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 Oggetto del messaggio: ARCHEOLOGIA MISTERIOSA: LA TORINO DEGLI DEI
MessaggioInviato: 01/05/2011, 22:06 
ARCHEOLOGIA MISTERIOSA: LA TORINO DEGLI DEI

qualche tempo mi sono appassionato di quella branca dell'archeologia non riconosciuta dalla scienza ufficiale, la cosidetta “archeologia misteriosa”, essa studia il rapporto tra i testi sacri e la storia reale ed identifica una razza di DEI creatori del genere umano tramite “ingegneria genetica”.


A cura di Fabio Borello


Il maestro del genere è sicuramente “Zecharia Sitchin”, ma molti altri hanno scritto e sviluppato testi sull'argomento, tra tutti ricorderò Alan F. Alford ed il torinese Peter Kolosimo come “ispiratori” dei miei studi. Citerò i suddetti autori solo per quanto necessario a capire le mie teorie e supposizioni sulla nascita della prima capitale d'Italia.


TORINO E I CELTI

Secondo la storia ufficiale, si comincia a parlare di Torino a partire dal III secolo a.c., in riferimento a uno o più villaggi di un popolo celto-ligure conosciuto con il nome di Taurini che occupava anche le valli di Susa e di Lanzo. Secondoalcune fonti, uno di questi insediamenti (Taurasia) avrebbe ostacolato la marcia di Annibale nel suo attacco a Roma attraverso le Alpi,resistendogli per ben tre giorni.
L'origine vera e propria della città può essere comunque fatta risalire al castrum costruito durante le guerre galliche di Giulio Cesare. Nel 28 a.c. fu eretta a colonia con il nome di Julia augusta Taurinorum, da cui deriverà poi il nome moderno: Torino. Nel 312, per la successione alla carica di imperatore romano, si svolse la Battaglia di Torino tra le truppe di Massenzio e quelle di Costantino che poi ne uscì vincitore.
Io credo in realtà che i celti taurini abbiano occupato delle terre già abitate in passato e poi abbandonate e che la VERA fondazione della città debba essere fatta slittare indietro tra il 2500 ed il 2000 a.c. E piano piano scopriremo il perchè...
Ma andiamo per gradi; Taurasia era la capitale dell'insediamento celtico, ben poco rimane oggi in città di questa fase della storia, ma le valli che circondano Torino sono ricche di testimonianze di questo antico popolo disceso dalla zona della Baviera per popolare la zona piemontese, purtroppo non si riesce a dare con certezza un inizio dell'occupazione celtica di queste terre, essi però si tramandavano una leggenda che narrava l'ottenimento della conoscenza e la creazione di una città mitica, ovvero la città di RAMA.
Le antiche cronache della Valle di Susa, in Piemonte, riportano l'esistenza in epoche remote della città ciclopica di Rama che dalle descrizioni sembrerebbe assomigliare alle città delle fortezze megalitiche peruviane e dell'Oceania. Le leggende dei secoli successivi aggiungono che questa mitica città era il luogo dove veniva conservato il Graal.
L'antica leggenda si riferisce al mito della caduta di Fetonte. Narra di un dio disceso dal cielo che si avvaleva dell'aiuto di assistenti di metallo dorato. Durante la sua permanenza tra gli uomini insegnò loro i segreti della fusione dei metalli della scienza, dell'astronomia ecc. In seguito provvide a fondere una grande ruota d'oro forata ricavandola dal metallo del carro divino con cui trasmettere la sua conoscenza all'umanità.
Quando il dio ritornò in cielo lasciò uno dei suoi aiutanti dorati che assistesse gli uomini che avevano raccolto i suoi insegnamenti.
Le leggende riportano che una delle proprietà della creatura di metallo dorato era quella di assumere varie forme a suo piacimento. Una sua traccia è ravvisabile nella leggenda medievale che riporta di una grande caverna, posta all'interno del monte Musinè, in cui questa creatura "mutaforma", con l'aspetto di una grande drago d'oro, proteggeva una luminosa gemma verde dagli immensi poteri.
Il mito della città è sopravvissuto ai secoli per via delle tradizioni orali del druidismo locale e grazie ai ricercatori di inizio secolo che hanno raccolto dati di prima mano e conferme documentate della sua esistenza.
La città megalitica di Rama si ergeva sulle falde della montagna del Roc Maol, l'antico nome del Rocciamelone, la cui vetta era stata sede di vari culti antichi tra cui per ultimo il culto di Giove. La città era stata costruita con l'uso di grandi blocchi di pietra. Le sue mura ciclopiche si snodavano per circa 27 chilometri e i suoi immensi portici in pietra si sviluppavano, per tutta la lunghezza della valle, sulla direttrice delle cittadine di Bruzolo-Chianocco-Foresto sulle rive del fiume Dora.

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I megaliti della Valle di Lanzo



Rama non era l'unica grande costruzione in pietra, ma faceva parte di un immenso agglomerato urbano di costruzioni minori che si estendeva dalla città di Susa alle porte dell'attuale città di Torino. Rama era la vera e sola città esistente allora, la sede pacifica e intellettuale di un popolo misterioso.
Le antiche leggende della Valle di Susa collegano la città di Rama al mito del Graal e alcune leggende riportano che essa lo custodiva protetto dai suoi misteriosi abitanti. Nella stessa maniera con cui sopravvivono ancora oggi le leggende e i reperti storici legati al mito di Rama sopravvivono in Piemonte molte testimonianze culturali e storiche della presenza locale del Graal.
Ne è un esempio la leggenda di San Eldrado che riecheggia un evidente legame con la figura di Merlino e con il ciclo arturiano del Graal. La leggenda si riferisce alle vicende di un nobile e ricco signore provenzale divenuto monaco e responsabile dell'Abbazia di Novalesa che raccolse fama di gran santità per le sue opere e per i suoi miracoli. Le tradizioni valligiane narrano che il Graal sotto forma di uno smeraldo sarebbe ancora nascosto in una grotta posta nel cuore del monte Musiné. A difesa del luogo ci sarebbe un enorme drago tutto d'oro pronto a distruggere con il suo fiato infuocato ogni intruso che tentasse di avventurarsi all'interno delle grande caverna.
Da questa descrizione sembrerebbe tutt'altro che un insediamento celtico,l'insediamento abitativo tipico dei Celti infatti, è quello comunemente indicato dagli archeologi come "fortezza di collina": si tratta di città, in genere di modeste dimensioni, costruite sulla sommità di un'altura che ne rende facile la difesa. Tale schema, tipicamente indoeuropeo, è riscontrabile in quasi tutte le aree occupate storicamente da popolazioni di tale filiazione.
La tecnica costruttiva impiegata dai Celti nelle fortificazione delle loro cittadelle era quella definita dai Romani murus gallicus. Cesare, nel De bello Gallico, lo descrive come una struttura composta da un'intelaiatura lignea e riempimenti di sassi; tutto ciò non ha nulla a che vedere con città ciclopiche peruviane e dell'Oceania!




LA CITTA' DI RAMA


Quindi, chi ha costruito Rama?
Prima di rispondere a questa domanda dovremmo chiederci se davvero esisteva e dove fosse, la leggenda della città è legata al mito platonico di Fetonte e dice: “Una vasta regione, che oggi si estende dal Piemonte alla Savoia e alla Provenza fino a raggiungere la Liguria e la Valle d’Aosta, è stata testimone di eventi straordinari che rappresentano le radici culturali di queste stesse terre e di tutto il
continente europeo. Le leggende e le tradizioni di tutta Europa parlano della caduta dal cielo, nell’area della Valle di Susa, di un oggetto di origine divina, portatore di conoscenza sulla Terra, che avrebbe dato il via ad una tradizione iniziatica ancora esistente nel nostro tempo. Queste leggende sembrano coincidere con il mito greco dei primi Dei che, come dice Platone, si divisero il nostro mondo in precise aree e le organizzarono per poter donare la loro conoscenza alle creature di allora. Mito che sembra riecheggiare quello aborigeno riguardante la venuta sulla Terra, in tempi antichi, dei Signori della fiamma che diedero vita al ‘Dreamtime’, la loro dimensione segreta di vita, modificando l’ambiente del pianeta per adattarlo ai bisogni degli esseri umani.


Le leggende europee, confermando la narrazione di Platone circa gli dei che si spartirono la Terra per allevare gli uomini, raccontano che in questa vasta zona la caduta dell’oggetto diede vita ad un ‘recinto’, un’area protetta, in cui gli esseri viventi dell’epoca poterono accedere a conoscenze profonde della conoscenza e dello spirito. Qui nacquero le scuole iniziatiche grandi saggi che diedero vita alle tradizioni che si diffusero poi in tutta Europa e che continuerebbero ancora nel nostro tempo.
L’evento riguardante la caduta dell’oggetto di natura divina è riportato nella tradizione ellenica dalla leggenda di Fetonte, figlio del re Sole, il quale, non sapendo guidare il carro celeste del padre, si sarebbe schiantato al suolo. Gli uomini, rinvenuti i resti del carro celeste, avrebbero tratto da essi la conoscenza divina che conteneva.
Nelle Metamorfosi di Ovidio, poeta latino di Salumona vissuto intorno al 30 a.C., il testo cita l’avventura di Fetonte, che salì sul carro del padre per provare a guidarlo pur essendone incapace, e finì per perdere il controllo del mezzo celeste. Così si avvicinò troppo alla Terra che cominciò ad incendiarsi. Zeus, accortosi di ciò che stava accadendo, per salvare la Terra dalla distruzione provocata dal calore emanato dal carro solare lanciò un fulmine sul figlio. Fetonte fu così sbalzato dal carro celeste e cadde sulla Terra precipitando nel fiume Eridano, l’antico nome del Po. La tradizione druidica vuole che il carro di Fetonte sia caduto in un luogo che si trovava all’incontro di due grandi fiumi, nella zona dove oggi si uniscono la Dora e il Po. Una zona identificabile nell’area che comprende l’attuale città di Torino e parte
della Valle di Susa.
Fa eco al mito di Fetonte quello relativo alla discesa del Graal. Il mito narra in termini di allegoria antropomorfa la vicenda di una creatura semidivina che in tempi molto antichi precipitò dal cielo finendo per cadere sulla Terra. Nella caduta, lo smeraldo che adornava la sua fronte si staccò precipitando al suolo. Altre creature semidivine lo raccolsero modellandolo in forma di coppa e lo consegnarono ad Adamo nell’Eden, al fine che lo custodisse e se ne avvantaggiasse. Quando Adamo dovette abbandonare l’Eden, portò la coppa con sé. Attraverso la sua discendenza, la coppa del Graal giunse nelle mani di Osiride, dio tutelare dell’Egitto. Quando Osiride fu ucciso a sua volta per mano di Set e il suo corpo venne da questi smembrato e disperso per tutta la terra, la coppa andò perduta. Così gli uomini persero la loro preziosa fonte di conoscenza.


Molti secoli più tardi, nella città di Camelot in Armonica, re Artù, aiutato dal druido Merlino, radunò dodici cavalieri, riunendoli in cerchio attorno alla nota Tavola Rotonda, con lo scopo di ritrovare la preziosa coppa del Graal. Riportata la coppa a Camelot, re Artù cercò di utilizzarla per costruire un nuovo Eden, ma non tutti i cavalieri erano capaci di sostenere la conoscenza che essa conteneva, tanto che il Graal appariva e scompariva nel centro vuoto della Tavola Rotonda. La ricerca moderna del Graal ha coinvolto organizzazioni iniziatiche di ogni genere, dai Templari sino ai gruppi esoterici più disparati. Gli alchimisti di ogni tempo, nel segreto dei loro ‘athanor’, i fornelli alchemici in cui si
trasmutavano le qualità dello spirito, cercarono di riprodurre la pietra filosofale che avrebbe consentito di accedere al segreto della ‘lapis exillis’, la ‘pietra di conoscenza caduta dal cielo’.


Platone, in merito alla leggenda di Fetonte, che si riallaccia a quella del Graal, sostiene che essa, come tutte le leggende, non è altro che una favola che nasconde un vero significato, ovvero la narrazione della caduta di uno dei tanti oggetti (potremmo identificarli come asteroidi) che navigano attorno alla Terra e che ogni tanto, a caso, cadono su di essa provocando morti e distruzioni.


In effetti, se si osservano le foto satellitari eseguite sul nord Europa, si può scorgere sul suolo piemontese l’impronta livellata dal tempo di un antico impatto avvenuto presumibilmente milioni di anni fa. In un’epoca in cui probabilmente vivevano ancora i dinosauri, prima della loro scomparsa. Ma come valutare questo dato? Secondo la scienza a quel tempo non doveva ancora esistere la specie umana. Come ha fatto a sopravvivere il ricordo dell’accaduto’ Chi ha perpetuato la narrazione di quello straordinario evento? Esistevano forse altre forme di vita intelligente che poi trasmisero le loro conoscenze alla successiva umanità?
C’è anche da chiedersi per quale motivo, trattandosi solo della caduta di un asteroide, l’antica tradizione abbia attribuito a quell’oggetto un significato riferito a duna fonte di conoscenza. Non va dimenticato che la parola Graal, secondo gli alchimisti medievali, è in realtà l’acronimo di ’Gnosis Recepita Ab Antiqua Luce’. E’ indubbio che questa zona dell’Europa fu teatro di un evento di portata significativa per le creature viventi di quei tempi ed esercitò un richiamo di interesse mistico per molte altre creature di tutti i tempi e di ogni luogo del continente.
Alcuni autori riportano ad esempio che, molti secoli più tardi, giunse in visita addirittura un principe egizio. Racconto riportato anche in un testo del 1679, ‘Historia Augusta Città di Torino’, ad opera del conte Emanuele Thesauro, dedicato al Reggente del Ducato sabaudo. In quest’opera si narra che un principe egizio, fratello di Osiride, detentore del segreto del Graal, venne in questi luoghi dall’Egitto con il suo esercito personale per impiantarvi una colonia.

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La misteriosa Pera Crevolà, (Val di Susa) vuol dire pietra bucherellata nel dialetto locale, è situata nel comune di Mattie (TO)



Sempre secondo la leggenda fu proprio questo personaggio ad introdurre in zona il culto del dio Api, il toro divino dell’antico Egitto, da cui prese il nome la popolazione dei Taurini e la stessa città di Torino sorta secoli dopo. In quest’opera, al principe egizio che morì annegato nel Po durante una corsa forsennata su una quadriga, fu dato il nome di Fetonte Eridano. Dopo la sua morte il suo nome venne dato al fiume dove era perito e che corrisponde all’attuale Po.
Non si deve dimenticare che proprio nella Valle di Susa, subito dopo il diluvio ricordato in tutte le tradizioni del pianeta,e presumibilmente dopo la scomparsa della grande civiltà del bacino del Mar Nero, venne edificata la misteriosa città ciclopica di Rama.
Le antiche cronache della Valle di Susa, nel nord Italia, riportano l’esistenza, in epoche remote, di una città ciclopica chiamata Rama.
La città, dalle descrizioni, potrebbe assomigliare alle fortezze megalitiche peruviane e dell’Oceania. Le leggende dei secoli successivi aggiungono che questa mitica città fu uno dei luoghi dove venne conservato per un certo periodo il Graal.
Il mito della città sopravvisse ai secoli a mezzo delle tradizioni orali del druidismo locale e grazie ai ricercatori di inizio secolo che raccolsero dati di prima mano e conferme documentate della sua esistenza. Secondo queste testimonianze, la città megalitica di Rama si ergeva sulle falde della montagna Ròch Màol, l’antico nome del Monte Rocciamelone, la cui vetta era stata sede di culti antichi tra cui per ultimo il culto di Giove. La città era stata costruita con l’uso di grandi blocchi di pietra. Le mura ciclopiche si snodavano per circa 27 chilometri e i suoi immensi portici in pietra si sviluppavano, per tutta la lunghezza della valle, sulla direttrice delle cittadine di Bussoleno, Chianocco e Foresto, sulle rive del fiume Dora.
Rama non era l’unica grande costruzione in pietra, ma faceva parte di un immenso agglomerato urbano di costruzioni minori che si estendeva dalla città di Susa alle porte dell’attuale città di Torino. Rama era la vera e sola città esistente allora, la sede pacifica ed intellettuale di un popolo misterioso.
Sulla sommità del Ròch Màol, la montagna su cui si appoggiavano le mura della città, era posto l’osservatorio da cui i sacerdoti esploravano il cielo. Se di Rama si conosce ben poco, ancor meno si sa dei suoi edificatori.
Le leggende locali raccontano che anticamente, presumibilmente intorno al 3000 a.C., un popolo di uomini di pelle scura, forse i Picti della Scozia, era giunto nella valle e vi si era stabilito. Dopo che questo popolo si fu unito con la gente del posto, venne edificata la città ciclopica. Secondo la leggenda, questa popolazione, proveniente da una terra scomparsa a seguito di una grande inondazione, si era fermata in quelle terre perché vi aveva trovato un raro minerale che serviva a loro per motivi misteriosi.


Un’altra leggenda narra invece che gli edificatori di Rama provenivano dall’India, condotti lì da una guida spirituale di nome Ram, da cui la città prese nome.
I racconti del folklore locale riportano che gli edificatori di Rama veneravano il sole e il fuoco come simboli spirituali. Erano abili metallurgici, forgiavano oggetti di metallo ed estraevano un raro minerale dalle miniere del Bosco Nero, nella zona di Mompanatero. Dagli studi dei ricercatori del secolo scorso risulterebbe che in seguito i romani, suggestionati dalle leggende di Rama, ne cercarono i pozzi minerari e li esplorarono per capire che cosa vi si estrasse.
Sempre secondo questi racconti, gli abitanti di Rama erano considerati dei grandi maghi e degli alchimisti versatissimi nelle scienze esatte quanto in quelle occulte e possedevano macchine che facevano cose meravigliose.
Ai piedi del Bosco Nero c’era un immenso giardino che gli autori del secolo scorso definirono come il Giardino delle Esperidi, detto anche il Paradiso, dove si riunivano i grandi maghi di Rama e dove, molti secoli più tardi, si ritrovavano le streghe dell’antica religione.
Le narrazioni locali raccolte dai ricercatori riportano che la città venne distrutta da un grande e improvviso diluvio. Altre ancora raccontano che la sua scomparsa fu dovuta ad una gigantesca slavina di ghiaccio e pietre che la spazzò via, seppellendola per sempre sotto i suoi detriti. Se quest’ultimo racconto si riferisce all’azione morenica dei ghiacci che slittavano lungo la valle c’è da pensare che la fine di Rama sia avvenuta in epoche molto remote.
Altre narrazioni ancora ricordano un assalto alla città per depredarla, da parte delle popolazioni locali guidate da Ram, la guida spirituale dal simbolo dell’Ariete giunta dall’Asia. Forse la città in principio aveva un altro nome che fu cambiato dopo la conquista di Ram, prima di scomparire. Altri autori riportano la cronaca di un improvviso terremoto distruttore nella valle, che rase al suolo la città e questa non venne più riedificata.
Oggi della città ciclopica di Rama rimangono le tradizioni che hanno alimentato la cultura druidica dell’area piemontese. Dopo la sua scomparsa, i druidi del luogo proseguirono la loro opera iniziatica continuandola in segreto nei secoli seguenti sino al nostro presente.


Le tracce di questa città rimangono vive nelle molteplici leggende locali e nei nomi di vari luoghi dell’area su cui sorgeva Rama, come il ‘Bosco di Rama’ o il borgo di ‘Ramat’, e in motli cognomi di persone.
Ancora oggi nell’area di Mompantero esistono leggende locali che narrano in maniera molto esplicita eventi relativi alla città di Rama e alla sua scomparsa. Secondo le leggende, non tutti i suoi abitanti scomparvero a causa della catastrofe che distrusse l’antica città, ma una parte di loro si salv e costruì una città segreta nelle viscere rocciose del Roc Maol, dove i sopravvissuti si rifugiarono mantenendo nascosta la loro esistenza. Altre leggende asseriscono che all’interno del Roc Maol vi sarebbe un mago benevolo che veglia su un immenso tesoro fatto di monili preziosi e di strumenti magici.
Le leggende affermano che in posti segreti, conosciuti solo a pochi valligiani, sono rimasti strumenti di scavo e varie strane macchine che furono usate dagli abitanti di Rama con le quali è possibile fare ancora oggi delle cose straordinarie. Alla fine del secolo scorso, nel campo di un contadino del luogo, fu ritrovato un sarcofago in pietra di 3 metri della cui origine nessuno ha saputo dare una spiegazione e che potrebbe essere collegato alla mitica città di Rama.
Le antiche leggende della Valle di Susa collegano la città di Rama al mito del Graal e sostengono che il mitico oggetto veniva custodito e protetto dai suoi misteriosi abitanti. Nello stesso modo in cui sopravvivono ancora oggi le leggende e i reperti storici legati al mito di Rama, in Piemonte sono ancora vive le testimonianze culturali e storiche della presenza locale del Graal.
Possiamo citare la leggenda di San Eldorado in cui si può intravedere un evidente legame con la figura di Merlino e con col ciclo arturiano del Graal.


La leggenda si riferisce alle vicende di un nobile e ricco signore provenzale, divenuto monaco e responsabile dell’Abbazia di Novalesa, che si conquistò una fama di gran santità per le sue opere e i suoi miracoli. Questa figura ricorda quella di alcuni santi bretoni, come Saint Cornely di Carnai, vescovo a tutti gli effetti, ma raffigurato in una statua con il falcetto d’oro dei druidi in una mano e il vischio nell’altra. San Eldorado era noto per i suoi miracoli.
Guariva con l’imposizione delle mani, specificità terapeutica dei druidi, ed era legato ad una particolare fontana che le successive tradizioni cristiane riportano come dispensatrice di olio benedetto.
Nei suoi ritiri spirituali San Eldorado meditava con la musica che, si dice, avesse appreso dagli usignoli delle foreste.


Come Merlino, il santo venne intrappolato in una foresta da un sonno che durò per 300 anni. Possiamo ancora citare la leggenda della caverna del Mago, situata nel Musinè, una montagna ad ovest di Torino da cui si apre l’accesso alla Valle di Susa, colma di simbolismi legati al mito del Graal.
Le tradizioni valligiane narrano che in una grotta posta nel cuore del Musinè vivrebbe un mago che si era nascosto per compiere indisturbato i suoi esperimenti con gli strumenti rimasti della scomparsa città di Rama. A difesa del luogo ci sarebbe un enorme dragone tutto d’oro pronto a distruggere con il suo fiato infuocato ogni intruso che tentasse di avventurarsi all’interno della grande caverna.
In una piccola cripta esisterebbe uno smeraldo di immenso valore mistico, grande quanto un pugno di una mano d’adulto, da cui si diffonderebbe un’intensa e limpidissima luce verde che illumina tutto intorno.
La leggenda riporta che un signorotto del luogo, un certo Gualtiero, cercò di penetrarvi con degli uomini armati per appropriarsi dei tesori che sarebbero stati nascosti dentro questa caverna.
Entrarono in una sala illuminata dove sembrava che la luce venisse emanata dalle pareti stesse. Trovarono il mago seduto davanti ad una fontana d’acqua che sgorgava dalla roccia.
Il mago invitò gli intrusi a guardare nell’acqua del laghetto che all’improvviso divenne lattea e mostrò delle immagini che andavano formandosi.
Gualtiero e i suoi armati videro così apparire in sequenza soldati con armature che si combattevano, soldati vestiti solo con abiti blu e cappelli a tricorno sciamavano con archibugi in pugno, quindi grandi uccelli di metallo che lasciavano cadere oggetti che distruggevano una grande città e infine bruchi metallici che si muovevano tra le rovine della stessa città.
Gli intrusi, terrorizzati per quello che avevano visto, fuggirono dalla grotta. Ebbero modo di vedere dietro di loro il mago che saliva verso il cielo scortato da due grifoni tra un rumore assordante. Poi dei massi caddero dall’alto della montagna e chiusero l’ingresso della grotta che non verrà mai più ritrovata.

Nella Valle di Susa, della mitica città di Rama rimangono ancora molte testimonianze megalitiche tuttora visibili. (foto in alto a destra: Le mura della città ciclopica di Rama ancora visibili in Val di Susa, Piemonte, Italia)

Esistono dappertutto, dolmen e menhir di ogni dimensione, in valle e sulle pendici del Monte Musinè. A
Villarfocchiardo si può osservare una grande pietra coricata su cui sono state raffigurate le tre fasi della Luna. Nella stessa zona, a San Didero, esiste il complesso megalitico delle ruote solari. Sulle pendici del Musinè è stata trovata una stele di cospicue dimensioni raffigurante una dea madre.
Negli anni ’70, sul pianoro denominato Pian Focero, o anche ‘il piano dei fuochi’, è stato rinvenuto un tempio solare, dove i druidi andavano a osservare le stelle. Era un antico luogo di culto che comprendeva una collinetta e un pianoro, un’ampia area dove si riunivano i fedeli del culto.
La collinetta che domina il luogo ricorda molto il fronte di una piramide Maya. Vi si può trovare anche una scala intagliata nella pietra che sale sino alla cima, dove sono stati rinvenuti tre mascheroni di fattura tolteci. Sul fronte della collinetta sono stati rinvenuti numerosi bassorilievi intagliati nella pietra, raffiguranti il sole fiammeggiante.

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Monte Musinè




Possiamo ricordare la sopravvivenza, per millenni e fino ai giorni nostri, della cultura druidica che aveva come fulcro il culto solare e quello del fuoco e che ancora viene celebrata da alcune comunità contadine della valle con riti che riuniscono centinaia di persone di ogni villaggio nella valle.
Sino al secolo scorso erano noti i riti eseguiti dai ‘calderai’, le corporazioni metallurgiche della valle, che in certi periodi dell’anno si riunivano a danzare freneticamente intorno a grandi fuochi accesi in onore delle energie del fuoco e in ricordo del potere del sole. La divinità solare era celebrata per aver donato il carro celeste da cui era stato ricavato il grande disco d’oro forato, fulcro della cultura spirituale della zona. Le antiche tradizioni riportano infatti che in tempi immemorabili, dopo la caduta dell’oggetto celeste, fondendo il metallo di cui era fatto venne ricavata una grande ruota di due metri di diametro che costituì un riferimento di culto e di cultura iniziatica per le popolazioni di tutta l’area dove si era verificato il prodigioso evento.


Queste stesse popolazioni costruirono quindi un grande tempio sotterraneo strutturato sulla pianta di un immenso labirinto, simile al tempio che costruirono nell’antico Egitto sul lago Moeris, costituito da migliaia di stanze collegate tra loro. Al centro di questo labirinto, in una enorme sala sotterranea, vi posero la ruota d’oro che divenne il centro delleattività iniziatiche.
Quando, nei secoli successivi, l’Impero romano estese la sua influenza militare sul Piemonte, sconfiggendo e sottomettendo le popolazioni locali dei celti-taurini, il culto antico legato alla ruota d’oro si trasferì decisamente nel labirinto del tempio sotterraneo le cui grotte si estendevano dall’ingresso della Valle di Susa fino a raggiungere il fiume Po. Secondo la leggenda, il culto druidico avrebbe quindi ad esistere in queste grotte e sarebbe ancora presente nei giorni nostri. L’ingresso principale del grande tempio sotterraneo venne nascosto seppellendolo, come già fecero i Picti di Scozia per le loro pietre runiche, sotto una massa di terra e di pietre che cancellavano la loro ubicazione.
Al di sopra dell’area dove si trovava il labirinto sotterraneo venne quindi edificato il primo villaggio celtico che si sarebbe poi trasformato in un castro romano adibito al ristoro e all’intrattenimento delle truppe imperiali che erano in transito verso le zone nord europee. Della ruota d’oro non si seppe più nulla e oggi, secondo le credenze popolari, sarebbe ancora nascosta nel suo luogo originario, nel complesso di caverne che ancora esisterebbero al di sotto degli edifici della città di Torino, edificata in tempi successivi agli antichi avvenimenti.
Nel valutare la narrazione del mito del Graal, del racconto della leggenda di Fetonte e dell’esistenza della città megalitica di Rama, si comprendono i motivi della sacralità che era attribuita agli antichi druidi della Valle di Susa.
Evidentemente qualcosa di molto particolare segnò la storia delle antiche popolazioni che abitavano il Piemonte, un evento tanto importante da creare miti e leggende in grado di perpetuarne il ricordo e il significato che gli fu da allora attribuito.
Forse è proprio da tutti questi eventi straordinari del lontano passato che ha radici il mito che vuole Torino come una città particolare posta al centro di un grande segreto di natura storica e mistica e che apparentemente, di riflesso, ospita da secoli una fucina di libera cultura e di ricerca posta tra passato e futuro.
Molto probabilmente, dietro a questi miti arcaici relativi al Vara, il ‘grande cerchio dello spirito’, vi sono anche le ragioni storiche e culturali che hanno contribuito alla nascita della convinzione che vede Torino come la città del Graal.
Non c’è quindi da stupirsi che le credenze medievali indichino proprio il sottosuolo torinese come nascondiglio del Graal.
Esistono in proposito cronache del settecento che riportano le testimonianze dirette dell’esistenza di una rete di gallerie segrete esistenti sotto la città. Questi stessi racconti citano anche l’esistenza di accessi segreti che sarebbero situati nelle cantine dei palazzi più antichi di Torino, accessi che conducono ai sotterranei dove sarebbe nascosto il Graal.
Esiste anche una credenza popolare secondo cui nelle statue che adornano la chiesa della Gran Madre di Torino, sul Po, sono celati elementi simbolici segreti la cui interpretazione consentirebbe di avere indicazioni che rivelino il luogo esatto della città dove è nascosto il Graal.”
Il libro purtroppo non cita date o precise fonti, ma solo leggende raccolte nella Valle, comunque sembra testimoniare l’esistenza della cultura collettiva.
Gli dei si spartiscono la terra? Allevano gli uomini? Questa storia ha dell'incredibile in quanto forse non fu Sitchin il maestro dell'archeologia misteriosa bensì Platone, o forse non è (o non era) poi così misteriosa. Questa leggenda poi dice esplicitamente che i druidi non furono i primi abitanti della zona, ma una civiltà progredita ed organizzata viveva da quelle parti.
Prima di continuare con la storia della valle di Susa però, credo sia necessario capire chi fossero questi dei, facciamo quindi il confronto (fatto già da Sitchin ed Alford) tra le antiche religioni politeiste.
Tutti sappiamo già (come ci insegnano a scuola) che molti, se non tutti, gli dei romani sono le stesse figure divine Greche chiamate con altro nome, ma Alford nel suo libro “il mistero della genesi delle antiche civiltà” trova una correlazione tra gli dei greci, gli egizi e quelli sumeri, insomma, gli dei “riciclati”.


Alford trova una correlazione tra il dio sumero UTU.SHAMASH ed il dio greco HELIOS (dio del sole) in quanto tutti e due “volavano nel cielo a bordo del loro carro lucente”, Sitchin crede che tradurre questa frase con SOLE sia errato in quanto crede che “fisicamente” il dio volasse a bordo del suo carro (UTU SHAMASH significa anche signore degli Shem o signore dei Razzi).


Entra anche in gioco una dea madre ritrovata sul Musinè incisa su una pietra, sicuramente questa pietra raffigura la dea IN.ANNA e viene rappresentata con lo stesso stile scultoreo dei sumeri! (Inanna era inoltre la sorella gemella di Shamash, figlia di Anu e nipote di Enlil) ella era chiamata Ishtar dai babilonesi, Afrodite dai greci e Venere dai romani e rappresentava la bellezza, l'amore e la fecondità.
Ultimo ma non ultimo, prenderò in esame il dio della tempesta sumero ISHKUR, per due motivi fondamentali: egli era a capo delle spedizioni minerarie e soprattutto veniva raffigurato come un toro con una ruota d'oro sulla testa; egli era il figlio di Enlil(anche se i babilonesi lo descrivono come figlio di Anu) e lo zio di Inanna Chi di questi personaggi si schiantò in valle di Susa? Non ci è dato saperlo in quanto shamash non aveva figli, però secondo me è stato Ishkur.
Ishkur ha un nome che significa “lontane terre montagnose” ed è rappresentato come un toro con una ruota d'oro sulla testa, ciò perchè questo dio regnò sui monti Taurus (nell'attuale Turchia)in un periodo assimilabile all'era del toro e la ruota significa il passaggio di Nibiru in quell'epoca, ma se le terre montagnose non fossero solo in sudamerica ed in Turchia ma anche per esempio, molto più vicine a noi?
A sostegno di quest'ipotesi riporto un pensiero di Alford, secondo lui Ishkur era il dio preposto alle spedizioni minerarie, e fu così che intorno al 2500 a.c. Costruì la città di Tihuanaco, egli infatti sostiene che anche in questo caso, la città fu costruita molto prima dell'arrivo dei Maya e che deve sicuramente essere stata costruita da una civiltà evoluta ed organizzata, Tihuanaco è sorta come centro di estrazione di un minerale chiamato Cassiterite da cui si ricava lo stagno, necessario per forgiare il bronzo; Il popolo del toltechi (costruttore di Tihuanaco) aveva delle fattezze negroidi (lo
deduciamo dalle loro sculture), potrebbe essere questo il popolo dalla pelle scura che si stanzio alle pendici del Rocciamelone?Ciò spiegherebbe anche le statue con le stesse fattezze rinvenute in valle e le mura ciclopiche costruite in quel modo.
Nel corso delle ricerce dell'antica città perduta infatti sono venute alla luce delle antiche mura nei boschi adiacenti Chiusa San Michele che si presume del'antica città e che presentano grandissime analogie con le mura di Cuzco e Tihuanaco: pietre di grandi dimensioni e del peso di circa 3-4 tonnellate tagliate ed incastrate con una precisione chirurgica, impossibili da spostare o da riprodurre se non con moderni utensili detto ciò,perchè non sarebbe potuto venire anche in valle di Susa ad estrarre il minerale?
Perchè in valle di Susa non c'è Cassiterite, semplice! Ma se non fosse stato quello il minerale estratto qui? Ma per esempio Uranite...


A questo punto so che sorgono 2 domande spontanee:


1 – esiste davvero l'uranio in valle di Susa?


2 – Che cosa se ne facevano dell'Uranio nel 2500 A.c.




Le risposte sono altrettanto spontanee


1 – Si sicuramente, gli scavi per ricercare l'uranite sono stati fatti non molto tempo fa dalle parti di Novalesa (ai piedi del Rocciamelone) e probabilmente anche il Musinè contiene Uranite data il suo versante “spoglio”.


2 – Che domande! Carburante e bombe atomiche! Secondo Sitchin infatti, nel 2100 A.c. Nelle città di Sodoma e Gomorra c'è stata una vera e propria “catastrofe nucleare”, ancora oggi il terreno ha un insolita radioattività, dubito poi che ci si porti delle pericolosissime bombe atomiche in un viaggio interplanetario, probabilmente sono state costruite proprio qui sulla terra Ancora una piccola curiosità riportata dal libro di Alford, il minerale una volta estratto a Tihuanaco veniva portato in mesopotamia per creare il bronzo in una città che nemmeno a farlo apposta aveva il nome di Susa A proposito di analogie tra i nomi di città abbiamo Eridana (antico nome dato dai francesi a Torino per via della sua
vicinanza al fiume Eridano) e la sumera ERI.DU dove la civiltà ebbe il suo inizio.


ERI.DU significa letteralmente “casa lontana” può essere che la nostra Torino sia stata in tempi antichi la casa lontana di qualcuno? Magari dei famosi dei raccontati in tutta la mitologia antica.

http://www.segnidalcielo.it/index.php/s ... -degli-dei


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MessaggioInviato: 08/05/2011, 21:38 
Ciao a tutti, sono l'autore dell'articolo, per qualunque delucidazione in merito potete chiedere

Grazie
Fabio Borello


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