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Riforma sanitaria Usa: si torna indietro
Il beneficio di “Obamacare” – come viene chiamata la riforma sanitaria di Barack Obama – per me è durato un anno solo. Alla vigilia dell’entrata in vigore della nuova legge, nel 2013 la mia polizza sanitaria individuale – indispensabile per avere qualsiasi tipo di assistenza medica – mi costava uno sproposito: 1.000 dollari al mese. In cambio di cosa? Facendo tutti gli scongiuri e toccando il toccabile, nel 2013 ebbi solo bisogno di alcune visite di routine dal medico di famiglia e poche visite specialistiche (oculista, dermatologo). Con ticket sui 50 dollari a mio carico per ogni visita, e poi rimborsi erratici, imprevedibili, arbitrari, spesso avari, su analisi o medicinali. Il primo gennaio 2014, grazie a Obama, il costo della mia polizza scese a 800 dollari. Le prestazioni restavano scadentissime, ma almeno ho risparmiato un bel po’ di soldi. E mi son detto che finalmente il presidente aveva messo sotto controllo l’avidità delle compagnie assicurative private. Ahimé, è durato poco. Dal primo gennaio di quest’anno la mia compagnia mi ha comunicato la nuova tariffa: 1.000 dollari. Torniamo al punto di partenza. Questo aumento del 25% annuo non è giustificato da una particolare rischiosità individuale: sempre facendo scongiuri e vari atti scaramantici, anche nel 2014 non sono stato ricoverato in ospedale, i miei incontri con la classe medica sono stati piuttosto di routine. Obamacare, in teoria, avrebbe dovuto introdurre una serie di calmieri e di controlli, per la verità delegati a livello locale. Nel mio caso, lo Stato di New York, dove sono residente, dovrebbe passare al vaglio le richieste di aumenti nei premi assicurativi, per verificare se siano giustificati. Ed eventualmente bocciarli. Il meno che si possa dire, è che evidentemente l’authority di New York è la bella addormentata nel bosco. Le compagnie assicurative fanno quello che gli pare, i cittadini subiscono, lo Stato si volta dall’altra parte. Obamacare sta per subire una nuova offensiva, un altro ricorso alla Corte suprema per invalidarla. Di questa legge, probabilmente l’aspetto più positivo è l’aver esteso l’assistenza sanitaria a milioni di americani che non l’avevano. Non è il caso mio. Io rientro nell’altra categoria: quelli che erano già assicurati prima, e da questa legge si aspettavano delle tutele contro un capitalismo sanitario da rapina. La destra accusa Obamacare di essere un sistema “socialista”. La mia esperienza concreta dice il contrario: un difetto di questa riforma è la sua timidezza, l’aver lasciato al centro di tutto il sistema le assicurazioni private
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Usa. Dove la Difesa spende un milione di dollari in Viagra
soldati usaNegli Stati Uniti d’America esiste un sito “ufficiale” in cui sono riportate le spese sostenute o autorizzate dal governo. Un servizio esemplare, ma che ha messo in luce qualcosa che non era stato così evidente. Almeno fino ad ora.
Dalla banca dati risulta che il governo americano ha speso oltre un milione di dollari, 1.105.342 per essere precisi, in Viagra, la famosa “pillola blu”. La cosa strana è che la quasi totalità di questa somma, 1,028 milioni di dollari, sono stati spesi in un solo stato, l’Ohio, e, come se non bastasse, concentrati in due anni: il 2013 e il 2014. A prima vista potrebbe sembrare che tutti gli abitanti del piccolo Stato americano, 11,59 milioni di persone includendo donne, bambini e anziani, sono stati colpiti da un’epidemia devastante di impotenza (a questo dovrebbe servire il Viagra, il farmaco creato “accidentalmente” dalla Pfizer agli inizi degli anni ‘90). Poi, scorrendo i dati, ci si accorge che le cose stanno diversamente.
Ad aver commissionato una spesa tanto cospicua, 426.700 dollari nel 2013 e più di mezzo milione di dollari solo lo scorso anno, è stato quasi esclusivamente un solo soggetto: il Dipartimento della Difesa Usa. Il governo americano ha acquistato, dalla Cardinal Healt Inc., decine e decine di lotti di Viagra da destinare, così è riportato nei documenti ufficiali, a “troop support”, ovvero “supporto delle truppe”. In realtà, già nel lontano 1998, lo stesso ministero aveva deciso di fornire il Viagra ai soldati come “beneficio medico”. Quello che sorprende, però, è la crescita esponenziale degli acquisti degli ultimi anni, un vero e proprio boom: negli ultimi due anni la spesa è aumentata di oltre il 5mila per cento rispetto agli anni precedenti.
Eppure “le linee guida della Difesa permettono ai medici militari di prescrivere il Viagra solo dopo che una attenta valutazione indichi il farmaco come il regime ottimale per il paziente,” è riportato in un comunicato del Pentagono. Tanto più che si tratta di una cura dai costi esorbitanti. Il prezzo della “pillola blu”, infatti, è lievitato: dai 10 dollari a pillola di qualche anno fa, ai 25 dollari dello scorso anno. Costi enormi, specie se si considera che gli Stati Uniti d’America non offrono un sistema di assistenza sanitaria che copra le spese mediche. Fa eccezioni proprio il Tricare, il programma di assistenza sanitaria del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. Proprio nel 2013, anno in cui sono iniziati gli acquisti di quantità spaventose di Viagra, il Tricare è stato trasferito ed inglobato in un nuovo soggetto, il Defense Health Agency (DHA), creato proprio, come riportato sul sito del ministero della Difesa americano, per “ottenere tempestività degli interventi medici, migliorare la salute della nostra gente (ovvero i militari, ndr.), migliorare l’esperienza nelle terapie e ridurre i costi di assistenza sanitaria”.
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