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L'esperimento di Rosenham
http://www.nopsych.it/lesperimento-di-rosenham


Tratto dal libro "Il pregiudizio psichiatrico" del Dott. Giorgio Antonucci, l'esperimento di Rosenham è senza dubbio la dimostrazione più evidente delle menzogne della psichiatria. Il link originale da dove proviene il testo è http://www.club.it/cuculo/rosenham.html.

Breve nota sull'Autore:
Collaboratore di Basaglia nel 1969, dagli anni ’70 in poi ha operato a Reggio Emilia e presso il manicomio di Imola dove ha rivoluzionato le condizioni di vita dei degenti.

All’Istituto dell’Osservanza di Imola il dott. Antonucci ha seguito dozzine di donne schizofreniche, molto violente, alcune delle quali vivevano legate ai loro letti da 20 anni. L’ospedale era dotato di camicie di forza e “museruole” di plastica per impedire alle pazienti di mordere.

Il dott. Antonucci iniziò gradualmente a liberare le donne dalla loro reclusione, dedicando molte e molte ore ogni giorno a dei colloqui e “comprendendo veramente a fondo i loro deliri e le loro angosce”. Ascoltò le storie di anni di disperazione e sofferenza “terapeutica” di ognuna delle donne. Sotto la direzione del dott. Antonucci tutte le “terapie” psichiatriche furono abbandonate e i reparti psichiatrici più oppressivi smantellati. Si assicurò che i pazienti fossero trattati con compassione e rispetto e senza l’uso di psicofarmaci. Infatti sotto la sua guida trasformò il reparto dei più violenti in quello dei più calmi. Dopo pochi mesi, le sue “pericolose” pazienti erano tutte libere e passeggiavano tranquillamente nel parco dell’ospedale. Finalmente alcune di loro furono dimesse dall’ospedale e molte impararono a leggere e scrivere e perfino a lavorare e a prendersi cura di sé, per la prima volta nella loro vita.

Il dott. Antonucci non solo ottenne risultati migliori, ma lo fece ad un costo più basso. Questi programmi costituiscono la testimonianza definitiva dell’esistenza di vere risposte e di una speranza per i malati gravi.



L'ESPERIMENTO DI ROSENHAM

Gli otto pseudopazienti costituivano un gruppo composto. Uno era un laureato in psicologia, di circa venticinque anni. gli altri sette erano più vecchi e "inseriti". Tra di loro c'erano tre psicologi, un pediatra, uno psichiatra, un pittore e una casalinga: tre erano donne e cinque uomini. Tutti quanti ricorsero a pseudonimi per paura che le diagnosi loro attribuite potessero in seguito danneggiarli. Quelli di loro che esercitavano professioni appartenenti al campo della salute mentale finsero di avere un'altra occupazione, in modo da evitare le speciali attenzioni che avrebbero potuto essere loro prestate dallo staff, per motivi di rispetto, o di prudenza, nei confronti di un collega malato . A parte me (ero il primo pseudopaziente e la mia presenza era nota all'amministrazione dell'ospedale e al primario psicologo e, per quanto ne sappia, soltanto a loro), la presenza degli pseudopazienti e la natura del programma di ricerca erano sconosciuti allo staff dell'ospedale.

Anche i contesti erano assai vari. Per poter generalizzare i risultati, si cercò di essere ammessi in vari ospedali. I dodici ospedali del campione si trovavano in cinque diversi Stati della costa atlantica e di quella pacifica. Alcuni erano vecchi e squallidi, altri erano nuovissimi. Alcuni avevano un orientamento sperimentale, altri no. Alcuni avevano uno staff numeroso, altri uno staff insufficiente. Solo un ospedale era privato: tutti gli altri ricevevano sovvenzioni da fondi statali e federali o, in un caso, universitari. Dopo aver fatto una telefonata all'ospedale per prendere un appuntamento, lo pseudopaziente arrivava all'ufficio ammissioni lamentandosi di aver sentito delle voci. alla domanda di cosa dicessero le voci, rispondeva che erano per lo più poco chiare, ma per quel che poteva intendere gli dicevano "vuoto", "cavo" e "inconsistente". Le voci non gli erano familiari ed erano dello stesso sesso dello pseudopaziente. La scelta di questi sintomi fu fatta per la loro apparente somiglianza con certi sintomi di tipo esistenziale. Si ritiene solitamente che tali sintomi abbiano origine da uno stato di dolorosa ansietà che deriva dal prendere coscienza che la propria vita è priva di significato. È come se la persona allucinata stesse dicendo: "La mia vita è vuota e inconsistente". La scelta di questi sintomi fu anche determinata dall'assenza di qualsiasi testo scritto nella letteratura clinica su psicosi esistenziali.

Oltre ad inventare i sintomi e a falsificare il nome e l'impiego, non furono compiute altre alterazioni della storia personale o delle circostanze specifiche. Gli eventi significativi della vita dello pseudopaziente furono presentasti nella forma in cui si erano realmente verificati. I rapporti con i genitori e i fratelli, con il coniuge e i figli, con i compagni di lavoro e di scuola, purché non risultassero incoerenti con le eccezioni qui sopra menzionate, furono descritti così com'erano o com'erano stati. Furono descritte le frustrazioni e le sofferenze, così come lo furono le gioie e le soddisfazioni. È così importante che si ricordino queste cose, se non altro perché hanno influenzato nettamente i successivi risultati, tesi ad una diagnosi di salute mentale, dal momento che nessuna delle loro storie o dei loro comportamenti abituali era in alcun modo patologica. Immediatamente dopo l'ammissione nel reparto psichiatrico, lo pseudopaziente cessava di simulare ogni sintomo di anormalità. In alcuni casi, si verificava un breve periodo di nervosismo e ansia, dato che nessuno degli pseudopazienti davvero credeva che sarebbe stato ammesso in ospedale tanto facilmente.

Invero il timore che avevano tutti quanti era di essere subito identificati come impostori e di trovarsi quindi in una situazione estremamente imbarazzante. Inoltre molti di loro non erano mai entrati prima in un reparto psichiatrico e anche coloro che vi erano già entrati erano comunque sinceramente preoccupati di quello che sarebbe potuto accadere. Il loro nervosismo, dunque, era del tutto giustificabile, in relazione alla novità dell'ambiente ospedaliero, ma in seguito diminuì rapidamente. Se si esclude questo breve periodo di nervosismo, lo pseudopaziente si comportò in reparto così come si comportava "normalmente", parlando con i pazienti e con lo staff così come avrebbe fatto abitualmente. Siccome in un reparto psichiatrico ci sono pochissime cose da fare, cercava di intrattenersi con gli altri conversando. Quando lo staff gli chiedeva come si sentisse, diceva che stava bene e che non aveva più sintomi. Si atteneva alle istruzioni che gli davano gli inservienti e consentiva alla somministrazione di farmaci (che però non venivano ingeriti), seguendo le indicazioni che gli venivano date quando si trovava in sala-pranzo. Oltre alle attività che gli era possibile svolgere nel reparto accettazione, trascorreva il tempo scrivendo le sue osservazioni sul reparto, i pazienti e lo staff. Inizialmente queste annotazioni venivano scritte "in segreto", ma non appena apparve chiaro che nessuno ci faceva molta attenzione, gli pseudopazienti si misero a scriverle su normali blocchi di fogli, in luoghi pubblici come ad esempio il soggiorno. Lo pseudopaziente, proprio come se fosse stato un vero paziente psichiatrico, era entrato in ospedale senza sapere assolutamente quando sarebbe stato dimesso. Ad ognuno di loro fu detto che per uscire avrebbe dovuto contare solo sui propri mezzi, riuscendo soprattutto a convincere lo staff di essere guarito. Gli stress psicologici associati all'ospedalizzazione si rivelarono considerevoli e tutti gli pseudopazienti, fuorché uno, avrebbero voluto essere dimessi quasi subito dopo essere stati ammessi. Erano quindi motivati non solo a comportarsi da persone sane, ma anche ad essere presi come esempi di collaborazione. Che il loro comportamento non sia stato in alcun modo distruttivo è confermato dalle relazioni degli infermieri, secondo le quali i pazienti si comportavano in modo "amichevole", "collaboravano"e "non mostravano alcun segno della loro anormalità".


I normali non sono identificabili come sani di mente

Nonostante si mostrassero pubblicamente sani di mente gli pseudopazienti non furono mai identificati come tali. Ammessi con una diagnosi di schizofrenia, con una sola eccezione, furono tutti dimessi con una diagnosi di schizofrenia "in via di remissione". L'etichetta "in via di remissione" non deve in alcun modo essere liquidata come pura formalità, perché mai nel corso dell'ospedalizzazione era stata sollevata alcuna domanda su una possibile simulazione da parte loro, né per altro vi è alcuna indicazione nelle cartelle cliniche dell'ospedale che fosse emerso alcun sospetto a proposito del vero status degli pseudopazienti. Sembra invece evidente che, una volta etichettato come schizofrenico, lo pseudopaziente sia rimasto intrappolato in questa etichetta. Se lo pseudopaziente doveva essere dimesso, la sua malattia doveva naturalmente essere "in via di remissione"; ma non era del tutto sano, né mai lo era stato dal punto di vista dell'istituzione. L'incapacità di rilevare la salute mentale nel corso del periodo di degenza in ospedale può essere dovuta al fatto che i medici operano con forti pregiudizi nei confronti di quello che la statistica chiama errore di secondo tipo. Questo significa che i medici sono più portati a chiamare malata una persona sana (un falso positivo di secondo tipo) che a chiamare sana una persona malata (un falso negativo di primo tipo).

Le ragioni di questo fatto non sono difficili da immaginare: è chiaramente più pericoloso fare una diagnosi sbagliata su una malattia che su uno stato di salute. È meglio sbagliare per eccesso di prudenza, sospettare l'esistenza di una malattia anche in una persona sana. Ma quello che può valere per la medicina non vale nello stesso modo per la psichiatria. Le malattie mediche, benché siano eventi sfortunati per chi ne è colpito, non comportano solitamente un pregiudizio peggiorativo sull'individuo in questione. Le diagnosi psichiatriche, al contrario, portano con sé uno stigma personale, giuridico e sociale . Era dunque importante vedere se la tendenza a diagnosticare malato di mente chi era invece sano potesse essere invertita. Il seguente esperimento fu messo in atto in un ospedale dove venivano svolte attività di ricerca e di insegnamento e il cui staff era venuto a conoscenza dei nostri risultati, ma non voleva credere che un errore così macroscopico potesse verificarsi nel proprio ospedale. Lo staff fu informato che in un certo momento, nel corso dei tre mesi successivi, uno o più pseudopazienti avrebbero cercato di essere ammessi in questo ospedale psichiatrico. Ad ogni membro dello staff fu richiesto di classificare ogni paziente che si presentava in accettazione o in un reparto a seconda della probabilità che quest'ultimo aveva di essere uno pseudopaziente. Si usò una scala divisa in dieci punti, dove il punteggio 1 o 2 rifletteva la convinzione quasi assoluta che il paziente fosse uno pseudopaziente. Si ottennero voti per 193 pazienti che erano stati tutti ammessi per subire un effettivo trattamento psichiatrico. A tutti i membri dello staff che avevano avuto in prima persona responsabilità nei loro confronti - inservienti, infermieri, psichiatri, medici e psicologi - fu richiesto di dare il loro giudizio. Quarantun pazienti furono considerati con un alto grado di sicurezza come pseudopazienti da almeno un membro dello staff. Ventitré furono considerati sospetti da almeno uno psichiatra. Diciannove furono considerati sospetti da uno psichiatra e da un altro membro dello staff. In realtà nessun vero pseudopaziente (per lo meno del mio gruppo) si presentò durante questo periodo in quell'ospedale.

L'esperimento è istruttivo. Indica che la tendenza a designare malata di mente la gente sana può essere invertita quando la posta in gioco (in questo caso il prestigio e l'acume diagnostico) è alta. Ma cosa si deve dire delle diciannove persone per le quali fu sollevato il sospetto che fossero "sane" da parte di uno psichiatra e di un altro membro dello staff? Erano davvero "sane" queste persone, o si trattava piuttosto del fatto che lo staff, per evitare di incorrere nell'errore di secondo tipo, tendeva a commettere errori del primo tipo, cioè definire "sano" il matto? Non c'è modo di saperlo, ma una cosa è certa: qualsiasi processo diagnostico che si presti ad errori così massicci non può essere considerato molto attendibile.


L'alto potere adesivo delle etichette psicodiagnostiche

Oltre alla tendenza a chiamare malato chi è sano - una tendenza che appare più chiaramente nel comportamento diagnostico al momento dell'ammissione in ospedale che non dopo un periodo sufficientemente esteso - i dati stanno ad indicare il ruolo massiccio dell'etichettamento nelle diagnosi psichiatriche. Una volta etichettato come schizofrenico, lo pseudopaziente non può far più nulla per far dimenticare la sua etichetta: questo influenza in modo profondo la percezione che gli altri hanno di lui e del suo comportamento. (...)

Oggi sappiamo che non siamo in grado di distinguere la salute dalla malattia mentale. È deprimente pensare in che modo questa affermazione sarà utilizzata. Non solo deprimente, ma anche spaventoso: quante persone, viene da chiedersi, sono sane di mente ma non sono riconosciute tali nelle nostre istituzioni psichiatriche? Quante sono state stigmatizzate da diagnosi ben intenzionate, ma ciononostante errate? A proposito di quest'ultimo punto, si ricordi ancora una volte che l'errore di secondo tipo nelle diagnosi psichiatriche non ha le stesse conseguenze che nelle diagnosi mediche.

Una diagnosi di cancro che si scopre errata provoca molto scalpore. Ma raramente si scopre che diagnosi psichiatriche sono errate: l'etichetta resta attaccata, eterno marchio di inferiorità.




Commento di Corrado Penna
(membro del Comitato di base contro la psichiatria di Messina)
L'esperimento di Rosenham è senza dubbio la dimostrazione più evidente delle menzogne della psichiatria, e vale la pena spendere due parole per chiarire la portata di questi risultati.

Le conclusioni del dottore che organizzò questo esperimento sono: "È evidente che negli ospedali psichiatrici non siamo in grado di distinguere i sani dai malati di mente. Per chi invece ha un'idea più rigorosa dell'operare scientifico tale esperimento significa molto di più: la negazione dell'esistenza della malattia mentale.

Come si può infatti asserire l'esistenza di una malattia quando non esiste un criterio preciso per distinguerla da uno stato di salute? Potremmo noi oggi parlare di cancro se non ci fossero ben precisi rilevamenti diagnostici (biopsia, ecografia, radiografia, TAC, et.) che permettono un accertamento sicuro della malattia? Come si può parlare di malattia mentale quando simili esperimenti provano che i giudizi di sano e malato sono in questo campo del tutto soggettivi, quasi casuali verrebbe da dire?

D'altronde questa è una caratteristica specifica della psichiatria: essa basa le sue diagnosi non su accertamenti medico-diagnostici quali analisi del sangue, radiografie o altro (come può fare la neurologia che studia con metodo scientifico le malattie del sistema nervoso) bensì su di un'analisi del comportamento. Per una persona che abbia un minimo di apertura mentale questo potrebbe bastare a fare capire l'assoluta arbitrarietà dei giudizi psichiatrici, che scadono troppo spesso in valutazioni puramente moralistiche.

Qualcuno forse a questo punto si chiederà: "Ma non è forse vero che degli scienziati hanno trovato le basi genetiche della malattia mentale?" La domanda è per assurdo priva di senso; mi spiego, se non è possibile distinguere uno schizofrenico da una persona sa, come di fa a dire che la schizofrenia si trasmette di padre in figlio per via ereditaria? Gli "scienziati" che fanno simili affermazioni schiavi ormai del pregiudizio dominante che la malattia mentale esiste, dimenticano in certi casi cosa significa operare con rigore scientifico, e che differenza ci sia fra la scienza e il senso comune; se gli scienziati avessero sempre fatto così crederemmo ancora che la terra sia piatta!





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MessaggioInviato: 23/03/2013, 12:17 



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MessaggioInviato: 23/03/2013, 13:36 
Molto interessante! Lo stato di "salute mentale" é qualcosa di molto soggettivo. Ls scienza che studia la mente é una delle più complesse, il cervello umano é così complesso che paradossalmente risulta più ininvestigabile dell'universo stesso...nonostante sia molto più prossimo e a portata di mano...
Consiglio di vedere il film "qualcuno volò sul nido del cuculo"...un capolavoro eccezionale in cui a mio avviso, c'é una fra le migliori interpretazioni della storia del cinema, quella di Jack Nicholson. Ma fantastiche anche tutte le altre...



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MessaggioInviato: 23/03/2013, 14:25 
Grande film, grande cast, assolutamente imperdibile






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MessaggioInviato: 23/03/2013, 14:29 
a proposito di film [8D]:

L’invenzione del vibratore
di CHIARA LINO
La storia che fa da sfondo al film "Hysteria", che esce in questi giorni in Italia, è vera
http://www.ilpost.it/2012/02/24/hysteri ... vibratore/



Hysteria è un film inglese del 2011 che esce questo fine settimana nelle sale cinematografiche italiane. È una commedia sentimentale leggera e spiritosa, in costume, che si svolge intorno alla versione romanzata dell’invenzione, da parte del giovane medico Mortimer Granville, del primo vibratore elettromeccanico. Quel vibratore.
In realtà non è facile determinare storicamente chi sia stato il primo a inventare un oggetto del genere. La masturbazione femminile fu teorizzata nell’Inghilterra dell’epoca vittoriana come cura per quell’insieme di disagi fisici, psicologici e psichiatrici raccolti sotto la definizione di isteria, ritenuta allora una patologia tipica delle donne: considerate inferiori agli uomini sul piano fisico ed emotivo, più deboli e disposte alla malattia, la maggior parte delle patologie di cui soffrivano veniva ricondotta a qualche forma di malfunzionamento degli organi genitali o dell’utero. Il “massaggio pelvico” veniva praticato da alcuni medici “specialisti” sulla paziente e poiché non c’era penetrazione non veniva in alcun modo associato a una pratica sessuale, benché l’obiettivo fosse quello di portare la paziente al “parossismo isterico”, definizione vittoriana dell’orgasmo.
L’origine del termine “isteria” è riconducibile alla parola che nella Grecia antica indicava l’utero, Hustéra: anche gli egizi riconducevano all’utero la ragione di alcuni disturbi femminili, e nel corso dei secoli diagnosi e cure hanno continuato a intrecciarsi con ipotesi e credenze religiose. Solo nel Settecento fu introdotta una lettura neurologica degli attacchi isterici: fu un medico scozzese, Robert Whytt, a ipotizzare un collegamento tra “mente e anima” e a descrivere tra le manifestazioni della patologia parossismi, senso di soffocamento, tremore, paralisi locali, fames canina. Ma praticamente qualunque disturbo, nella rudimentale psichiatria dell’epoca, veniva ricondotto a una forma di isteria. Alle donne malate veniva consigliato come cura l’oppio o, in molti casi, il matrimonio (alle donne già sposate veniva consigliato di fare più sesso).
Oggetti di forma fallica erano usati per pratiche sessuali almeno dall’antica Grecia, ma il primo oggetto vibrante per la stimolazione genitale femminile fu usato in Francia nel 1734: venne chiamato “tremoussoir”, funzionava tramite un meccanismo a molla e veniva usato per trattare le pazienti affette da isteria, senza alcuna connessione dichiarata con il sesso. Nonostante l’invenzione del tremoussoir, però, i medici continuarono a effettuare i “massaggi pelvici” manualmente ancora per decenni: una pratica lunga e stancante che, a causa dell’abbondanza delle pazienti, poteva causare dolori alle mani e ai polsi di chi eseguiva il trattamento.
Nel 1869 George Taylor, fisico statunitense, mise a punto il manipulator, apparentemente il primo vibratore a vapore, un aggeggio molto particolare che riusciva però a offrire supporto ai medici durante il trattamento: aveva la forma di un tavolo a cui era collegata una sfera, oggetto che esercitava la stimolazione, avviata da un macchinario a vapore solitamente posizionato in una stanza adiacente. Non era l’unico strumento usato per la stimolazione genitale: altro sistema piuttosto comune era la “doccia pelvica”, un forte getto d’acqua indirizzato verso l’area genitale delle pazienti.

Il macchinario che si vede nel film, inventato da Granville nel 1883, è ritenuto il primo vibratore elettromeccanico. Qualche anno dopo, nel 1899, fu inventato il primo vibratore a batteria. In quel periodo furono inventati e commercializzati circa un centinaio di oggetti del genere, solitamente acquistati da medici per la cura delle pazienti. Un vibratore elettrico, brevettato nel 1902 dall’azienda statunitense Hamilton Beach, fu il primo pensato per la vendita al grande pubblico: i vibratori domestici venivano pubblicizzati come massaggiatori, utili a sciogliere la tensione muscolare, e rivolti sia agli uomini che alle donne. Furono il quinto “elettrodomestico” a entrare nelle case.
Negli anni Venti i vibratori cominciarono a essere usati nell’industria pornografica e a essere pubblicamente associati a pratiche sessuali, quindi diventò impossibile, per la moralità dell’epoca, continuare a pubblicizzarli come strumenti medici. L’oggetto che conosciamo noi come vibratore nasce negli anni Sessanta, in pieno periodo di rivoluzione sessuale: è del 1968 il brevetto del primo vibratore senza fili. Nel frattempo le diagnosi di isteria venivano rimosse dalla psicoanalisi e sostituite con interpretazioni più dettagliate legate a stati di depressione o crisi psicologiche, con conseguenti terapie.



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MessaggioInviato: 23/03/2013, 14:30 
però ci sono anche reperti obiettivi relativi alle psicosi

Ad esempio,il cervello schiozofrenico presenta un'attività anomala ben visibile in termini di aree attivate,disattivate in parte,un disordinebiochimico elettrico rilevabile obiettivamente.

Questo al di là di diagnostiche d'altro genere.

Non é lo stesso ad esempio per un cervello paranoico,che presenta un funzionamento tutto sommato "normale"(notare le virgolette)

Nel cosa di psicosi maniacodepressive,l'uso del carbonato di litio equilibria gli stati mentale ed evita euforie eccessive e cadute rovinose,pur provocando effetti collaterali spiacevoli(tremori agli arti,ad esempio)

Le fenotiazine hanno un effetto immediato sui sintomi,simile a quello delle droghe,quindi si presume agiscano in parte come endorfine artificiali.

Infatti danno una dipendenza eccessiva e molto pericolosa.

Gli psicofarmaci antidepressivi possono agire come dopaminergici,dioè precursori di dopamina e altre sostanze che il cervello in quei casi produce in quantità insufficienti.

Farmaci come Seroquel,invece,favoriscono il sonno e i sogni,migliorandone la durata e perfino la consistenza,non danno effetti collaterali gravi se presi in dosi indispensabili,
ma naturalmente inducono spossatezza e uno stato di semiletargia.

IN QUESTI CASI,STRANAMENTE,VIENE IN MENTE LA FAMOSA CURA DEL SONNO:

molti psicofarmaci provocano sonnolenza e stati di torpore,ma,la cosa interessante E CHE IL SONNO E I SOGNI,IL SISTEMA RETICOLARE CHE REGOLA IL SONNO E LA VEGLIA,IL CIRCUITO LIMBICO PRIMARIO,e in generale l'area arcaica del cervello,APPAIONO COME BERSAGLI E...TERAPEUTI INSIEME DEI DISTURBI.

Ora,io non sto facendo una publicità alla psichiatria,ma ho l'impressione che,l'IO spicotico sia talmente fragile da cedere,da un lato,all'inconscio e poi,da rifiutarsi di dormire e usare sonno e sogni per elaborare l'inconscio stesso,dato che ne ha paura e non riesce a capirlo.
Gli psicofarmaci migliori quindi,come Seroquel,ad esempio,sembrano agire meglio di altri su questi meccanismi biochimicoelettrici ma anche mentali,e ottenere risultati
apprezzabili in molti casi.

C'è anche da dire che esiste una differenza sostanziale tra psicosi e nevrosi.

A parte i casi di fluttuazione tra le due,borderline,i pazienti psicotici presentano
una mente e una relazione tra mente e corpo molto più stretta e problematica di quelli nevrotici.

Quindi,buttare la psichiatria via sarebbe uno sbaglio enorme,idealizzarla e pensarla come chissachecosa uno sbaglio altrettanto enorme.

Poi ci sono i ritmi anche nelle malattie mentali:

sviluppo,esplosione,relativa calma,e cosi via

Questo vuol dire CHE ESISTONO RITMI BIOCHIMICI E ELETTRICI,OLTRE CHE MENTALI,NELLE PERSONE CHE INFLUENZANO ANCHE LE MALATTIE MENTALI OLTRE CHE LA SALUTE E LE ALTRE MALATTIE.

Credo che,se la scienza riuscisse a capirli,sarebbe un grande successo per tutti.

Il motivo di questa ritmica infatti non si conosce,ma esiste e forse è connessa con una ritmica universale o cmq più vasta.

Inoltre,io penso che la vita,compresa quellamentale,non SIA MAI SANA DEL TUTTO O MALATA DEL TUTTO,ma segua una sua FUNZIONALITA-DISFUNZIONALITA che ,nella maggior parte della gente,si compensano.

Per dire,qualcosa di difettoso c'è sempre,anche nel corpo,non parlo di difetti gravi,ma di sfunzionalità molto relative,microdifetti,microproblemi,che spesso non vengono neppure percepiti grazie alla sistemica generale:

ad esempio,la produzione di endorfine varia di momento in momento,e può togliere
la sensibilità a un dolore,ad esempio,mentre la sistemica lavora per risolvere il problema.

Perciò ci sono persone che,in caso di qualche dolore,invece di prendere medicine,
si dedicano a un attività piacevole o motivante,che produce endorfine e questa endorfinogenesi diminuisce il dolore stesso.

Questo anche nel caso di dolori emotivi,affettivi,mentali,ecc...

ciao



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IL MIO SITO SPACEART:
http://thesky.freeforumzone.leonardo.it ... 1&f=183131

Inoltre,un ottimo sito per scrivere quello che volete!

http://www.scrivendo.it

eheheh....la verità prima o poi viene a galla no?!
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MessaggioInviato: 23/03/2013, 14:39 
Proprio la schizofrenia è una delle malattie più incomprese e difficili da definire di tutto il panorama psichiatrico. Sebbene si ritenga che la causa potrebbe essere un connubio di fattori ereditari e ambientali non è stato ancora trovato un gene specifico, nessuna anomalia biochimica è stata provata quale responsabile, nessun evento scatenante sembra sufficiente, di per se stesso, ad ingenerare la schizofrenia.

Non è dimostrato che i farmaci possano avere un'effetto positivo sulla cura di questa e altre patologie psichiatriche, è accertato invece che tutti i farmaci psicoattivi agiscono creando una sovrapposizione fra il presunto effetto curativo e l'effetto tossico. Inoltre non esiste una risposta farmacologica univoca a questi trattamenti, si è ampiamente osservato che un farmaco che in un soggetto crea un effetto calmante in un altro soggetto crea l'effetto opposto, inducendo eccitazione. Solo questo semplice fatto dovrebbe chiarire le idee su quale sia la base fisiologica su cui dovrebbe andare ad agire una terapia farmacologica.



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Prendo questo articolo dal sito di un'associazione di volontariato che propone di dare supporto ai malati pscichiatrici e che non fa contestazione a questa prassi medica.

Cita:
QUALI SONO LE CAUSE DELLA SCHIZOFRENIA?

Non c'è una singola causa conosciuta della schizofrenia. Come si vedrà più avanti, sembra che i fattori genetici producano una vulnerabilità alla schizofrenia, insieme con i fattori ambientali che contribuiscono in modo diverso da individuo ad individuo.
Giusto come la personalità di alcun individuo è il risultato dell'interazione di fattori culturali, psicologici, biologici e genetici, anche l'alterazione della personalità che si verifica nella schizofrenia può derivare dalla somma di differenti fattori. Gli studiosi non sono d'accordo su di un particolare schema di instaurazione del disturbo. Non è stato ancora trovato un gene specifico; nessuna anomalia biochimica è stata provata quale responsabile; nessun evento scatenante sembra sufficiente, di per se stesso, ad ingenerare la schizofrenia.

La schizofrenia si eredita?
È da molto tempo che la schizofrenia si presenta con maggiore frequenza in determinati nuclei familiari. I parenti prossimi di un paziente schizofrenico sono più esposti a contrarre la malattia di quanto non lo siano gli estranei.
I figli di un genitore schizofrenico, ad esempio, hanno ciascuno una probabilità di circa il 10 per cento di essere affetti dallo stesso disturbo. Nel confronto si tenga presente che il rischio di schizofrenia per la popolazione normale è di circa l'1 per cento.
Negli ultimi venticinque anni due tipi di studi sempre più sofisticati hanno dimostrato l'importanza del fattore genetico nello sviluppo della schizofrenia. Un primo gruppo di ricerche ha preso in esame l'incidenza del male fra gemelli identici o fraterni; l'altro ha messo a confronti famiglie biologiche ed adottive.
Recenti studi sui gemelli hanno confermato i risultati di precedenti rilevazioni, scientificamente meno rigorose. I gemelli identici (cioè geneticamente uguali), hanno generalmente un grado di concordanza con la schizofrenia, che non quelli fraterni (la cui uguaglianza genetica è limitata). Si verifica la concordanza quando ambedue i membri di una coppia gemella si rilevano schizofrenici. Quantunque gli studi su gemelli mostrino con convincente evidenza un'influenza del fattore ereditarietà sulla schizofrenia, il fatto che la suddetta concordanza fra gemelli identici sia solo del 40-60 per cento, suggerisce che al verificarsi dell'evento contribuisca anche qualche altro tipo di fattore ambientale.
Un secondo gruppo di studi è rivolto all'esame degli effetti dell'ereditarietà e dell'ambiente su bambini adottati. In Danimarca è stata condotta un'approfondita ricerca sullo stato di salute mentale di bambini di genitori schizofrenici dati in adozione. I risultati sono stati comparati con quelli di bambini, sempre in adozione, ma provenienti da genitori che non avevano precedenti di malattie mentali. Un confronto è stato fatto pure tra i livelli di disturbo mentale tra i parenti di due gruppi di adottati; uno certamente schizofrenico, l'altro senza precedenti di malattia mentale. I risultati di questi studi hanno indicato che la parentela biologica con un soggetto schizofrenico aumenta il rischio di contrarre la malattia, anche quando le persone interessate non abbiano avuto alcun contatto diretto tra di loro.
Questi studi indicano che la schizofrenia ha qualche base ereditaria,ma per conoscere quale sia l'effettiva entità di questa influenza genetica, sono necessari ulteriori ricerche.
La maggior parte degli studiosi concordano nel ritenere che, ciò che può essere ereditata è la vulnerabilità o predisposizione al male; un potenziale ereditario negativo che, al verificarsi di altri fattori, può condurre alla schizofrenia.
Questa predisposizione può essere dovuta ad una deficienza enzimatica o a qualche altra anomalia biochimica, a un lieve deficit neurologico oppure a qualche altro fattore o combinazione di fattori. Noi non comprendiamo ancora come la predisposizione genetica venga trasmessa e non possiamo prevedere esattamente se una determinata persona sarà affetta da schizofrenia. In alcuni individui il fattore genetico può risultare determinante in tal senso; per altri può essere relativamente ininfluente.

I familiari hanno delle colpe?
La maggior parte dei ricercatori concordano nell'affermare che i rapporti familiari non possono causare la schizofrenia. Nei decenni trascorsi c'era una certa tendenza da parte di alcuni operatori sanitari (militanti del movimento antipsichiatrico che ebbe il culmine in Italia con Basaglia) di incolpare i genitori per i disturbi dei loro figli.
Oggi questa deleteria abitudine è generalmente considerata sia poco corretta sia controproducente. Gli operatori sanitari cercano di favorire la partecipazione dei membri della famiglia al programma terapeutico e mostrano anche una più spiccata comprensione per il vero senso di oppressione e di isolamento che molte famiglie sperimentano nei loro tentativi di aver cura dei propri cari.

La schizofrenia è causata da una carenza chimica?
Nonostante non sia stata individuata finora una causa neurochimica per la schizofrenia, le conoscenze di base riguardo la chimica del cervello e i suoi collegamenti con la schizofrenia si stanno ampliando rapidamente.
I neurotrasmettitori, sostanze che permettono i collegamenti fra le cellule nervose, sono sospettati da tempo di essere coinvolti nello sviluppo della schizofrenia. È anche possibile che la malattia sia associata con qualche squilibrio dei complicati ed interrelati sistemi chimici del cervello. Anche se non abbiamo ancora risposte definitive, questa area della ricerca è molto attiva e stimolante.

La schizofrenia è causata da una anomalia fisica?
L'interesse in questo aspetto della ricerca è stato stimolato dallo sviluppo della TAC (Tomografia Assiale Computerizzata), una specie di tecnica dei raggi-X per visualizzare le strutture del cervello in attività.
Alcuni studi utilizzanti questa tecnica indicano che i pazienti schizofrenici hanno più probabilità di presentare strutture cerebrali abnormi (per esempio l'allargamento delle cavità interne del cervello), rispetto a persone normali della medesima età. Va sottolineato che alcune delle anomalie segnalate sono piuttosto lievi. È stato anche riscontrato che queste anomalie non caratterizzano tutti i pazienti schizofrenici e non si presentano solo in soggetti schizofrenici.
Un ulteriore passo avanti è rappresentato dalla PET (Tomografia ad emissione di positroni). Diversamente dal sistema della TAC, che fornisce immagini della struttura cerebrale, la PET è un modo di misurare l'attività metabolica di aree specifiche del cervello, comprese quelle situate molto in profondità. Finora con la PET si sono fatte nel campo della schizofrenia solo ricerche di carattere preliminare, ma questa nuova tecnica, usata insieme ad altri tipi di esami, permette di fornire importanti informazioni riguardo la struttura e il funzionamento del cervello in attività.
Altre tecniche strumentali che possono migliorare la comprensione della schizofrenia sono quelle contraddistinte dalle sigle MRI (Risonanza magnetica), RCBI ed EEG (Elettroencefalogramma). La prima,la MRI, è una tecnica che consente precise misure della struttura cerebrale basata sugli effetti di un campo magnetico sulle diverse componenti del cervello. Questa tecnica viene talvolta indicata anche con la sigla NMR. La RCBF (regional cerebral blood flow) si ottengono immagini relativi al cervello durante il suo funzionamento: il soggetto inala un gas radioattivo ed in base alla sua comparsa nelle diverse aree si ottengono informazioni circa l'attività di alcune regioni durante le attività mentali. L'ultimo, l'EEG è una specie di esame delle onde cerebrali che traccia una mappa delle risposte del cervello, come reazione a diversi stimoli. Tutte queste nuove tecniche vengono usate per la ricerca e non sono quindi, si noti bene, forme di trattamento.

FONTE: CE.SI.D.EA "Centro siciliano per la cura di Depressione e Ansia".
A cura del dott. Vito Fabio Paternò consulente presso l'Ospedale San Raffaele di Milano.

http://www.nessuno-perfetto.it/quali_so ... renia.html



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asp bliss

un conto è la fenomenologia un conto sono i perchè e le cure.

Fenomenologicamente la schizofrenia è diagnosticabile,DALLA PSICHIATRIA
SERIA,abbastanza facilmente.

Cosi,lepsicosi maniacodepressive e paranoiche.

Più difficili è la diagnosi dei casi borderline.

Nel caso delle nevrosi,c'è un ventaglio di fenomenologie che in parte sono raggruppabili,
come la cosiddetta depressione,e in parte sono interagenti e miste

IN TUTTI I CASI,LA PSICOPATOLOGIA NEVROTICA E PSICOTICA APPARE COME UNA FISSAZIONE RIGIDA A UNA PSICOPATOLOGIA CHE NEI CASI NORMALI ,CIOE DELLE PERSONE DEFINITE SANE,ESISTE MA NON SI FISSA MAI SU UNA PROBLEMATICA
PATOLOGICA UNICA.

Te lo spiego meglio:

tutti noi,nel corso della giornata,anche nei sogni,facciamo un percorso psicopatologico in stati leggermente depressivi,paranoidi,schizoidi,ecc...

Anche le persone cosiddette normali o sane.

Quello che succede è che negli psicotici e nei nevrotici,AVVIENE UNA FISSAZIONE SU UNA DETERMINATA FORMA E STATUS PSICOPATOLOGICO ALTRIMENTI ...NORMALE E FUNZIONALE.

Questa fissazione blocca la funzionalità E PARADOSSALMENTE IMPEDISCE ALLA PERSONA DI SPERIMENTARE IN MODO FLUIDO E NON FISSO GLI ALTRI STATI PSICOPATOLOGICI,quindi blocca la funzionalità mentale e scatena la malattia.

Il perchè di questo,non lo sa nessuno.

E QUESTO è SOLTANTO L'ASPETTO FENOMENOLOGICO E QUANTO SI PUO DIRE

Veniamo alle cure:

la psicoterapia,sembra liberare le persone da questa fissazione dato che il rispetto e l'amore,la solidarietà o l'assistenza non autoritaria,non severa,ecc... di uno o più altri esseri umani PERMETTE AL....PAZIENTE DI DEFISSARSI E SPERIMENTARE ANCHE GLI ALTRI STATI PSICOPAPTOLOGICI SENZA FISSARSI.

Paradosslamente,quindi,la guarigione è un ammalarsi completamente ma in modo lieve e senza alcuna fissazione.

MI segui?

Gli psicofarmaci possono,in parte,agire sulle componenti biochimiche e elettriche
dei cricuiti nervosi irrigiditi o fissati,operare sull'ansia diffusa e su quanto terrorizza la persona e le impedisce di sfissarsi.

Ho detto in parte e se vengono usati bene.

Poi una buona psicoterapia è sempre utile e necessaria,per elaborare le paure,le ansie,i problemi legati alla fissazione stessa.

Alla fine,il paziente psicotico guarito,diventa un buon nevrotico.

Il nevroticoguarito....un nevrotico funzionale

Ad esempio, e questo è un caso ormai classico,i pazienti paranoici quando guariscono sviluppano tutti un'ulcera allo stomaco,al duodeno,ecc...

Gli psichiatri non sanno il perchè.

In altri casi,i malati ossessivi che si lavano cento volte al giorno,possono ritrovarsi amanti dello sporco e dover accettare il fatto che sono felici con un po di sporco intorno e addosso...dato che i sintomi erano una formazione reattiva del loro inconscio bisogno di sporcarsi sporcare e cosìi via.

Questo è interessante e nel contempo anche liberatorio,PERCHE DIMOSTRA QUANTO HO DETTO:

la persona...sana è malata ma in un modo lieve e non fissato,libero e funzionale.

Quindi è vero che non esiste un modello di normalità e di salute,ma neppure fisico,perchè anche se i parametri di una analisi completa dle sangue sono buoni,l'ecg normale,l'eeg pure,ecc... stai sicura che da qualche parte,nello psicosoma,quanche momentaneo e contingente problema esiste e viene risolto e gestito dalla sistemica psicosomatica stessa.

In somma,bisogna uscire dalle pregiudiziali di perfezione o disastro,per capire che noi esseri umani siamo imperfetti,relativi,ammalabili e guaribili,am non lo siamo mai completamente.

Ad esempio,io adesso sto scrivendo su questo forum dei post molto ben pensati
e consistenti,ma mi fanno male i piedi,ho un leggero dolore allo stomaco,e mi fa un po male la testa.

Questo dipende in parte dalla posizione,in parte forse dalla concentrazione,ma in parte
sono piccoli disturbi che avevo anche stamattina,un mese fa,poi spariscono e poi ritornano,e io non ci faccio caso.

Un po' per l'età,un po' perchè so che io non sarò mai completamente sano,come tutti quanti noi,perfino gli atleti dal punto di vista fisico,e loro lo sanno bene.

Questo non viene capito e accettato dagli psicotici e dai nevrotici inguerra con la loro malattia,anche da parecchi psichiatri,gente comune,ecc..

Se vuoi,questa è la sola e vera follia umana:

quella di non accettarsi come ...folli quel tanto che basta per essere personalmente funzionali e creativi...e non folli tanto da non fissarsi a nessuna follia.

Ad esempio,gli psicotici non piangono praticamente mai...i nevrotici spesso...fin troppo...i ...muah...sani quando gli viene voglia di farlo e per motivi loro personali
validi.

Vedi,i sani non si fissano quasi mai,su una emozione,un affetto,un dolore,un piacere,siano essi funzionali o meno...
ecc....

I nevrotici molto,gli psicotici sempre.

ciau

PS
Aggiungo ancora questo:non sempre le cause sono...cause e i fenomeni osservabili effetti.

TALVOLTA è cosi,altre volte no.

A parte la quantistica mentale,secondo la quale un problema o un fatto mentale puo ineescarsi o succedere PERCHE SUCCEDE E BASTA,senza una causa apparente o un motivo,bisogna dire che a volte I SINTOMI SONO LA MALATTIA,altre volte invece no,NE SONO LA RISULTANTE PROFONDA,altre volte,pensa un po,CI SONO MALATTIE CHE NON DANNO SINTOMI E STRISCIANO NELL'INCONSCIO IN MODO SUBDOLO
E A LUNGO TERMINE,COME VIRUS LENTI,DURANTE TUTTA LA VITA,e la persona sembra...normale.


Ultima modifica di star-man il 23/03/2013, 15:28, modificato 1 volta in totale.


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Come al solito la realtà supera la fantasia e non in meglio, purtroppo. Una mia carissima amica, medico (ha salvato mio padre dall'infarto), madre di due figli, donna in gamba, subisce da anni le violenze fisiche e morali del marito, anch'egli medico, ma uno scarso sotto tutti i punti di vista. Si tratta di cose delicate, non si può entrarvi più di tanto. Le ho consigliato più volte di rivolgersi ad associazioni femminili, sacerdoti, ecc. ma lei mi dice che è tutto inutile. Sono pronta anche a testimoniare laddove ce ne fosse bisogno perché il marito è lui a mostrare disturbi della personalità. Eppure, qualche settimana fa alla mia amica sono crollati i nervi. Forse ha minacciato un gesto inconsulto, forse ha preso più farmaci del solito ed è finita nel reparto malattie mentali di un ospedale per circa una settimana. Persone esperte mi hanno consigliato di usare molta delicatezza e di non essere invadente. Potrebbe essere controproducente. Ora dalle carte risulta che lei è stata ricoverata in un reparto psichiatrico e lui potrà usare questo in caso di divorzio. Ma ci rendiamo conto? Ho visto solo una volta questa mia amica da quando è uscita dall'ospedale ed è provata, ovviamente, e non so come aiutarla concretamente, visto che non è una stupida e credo abbia fatto tutto quello che è possibile fare. Ecco perché poi ci sono tanti casi di femminicidio e di abusi. Perché non è facile difendersi. Le istituzioni, tipo gli ospedali, che dovrebbero difendere le vittime, finiscono per peggiorare la situazione.



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si la schizofrenia è diagnosticabile, chi lo mette in dubbio?....anche lo shopping compulsivo e il DISTURBO OPPOSITIVO PROVOCATORIO lo sono...solo che fino a qualche tempo fa una donna affetta da shopping compulsivo non l'avremmo curata con i farmaci, ma togliendole la carta di credito e un bambino di con il disturbo oppositivo provocatorio non lo avremmo messo sotto ritanil, ma in punizione.

Si, quello che dici è la teoria che sottende all'impiego dei farmaci e di altre metodologie invasive nella cura di disagi psichici. Su quali prove chimiche, biochimiche, neurologiche si basano queste teorie? In base a cosa stabiliamo che la terapia farmacologica ha successo?

Contro la psicologia e la psicoanalisi non ho remore: in primis perché danni permanenti non ne fa se non al portafoglio. In secundis si fonda su teorie mobili della mente che in mano a dei buoni terapeuti risultano estremamente plastiche e in grado di adattarsi alle esigenze dei singoli pazienti; in ultimo Il paziente che si propone di intraprendere un percorso di riflessione sul sè è indubbiamente più consapevole del fatto che deve farsi carico della propria guarigione a differenza del paziente che cerca il farmaco e che assieme al farmaco probabilmente cerca una giustificazione per alleviare il senso di colpa e di disagio derivante dal suo stato, una via di fuga dal senso di fallimento e inadeguatezza che deriva dalla sensazione di essere difettosi e colpevoli del proprio difetto..perchè "se sono i circuiti elettrici del mio cervello a fare tilt allora non io, non è colpa mia, c' è un difetto e se c'è un difetto qualcuno me lo può aggiustare"...



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Cita:
Hannah ha scritto:

Come al solito la realtà supera la fantasia e non in meglio, purtroppo. Una mia carissima amica, medico (ha salvato mio padre dall'infarto), madre di due figli, donna in gamba, subisce da anni le violenze fisiche e morali del marito, anch'egli medico, ma uno scarso sotto tutti i punti di vista. Si tratta di cose delicate, non si può entrarvi più di tanto. Le ho consigliato più volte di rivolgersi ad associazioni femminili, sacerdoti, ecc. ma lei mi dice che è tutto inutile. Sono pronta anche a testimoniare laddove ce ne fosse bisogno perché il marito è lui a mostrare disturbi della personalità. Eppure, qualche settimana fa alla mia amica sono crollati i nervi. Forse ha minacciato un gesto inconsulto, forse ha preso più farmaci del solito ed è finita nel reparto malattie mentali di un ospedale per circa una settimana. Persone esperte mi hanno consigliato di usare molta delicatezza e di non essere invadente. Potrebbe essere controproducente. Ora dalle carte risulta che lei è stata ricoverata in un reparto psichiatrico e lui potrà usare questo in caso di divorzio. Ma ci rendiamo conto? Ho visto solo una volta questa mia amica da quando è uscita dall'ospedale ed è provata, ovviamente, e non so come aiutarla concretamente, visto che non è una stupida e credo abbia fatto tutto quello che è possibile fare. Ecco perché poi ci sono tanti casi di femminicidio e di abusi. Perché non è facile difendersi. Le istituzioni, tipo gli ospedali, che dovrebbero difendere le vittime, finiscono per peggiorare la situazione.


è terribile....Hannah, so che sembrerò cinica...ma non si può aiutare chi non è disposto ad aiutarsi da solo.Io ci ho provato tante volte, ma le persone devono fare il proprio percorso anche se è un percorso assurdo, doloroso e senza via di uscita.



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Si è terribile.



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blis,il confine tra fisico e mentale non è una paratia stagna.

Io parlo di psicosoma o di somatopsichico proprio per questo.

ALLORA:

*il numero di psicosi,nevrosi,borderline,ecc... è in aumento, ma non rappresenta certo la maggior parte della gente.

Infatti,la maggior parte delle persone è funzionale,cioè non è fissata nei ai suoi stati diciamo così...patologici o disfunzionali ma neppure a quelli che possiamo ritenere sani.

Magari si aiuta con farmaci naturali,che può acquista senza ricetta medica:

40 % di valeriana, 35% di melissa e 25% di biancospino

ad esempio

Insomma vive il suo status umanamente umano senza idealizzarlo nè demonizzarlo,
drammatizzare o,al contrario,sottovalutare e trascurare.

Quando ha bisogno di aiuto lo cerca e se non è contenta dei risultati ottenuti,lo cerca ancora finquando lo trova.

Questo è il primo punto,ovvio.

Il secondo è questo:

ci sono persone,ad esempio gli isterici,che amano dipendere da altri,quindi il fatto che facciano una psicoterapia,una cura psichiatrica classica,prendano psicofarmaci o seguano un guru,per loro è congeniale.

Altre persone,ad esempio,i paranoidi,fanno tutto il contrario,dato che non si fidano di nessuno.

E cosi via.

Quindi il problema della dipendenza-indipendenza,responsabilità individuale,ecc..
si pone anche in questo senso,ma non sembra sia determinante ai fini dei risultati della cura.

Inoltre,tu scrivi che certe terapie non fanno male se non al portafogli,ma qui ti sbagli:

ci sono psicoterapie,e non sto parlando di psicofarmaci eh,che sono inutili ma perfino CONTROINDICATE per determinate psicopatologie.

Ora,oltre ai danni finanziari,una persona può subire anche danni psicologici se sbaglia
psicoterapia, o se la prolunga per conto suo mentalmente troppo o spesso,ecc...

Quindi anche qui bisogna fare attenzione a non esagerare o sbagliare mezzi.

Adesso torniamo agli psicofarmaci,ma anche ai farmaci naturali,ecc...

Ho detto che lo psicosoma è olistico,quindi un problema fisico ha anche un riflesso mentale e viceversa.

Freud racconta del suo primo paziente,un uomo che presentava disturbi apparentemente nevrotici.

Ad un esame medico,poi,è risultato avere dei problemi all'interno dei seni nasali,una volta risolti quelli i sintomi sono scomparsi.

Freud stesso,accusato di panspicologia,scrive,a proposito,che il fisico influenza la mente fino a generare sintomi importanti.

Groddek,ne Il libro dell'ES,fa il discorso complementare:l'inconscio è in grado di generare problemi fisici,fino allo stigmate...

Perciò,quando parliamo di psicofarmaci,non dobbiamo generalizzare ed essere invece molto prudenti.

Ci sono psicofarmaci e psicofarmaci,dosi e dosi,usi e abusi,ecc...

Ad esempio,il tranxillium è ritenuto una vero a propria droga cerebrale,come tutte le fenotiazine,quindi uno psichiatra serio NON LO DARA MAI A UN BAMBINO O UN GIOVANE ADULTO.

A dire il vero ci sono psichiatri molto seri che non lo danno neppure agli adulti,come fanno con altri psicofarmaci,perchè sanno bene il loro lavoro.

Poi ci sono medici che non sono psichiatri,che si permettono di fare ricette per psicofarmaci,e questi sono degli abusi di ruolo e di competenza.

Quindi ci sono psichiatri,che prescrivono cocktail micidiali,o psicofarmaci pericolosi con una leggerezza e imprudenza molto pericolose.

Però , e veniamo al dunque,ci sono ansiolitici blandi,perfino rimedi naturali come quello che ho proposto prima,psicofarmaci attuali,ecc.. che agiscono sui sintomi alleviandoli
e tranquilizzando la persona:

valeriana,melissa e biancospino,calmano il sistema nervoso,rilassano la muscolatura cxontratta,tonificano il cuore,quindi permettono una miglior funzionalità fisica,una relativa liberazione di energie e allegeriscono la mente,cioè hanno un effetto positivo anche sulal mente.

Certo non risolvono i conflitti,ma li calmano,e questo è già bello.

Poi,sta alla persona,un tantino più tranquilla ,elaborarli e risolverli,ma come si dice,tutto aiuta e quello che non ti ammazza,in piccole dosi,ti può far bene.

Infine,parlando di quelli che si illudono cerca i rimedi naturali,idealizzandoli,queste persone si dimenticano che hanno a che fare cmq con una chimica,molecole,e che questa chimica ha un'influenza biochimica,anche elettrica,sul SNC e periferico.

Che siano fiori di Bach,sostanze come quelle che ho citato,tisane particolari,
ecc.... hanno un effetto biochimico e il fatto che siano naturali non cambia niente sulle eventuali controindicazioni o problemi di dipendenza o altro ancora.

Certo tu potresti dirmi,beh,tra un proxac e una tisana come la tua c'è una certa differenza.

Certo,come c'è tra il fumare marijuana e farsi,ma tutte queste cose fanno male.

Anche la natura può fare molto male,se uno non la conosce bene o non si affida ad un vero esperto.

Cmq,rimedi naturali o artificiali provano che mente e corpo sono interconnessi e
agendo sull'uno si agisce nel contempo sull'altro.

Tutto di pende da quanto si agisce,quando,come,perchè e chi è l'esperto,

Io non credo poi a tutto quello che racconta la gente,specie se si trova in cura psichiatrica o psicoterapeutica.

Di solito,e questo è tipico e strano,quando comincia a migliorare o a star bene,o scappa perchè ...gli basta sapendo che poi può stare di nuovo male,oppure lascia perchè preferisce star male piuttosto che bene,dato che,magari,stando male ha attenzioni da parte di altri che non avrebbe poi stando bene, oppure continua per un po' e quando le cose si fanno davvero importanti e decisive,fugge.

Insomma,le persone che portano a termine una cura con risultati durevoli ma non certo..eterni,sono ben poche: te lo dico perchè io ho vissuto una analisi per 4 anni,
e ho vinto tutte queste resistenze,e soltando vincendole l'ho portata a termine e ne beneficio ancora oggi.

Poi ,durante i ltraining in a.transazionale,ho fatto una terapia di gruppo,e ho visto persone andare,venire,riandare,lasciare,e altre andare avanti con coraggio.

Però ti posso garantire che la maggior parte della gente,QUANDO ENTRA IN CONTATTO CON I NODI CENTRALI HA UNA PAURA TALE CHE NEPPURE TI IMMAGINI,E QUESTA PAURA,SPESSO,LE FREGA E FREGA PURE IL MEDICO O IL TERAPEUTA,dato che nessuno può impedire ad una persona di lasciare una cura.

A parte il ricovero coatto,e questo riguarda davvero pochissime persone,tutte le altre,compresi anche i pazienti che stanno all'ospedale e devono fare un'operazione,
possono firmare una liberatoria e andarsene.

Quindi,come vedi,la situazione è complessa ma aperta,non chiusa,e le responsabilità non stanno mai da una parte sola.

Non mettiamo dei punti bliss,quando non è il caso,ma solo delle virgole,altrimenti non si va più avanti.

ciao



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