte le Case. Il problema è sorto dopo che il Kba (l'ufficio della motorizzazione tedesca), in accordo con i ministeri dell'Economia e dell'Ambiente, ha deciso di integrare quell'etichetta energetica in uso nei frigoriferi e nelle lavatrici con una scala di efficienza ecologica, ponendo l'effettiva emissione di CO2 in diretto rapporto con il peso del veicolo.
Il risultato paradossale di questa formula, ha scritto Die Welt , è che le auto di grossa cilindrata diventano le più ecologiche, mentre le più piccole risultano le più inquinanti. In testa, la Fiat 500 che per il Kba risulterebbe una delle auto più «sporche», mentre per il ministero italiano dell'Ambiente, ma anche secondo Die Welt risulta, invece, tra le più pulite al mondo. Handelsblatt definisce la tabella del Kba uno strumento di propaganda a favore delle grosse e potenti cilindrate. E lo stesso quotidiano pubblica la foto di un Leopard 2 (1.500 grammi di CO2 per chilometro) che con l'aiuto della formula del Kba diventerebbe un efficiente veicolo ecologico a fianco della Volkswagen Golf 1.4.
31/12/2014, 18:15
nemesis-gt ha scritto:
Germania, multe in base al reddito. Calciatore multato per 540.000€!
Nei paesi CIVILI le multe sono commisurate al REDDITO! La multa di 1.000€ che per un lavoratore/commerciante/piccolo imprenditore è una MAZZATA (per non pensare ai disoccupati...) mentre per chi guadagna 10.000€ al mese è un decimo dello stipendio, 1/20 per chi guadagna 20.000€ e via dicendo. Per i VIP che guadagnano MILIONI, per calciatori, lobbysta, etc che guadagno migliaia di euro al giorno o all'ora è aria fresca, E PER QUESTO SPESSO SI COMPORTANO DA "PADRONI DEL MONDO", NON RISPETTANO LE REGOLE E SE NE FREGANO. Parcheggiano ovunque, fategli pure 30€ di multa, no problem.
LA MULTA - LA PUNIZIONE - DEVONO ESSERE PROPORZIONATA AL REDDITO; il calciatore dell'articolo allegato, che con sprezzo delle regole per ANNI è andato in giro senza conseguire la patente di guida, in Italia se la sarebbe cavata con poche migliaia di euro, che per un calciatore NON RAPPRESENTANO UNA PUNIZIONE, MA UNA MANCIA!!!
IN GERMANIA GLI HANNO SPILLATO DAL CONTO CORRENTE 540.000€ ... E STATE SICURI CHE L'EFFETTO è STATO LO STESSO DI UN OPERAIO CHE RICEVE UNA MULTA DI 1.000€ A LIVELLO MORALE!!!
Di questa battaglia di civiltà ne abbiamo parlato diverse volte; vi riproponiamo questo articolo:
http://www.nocensura.com/2012/12/inizia ... ttito.html
PS: NESSUN PARTITO SE NE OCCUPA, NEMMENO M5S ... SE SIETE VICINI A QUALCHE PARTITO, PROPONETELO!
http://www.nocensura.com/
23/02/2015, 18:49
Germania, Ifo in rialzo. Ma nel paese che vuole austerity povertà è a livelli record
Il dato ha deluso però il consensus. Euro accelera al ribasso. Un esercito di 12,5 milioni di residenti considerati poveri: aumento soprattutto tra pensionati.
ROMA (WSI) - Buone notizie dal fronte macro della Germania, con l'indice Ifo, che misura la fiducia delle imprese tedesche, che si attesta al record in sette mesi, dal luglio del 2014. Nel mese di febbraio, l'indice è salito a 106,8 dal 106,7 di gennaio. E' il quarto rialzo mensile consecutivo, inferiore però alle attese, con gli analisti di Bloomberg che avevano previsto un incremento più forte, a 107,7 punti. Il dato deludente ha portato l'euro a scendere a $1,1324 alle 10.07 di Francoforte.
Gli ultimi dati pubblicati sembrano avallare la ripresa dell'economia tedesca. Ma la realtà presenta diverse sfaccettature. E tra queste, come riporta il Newsweek, non manca la povertà.
La rivista americana rende noto infatti che la povertà nel paese considerato motore dell'economia dell'intera Eurozona - ossessionato dall'inflazione, contrario al QE e sempre polemico con il numero uno della Bce, Mario Draghi, promotore dell'austerity che ha messo in ginocchio un continente intero - è a livelli massimi dalla riunificazione del paese nel 1990.
Ben 12,5 milioni di residenti sono considerati "poveri", con un tasso salito dal 15% del 2012 al 15,5% nel 2013. E a dirlo è uno studio commissionato dall'organizzazione tedesca di welfare Joint Welfare Association, che indica gli stati di Berlino, Bremen e Mecklenburg-Pomerania ovest come quelli più colpiti dalla povertà. Vengono considerate povere le famiglie che dispongono di un reddito inferiore del 60% rispetto alla media nazionale.
Il maggiore rischio di povertà ricade sui "disoccupati, le madri single e le persone senza istruzioni", ma sono i pensionati che stanno facendo fronte a un aumento della povertà più di ogni altra categoria. Ulrich Schneider, direttore esecutivo dell'associazione, ha detto che "la povertà non è mai stata così alta e le spaccature regionali mai così profonde".
Il rapporto invita il governo federale ad agire per combattere la povertà, chiedendo una revisione delle politiche fiscali e cambiamenti al sistema dei beneficit. Wolfgang Strengmann-Kuhn, rappresentante parlamentare dei Verdi alla Bundestag, punta il dito contro la cancelliera tedesca Merkel, affermando che i tagli ai finanziamenti dei sistema previdenziali sono responsabili della situazione attuale, in un paese che sta diventando sempre più caratterizzato dalle diseguaglianze.
"La lotta contro la povertà non è nell'agenda del governo attuale, né lo è stata nei governi precedenti di Merkel", continua Strengmann-Kuhn. A suo avviso, è vero che la Germania sta beneficiando del basso valore dell'euro - che a suo avviso è scatenato dalla "crisi nei paesi del Sud Europa - ma sono alla fine soltanto i gruppi appartenenti alla fascia alta di reddito a trarre vantaggio da questa situazione. (Lna)
04/05/2015, 20:22
Parte sciopero macchinisti di 6 giorni in Germania
Lo stop più eclatante nella storia della Repubblica federale tedesca, i primi fermarsi i treni merci
Partirà oggi alle 15 lo sciopero dei macchinisti più eclatante della storia della Repubblica federale tedesca: uno stop di 6 giorni per la circolazione su ferro, annunciato ieri dal sindacato GDL nell'ambito di una vertenza su salari e rappresentanza con la Deutsche Bahn. A fermarsi saranno prima i treni merci, seguiti da quelli per i passeggeri a partire dalle 2 di martedì. Lo sciopero colpirà tutto il paese e la circolazione riprenderà solo domenica mattina. È l'ottavo proclamato dalla piccola sigla sindacale.
05/05/2015, 21:10
07/05/2015, 16:41
07/05/2015, 20:03
17/05/2015, 18:39
Anche i tedeschi 'piangeranno', invecchiamento popolazione pesa su loro economia
L'economia tedesca "per ora sta bene ma è molto probabile che non durerà ancora a lungo" perché "si atrofizza". La popolazione tedesca "diminuisce rapidamente" e questo peserà fortemente sul Pil nel prossimo futuro. La crescita tedesca dovrebbe rallentare a +1,1% nel 2020, a +0,7% nel 2030 e a +0,5% nel 2060. A sostenerlo è un report di Natixis osservando che la Germania, entro il 2060, dovrebbe perdere circa 10 milioni di abitanti: la popolazione tedesca dovrebbe così passare da 80,8 milioni nel 2013 a 67,6 milioni nel 2060 (-16,3%).
La grande priorità delle autorità tedesche, sottolineano gli analisti della banca francese, "consiste a sostenere l'immigrazione, a incoraggiare il progresso tecnologico e ad accelerare l'investimento".
Anche perché, osservano, rispetto agli altri paesi dell'area dell'euro gli investimenti, negli ultimi quindici anni, "sono stati molto bassi" in Germania: il deficit di investimento annuo si attesta a circa 1,5 del Pil in media. Senza interventi in quella direzione, quindi, "sarà ineludibile un rallentamento della crescita in Germania".
Secondo gli analisti di Natixis "l'immigrazione non riuscirà a colmare questo deficit delle nascite" e la popolazione tedesca dovrebbe attestarsi a 79,2 milioni di abitanti nel 2030 (-2%). Nel miglior dei casi la popolazione tedesca, che comunque dovrebbe crescere ancora nei prossimi 4-7 anni, dovrebbe attestarsi a 82 milioni di abitanti nel 2021.
07/06/2015, 18:18
Sciopero in Germania e Deutsche Post recluta i postini polacchi
La soluzione «alternativa» trovata dal gruppo postale tedesco: reclutare i postini dalla vicina Polonia, che dista circa 100 chilometri da Berlino. Protestano i sindacati
Postini polacchi chiamati in Germania da Deutsche Post per limitare l’impatto degli scioperi. Secondo il giornale «Tagesspiegel» il colosso postale tedesco che conta circa 500 mila dipendenti, dal mese di aprile attraverso la sua divisione DHL paket, sarebbe ricorsa alla vicina Polonia (distante circa 100 chilometri da Berlino) per risolvere il caso degli scioperi che sta rallentando l’attività del gruppo. Da mesi in Germania si susseguono astensioni dal lavoro in molteplici settori: treni e metro, asili nido, compagnie aeree e ora anche le poste. Le mobilitazioni sono state organizzate dal sindacato Verdi per diversi motivi, a partire dalla decisione di creare una nuova divisione pacchi (parcel) con 10 mila nuovi posti di lavoro che però dovrebbero avere una retribuzione inferiore rispetto alla media del gruppo. Deutsche Post è il principale gruppo di poste tedesco, fondato nel 1989 e trasformato in società per azioni nel 1996 (lo Stato Federale controlla l’azienda col 30,5%).
Le pressioni
Nei mesi scorsi l’azienda, secondo quanto riportato dalla France Press, avrebbe persino ingaggiato i suoi funzionari in sostituzione dei postini pur di non bloccare la consegna della posta. Una soluzione duramente contestata dai sindacati che si erano appellati al tribunale senza però avere ragione. Ma il gruppo di logistica non si è fermato: sembra infatti che i dirigenti di Deutsche Post abbiano esercitato pressioni sui precari perché si astenessero dallo sciopero, minacciando di non rinnovargli i contratti. Una questione su cui nei giorni scorsi è intervenuto persino il vicecancelliere, Sigmar Gabriel che, secondo «Sueddeutsche Zeitung», avrebbe scritto ai vertici di Deutsche Post una lettera in cui chiedeva il rispetto dei diritti dei lavoratori. Ora la faccenda dei polacchi: «Abbiamo ricorso provvisoriamente a dei colleghi di DHL Packet della vicina Polonia (e controllata dalla stessa Deutsche Post, ndr)- ha confermato al «Tagesspiegel» un portavoce del gruppo - si tratta di postini esperti che sono volontariamente in servizio nella zona di Berlino». Una soluzione definita «scandalosa e senza precedenti» dal sindacato Verdi.
11/07/2015, 14:35
27/07/2015, 19:23
opinioni
La Germania non è un modello da seguire
Nicolò Cavalli, ricercatore e giornalista
“Il sud Europa deve essere più tedesco?”. La domanda, posta dallo Spiegel nel 2012, ritorna oggi, dopo che la chiusura delle trattative greche ha restituito un mix di riforme e austerità ispirato al cosiddetto consenso Berlino-Washington e un piano di privatizzazioni ritagliato sull’esperienza della riunificazione tedesca. Guidata, alla fine degli anni ottanta, dall’attuale ministro delle finanze di Berlino e dominus delle trattative europee, Wolfgang Schäuble.
Per molti, compreso il premier italiano Matteo Renzi, la risposta è sì. Considerata alla fine degli anni novanta “la malata d’Europa”, da quel momento la Germania non conosce crisi. La sua economia è cresciuta del 10 per cento tra il 2009 e il 2014. Il tasso di disoccupazione è al 4,7 per cento, quello giovanile al 7,1.
L’export supera l’import di circa 300 miliardi di euro all’anno, per un surplus commerciale pari al record dell’8,4 per cento del prodotto interno lordo (pil). Il governo ha ottenuto il pareggio assoluto di bilancio e prevede di abbattere il rapporto debito/pil al 60 per cento entro il 2020.
Un sistema dell’istruzione non competitivo
Eppure, da quindici anni l’economia tedesca ha smesso di investire a tassi accettabili, ipotecando negativamente il suo futuro. All’appello mancano 103 miliardi all’anno, necessari per mantenere stabile lo stock di capitale dell’industria.
Le imprese hanno 500 miliardi chiusi in cassaforte, così l’investimento privato è scesodal 21 per cento del 2000 al 17 per cento del 2013. I governi hanno la loro parte di responsabilità. Nonostante bassi tassi d’interesse sui titoli di stato, che rendono conveniente prendere a prestito, gli investimenti pubblici sono al 2 per cento del pil e servirebbero dieci miliardi in più all’anno per mantenere agibili le infrastrutture in futuro.
La Germania tra cinque anni avrà bisogno di 1,7 milioni di immigrati
Anche il sistema dell’istruzione è colpito dal “divario di investimento”. Le università tedesche non riescono a competere con i migliori atenei al livello globale e rimangono indietro nelle classifiche internazionali. Solo un terzo delle persone tra i 30 e i 34 anni è laureato, una quota inferiore alla media Ocse.
Tutto ciò contribuisce al ritardo del paese nella corsa all’innovazione. Decima nell’Unione europea per livello di digitalizzazione, nel settore la Germania non sforna concorrenti al livello globale dalla fondazione della Sap) nel 1972. Ora che l’information technology aumenta il suo peso nell’industria tradizionale, compresa quella automobilistica, il timore è che questo possa diventare il tallone d’Achille della competitività tedesca.
Ma, quando il governo ha tentato di incoraggiare le iscrizioni all’università, ha generato le resistenze delle imprese manifatturiere, preoccupate dal declino delle immatricolazioni al sistema apprendistato, che oggi rappresenta il principale canale di passaggio scuola-lavoro.
Un paese sempre più anziano
La coperta, d’altro canto, è corta: la fertilità tedesca è la più bassa del mondo, con otto neonati ogni mille abitanti. Nel 2035, le persone di più di 65 anni saranno 24 milioni, con un aumento del 50 per cento. Entro il 2100, ci saranno 25 milioni di tedeschi in meno e la Germania avràcessato di essere la superpotenza demografica d’Europa.
La soluzione, rappresentata fino a questo momento da un vero e proprio boom dell’immigrazione (400mila migranti netti nel solo 2012), è osteggiata in maniera crescente dalla politica, pronta ad alzare barriere anche per chi arriva dagli altri paesi dell’Unione. Eppure, la Germania nel 2020 avrà bisogno di 1,7 milioni di immigrati e, senza un mercato del lavoro in salute, non potrà mantenere a lungo la sua posizione di preminenza economica.
Aiutata dall’euro, Berlino ha potuto esportare verso il resto del mondo quando l’Europa è entrata in crisi
Le riforme Hartz, concluse dai socialdemocratici nel 2005, sono spesso indicate come la ragione del crollo della disoccupazione. In realtà, l’aumento della competitività tedesca è stato generato da una drastica “moderazione salariale”, interrotta solo negli ultimi anni: prima della grande recessione, gli stipendi sono cresciuti meno della produttività, abbassando i costi di produzione e i prezzi dei prodotti.
Questo è stato permesso dalla struttura di contrattazione tra imprese e sindacati più che dalle riforme, che pure hanno contribuito all’abbattimento del potere contrattuale dei lavoratori attraverso una diminuzione dei sussidi di disoccupazione e la creazione di una sacca da cinque milioni di “impiegati marginali” grazie ai cosiddetti minilavori.
L’effetto aggregato è stato l’abbattimento della “quota lavoro” sul reddito nazionale e un aumento della disuguaglianza nella ricchezza fino ai livelli più alti dell’area euro. Oggi, i poveri sono 12,5 milioni – la quota più elevata dalla riunificazione del paese.
Il sistema bancario peggiore del mondo
Aiutata dall’euro, che rende i suoi prodotti più convenienti, la Germania ha potuto esportare verso il resto del mondo (Asia in testa) quando l’Europa è entrata in crisi. Prima di quel momento, il boom dell’export verso i partner del vecchio continente era stato spinto da un intreccio di relazioni finanziarie che faceva perno sul sistema bancario tedesco.
“Uno dei peggiori al mondo”,secondo l’analista Paul Gambles. La scarsa capitalizzazione delle banche, compresa la Deutsche Bank, lascia il sistema vulnerabile a potenziali crolli.
Circa la metà delle piccole banche europee, lasciate fuori dalla supervisione della Bce, si trova proprioin Germania. Si tratta di banche regionali e municipali con un rapporto in molti casi di dipendenza dalla politica. Queste hanno in pancia debiti garantiti dallo stato pari al 145 per cento del pil tedesco, debiti che in futuro potrebbero finire per pesare sul bilancio pubblico.
Questa implicita garanzia di salvataggio ha spinto le banche a comportamenti azzardati per tutti gli anni 2000. Prestando denaro ai paesi periferici a rischio in cerca di facili ritorni, le banche hanno generato un flusso di capitali in grado di alimentare i deficit commerciali dei paesi del Mediterraneo, che riutilizzavano il denaro per comprare beni e servizi tedeschi, stimolando il boom della Germania mentre accumulavano squilibri insostenibili.
L’attacco dell’uomo Bce
Nel 2010, quando il castello di carte è crollato, l’Europa si è affrettata a salvare il sistema bancario trasferendo le potenziali perdite dal bilancio delle banche a quello dell’eurozona nel suo complesso attraverso il sistema Target2.
La stoccata più dura è arrivata nelle scorse settimane da Yves Mersch, uomo della Bce, durante l’assemblea annuale della DZ Bank, quarto gruppo bancario del paese.
Un’economia che non ha abbastanza lavoratori qualificati e che non ristruttura ponti e strade consuma la sua ricchezza e non è credibile quando afferma di voler crescere in maniera dinamica e sostenibile. Una società in cui gli ottantenni aumenteranno del 50 per cento nei prossimi quindici anni rischia di perdere la sua volontà di riformare e di integrare. Questo crea una tendenza a proteggere i diritti acquisiti e a sposare il conservatorismo di una società chiusa. Per questo i governi non dovrebbero solo richiedere riforme altrove ma innanzitutto attuarle nel proprio paese
A Berlino, che secondo le classifiche Ocse negli anni di Angela Merkel è caduta al 28º posto su 34 per propensione alle riforme, saranno fischiate molte orecchie.
I problemi sottolineati da Mersch non sono solamente tedeschi. Ma la soluzione del “consenso Berlino-Washington”, la medicina amara fatta trangugiare a Tsipras, equivale alla richiesta di barattare stabilità domestica con competitività estera.
Il modello è quello di un’eurozona con crescenti disuguaglianze, ampie sacche di disoccupazione soprattutto al sud e salari moderati con il solo scopo di aumentare l’export. Un’idea neomercantilista dell’economia che rischia di porre una pressione recessiva su tutta l’economia globale, dando nello stesso tempo fiato a elementi di destabilizzazione interna al continente.
Quello tedesco non è un modello da seguire.
27/07/2015, 20:26
vimana131 ha scritto:
opinioni
La Germania non è un modello da seguire
Nicolò Cavalli, ricercatore e giornalista
“Il sud Europa deve essere più tedesco?”. La domanda, posta dallo Spiegel nel 2012, ritorna oggi, dopo che la chiusura delle trattative greche ha restituito un mix di riforme e austerità ispirato al cosiddetto consenso Berlino-Washington e un piano di privatizzazioni ritagliato sull’esperienza della riunificazione tedesca. Guidata, alla fine degli anni ottanta, dall’attuale ministro delle finanze di Berlino e dominus delle trattative europee, Wolfgang Schäuble.
Per molti, compreso il premier italiano Matteo Renzi, la risposta è sì. Considerata alla fine degli anni novanta “la malata d’Europa”, da quel momento la Germania non conosce crisi. La sua economia è cresciuta del 10 per cento tra il 2009 e il 2014. Il tasso di disoccupazione è al 4,7 per cento, quello giovanile al 7,1.
L’export supera l’import di circa 300 miliardi di euro all’anno, per un surplus commerciale pari al record dell’8,4 per cento del prodotto interno lordo (pil). Il governo ha ottenuto il pareggio assoluto di bilancio e prevede di abbattere il rapporto debito/pil al 60 per cento entro il 2020.
Un sistema dell’istruzione non competitivo
Eppure, da quindici anni l’economia tedesca ha smesso di investire a tassi accettabili, ipotecando negativamente il suo futuro. All’appello mancano 103 miliardi all’anno, necessari per mantenere stabile lo stock di capitale dell’industria.
Le imprese hanno 500 miliardi chiusi in cassaforte, così l’investimento privato è scesodal 21 per cento del 2000 al 17 per cento del 2013. I governi hanno la loro parte di responsabilità. Nonostante bassi tassi d’interesse sui titoli di stato, che rendono conveniente prendere a prestito, gli investimenti pubblici sono al 2 per cento del pil e servirebbero dieci miliardi in più all’anno per mantenere agibili le infrastrutture in futuro.
La Germania tra cinque anni avrà bisogno di 1,7 milioni di immigrati
Anche il sistema dell’istruzione è colpito dal “divario di investimento”. Le università tedesche non riescono a competere con i migliori atenei al livello globale e rimangono indietro nelle classifiche internazionali. Solo un terzo delle persone tra i 30 e i 34 anni è laureato, una quota inferiore alla media Ocse.
Tutto ciò contribuisce al ritardo del paese nella corsa all’innovazione. Decima nell’Unione europea per livello di digitalizzazione, nel settore la Germania non sforna concorrenti al livello globale dalla fondazione della Sap) nel 1972. Ora che l’information technology aumenta il suo peso nell’industria tradizionale, compresa quella automobilistica, il timore è che questo possa diventare il tallone d’Achille della competitività tedesca.
Ma, quando il governo ha tentato di incoraggiare le iscrizioni all’università, ha generato le resistenze delle imprese manifatturiere, preoccupate dal declino delle immatricolazioni al sistema apprendistato, che oggi rappresenta il principale canale di passaggio scuola-lavoro.
Un paese sempre più anziano
La coperta, d’altro canto, è corta: la fertilità tedesca è la più bassa del mondo, con otto neonati ogni mille abitanti. Nel 2035, le persone di più di 65 anni saranno 24 milioni, con un aumento del 50 per cento. Entro il 2100, ci saranno 25 milioni di tedeschi in meno e la Germania avràcessato di essere la superpotenza demografica d’Europa.
La soluzione, rappresentata fino a questo momento da un vero e proprio boom dell’immigrazione (400mila migranti netti nel solo 2012), è osteggiata in maniera crescente dalla politica, pronta ad alzare barriere anche per chi arriva dagli altri paesi dell’Unione. Eppure, la Germania nel 2020 avrà bisogno di 1,7 milioni di immigrati e, senza un mercato del lavoro in salute, non potrà mantenere a lungo la sua posizione di preminenza economica.
Aiutata dall’euro, Berlino ha potuto esportare verso il resto del mondo quando l’Europa è entrata in crisi
Le riforme Hartz, concluse dai socialdemocratici nel 2005, sono spesso indicate come la ragione del crollo della disoccupazione. In realtà, l’aumento della competitività tedesca è stato generato da una drastica “moderazione salariale”, interrotta solo negli ultimi anni: prima della grande recessione, gli stipendi sono cresciuti meno della produttività, abbassando i costi di produzione e i prezzi dei prodotti.
Questo è stato permesso dalla struttura di contrattazione tra imprese e sindacati più che dalle riforme, che pure hanno contribuito all’abbattimento del potere contrattuale dei lavoratori attraverso una diminuzione dei sussidi di disoccupazione e la creazione di una sacca da cinque milioni di “impiegati marginali” grazie ai cosiddetti minilavori.
L’effetto aggregato è stato l’abbattimento della “quota lavoro” sul reddito nazionale e un aumento della disuguaglianza nella ricchezza fino ai livelli più alti dell’area euro. Oggi, i poveri sono 12,5 milioni – la quota più elevata dalla riunificazione del paese.
Il sistema bancario peggiore del mondo
Aiutata dall’euro, che rende i suoi prodotti più convenienti, la Germania ha potuto esportare verso il resto del mondo (Asia in testa) quando l’Europa è entrata in crisi. Prima di quel momento, il boom dell’export verso i partner del vecchio continente era stato spinto da un intreccio di relazioni finanziarie che faceva perno sul sistema bancario tedesco.
“Uno dei peggiori al mondo”,secondo l’analista Paul Gambles. La scarsa capitalizzazione delle banche, compresa la Deutsche Bank, lascia il sistema vulnerabile a potenziali crolli.
Circa la metà delle piccole banche europee, lasciate fuori dalla supervisione della Bce, si trova proprioin Germania. Si tratta di banche regionali e municipali con un rapporto in molti casi di dipendenza dalla politica. Queste hanno in pancia debiti garantiti dallo stato pari al 145 per cento del pil tedesco, debiti che in futuro potrebbero finire per pesare sul bilancio pubblico.
Questa implicita garanzia di salvataggio ha spinto le banche a comportamenti azzardati per tutti gli anni 2000. Prestando denaro ai paesi periferici a rischio in cerca di facili ritorni, le banche hanno generato un flusso di capitali in grado di alimentare i deficit commerciali dei paesi del Mediterraneo, che riutilizzavano il denaro per comprare beni e servizi tedeschi, stimolando il boom della Germania mentre accumulavano squilibri insostenibili.
L’attacco dell’uomo Bce
Nel 2010, quando il castello di carte è crollato, l’Europa si è affrettata a salvare il sistema bancario trasferendo le potenziali perdite dal bilancio delle banche a quello dell’eurozona nel suo complesso attraverso il sistema Target2.
La stoccata più dura è arrivata nelle scorse settimane da Yves Mersch, uomo della Bce, durante l’assemblea annuale della DZ Bank, quarto gruppo bancario del paese.
Un’economia che non ha abbastanza lavoratori qualificati e che non ristruttura ponti e strade consuma la sua ricchezza e non è credibile quando afferma di voler crescere in maniera dinamica e sostenibile. Una società in cui gli ottantenni aumenteranno del 50 per cento nei prossimi quindici anni rischia di perdere la sua volontà di riformare e di integrare. Questo crea una tendenza a proteggere i diritti acquisiti e a sposare il conservatorismo di una società chiusa. Per questo i governi non dovrebbero solo richiedere riforme altrove ma innanzitutto attuarle nel proprio paese
A Berlino, che secondo le classifiche Ocse negli anni di Angela Merkel è caduta al 28º posto su 34 per propensione alle riforme, saranno fischiate molte orecchie.
I problemi sottolineati da Mersch non sono solamente tedeschi. Ma la soluzione del “consenso Berlino-Washington”, la medicina amara fatta trangugiare a Tsipras, equivale alla richiesta di barattare stabilità domestica con competitività estera.
Il modello è quello di un’eurozona con crescenti disuguaglianze, ampie sacche di disoccupazione soprattutto al sud e salari moderati con il solo scopo di aumentare l’export. Un’idea neomercantilista dell’economia che rischia di porre una pressione recessiva su tutta l’economia globale, dando nello stesso tempo fiato a elementi di destabilizzazione interna al continente.
Quello tedesco non è un modello da seguire.
http://www.internazionale.it/opinione/n ... a-successo