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Marziano
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 Oggetto del messaggio: Palermo invasa dai rifiuti
MessaggioInviato: 01/10/2009, 11:33 
e di chi sarebbe la colpa adesso?
della sinistra o della mafia?

http://www.lastampa.it/redazione/cmsSez ... girata.asp

Netturbini, il potere forte di Palermo



Palermo invasa dai rifiuti, caos e rabbia in strada


Un esercito composto da
2700 operatori ecologici
LIRIO ABBATE
PALERMO
I netturbini restano in ufficio, mentre nelle strade della città l’altezza delle montagne di spazzatura cresce. E il pericolo di infezioni aumenta. Ma loro non mettono piede fuori dalla sede dell’Amia, l’azienda per la raccolta dei rifiuti di cui è socio unico il Comune di Palermo, perché sostengono che non hanno mezzi e strumenti sicuri per lavorare. I netturbini a Palermo sono 2700, una gran massa di operai che supera i fabbisogni della città, che ha pure il potere di mettere in ginocchio i palermitani per i disagi che provocano ai cittadini. Alla vigilia delle elezioni regionali del 2008 all’Amia sono stati assunti gli ultimi 800 spazzini, e qualche anno prima, per le Comunali, un altro gruppetto aveva fatto il proprio ingresso nell’azienda, sempre per chiamata diretta.

Gli spazzini a Palermo sono sempre stati «forti» dal punto di vista contrattuale. Soprattutto chi gestiva gran parte di loro. Per anni, infatti, l’ex municipalizzata è stata guidata dagli uomini più fidati di Vito Ciancimino, l’ex sindaco mafioso di Palermo, il quale decideva direttamente appalti e assunzioni. A don Vito questa società consentiva di controllare il territorio della città con l’organizzazione delle squadre degli operai e la raccolta notturna dei rifiuti. Ne veniva fuori un intreccio perverso tra mafia e pubblica amministrazione. Erano gli anni Ottanta. E già allora le battaglie su questi fronti furono violentissime. In prima linea da un lato c’erano schierati il Pci, intellettuali della sinistra e il giornale L’Ora. Dall’altra la Dc di Lima e Gioia parlava di strumentalizzazioni politiche. Anche allora chi veniva chiamato in causa replicava con il rituale: fuori i nomi. Attorno, però, regnava il silenzio e la magistratura non interveniva. O quando proprio non ne poteva fare a meno, apriva un’inchiesta che poi veniva insabbiata. Poi, dal pentito Buscetta in avanti, con i processi alla mafia, il sistema si è poco sgretolato. E sul finire degli anni Ottanta non si può dimenticare che più di cento netturbini sono finiti sotto processo perché usavano l’azienda come una «cosa loro»: picchiando dirigenti e assentandosi dal lavoro. E con loro finì sotto inchiesta anche l’allora presidente della municipalizzata che aveva concesso premi di produttività ai dipendenti dal 1983 al 1985, mentre in realtà la città era assediata - come oggi - dai rifiuti. Erano netturbini che avevano sabotato il servizio di raccolta dei rifiuti e l’indagine della magistratura prese il via dopo la coraggiosa denuncia del consiglio di amministrazione. E in quel processo si è scoperto come gli spazzini picchiavano i dirigenti che denunciavano irregolarità nei servizi e gli assenteisti, o quelli che impedivano l’uscita degli automezzi per la raccolta della monnezza.

Era stato anche il pentito Totuccio Contorno a parlare delle infiltrazioni di Cosa nostra nell’ex municipalizzata e dei criteri di reclutamento del personale. Interessi, conflitti, inefficienze che all’epoca venivano denunciati anche dall’interno dell’azienda, come nel caso di un consigliere di amministrazione, Mario Moncada, che in un esposto alla magistratura aveva parlato negli anni Ottanta di spreco di denaro pubblico e dell’impossibilità di assicurare un decente servizio alla città, non per la mancanza di mezzi ma per l’irresponsabile comportamento di un gruppo di dipendenti che impediva una nuova organizzazione del lavoro. E nel 1987 il capogruppo del Pci al Comune, Elio Sanfilippo, dichiarava ai magistrati che «non è possibile studiare ed imporre una razionale organizzazione del servizio perché all’Amia comanda la mafia». Adesso sui conti dell’Amia c’è un bunco da 150 milioni di euro provocato dalla passata gestione. Il nuovo presidente, Marcello Caruso, che non ha colpa del passato, è in grandi difficoltà perché non può pagare nemmeno una tuta nuova agli operai. Mancano i soldi, nonostante alcuni mesi fa il governo ha destinato 80 milioni di euro per coprire la falla. L’ex presidente, Vincenzo Galioto, oggi senatore Pdl, durante la sua gestione si è pure scoperto che effettuava viaggi a Dubai a spese dell’azienda, spendendo migliaia di euro per notti in alberghi di lusso e cene nei migliori ristoranti.

Per tentare di risolvere l’emergenza, è arrivato ieri pomeriggio a Palermo il sottosegretario alla Protezione civile, Guido Bertolaso, che ha tenuto una lunga riunione in Prefettura. «Se il Cda non verrà dotato dei mezzi per ripristinare l’ordinario e ristrutturare i conti dell’azienda, sono pronto a dimettermi», ha detto il presidente dell’Amia, Marcello Caruso, che ha incontrato Bertolaso. Caruso si è detto «fiducioso» in merito agli esiti dell’incontro avuto con i sindacalisti dei dipendenti dell’Amia che stanno attuando una sorta di sciopero bianco rivendicando la disponibilità degli strumenti di lavoro imposti dalla legge. «Mi auspico - ha concluso - che già dal primo turno serale i lavoratori diano un segnale di responsabilità e di amore per la città. Li ho rassicurati che non ci saranno licenziamenti, che gli stipendi saranno pagati e che non ci saranno riduzioni degli orari di lavoro».



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MessaggioInviato: 01/10/2009, 15:28 
Certo stavolta, non possiamo prendercela con Iervolino e Bassolino. Ragazzi gli interessi sono sempre gli stessi. Non ho dati precisi ma pare che a Napoli per l'emergenza rifiiuti non so quante assunzioni di LSU ci siano state e dietro i LSU ci sono i soliti interessi. Gente che non deve lavorare e che viene pagata e che è il primo anello del voto di scambio.
O almeno uno degli anelli.



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