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 Oggetto del messaggio: Re: ISIS: pronto il nuovo spauracchio per l'Occidente
MessaggioInviato: 09/03/2015, 19:12 
Il fatto è, specialmente per gli europei che si arruolano, che non trovano una patria su cui contare ... Un motivo per il quale credere.
In effetti non trovano motivazioni dalle loro Nazioni, ed essendo giovani cercano "qualcosa" su cui sperare ....

D'altra parte, se il solo esporre una bandiera su un balcone (come qui da noi) si viene multati con 140 euro ..... la cosa mi fa letteralmente INBESTIALIRE! [:294]
Poi dovrei ritenermi fiero di essere italiano? (Attento fgb, tu che sventoli sempre la bandierina nei post ...) [:246]

Allora mi tengo quella americana! Là ognuno la può esporre; caspita, se è il tuo Paese ... la metto dove ho voglia!

Qui, no; evidentemente è solo ... istituzionale!(o "fascista"!) E questo è profondamente sbagliato! Per cui, quando si vede sventolare il tricolore o è una questura o c' è un Tribunale! [:299]

Uno schifo assoluto! Ed io ho servito questo ... vessillo! [8)]

Per cui, senza difendere gli stolti che si arruolano all'ISIS, ecco che là trovano un'unità, un obiettivo che non riscontrano qui ..... [^]



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 Oggetto del messaggio: Re: ISIS: pronto il nuovo spauracchio per l'Occidente
MessaggioInviato: 09/03/2015, 19:58 
Ufologo 555 ha scritto:
D'altra parte, se il solo esporre una bandiera su un balcone (come qui da noi) si viene multati con 140 euro .....


Voglio sperare che tu stia scherzando [:0]


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 Oggetto del messaggio: Re: ISIS: pronto il nuovo spauracchio per l'Occidente
MessaggioInviato: 09/03/2015, 19:59 
Magari ...! [:294]
Se vogliono, ti mandano sù i vigili ....



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 Oggetto del messaggio: Re: ISIS: pronto il nuovo spauracchio per l'Occidente
MessaggioInviato: 09/03/2015, 23:13 
Sulla bandiera esposta:

http://www.governo.it/Presidenza/uffici ... esiti.html

Mi trovate la legge che multa l'esposizione della bandiera italiana?
Perché dove lavoro abbiamo una bandiera da 3mtx2mt esposta in vetrina e in 15 anni nessuna multa.....


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 Oggetto del messaggio: Re: ISIS: pronto il nuovo spauracchio per l'Occidente
MessaggioInviato: 09/03/2015, 23:31 
Ufologo 555 ha scritto:
Magari ...! [:294]
Se vogliono, ti mandano sù i vigili ....

E ti credo abitando in Padania!!....... [:302]


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 Oggetto del messaggio: Re: ISIS: pronto il nuovo spauracchio per l'Occidente
MessaggioInviato: 10/03/2015, 09:51 
La battuta è senz'altro buona ma io se espongo, espongo quella americana, come facevo da ragazzo ... [:D]



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 Oggetto del messaggio: Re: ISIS: pronto il nuovo spauracchio per l'Occidente
MessaggioInviato: 10/03/2015, 09:55 
Grazie CRASH3 ; comunque l'avevo sentito in un dibattito televisivo ... (Mi sembra che anche ubatuba ne deve sapere qualcosa) ..
Meglio, esporrò quello che voglio. [^]



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 Oggetto del messaggio: Re: ISIS: pronto il nuovo spauracchio per l'Occidente
MessaggioInviato: 10/03/2015, 10:28 
L'ho scritto da mesi!




Libia, Nicolas Sarkozy ha vinto le elezioni 2008 con i soldi di Muammar Gheddafì


Nicolas Sarkozy, il più "gheddaffiano" nella storia dei presidenti francesi, nasconde un terribile segreto dietro quell'intervento militare in solitaria del 2011 che gli fece rischiare la rottura con mezza Nato, Silvio Berlusconi in testa. Gli avversari politici crescono e lo minacciano, i magistrati gli stanno col fiato sul collo mentre uno a uno finiscono in galera diversi uomini un tempo a lui vicini, veri e propri scrigni di informazioni riservate.

Il raid - Era il 19 marzo di di quattro anni fa, la Francia era partita con i suoi caccia per bombardare la Libia, affiancata solo dagli inglesi di David Cameron, tre ore prima di avvertire tutti gli alleati. Un intervento giustificato da ragioni geopolitiche e anche culturali: bisognava frenare un rischio altrimenti impossibile da contenere, con la polveriera libica in ebollizione.

Il regalo - C'è stata però un'inchiesta della magistrature francese che, come racconta la Stampa, avrebbe fatto emergere dettagli imbarazzanti su Sarko. Un dettaglio da 50 milioni che il Rais, secondo i giudici, ha donato a Nicolas per finanziare la sua vittoriosa campagna elettorale. Un generoso obolo che avrebbe reso ricattabile il presidente francese, motivato quindi più di chiunque altro a cancellare le prove di quel regalo. Non c'è indagine a carico di Sarkozy, ma aggiunge altre ombre suggetiste al giallo internazionale l'ultima mossa delle toghe francesi che sabato 7 marzo hanno arrestato Claude Guéant, uomo chiave nei rapporti tra Gheddaffì e Sarkozy, accusato di frode discale e ricilcaggio per aver intascato 500 mila euro nel 2008 per un paio di quadri fiamminghi un po' sovrastimati. E poi ci sono le indiscrezioni del sito Mediapart su Ziad Takieddine, faccendiere libanese molto vicino a Sarko, arrestato con 1,5 milioni di euro in contanti e subito molto loquace con i magistrati.

La vendetta postuma - Il Rais, davanti al voltafaccia improvviso di Sarko, lanciò l'anatema: "Un grave segreto provocherà la cadutà di Sarkozy". Sotto le bombe, poi, il figlio del dittatore, Saif al-Islam, aveva vuotato definitivamente il sacco: "Abbiamo finanziato noi la sua campagna elettorale e ne abbiamo le prove". In questi giorni Sarko sta provando a riproporsi all'elettorato francese per contenere l'avanzata di Marine Le Pen lanciata verso l'Eliseo nel 2017: mancano ancora due anni, ma i primi sgambetti sembrano più fallacci da dietro.

http://www.liberoquotidiano.it/news/est ... vinto.html

Era la sua "Primavera" .... araba. [:294] [:298] Ed ha inguaiato NOI!



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 Oggetto del messaggio: Re: ISIS: pronto il nuovo spauracchio per l'Occidente
MessaggioInviato: 10/03/2015, 10:38 
io ho esposto per un pò quella dell'italia con il simbolo dei savoia, i vicini rompevano le palle ma poi se ne sono stati zitti.


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 Oggetto del messaggio: Re: ISIS: pronto il nuovo spauracchio per l'Occidente
MessaggioInviato: 10/03/2015, 12:13 
Ufologo... guarda che se esponi quella degli USA oggi come oggi esponi una bandiera che nei fatti sostiene e supporta l'ISIS

L’alleato di Washington in Libia adesso è il leader dell’ISIS in Libia

Immagine

Ancora una ulteriore prova del collegamento degli USA con il terrorismo dello Stato islamico che proviene questa volta dalla Libia.

La recente rivelazione che il sig. Abdelhakim Belhadj, alleato degli Stati Uniti nell’operazione fatta per spodestare Gheddafi in Libia, è ora il leader dell’ISIS (Stato Islamico) in Libia, potrebbe essere una sorpresa per chi non ha seguito la politica degli Stati Uniti in quel paese, ed in tutta la regione. Questo fatto dimostra per l’ennesima volta che Washington ha fornito aiuto ed assistenza proprio a quelle forze che sostiene di combattere in tutto il mondo.

Secondo recenti rapporti , lo stesso Abdelhakim Belhadj si è ormai saldamente insediato come il comandante organizzativo della formazione dell’ ISIS (Stao Islamico) che ha preso possesso di parte della regione della Libia. Le informazioni provengono da un anonimo funzionario dell’intelligence statunitense, che ha confermato che Belhadj sostiene e coordina gli sforzi dei gruppi dei combattenti dell’ ISIS in Libia orientale intorno alla città di Derna, una zona a lungo conosciuta come un focolaio di militanza jihadista.

Anche se può sembrare una storia non importante -quella del terrorista prima di Al Qaeda e poi comandante dell’ ISIS – la realtà è che dal 2011 gli Stati Uniti (ed i loro alleati della NATO) hanno sponsorizzato Belhadj e lo hanno raffigurato come un uomo che “con coraggio” ha portato avanti “la lotta dei combattenti per la libertà,” assieme ai suoi compagni “amanti della libertà” contro il “tirannico despota” Gheddafi la cui le forze di sicurezza in una sola volta avevano catturato e imprigionato molti membri del Gruppo combattente islamico libico (LIFG), tra cui Belhadj.

Belhadj ha servito la causa degli Stati Uniti in Libia così bene che lo si può vedere ricevendo riconoscimenti dal senatore John McCain, che fa riferimento Belhadj ei suoi seguaci come “eroi”. Inizialmente è stato premiato dopo la caduta di Gheddafi, con l’incarico di comandante militare di Tripoli , anche se è stato costretto a cedere il passo ad un “governo di transizione” politicamente più presentabile che da allora è svanito da quando, paese è stato devastato dalla guerra caotica.

La storia di Belhadj e delle sue attività terroristiche include tali “successi”, come la collaborazione con Al Qaeda in Afghanistan e in Iraq, e, naturalmente, il suo comodo servizio alla furia devastatrice sponsorizzata dagli USA-NATO in tutta la Libia che, tra le altre cose, ha causato uccisioni di massa di libici neri e chiunque sospettato di far parte della Resistenza Verde (quelli fedeli alla Libia guidata da Gheddafi). Anche se i media atlantisti hanno cercato di farne un martire, Belhadj, per la sua presunta tortura tramite il programma di consegne della CIA, il fatto inevitabile è che, ovunque vada, lascia una scia violenta e sanguinosa.

Mentre molte di tali informazioni sono note, ciò che è di fondamentale importanza è collocare questa notizia nel contesto politico adeguato, illustrando chiaramente come gli Stati Uniti erano e continuano ad essere il principale sponsor degli estremisti islamici sunniti e wahabiti, dalla Libia alla Siria ed oltre, e che tutte le chiacchiere sui “ribelli moderati” sono solo retorica volta ad ingannare un pubblico ottuso.

Il nemico del mio nemico è mio amico … fino a prova contraria

Ci sono ampie prove documentate dell’associazione di Belhadj con al-Qaida e relative al terrorismo globale . Diversi rapporti ne evidenziano l’esperienza in combattimento in Afghanistan e altrove, e lui stesso s’è vantato di aver ucciso soldati statunitensi in Iraq. Tuttavia, è stato in Libia nel 2011 dove Belhadj è divenuto il volto dei “ribelli” che cercavano di rovesciare Gheddafi e il governo legale della Libia. Come il New York Times riferiva: “In Libia fu lui uno dei suoi leaders riconosciuti , nel guidare una fazione jihadista agguerrita che costituiva il gruppo di avanguardia nella guerra contro Gheddafi. Da nessuna parte questo è stato più evidente di come il “Gruppo combattente islamico libico” fu costituito nel 1995 con l’obiettivo di cacciare il Colonnello Gheddafi.

Inizialmente furono sospinti in montagna o in esilio dalle forze di sicurezza libiche, i membri del gruppo furono tra i primi a unirsi alla lotta contro le forze di sicurezza di Gheddafi… Ufficialmente il gruppo di combattimento non esiste più, ma gli ex-membri combattono sotto la guida di Abu Abdullah Sadiq (alias Abdalhaqim Belhadj)”.

Quindi, non solo Belhadj ha partecipato alla guerra USA-NATO contro la Libia ma egli è stato uno dei capi quando il Gruppo combattente islamico libico (LIFG) ha preso il comando dell’attacco al compound di Gheddafi a Bab al-Aziziya. A tal proposito, il LIFG ha avuto l’intelligence e probabilmente anche il sostegno tattico dai servizi segreti e dall’esercito statunitensi. Le nuove informazioni sull’associazione di Belhadj con l’ISIS, divenuto così improvvisamente globalmente rilevante, rafforzano certamente la tesi che questo autore, tra gli altri, ha scritto nel 2011, secondo cui la guerra USA-NATO alla Libia fu condotta da gruppi terroristici apertamente e tacitamente sostenuti da servizi segreti e forze armate degli USA.

Inoltre questo si integra con altre informazioni emerse negli ultimi anni, da cui si comprende come gli Stati Uniti sfruttano per i propri scopi geopolitici uno dei focolai terroristici più attivi nel mondo. Secondo le ultime notizie, Belhadj è direttamente coinvolto nel supporto ai centri di addestramento dell’ISIS a Derna. Naturalmente Derna dovrebbe essere ben nota a chiunque segua la Libia dal 2011, perché questa città, insieme a Tobruq e Bengasi, fu tra i primi centri del reclutamento di terroristi anti-Gheddafi fin dai primi giorni della “rivolta” e per tutto il fatidico 2011.

Immagine

Ma Derna era già nota come luogo dell’estremismo. In un importante studio del 2007 intitolato “Combattenti stranieri di al-Qaida in Iraq: Un primo sguardo ai Dati Sinjar” del “Combating Terrorism Center” presso l’Accademia militare degli USA di West Point, gli autori osservavano che: “Quasi il 19 per cento dei combattenti nei Dati Sinjar provenivano dalla sola Libia. Inoltre, la Libia ha inviato molti più combattenti jihadisti in proporzione ad ogni altra nazionalità, secondo i Dati Sinjar, compresa l’Arabia Saudita… L’aumento apparente di reclute libiche in viaggio verso l’Iraq può essere collegato al rapporto sempre più collaborativo del Gruppo combattente islamico libico (LIFG) con al-Qaida, culminato nell’adesione ufficiale del LIFG ad al-Qaida, il 3 novembre 2007… Le città da cui spesso i combattenti venivano chiamati erano Darnah (Derna), in Libia e Riyadh, in Arabia Saudita, con 52 e 51 combattenti rispettivamente. Derna con una popolazione di poco più di 80.000 abitanti, rispetto a Riyadh di 4,3 milioni, ha di gran lunga il maggiore numero pro capite di combattenti, secondo i Dati Sinjar”.

Quindi, l’establishment militare e d’intelligence degli Stati Uniti sapeva già da quasi un decennio (forse più) che Derna era il luogo, direttamente o indirettamente controllato dai jihadisti del LIFG, e che la città era terreno di reclutamento primario del terrorismo in tutta la regione. Naturalmente, tali informazioni sono vitali se comprendiamo il significato geopolitico e strategico dei campi di addestramento del SIIL a Derna associati al famigerato Belhadj. Ciò ci porta a tre conclusioni correlate ed altrettanto importanti. In primo luogo, Derna ancora una volta fornisce i combattenti della guerra terroristica condotta in Libia e nella regione, con l’obiettivo evidente della Siria. In secondo luogo i centri di addestramento a Derna sono supportati e coordinati da un noto agente degli Stati Uniti. E in terzo luogo, la politica degli Stati Uniti di sostegno ai “ribelli moderati” è solo una campagna di pubbliche relazioni volta a convincere gli statunitensi (e gli occidentali in generale), che non sostengono il terrorismo, nonostante tutte le prove contrarie.

Il mito dei “ribelli moderati”

Le notizie su Belhadj e SIIL non vanno considerate a sé stanti. Piuttosto, sono un’ulteriore prova che la nozione “moderati” sostenuta dagli Stati Uniti è un insulto all’intelligenza degli osservatori politici e del pubblico in generale. Per più di tre anni Washington ha strombazzato il suo sostegno ai cosiddetti ribelli moderati in Siria, una politica che in vari momenti ha coperto gruppi terroristici come le Brigate al-Faruq (note per il cannibalismo) e Hazam (“Determinazione”) sotto la grande “tenda moderata”. Sfortunatamente per propagandisti e guerrafondai assortiti statunitensi, tali gruppi insieme a molti altri, si sono integrati volontariamente o forzatamente a Jabhat al-Nusra ed all’ISIS. Recentemente, molte segnalazioni indicavano di defezioni avvenute in massa di fazioni dell’esercito libero siriano con integrazione nell’ l’ISIS, portandosi con sé le armi avanzate fornite dagli USA, assieme ai ragazzi-immagine della politica di Washington, il citato gruppo Hazam, ora parte di Jabhat al-Nusra, la filiale di al-Qaida in Siria. Naturalmente si tratta solo di alcuni dei tanti esempi di gruppi affiliatisi all’ISIS o ad al-Qaida in Siria, tra cui Liwa al-Faruq, Liwa al-Qusayr e Liwa al-Turqman.

Quello che è evidente è che gli Stati Uniti ed i loro alleati, nella loro ricerca ossessiva di un rovesciamento di regime in Siria, sostengono apertamente gli estremisti ora fusisi, che formando la minaccia terroristica globale dell’ISIS,di al- Nusra e al-Qaida. Ma naturalmente ciò non è una novità, come l’episodio Belhadj in Libia dimostra inequivocabilmente.

L’uomo che una volta era di al-Qaida era considerato ”moderato” e il “nostro uomo a Tripoli”, questi è ormai diventato il capo del minaccioso dell’ISIS in Libia. Così anche “i nostri amici” diventano nostri nemici in Siria.

Niente di tutto questo dovrebbe creare sorpresa per qualcuno. Tuttavia il senatore John McCain dovrebbe rispondere ad alcune domande sui suoi vecchi legami con Belhadj e i “moderati” in Siria.

Obama dovrebbe spiegare perché il suo “intervento umanitario” in Libia è diventato un incubo umanitario nel Paese, e nell’intera regione? La CIA, ampiamente coinvolta in tali operazioni, farà chiarezza sul suo sostegno e sul ruolo svolto nel fomentare tale caos? Dubito che tali domande saranno mai poste da qualche media ufficiale. Così come dubito che verranno mai date risposte da coloro, a Washington, le cui decisioni hanno creato la catastrofe.

Quindi, chi è fuori dalla propaganda del sistema dovrà rispondere a tali domande ed impedire che la dirigenza USA sopprima le nostre voci… e la verità.

Eric Draitser è un analista geopolitico indipendente di New York City, fondatore di StopImperialism.org ed editorialista di RT, in esclusiva per la rivista online “New Eastern Outlook” .

http://www.sapereeundovere.it/lalleato- ... -in-libia/


Gli Stati Uniti, mentre raccontavano a mezzo mondo di essere impegnati nella guerra contro il terrore e contro Al Qaeda, supportavano, finanziavano, addestravano i medesimi terroristi e integralisti che dicevano di voler combattere.

E questo veniva fatto DOPO che Al Qaeda abbattesse le twin towers... quindi non esiste l'idea che gli USA possano aver addestrato "amici" che poi si sono rivoltati loro contro.

Sulla carta erano GIA' NEMICI... a meno che, "nemici" non lo siano mai stati...

Inoltre vediamo oltre al coinvolgimento di Obama in tutto questo anche quello di McCain, a dimostrazione che democratici e repubblicani in questo frangente fanno entrambi le medesime cose a differenza della speranza di alcuni che un governo repubblicano avrebbe gestito meglio la crisi.

Sempre che di "crisi" si possa parlare e non invece di una strategia geopolitica VOLUTA dal governo statunitense.

[:305]



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 Oggetto del messaggio: Re: ISIS: pronto il nuovo spauracchio per l'Occidente
MessaggioInviato: 10/03/2015, 12:56 
Ammesso e non concesso che fosse così, non ne vedrei la ragione ... (Mi sarò "perso" ...)?



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 Oggetto del messaggio: Re: ISIS: pronto il nuovo spauracchio per l'Occidente
MessaggioInviato: 10/03/2015, 13:18 
Hanno fermato un tizio negli USA. E' sostenitore dello stato islamico e voleva uccidere Obama o funzionari del governo americano per vendetta degli attacchi della coalizione a guida americana contro l'ISIS.


Dalla Siria arriva una notizia dell'ultima ora secondo cui gruppi di ribelli armati non identificati hanno attaccato una pattuglia dell'ISIS uccidendo 12 jihadisti e un'altra postazione jihadista uccidendo un numero imprecisato di miliziani.


Intanto l'organizzazione terroristica Boko Haram ha giurato ufficialmente fedeltà al Califfato di Al Baghdadi.

Boko Haram-Isis, il nuovo asse del terrore.

I terroristi dell’Africa sub sahariana giurano fedeltà al Califfato, che sta per perdere la città di Tikrit.

«Giuriamo fedeltà, nella prosperità come nelle difficoltà». Così si conclude il comunicato ufficiale di adesione allo Stato Islamico da parte di Boko Haram, la più violenta organizzazione jihadista nell’Africa sub sahariana che nelle ultime 48 ore ha ucciso almeno 60 cristiani nel Nord della Nigeria.

La penetrazione ideologica - Boko Haram aveva già espresso sostegno per il Califfato di Abu Bakr al Baghdadi ma ora l’adesione diventa formale, rendendo possibile un congiungimento con le cellule di Isis che operano nel Sahara, in Mali e in Libia. Per il Califfato si tratta di una notizia che conferma la capacità di penetrazione ideologica nel mondo musulmano in un momento in cui in Iraq è sotto il pesante attacco militare di governativi e milizie sciite.

La battaglia di Tikrit - I comandi iracheni annunciano la “liberazione” della città di al-Baghdadi e per il Pentagono l’arretramento di Isis preannuncia la caduta anche di Tikrit, dove la battaglia infuria da una settimana. Tikrit è la città natale dei clan che durante l’era di Saddam sono stati al potere in Iraq. E, come roccaforte sunnita della resistenza baathista anti-americana, ha una storia di forte ostilità all’espansione iraniana e sciita nella regione. Due giorni fa le milizie sciite filo-iraniane avevano annunciato di aver conquistato anche al Dor, la località da cui proveniva Izzat ad Duri, ex braccio destro del defunto e deposto presidente Saddam Hussein.

Fonte: La Stampa.it



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MessaggioInviato: 10/03/2015, 13:25 
Allora, cosa centra l'America .... [8]


Che cos’è l’Isis, da dove viene e dove vuole andare
Lo Stato Islamico alza giorno dopo giorno la posta, tutti i nostri aggiornamenti sulla questione.

Immagine

Isis, o Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (ora spesso abbreviato con Is, Stato islamico) è un gruppo terroristico guidato da Abu Bakr al Baghdadi. Dopo due violente offensive militari nel giugno e agosto 2014, il gruppo controlla oggi ampia parte del territorio iracheno e la provincia siriana di Raqqa.
Scopo dell’Isis è la creazione di un Califfato nei territori oggi formalmente parte di Siria e Iraq, in cui imporre la Sharia, la legge islamica.
Nel giugno 2014 Abu Bakr al Baghdadi ha annunciato la nascita del Califfato e si è autoproclamato Califfo, grazie anche alla forza di ingenti finanziamenti.

Come si arriva alla nascita di Isis
Abu Bakr al Baghdadi succede nel 2006 ad Abu Musab al Zarqawi, ucciso in Iraq e fino ad allora capo di Al Qaeda in Iraq, falange qaedista attiva in territorio iracheno.
Al momento dell’esplosione della guerra civile siriana, Abu Bakr al Baghdadi sostiene la nascita in Siria di Jabat al Nusra (Fronte al Nusra), falange qaedista nata ufficialmente nel gennaio 2012. Jabat al Nusra nasce con l’idea di rinnovare la strategia qaedista imparando dagli errori commessi in Iraq: si sceglie una disciplina ferrea per i miliziani, si reclutano combattenti locali e non solo stranieri (come accaduto per Al Qaeda in Iraq) e si cerca un approccio più soft con la popolazione locale, cui non viene applicata immediatamente e brutalmente la legge islamica. Nell’aprile 2013 Al Baghdadi rivendica la leadership di Jabat al Nusra, che ha contribuito a creare. Nello stesso mese fonda Isis, Stato islamico dell’Iraq e della Siria, sigla che sostituisce Al Qaeda in Iraq, e afferma che Jabat al Nusra è una branca di Isis. Ma Abu Mohammed al-Joulani, leader di Jabat al Nusra, rifiuta di farne parte e si dichiara fedele ad Al Zawahiri, capo di Al Qaeda. Da questo momento si crea una spaccatura tra il gruppo Isis, non più parte di Al Qaeda, e Jabat al Nusra, che resta fedele ad al Zawahiri. (A cura di Silvia Favasuli)

http://www.linkiesta.it/dossier-isis-tu ... iornamenti



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 Oggetto del messaggio: Re: ISIS: pronto il nuovo spauracchio per l'Occidente
MessaggioInviato: 10/03/2015, 13:29 
L'Isis, spiegato

Che cos'è l'Isis e che cosa vuole Abu Bakr al-Baghdadi, la guida di questo gruppo armato che terrorizza il mondo?

Dieci cose da analizzare per cercare di capire che cos'è lo Stato Islamico: il nome dell'organizzazione, chi è il capo, chi sono i combattenti, dove prende i soldi, qual è la sua strategia, i video delle decapitazioni, cosa rappresenta la bandiera, qual è il suo obiettivo, chi c'è dietro e come combatterlo.

1. Il nome: Isil, Isis o Stato Islamico?

Il 29 giugno 2014, il gruppo di jihadisti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isil) - più noto come Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (Isis) - annunciano la creazione di un califfato islamico nei territori controllati tra Siria e Iraq, nominando come proprio leader Abu Bakr al-Baghdadi, “il califfo dei musulmani”.

“Le parole ‘Iraq’ e ‘Levante’ sono state rimosse dal nome dello Stato Islamico nei documenti ufficiali”, precisa in quella occasione il portavoce dell’Isis, Abu Mohammad al-Adnani. L'obiettivo, infatti, è di ridefinire i confini del Medio Oriente.

--- Leggi: lo Stato Islamico starà anche vincendo mediaticamente, ma sul campo di battaglia in realtà le cose potrebbero essere diverse

Il califfato si estende da Aleppo, nel nord della Siria, alla regione di Diyala, nell’est dell’Iraq. Attualmente occupa un territorio di circa 35mila chilometri quadrati e oltre 6 milioni di persone vivono sotto il suo controllo.

La rapida conquista del territorio iracheno e siriano da parte dello Stato Islamico e le vittorie a raffica conseguite nell'arco di poche settimane nel mese di giugno sono state costruite in realtà in mesi di manovre lungo due fiumi, il Tigri e l'Eufrate. Nello speciale del New York Times "Lo Stato canaglia lungo il Tigri e l'Eufrate" vengono mappate le conquiste e gli insediamenti dello Stato Islamico.

Nell’audio diffuso su internet dai jihadisti il mese scorso, il portavoce al-Adnani invita tutti i musulmani a respingere la democrazia, la laicità, il nazionalismo e le altre lordure dell’Occidente: “Tornate alla vostra religione”.

2. Chi è Abu Bakr al-Baghdadi?

Nato a Samarra nel 1971, al-Baghdadi si trasferisce a Baghdad all’età di 18 anni. Consegue un dottorato in studi islamici e frequenta la moschea di Tobchi, un quartiere povero della capitale irachena dove convivono sciiti e sunniti.

Tra il 1996 e il 2000 vive in Afghanistan. Nel 2005 l'esercito americano lo reclude a Camp Bucca, un centro di detenzione nel sud dell’Iraq. Nel 2009, quando la prigione di Camp Bucca chiude, al-Baghdadi viene rilasciato.

Nel giugno 2014 inizia l’avanzata dell'Isis: Mosul, Tikrit e la raffineria di Baiji sono le principali conquiste, dove le milizie sotto la sua guida saccheggiano case, assaltano banche ed eseguono esecuzioni sommarie.

Il 2 marzo 2015, 30mila soldati dell'esercito iracheno hanno lanciato una controffensiva per riprendere il controllo di Tikrit, primo passo verso la riconquista anche di Mosul, la seconda città più importante dell'Iraq.

La storia è stata raccontata su The Post Internazionale. Un profilo del misterioso califfo anche su The Guardian, al-Monitor, BuzzFeed e BBC.

3. Chi sono i combattenti arruolati nello Stato Islamico?

Più di 30mila combattenti hanno aderito alla causa o sono stati costretti a diventare parte dello Stato Islamico. Tre anni fa, il gruppo terroristico era formato da soli 1.000 militanti armati.

Le giovani reclute dello Stato Islamico erano ragazzi in cerca di un lavoro, molti di loro parlano inglese, partiti da Londra, Bruxelles, Parigi e Berlino, con passaporto europeo, attratti dalla propaganda dei jihadisti. Alcuni arrivano anche dalla Spagna.

In Siria e Iraq circa 3mila europei combattono per lo Stato Islamico. A Raqqa, considerata la capitale, uomini e donne armati controllano la popolazione con la forza. Niente musica o intrattenimento. Un video segreto mostra la vita nella roccaforte dello Stato Islamico. In un altro video, il Wall Street Journal descrive la vita e le attività nella capitale dello Stato islamico.

Da leggere: la storia di Adeba Shaker, una ragazza yazida di 14 anni scappata dalle grinfie dei suoi rapitori.

Sono stati recentemente scoperti alcuni dei loro campi di addestramento, scovati da alcuni citizen investigative journalists britannici utilizzando da casa Google earth e Bing maps.

4. Dove prende i soldi lo Stato Islamico?

Lo Stato Islamico è diventato rapidamente il gruppo terroristico più ricco al mondo. Il suo patrimonio stimato supera i 2 miliardi di dollari. Talebani, Hezbollah, FARC, Al Shabaab e Hamas sono staccati nettamente con 560, 500, 350, 100 e 70 milioni di dollari. Lo Stato Islamico guadagna circa 3 milioni di dollari al giorno grazie al business del petrolio, aumentando quotidianamente il suo capitale dopo la conquista della città irachena di Mosul.

Oltre al petrolio (circa 1.095 miliardi di dollari), il suo patrimonio è costituito da: 430 milioni di dollari rubati nelle banche depredate lungo il cammino di conquiste, 96 milioni di dollari grazie al riciclaggio di denaro nella zona di Mosul, 36 milioni dal business dei tesori archeologici e circa 343 milioni da altre attività ancora da chiarire.

Controllo di pozzi petroliferi in Siria e Iraq, città e villaggi depredati da ogni sorta di ricchezza, equipaggiamenti sottratti al debole esercito iracheno, business degli ostaggi. Le spese ingenti che lo Stato Islamico deve affrontare per combattere la sua guerra con mezzi tecnologicamente avanzati fanno pensare anche ad altre forme di finanziamento.

In molti sostengono che i soldi provengano anche dalle elite sunnite di Arabia Saudita, Kuwait e dagli altri stati del Golfo. Le donazioni private dirette verso lo Stato Islamico passano anche attraverso il confine turco-siriano, come riporta il Washington Post.

Sempre il Washington Post, ha individuato poi nella città di Reyhanli, in Turchia, al confine con la Siria, il luogo dove i jihadisti avrebbero comprato alcune delle loro attrezzature. Il centro commerciale dello Stato Islamico si trova in Turchia?

5. Come funziona la loro strategia del terrore online?

40mila è il numero di tweet che sono stati inviati in un solo giorno dai sostenitori dello Stato Islamico. Esiste una sofisticata rete di account Twitter collegati tra loro che amplificano ogni singolo messaggio proveniente dai membri più influenti dell'organizzazione.

Internet, video, foto, pagine social, da Twitter a Facebook, da YouTube ai semplici blog, la nuova guerra del terrore dello Stato Islamico si combatte con la propaganda in lingua inglese (e non solo), secondo una precisa social media strategy.

Gli sforzi per diventare un marchio del terrore si realizzano anche con la propaganda attraverso gadget: riviste, magliette, abbigliamento e passaporti falsi. Si possono comprare anche a Istanbul. E la propaganda prevede anche che i militanti distribuiscano caramelle e gelati per i bambini per strada e negli ospedali, non solo odio e decapitazioni per fare proseliti.

6. Le decapitazioni e i video del terrore

Il 19 agosto dello scorso anno i jihadisti dello Stato Islamico hanno pubblicato un video in cui mostrano la decapitazione di James Foley, giornalista statunitense rapito in Siria nel 2012, minacciando gli Stati Uniti di uccidere anche un altro ostaggio statunitense, il giornalista Steven Sotloff, rapito in Siria nel 2013.

Qui il video della decapitazione di Foley. Il carnefice, secondo The New Yorker, The Telegraph e Quartz, è Mohamed Emzawi, conosciuto anche come Jihadi John, nato in Kuwait ma cresciuto a Londra, di professione informatico. Mentre una ragazza britannica, Khadijah Dare, promette di diventare la prima donna a decapitare un prigioniero occidentale in Siria.

The Post Internazionale ha pubblicato l'ultima lettera di James Foley.

Il 2 settembre 2014 lo Stato Islamico ha diffuso un nuovo video che mostra la decapitazione di un altro reporter americano: è Steven Sotloff, il giornalista mostrato negli ultimi istanti del video della decapitazione di Foley.

Un terzo ostaggio dello Stato Islamico è stato decapitato quasi due settimane dopo: era il britannico David Cawthorne Haines. Il video, intitolato "A Message to Allies of America", è stato rilanciato dagli specialisti del SITE Intelligence Group, che monitora le organizzazioni terroristiche online.

Il 3 ottobre 2014, è stato ucciso il secondo ostaggio britannico Alan Henning. Era un cooperante volontario.

Un mese e mezzo dopo Emzawi ha ucciso anche un quinto ostaggio, Peter Kassig, il quale si era convertito all'Islam ed era un operatore umanitario.

Il reporter britannico John Cantlie, invece, viene usato come messaggero dell'Isis con dei veri e propri reportage. Nel primo video ha chiesto di essere ascoltato e che non si faccia disinformazione sullo Stato Islamico, nel secondo dice di essere stato abbandonato dal Regno Unito e di avere importanti rivelazioni. Nel terzo, girato ad Aleppo, viene mostrata una scuola coranica e il mercato centrale della città.

È stato poi decapitato un altro ostaggio, questa volta francese, in Algeria.

Il 12 febbraio 2015, l'Isis ha rilasciato un video che mostra la decapitazione di 21 egiziani copti a Sirte, in Libia.

7. Cosa rappresenta la bandiera dello Stato Islamico?

Una bandiera nera, un simbolo con una scritta bianca. La puoi comprare su e-Bay per circa 20 dollari. Tra le iscrizioni non ci sono messaggi di odio. Campeggia la frase: "There is no god but God, Muhammad is the messenger of God". La storia è raccontata dal Washington Post.

Leggi anche la storia della jihadista più ricercata al mondo, Lady al-Qaeda, su The Post Internazionale



8. Obiettivo dello Stato Islamico è costruire uno Stato?

Lo Stato Islamico non riconosce la comunità internazionale, non ha bisogno di costruire uno Stato per legittimarsi nella comunità internazionale, tanto meno la sua emanazione mediorientale, che è esattamente ciò contro cui si batte. Non è Hamas, è Al Qaeda. Un Al Qaeda 2.0.

Al Qaeda, trasformata in Stato Islamico, riscopre la capacità di combattimento sul terreno, che ha avuto in Afghanistan e che non ha avuto in Iraq negli anni peggiori della guerra - 2006/2008. Con la differenza, però, che sia in Afghanistan sia in Iraq Al Qaeda era ospite di qualcun altro.

Al Qaeda ha tratto la lezione dalla sua debolezza: da essere parassita in un altro corpo ha deciso di ricostituirsi corpo, per poter agire direttamente sul territorio, senza intermediari. Nella consapevolezza che ciò non porterà alla costruzione di uno Stato vero e proprio, questo esperimento temporaneo potrebbe non essere così temporaneo proprio perché Al Qaeda si è sviluppata all’interno di due corpi in putrefazione: Iraq e Siria.

Sono tre i fattori che aiutano a capire la costruzione statale da parte dell'Isis:

1) L’organizzazione territoriale: serve a manifestare la plausibilità del progetto del califfato e a rievocare quello che diceva Al Zarqawi: Damasco e Baghdad sono le due capitali storiche dei grandi califfati arabi.

2) Reclutamento sul territorio: legione straniera motivata in piena tradizione di Al Qaeda, fanatica e senza nulla da perdere. I locali sono una base operativa. Pronti a dimostrare che è in grado di svolgere un’azione politica di ampio respiro.

3) La nemesi: le rivoluzioni arabe avevano messo da parte al Qaeda. Il fallimento delle rivoluzioni arabe ha riportato in auge Al Qaeda in una versione post-moderna che comunica come noi.

Tuttavia, restano dei barbari intelligenti, questo però ci da anche la dimostrazione che il terrorismo arabo e mediorientale non è tutto la stessa cosa. Questo non è un movimento di liberazione nazionale, sono feroci assassini. Non c’è trattativa.

(In collaborazione con Vittorio Emanuele Parsi)

9. Chi c'è dietro allo Stato Islamico e come combatterlo?

Cresce l'opinione, in Iraq, che gli Usa stiano usando l'Isis come scusa per intervenire di nuovo in Medio Oriente. Tuttavia, un docente dell'Università al-Azhar del Cairo, uno dei principali centri d'insegnamento religioso dell'Islam sunnita, sostiene che il terrorismo islamico nasca dal movimento salafita.

Come si fa a sconfiggere lo Stato Islamico? Risponde Chelsea E. Manning, militare e attivista statunitense.

Intanto, al confine con la Turchia i curdi combattono contro lo Stato Islamico. Bambini curdi a Yumurtalik, in Turchia (nella foto qui sotto) e 140mila siriani, perlopiù curdi, hanno attraversato il confine per entrare in Turchia e cercare rifugio.

10. Il documentario

Il reporter di VICE News Medyan Dairieh ha passato tre settimane tra i combattenti dello Stato Islamico a Raqqa, in Siria. Dairieh è un corrispondente di guerra ed è il primo giornalista di una testata occidentale a realizzare un reportage sullo Stato Islamico.

Il documentario è diviso in cinque parti: la diffusione del Califfato, il reclutamento dei bambini per il jihad, il rafforzamento della sharia, il trattamento dei cristiani rimasti in città e lo stato in cui si trova il confine tra Siria e Iraq.

http://www.thepostinternazionale.it/mon ... s-spiegato



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 Oggetto del messaggio: Re: ISIS: pronto il nuovo spauracchio per l'Occidente
MessaggioInviato: 10/03/2015, 13:34 
Che cos’è l’ISIS, spiegato bene.

Una guida per chi vuole capire una volta per tutte chi sono i miliziani che stanno conquistando l'Iraq: c'entrano qualcosa con al Qaida? E soprattutto, come hanno fatto?

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Negli ultimi dieci giorni l’Iraq – paese a maggioranza sciita con una storia recente complicata e violenta – è stato conquistato per circa un terzo del suo territorio da uno dei gruppi islamici sunniti più estremisti in circolazione, lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, noto anche con la sigla “ISIS”.

Non è la prima volta che in Occidente si sente parlare di ISIS: da più di due anni l’ISIS combatte nella guerra civile siriana contro il presidente sciita Bashar al Assad, e da circa un anno ha cominciato a combattere non solo le forze governative siriane ma anche i ribelli più moderati, creando di fatto un secondo fronte di guerra. L’ISIS è un’organizzazione molto particolare: definisce se stesso come “stato” e non come “gruppo”. Usa metodi così violenti che anche al Qaida di recente se ne è distanziata. Controlla tra Iraq e Siria un territorio esteso approssimativamente come il Belgio, e lo amministra in autonomia, ricavando dalle sue attività i soldi che gli servono per sopravvivere. Teorizza una guerra totale e interna all’Islam, oltre che contro l’Occidente, e vuole istituire un califfato non si sa bene dove: ma i suoi capi sono molto ambiziosi.

Oggi l’ISIS è arrivato a meno di 100 chilometri dalla capitale irachena Baghdad. La sua avanzata, rapida e inaspettata, ha fatto emergere i moltissimi problemi dello stato iracheno e ha intensificato le tensioni settarie tra sciiti e sunniti, alimentate negli ultimi anni dal pessimo governo del primo ministro sciita iracheno Nuri al-Maliki. Per capire l’ISIS – da dove viene, che strategia ha, dove può arrivare – abbiamo messo in ordine alcune cose essenziali da sapere. Che tornano utili per capire che diavolo sta succedendo in Medioriente, e non solo in Iraq e in Siria.


Da dove viene l’ISIS? Che c’entra al Qaida?

Per capire la storia dell’ISIS serve anzitutto introdurre tre personaggi molto noti tra chi si occupa di terrorismo e jihad: il primo, conosciuto da tutto il mondo per gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, è Osama bin Laden, uomo di origine saudita che per lungo tempo è stato a capo di al Qaida; il secondo è un medico egiziano, Ayman al-Zawahiri, che ha preso il posto di bin Laden dopo la sua uccisione in un raid americano ad Abbottabad, in Pakistan, il 2 maggio 2011; il terzo è Abu Musab al-Zarqawi, un giordano che dagli anni Ottanta e poi Novanta – cioè fin dai tempi della guerra che molti afghani combatterono contro i sovietici che avevano occupato il territorio dell’Afghanistan – era stato uno dei rivali di bin Laden all’interno del movimento dei mujaheddin, e poi anche di al Qaida.


Bin Laden e Zawahiri

Nel 2000 Zarqawi decise di fondare un suo proprio gruppo con obiettivi diversi da quelli di al Qaida “tradizionale”, diciamo. Al Qaida era nata sull’idea di sviluppare una specie di legione straniera sunnita, che avrebbe dovuto difendere i territori abitati dai musulmani dall’occupazione occidentale (bin Laden aveva invocato come punto di partenza della sua guerra santa il dispiegamento di mezzo milione di soldati statunitensi nella Prima Guerra del Golfo, nel 1990, intervenuti per ricacciare in Iraq l’esercito di Saddam Hussein che aveva invaso il Kuwait). Ma Zarqawi aveva altro in testa: voleva provocare una guerra civile su larga scala e per farlo voleva sfruttare la complicata situazione religiosa dell’Iraq, paese a maggioranza sciita ma con una minoranza sunnita al potere da molti anni con Saddam Hussein.


L’ideologia e la strategia di Zarqawi

L’obiettivo di Zarqawi, che si è definito meglio anche con l’intervento successivo di diversi ideologi jihadisti, era creare un califfato islamico esclusivamente sunnita. Questo punto è molto importante, perché definisce anche oggi la strategia dell’ISIS e ne determina le sue alleanze in Iraq. In un libro pubblicato nel 2004, e scritto dallo stratega jihadista Abu Bakr Naji, è spiegata piuttosto bene la strategia di Zarqawi: portare avanti una campagna di sabotaggi continui e costanti a siti turistici e centri economici di stati musulmani, per creare una rete di “regioni della violenza” in cui le forze statali si ritirassero sfinite dagli attacchi e in cui la popolazione locale si sottomettesse alle forze islamiste occupanti.

Nella pratica le cose sono andate così. Nel 2003, solo cinque mesi dopo l’invasione statunitense in Iraq, il gruppo di Zarqawi fece esplodere un’autobomba in una moschea nella città irachena di Najaf durante la preghiera del venerdì: rimasero uccisi 125 musulmani sciiti, tra cui l’ayatollah Muhammad Bakr al-Hakim, che avrebbe potuto garantire una leadership moderata al paese. Fu un attacco violentissimo. Negli anni gli attentati andarono avanti e nel 2004 Zarqawi sancì la sua vicinanza con al Qaida chiamando il suo gruppo Al Qaida in Iraq (AQI): nonostante la differenza di vedute, l’affiliazione garantiva vantaggi a entrambe le parti, per esempio permetteva a bin Laden di avere una forte presenza in Iraq, paese allora occupato dalle forze americane. Nel frattempo, nel 2006, Zarqawi era stato ucciso da una bomba americana, e il suo posto era stato preso da Abu Omar al-Baghdadi (fu ucciso poi nel 2010, e il suo posto fu a sua volta preso da Abu Bakr al-Baghdadi).

L’ISIS di al-Baghdadi e il califfato islamico

Il gruppo di al-Baghdadi subì un notevole indebolimento nel 2007 a seguito del parziale successo della strategia di controinsurrezione attuata nel 2007 in Iraq dal generale statunitense Petraeus, che prevedeva una maggiore vicinanza e solidarietà delle truppe con la popolazione e che contribuì a ridurre le violenze settarie e il ruolo di al Qaida per almeno due anni. La strategia di Petraeus si basava su una collaborazione con le tribù sunnite locali, che mal sopportavano l’estremismo di al Qaida: questa strategia oggi sembra inapplicabile, a causa delle politiche violente e settarie che il primo ministro sciita Nuri al-Maliki ha attuato contro i sunniti negli ultimi quattro anni, compromettendo per il momento qualsiasi possibilità di collaborazione.

Nel 2011 il gruppo ricominciò a rafforzarsi, riuscendo tra le altre cose a liberare un certo numero di prigionieri detenuti dal governo iracheno. Nell’aprile del 2013 AQI cambiò il suo nome in Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS), dopo che la guerra in Siria gli diede nuove possibilità di espansione anche in territorio siriano. Il fatto di includere la regione del Levante nel nome del gruppo (cioè l’area del Mediterraneo orientale: Siria, Giordania, Palestina, Libano, Israele e Cipro) era l’indicazione di un’espansione delle ambizioni dell’ISIS, ma non ne spiegava del tutto gli obiettivi finali. Zack Beauchamp ha scritto una lunga e precisa analisi dell’ISIS sul sito di Vox, e tra le altre cose ha provato a capire in quali territori il gruppo ha intenzione di istituire un califfato islamico: con l’aiuto di alcune mappe, Beauchamp ha mostrato come gli obiettivi dell’ISIS siano confusi, mutabili nel tempo ma estremamente ambiziosi (in una, per esempio, tra i territori su cui l’ISIS ambisce a imporre il suo controllo c’è anche il Nordafrica).

Quanti sono, quanto sono cattivi e cosa vogliono, quelli dell’ISIS?

Charles Lister, uno dei più esperti analisti di jihadismo in Siria e Iraq, ha scritto su CNN che l’ISIS in Iraq è formato da circa 8mila uomini, un numero di combattenti insufficienti di per sé a prendere il controllo delle città conquistate negli ultimi dieci giorni nel nord e nell’est dell’Iraq. Infatti l’ISIS non ha fatto tutto da solo, ma si è alleato con le tribù sunnite e con gruppi baathisti (cioè sostenitori del partito Baath, lo stessa cui apparteneva Saddam Hussein) dell’Iraq, che hanno un solo obiettivo in comune con il gruppo di al-Baghdadi: rimuovere dal potere il primo ministro sciita iracheno Nuri al-Maliki. Come ha sintetizzato chiaramente il Washington Post, le città ora sotto il controllo dei ribelli sunniti sono 27.

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Lister ha scritto che normalmente alleanze di questo genere – formate da gruppi così diversi – non possono stare insieme a lungo, a meno che non si mantenga un clima di contrapposizione totale. In Iraq questo clima è alimentato, tra le altre cose, anche da una delle caratteristiche distintive dell’offensiva dell’ISIS: la brutalità dei suoi attacchi. La guerra dell’ISIS sembra una “guerra totale” – come dimostra il massacro di soldati sciiti a Tikrit, la città natale di Saddam Hussein. Sul New Yorker Lawrence Wright ha descritto così il modus operandi del gruppo:

«Bin Laden e Zawahiri avevano sicuramente una certa familiarità con l’uso della violenza contro i civili, ma quello che non riuscirono a capire fu che per Zarqawi e la sua rete la brutalità – particolarmente quando diretta verso altri musulmani – era il punto centrale dell’azione. L’idea di questo movimento era l’istituzione di un califfato che avrebbe portato alla purificazione del mondo musulmano»

La brutalità dell’ISIS era già stata notata da al Qaida nella guerra in Siria: dalla fine del 2013 il capo di al Qaida, Zawahiri, cominciò a chiedere all’ISIS di rimanere fuori dalla guerra (in Siria al Qaida era già “rappresentata” dal gruppo estremista Jabhat al-Nusra). Al-Baghdadi però si rifiutò e nel febbraio del 2014 Zawahiri “espulse” l’ISIS da al Qaida («Fu la prima volta che un leader di un gruppo affiliato ad al Qaida disubbidiva pubblicamente», ha detto un esponente qaedista). In altre parole l’ISIS si era dimostrata troppo violenta anche per al Qaida, soprattutto perché prendeva di mira non solo le truppe di Assad ma anche altri gruppi dello schieramento dei ribelli sunniti. Alla fine del 2013 l’ISIS, rafforzato dalle vittorie militari in Siria, tornò in Iraq e conquistò le città irachene di Falluja e Ramadi. E poi le altre, negli ultimi dieci giorni.

Come si mantiene l’ISIS? E che possibilità ha di vincere?

A differenza di altri gruppi islamisti che combattono in Siria, l’ISIS non dipende per la sua sopravvivenza da aiuti di paesi stranieri, perché nel territorio che controlla di fatto ha istituito un mini-stato che è grande approssimativamente come il Belgio: ha organizzato una raccolta di soldi che può essere paragonata al pagamento delle tasse; ha cominciato a vendere l’elettricità al governo siriano a cui aveva precedentemente conquistato le centrali elettriche; e ha messo in piedi un sistema per esportare il petrolio siriano conquistato durante le offensive militari. I soldi raccolti li usa, tra le altre cose, per gli stipendi dei suoi miliziani, che sono meglio pagati dei ribelli siriani moderati o dei militari professionisti, sia iracheni che siriani: questo gli permette di beneficiare di una migliore coesione interna rispetto a qualsiasi suo nemico statale o non-statale che sia. Come mostra una mappa risalente al 2006 trovata da Aaron Zelin, ricercatore al Washington Institute for Near East Policy, non si può dire che l’ISIS sia privo di una strategia economica precisa: già diversi anni fa aveva pensato a come sfruttare i giacimenti petroliferi per sostenersi finanziariamente.



In pratica l’ISIS è riuscito finora a massimizzare ciò che gli ha offerto la guerra in Siria. La stessa cosa potrebbe però non ripetersi in Iraq, per almeno due motivi. Il primo è che l’ISIS potrebbe in qualche maniera “fallire” economicamente, perché le sue entrate – che derivano soprattutto da attività illegali a Mosul – potrebbero non essere più sufficienti a sostenere la rapida espansione territoriale di questi ultimi giorni. Una possibilità è che l’ISIS riuscisse a sfruttare il petrolio iracheno come già fa in Siria nelle aree sotto il suo controllo: in Iraq tuttavia le zone che potrebbe plausibilmente conquistare non hanno giacimenti estensive di petrolio, e le infrastrutture necessarie per il suo sfruttamento non sono sviluppate come quelle siriane.

Il secondo è che l’aggravarsi della crisi irachena ha spinto il governo iraniano a organizzare le proprie forze e intervenire. L’Iran ha già mandato in Iraq circa 500 uomini delle forze Quds, il suo più temibile corpo d’élite appartenente alla Guardia Rivoluzionarie (forza militare istituita dopo la rivoluzione del 1979), specializzato in missioni all’estero e già attivo da tempo in Iraq. Le forze Quds sono probabilmente il corpo militare più efficiente dell’intero Medioriente, molto diverse dal disorganizzato esercito iracheno che è scappato da Mosul per non affrontare l’avanzata dell’ISIS. Con l’intervento dell’Iran e di altre milizie sciite che fanno riferimento a potenti leader religiosi sciiti locali, è difficile pensare che l’ISIS possa avanzare ulteriormente verso Baghdad – che tra l’altro è una città a grandissima maggioranza sciita – mentre è più facile che provi a rafforzare il controllo sulle parti di territorio iracheno a prevalenza sunnita che è già riuscito a conquistare (i rischi di un massiccio intervento iraniano in Iraq ci sono eccome, comunque, ne avevamo parlato qui).

http://www.ilpost.it/2014/06/19/isis-iraq/


(Ora, o sono fesso io o siete ingenui voi ....) [^]



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