Ieri sulla pagina di Repubblica
http://www.repubblica.it/esteri/2013/07 ... /?ref=fbpr erano pubblicate le ultime parole di alcuni condannati a morte del Texas. Devo dire che mi hanno molto colpito e mi hanno indotto a fare diverse riflessioni.
Premetto che sono contraria alla pena di morte. Quello che mi ha piu colpito è stato il senso di pace che emerge da alcune di esse. È probabile che ci sia stata una selezione, che abbiano scelto quelle più toccanti però la riflessione resta.
Una prima domanda che mi sono posta riguarda la prospettiva della morte.
In realtà, ognuno di noi ha la stessa prospettiva, anche se non conosce il modo e il quando. È probabile che alcuni di questi condannati sarebbero morti addirittura prima se non fossero stati incarcerati, visto che avevano intrapreso una brutta strada.
Eppure, leggendo quei messaggi, è innegabile che in loro ci sia stato un cambiamento positivo. Se non addirittura una trasformazione.
Non ho alcuna conclusione da trarre, resto contraria alla pena di morte, specie perché non credo nell'infallibilità della giustizia umana. Però trovo "istruttivo" riflettere sul fatto che la prospettiva di una condanna certa e motivata possa indurre, entro un certo tempo un cambiamento così radicale e profondo.
E' evidente che nella nostra epoca ci sia una completa svalutazione del senso della vita e non è escluso che ciò accada perché ci sia anche una svalutazione del senso della morte.
Mentre in passato c'era quasi un'accettazione della morte, dovuta all'ineluttabilità di certe malattie, oggi ritenute banali, nonché al fato o alle guerre, oggi sembra che tutto faccia parte del gioco del consumismo. Ho idea che il modello impresso nella mente di molti, non sia tanto la scomparsa di un familiare, di un amico caro, ma il ciclo usa e getta che ci viene dal modello di vita.
![Compiaciuto [8)]](./images/smilies/UF/icon_smile_shy.gif)
Ed ecco che molti finiscono per gettare letteralmente la loro vita o quella degli altri.