Nel "fondo" del Fatto a firma di Travaglio, la storia di come dopo aver censurato la notizia delle rivelazioni di Spatuzza sul ruolo di Schifani nel rapporto mafia-politica, la stampa italiana ora è costretta a censurare anche i comunicati in materia diramati dallo stesso Schifani!
Un Lodo Schifani
de facto?
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Censurano perfino lui
di Marco Travaglio
Sempre più difficile. Dopo aver censurato lo
scoop dell’E s p re s s o sulle nuove accuse di mafia
lanciate da Spatuzza a Schifani, la libera stampa
italiana si è vista costretta a censurare anche la
replica del presidente del Senato alle accuse di
Spatuzza. E’ tutto collegato, come spiegava il mitico
professor Sassaroli all’architetto Melandri che chiedeva
la mano di sua moglie Donatella nel film Amici miei,
sbolognandogli tutto il cucuzzaro: “Vede, è tutta una
catena di affetti che né io né lei possiamo spezzare. Lei
ama mia moglie. Mia moglie è affezionata alla bestia, il
cane Birillo, che mangia un chilo di macinato al giorno,
un chilo e mezzo di riso e ogni mattina bisogna portarlo
a orinare alle 5 sennò le inonda la casa. Birillo adora le
bambine. Le bambine sono attaccatissime alla
governante, tedesca, due anni di contratto, severissima,
in uniforme. Insomma, chi si prende Donatella si
prende per forza tutto il blocco”. Ecco, chi censura lo
scoop dell’E s p re s s o innesca una catena di censure che
nessuno può spezzare: gli tocca censurare tutto il
blocco. Spatuzza dice che Schifani era il trait d’union tra
i Graviano e Berlusconi & Dell’Utri. In un colpo solo si
beve il presidente del Senato, il presidente del Consiglio
e il senatore che inventò Forza Italia. Passi per Dell’Utr i
e i Graviano, che ci sono abituati: ma come si fa a dare
una notizia che accosta B. e Schifani a Cosa Nostra
senz’aver mai scritto un rigo in materia? Dandola, si
dovrebbe accompagnarla con un commentino, tipo
quello in cui tre mesi fa un giornale a caso, il Corr iere
della sera, chiedeva conto e ragione a Di Pietro di una
foto del ’92 che lo ritraeva a cena con una decina di
ufficiali dei carabinieri e con Bruno Contrada, all’epoca
numero 3 del Sisde e non ancora arrestato per mafia. O
tipo quello in cui un mese fa un giornale a caso, il
Corriere della sera, chiedeva conto e ragione al presidente
della Camera Fini di un alloggetto affittato dal cognato a
Montecarlo. E una richiesta di spiegazioni a Schifani e a
B. non basterebbe ancora a pareggiare il conto, visto
che è impossibile paragonare un’inchiesta per mafia
con una foto con Contrada e con un alloggetto di 65
metri quadri. Dopodichè un giornale a caso – poniamo
sempre il Corr iere, ma anche Repubblica–d ov re bb e ro
spiegare perché attaccarono un giornalista, di cui ci
sfugge il nome, che due anni fa raccontò in tv
gl’imbarazzanti trascorsi societari di Schifani con vari
tipetti poi condannati per mafia. Meglio dunque
ignorare la notizia (come fa il Corr iere) o nasconderla in
un trafiletto a pagina 25 (come fa Repubblica). E,
l’indomani, censurare il comunicato di risposta del
presidente del Senato (come fanno sia il Corr iere sia
Repubblica sia tutti gli altri giornali e tg d’Italia, a parte Il
Fatto ). Tutto ciò avviene in una sedicente democrazia
dove, non appena un politico tira una scoreggina,
emette un ruttino, dichiara che oggi piove o tira vento,
plotoni di telecamere e cronisti da riporto si
precipitano a raccogliere e a rilanciare urbi et orbi la
scoreggina, il ruttino e la dichiarazione. Anni fa Schifani,
allora capogruppo di Forza Italia, diramò un
comunicato per rivelare che, non trovando un tavolo
libero al ristorante, aveva “fatto la coda come un
cittadino qualunque”. Notizia epocale, subito ripresa
con ampio risalto dal Corr iere. Di recente, quando un
lieve terremoto ha scosso le isole Eolie, giornali e tg
pendevano letteralmente dalle labbra dello Schifani,
che in quel momento passava di lì sul suo veliero, a
riprova del fatto che le disgrazie non vengono mai sole.
Poi la seconda carica dello Stato chiede di essere
interrogata dalla Procura di Palermo sulle accuse di
mafia che gli lancia Spatuzza e nessun organo
d’informazione lo scrive, così nessun cittadino lo viene
a sapere, salvo i fortunati lettori del nostro giornale.
Gentile presidente del Senato, accetti un consiglio da
amici: la prossima volta che vuol parlare dei suoi
rapporti con la mafia, lasci perdere i comunicati
stampa. Ci dia un colpo di telefono: facciamo prima.