Compagni di merende ....

Altro che indipendenza del Parlamento...
Matteo Renzi e Laura Boldrini: il patto per spatirsi le poltrone

E' uno dei tanti casi in cui politica e burocrazia seguono la stessa regola aurea: occupare tutto l' occupabile, non lasciare spazi vuoti. E di poltrone libere, ai vertici dell' organizzazione della Camera dei Deputati, in questo momento ce ne sono nientemeno che tre. "Colpa" dell' articolo 8 del Regolamento dei servizi e del personale di questo ramo del Parlamento, dove si legge che «i Vicesegretari generali sono nominati nel numero massimo di cinque».E oggi a rivestire questo ruolo, il cui compito è coordinare «settori organici» dell' amministrazione di Montecitorio, sono solo due: Guido Letta, cugino di Enrico, e Aurelio Speziale.
Arrivare a cinque non è certo un obbligo, ma Matteo Renzi e Laura Boldrini si sono convinti che sia un peccato sprecare una simile occasione. Così, dopo qualche mese di trattative seguite alla nomina di Lucia Pagano a segretario generale, avvenuta agli inizi di gennaio, il «giglio magico» e la terza carica dello Stato hanno raggiunto un' intesa sul tris da calare. Procedura istituzionalmente non ortodossa, giacché il regolamento stabilisce che i vice siano nominati «con decreto del Presidente su proposta del Segretario generale, previa deliberazione dell' Ufficio di Presidenza». Insomma, in teoria il governo non dovrebbe avere nulla a che fare con le libere scelte del Parlamento, anche in ossequio a Montesquieu e alla separazione dei poteri da lui teorizzata e da tutti (a parole) sempre difesa. Ma la pratica, come sempre, è tutt' altra cosa.
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Così per stasera, alle 20,15, la Boldrini ha convocato un Ufficio di presidenza il cui compito, si raccontava ieri a Palazzo, sarà proprio quello di ratificare nomine già decise altrove. La «quadra» ieri sera pareva raggiunta su una terna composta da Giacomo Lasorella, 51 anni, che dirige il Servizio Assemblea ed è fratello della giornalista Carmen, presidente di RaiNet; Fabrizio Castaldi, 44 anni, capo segreteria della presidente della Camera; Annibale Ferrari, classe 1962, capo del Servizio studi.
Le voci di Montecitorio attribuiscono a ognuno di loro (e non da oggi) una precisa etichetta. Lasorella è tenuto in palmo di mano dal Pd, che già aveva provato a insediarlo sulla poltrona di segretario generale alla fine del 2014, quando Ugo Zampetti lasciò l' incarico. In quell' occasione Castaldi era il candidato della Boldrini, e lo è tuttora: allora tra i due vinse la Pagano, stavolta sia il candidato del Pd che quello della presidente della Camera dovrebbero ottenere qualcosa, anche a risarcimento del "sacrificio" per quella mancata nomina. Quanto a Ferrari, si presenta forte dell' appoggio del ministro per i rapporti con il Parlamento, la renziana al cubo Maria Elena Boschi. Morale: su tre nomine che più parlamentari non si può, il premier lascia la propria impronta su due. A insorgere però sono solo i grillini, che ieri hanno denunciato il «blitz» con cui la presidente vuole «imporre la nomina di tre nuovi Vicesegretari e un numero indefinito di Capi Servizio», trasformando la Camera in un «poltronificio con la complicità del Pd». E non è detto che sia finita: a dicembre, se Guido Letta e Speziale lasceranno per andare al Consiglio di Stato o altrove, potrà essere il turno di Costantino Rizzuto Csaky, nato nel '64, attuale Capo del Servizio Regolamento, collocato nell' area progressista, e di Mauro De Dominicis, oggi capo del Servizio Competenze, di area moderata ma non certo organico al centrodestra (e soprattutto vicino alla pensione, con i suoi 63 anni).
Resta da dire dei soldi, che ovviamente non sono pochi: le tabelle di inizio legislatura quantificavano la retribuzione annua di un vicesegretario generale della Camera in 304.847,29 euro lordi (con un aumento biennale del 2,5%), cui dovevano aggiungersi oneri previdenziali pari a 53.794,88 euro e una indennità netta di funzione di 652,56 euro mensili. Dal primo gennaio è iniziata la riduzione (graduale e provvisoria) della retribuzione lorda base, che a fine 2017 dovrà rientrare nel tetto di 240mila euro, per poi probabilmente tornare a crescere. Restano intatti gli oneri previdenziali e l' indennità di funzione.
Altro che indipendenza del Parlamento Adesso ci sono due vicesegretari, ma è imminente la nomina di altri 3 Così scatta il Cencelli: uno lo prenota Laura, gli altri il «Giglio magico»Patto Boldrini-Matteo per moltiplicare le poltrone alla Camera.
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