Ieri sera guardando voyager,mi ha colpito molto la storia di questo bambino scozzese,voi cosa ne pensate?
Cameron è un bambino scozzese di sei anni, caschetto biondo e occhi azzurri. E’ un bambino come tanti: gli piace ridere, giocare con gli amici e disegnare.
All’asilo, racconta sua madre, iniziò a disegnare la sua casa. Era una villa bianca che si affacciava sul mare; sulla spiaggia c’era un cane maculato e, parcheggiata, un’auto nera. Molto strano, pensò la madre: la famiglia viveva a Clydebank, vicino a Glasgow, e dalla finestra della stanza del bambino non si vedevano che mattoni rossi. Nessuna spiaggia, nessun mare, nessun cane maculato e nessuna auto nera. Da quando aveva due anni il piccolo iniziò a raccontare i particolari di quella che riteneva essere la sua vita precedente e la madre iniziò a preoccuparsi seriamente.
Cameron si ricorda di una vita trascorsa a Barre, un’isola a 300 chilometri dalla sua attuale casa. Giocava sulla scogliera col cane, viaggiava molto con la famiglia: ricorda i suoi fratelli, sua madre e suo padre -un certo Shane Robertson- morto sulle strisce pedonali. Cameron non ha mai visto Barre nella sua attuale vita ma, col tempo, cresce in lui un desiderio di rivederla. A sei anni comincia a piangere per la nostalgia dei luoghi a cui era tanto affezionato. La famiglia decide allora di assecondare il suo desiderio, dopo i molti capricci e dopo l’interessamento al caso di una casa di produzione cinematografica in cerca di storie di reincarnati.
La famiglia, con telecamera e psichiatra al seguito, giunge finalmente sull’isola e, dopo un po’ di ricerche, trova una casa bianca che ha tutte le carte in regola per essere la vecchia abitazione di cui parla sempre Cameron. Il piccolo, che di solito è molto espansivo e chiacchierone, ammutolisce di colpo alla vista. E’ tutto come nei suoi ricordi: le stanze, i tre bagni, il cancelletto, il sentiero che porta in spiaggia, il mare… E’ un tuffo in un mare di ricordi che non lo possono lasciare indifferente.
La villa di Cameron, a Barre
Si effettuano delle ricerche, nel frattempo, per saperne di più del Shane Robertson che il piccolo ha indicato come suo padre: nessuno Shane, anche se in effetti una famiglia Robertson trascorse molte vacanze proprio in quel posto, una quarantina di anni fa. Cameron riconosce nelle foto il cane maculato e la grande auto nera che gli era rimasta impressa nella mente. Vorrebbe far conoscere alla sua nuova famiglia i suoi vecchi compagni, ma è tutto inutile: di loro non c’è alcuna traccia.
Cameron torna quindi alla vita di tutti i giorni, sereno e felice per avere almeno avuto la possibilità di trascorrere di nuovo un po’ di tempo nella sua Barre. Ora il suo caso ha fatto il giro del mondo e saltano allo scoperto molti altri bambini con ricordi di vite precedenti.
La spiegazione scientifica a tutto ciò non esiste. Lo psichiatra che si è interessato a Cameron avanza un’ipotesi che perfino lui trova assurda: Cameron avrebbe lo stesso corredo genetico del bambino di Barre. I ricordi racchiusi nel DNA di una persona, ancora prima di nascere: una congettura strampalata per una storia che di ordinario ha davvero poco.
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