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Re: Il Livello di Qualità dell'Informazione

08/07/2015, 19:54

Atlanticus81 ha scritto:
Che fine ha fatto “Informare X Resistere”?

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Conosco Helene fin dal lontano 2009, quando con la mia videocamera amatoriale giravo l’Abruzzo, incoraggiato dagli aquilani, sorretto dalla loro disperazione e armato di entusiasmo, alla ricerca di qualcosa che assomigliasse alla verità. Posso testimoniare del suo impegno, della sua passione e dell’abnegazione con la quale cercava instancabilmente di darsi da fare per dare un’alternativa a un popolo che troppo spesso si muove solo quando perde tutto.

Per questo pubblico volentieri il suo sfogo riguardante un progetto di informazione dal basso, la pagina pubblica “Informare X Resistere”, che nel tempo, anche grazie ai suoi insostituibili e preziosi sforzi, si è ritagliata un numero di iscritti notevole. Le tributo lo spazio che merita una combattente, indomita e impavida, dopo avere ricevuto io stesso molte segnalazioni circa la svolta editoriale di quello che lei chiama “la sua creatura”, perché le eventuali derive di un progetto così importante e così seguito non meritano di passare nell’indifferenza. Ovviamente, nel segno e nello spirito della libertà di informazione, verrà dato spazio di replica a chi ne facesse richiesta.


Di Helene Benedetti

In questi giorni, in molti mi chiedono: “Cos’è accaduto a Informare per Resistere??”. Mi stupisce che, solo ora, ci si sia accorti di ciò che sia diventata quella pagina. Da diversi anni ormai, una pagina un tempo quotatissima si dedica a pubblicare articoli di complottismi idioti, senza un minimo di veridicità. Per farvi capire realmente cos’è accaduto, bisogna partire dall’inizio.

Com’è nata Informare per Resistere? Io, per esempio, venni contattata da Stefano Alletti che mi chiese se volevo creare, con lui, una pagina di “contro informazione”. Inizialmente ero scettica. Pensavo che nessuno ci avrebbe letti. Poi, però, accettai. Sentendoci su Skype scegliemmo insieme il nome ed il logo. Lui era più pratico di me del mondo dei social network e di Facebook. Così aprì lui la pagina, creò un indirizzo email ed il 16 luglio 2009 nacque “Informare per Resistere” su Facebook.

Non farò i nomi di tutte le persone presenti su Informare per Resistere perchè so che alcuni non vogliono essere nominati, per loro motivazioni personali: per rispetto e per affetto ne manterrò l’anonimato. Ma per farvi capire cos’è accaduto devo dire che insieme a me e Stefano sono subentrate altre due persone. Senza chiedere il mio parere, me le sono trovate a bordo ed inizialmente la cosa mi ha dato molto fastidio. Non chiesi spiegazioni ma, se quella era la nostra pagina, non capivo perchè erano arrivate persone piovute dal cielo di punto in bianco! Non solo non mi era stato chiesto alcun parere, ma non mi erano state nemmeno presentate. Ricevetti un messaggio da una di loro (poi li ho conosciuti strada facendo e mi sono anche molto legata).

Lo scopo di “Informare per Resistere” era quello di divulgare analisi di articoli per far capire meglio al popolo dei social cosa stesse accadendo nel nostro paese. “Informare per Resistere” è nata per dar voce non solo ai blogger, ma anche ai piccoli cittadini che subivano ingiustizie. Nessun motivo al mondo sarebbe andato bene per bannare utenti, né si dovevano cancellare i commenti, neanche quando erano offensivi, perchè noi eravamo cittadini dal basso che volevano cambiare l’Italia.

Lavoravo giorno e notte. Crescevamo in modo spaventoso… Ricordo che a 100.000 utenti dissi “mammamia, io non mi rendo nemmeno conto di quante sono 100.000 persone!”. E Stefano mi rispose “Pensa ad uno stadio pieno!”. Le regole di “Informare per Resistere” erano semplici e inviolabili: dovevamo essere assolutamente apartitici: non dovevamo sostenere candidati né partiti. Le informazioni dovevano essere verificate con tutte le ricerche possibili e, cosa più importante, noi eravamo la voce di chi non aveva voce, la cassa di risonanza di tutti, soprattutto delle categorie più deboli. Dovevamo lottare per i diritti e la libertà di tutti i cittadini perchè era questa l’Italia che volevamo.

Ci furono periodi pesanti. Spesso ero sola a pubblicare per mesi interi. Cominciavo la mattina e finivo la notte. Stefano aveva sempre cose più importanti da fare: il lavoro, la famiglia… Io pubblicavo come un mulo. Inizialmente si pubblicava manualmente dalla pagina, articolo per articolo. Poi Facebook permise di mettere le note in bozze e iniziai a respirare un po': dopo l’inserimento delle note bastava cliccare il tasto “pubblica” ogni 15/20 minuti.

L’impegno, tuttavia, era e restava costante. Ci passavo le mie giornate, su “Informare per Resistere”. Quando venivo lasciata sola passavo dalle 15 alle 18 ore a cliccare il tasto “pubblica”, ogni 15 minuti, dopo aver inserito tutti gli articoli, con un figlio piccolo, una famiglia… Vi lascio immaginare. E allora non esistevano neanche gli smartphone! La scelta di vita era talmente vincolante che la sola idea di trovarmi un lavoro mi spiazzava, perchè “come faremo su Informare per Resistere?”.

Ma lo facevo con piacere perchè quella era, in parte, la mia creatura; la mia creatura meravigliosa che cresceva spaventosamente e da cui prendevano spunto anche Repubblica e Il Fatto Quotidiano. Pensate per un cittadino comune che bella soddisfazione. Giravo l’Italia a mie spese perchè ci chiamavano per dibattiti, incontri vari ed interviste in radio e andavo io, perchè per le persone ero diventata un punto di riferimento.

Stefano viveva in Francia e per lui era più difficoltoso, gli altri amministratori erano anonimi per scelta, quindi il compito di metterci la faccia restava a me, un compito che assolvevo con orgoglio e con piacere. Eravamo diventati un punto di riferimento sia per i cittadini che per gli organi di stampa. Io non ci guadagnavo nulla, oltre alla soddisfazione immensa. ANZI! Ci rimettevo di tasca mia: mi spostavo a mie spese, ma lo facevo per la mia creatura che di soddisfazioni me ne dava tante.

Durante il periodo del terremoto a L’Aquila leggevo dai blog degli aquilani una situazione differente da quella che veniva raccontata su giornali e televisioni. Parlando con il gruppo di “Informare per Resistere” decidemmo di prendere una piccola fotocamera e di partire per L’Aquila. Chi? Ovviamente io.

Dovevo far sapere cosa accadeva e così iniziai a fare la reporter. E questa novità incrementava i click sulla pagina: agli utenti piaceva molto il fatto di vederci attivi. Entrai così a far parte delle Agende Rosse (il Movimento creato da Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso dalla Mafia nel 1992). Organizzai manifestazioni come “Una degna seplotura per Andrea Gagliardoni” (un giovane operaio, morto sotto la pressa della tipografia presso cui lavorava), e con me portavo sempre lo striscione di “Informare per Resistere”: il mio attivismo era pubblicità, la pubblicità portava adesioni, la pagina cresceva e con lei crescevano anche le richieste di aiuto.

Persone come il maresciallo Lo Zito, della Croce Rossa Italiana, che anche grazie a noi ha fatto sapere a tutta Italia ciò che gli stava accadendo, uscendone vincitore. O come la famiglia Manca, che voleva far sapere al mondo intero che il figlio, ucciso dalla mafia, stava venendo fatto passare per suicida dal tribunale di Viterbo e da quella classe politica che aiutò Bernardo Provenzano durante la latitanza. Correvo su e giù per l’Italia, perchè era giusto che una pagina che aveva tutta quell’attenzione facesse sapere quali ingiustizie si consumavano nel nostro Paese. Anche altri amministratori si muovevano, ma eviterò di citarli senza il loro permesso: quella che voglio raccontarvi oggi è solo la mia versione dei fatti.

Passava il tempo e Stefano, senza chiedere alcun parere, cominciò a far entrare personaggi di dubbio gusto che persino lui conosceva pochissimo e che portavano problemi nel gruppo. In un gruppo ormai divenuto una famiglia, mi ritrovai persone sconosciute che pubblicavano cose abominevoli: litigavamo giorni e giorni ma non c’era verso di togliere queste persone dal gruppo perchè Stefano (autonominatosi capo indiscusso) diceva che “Informare per Resistere” non cacciava nessuno. Lo aveva deciso da solo, forse pensando che io non potessi obiettare o ritenendomi una schiavetta presa dal web che amava passare la sua vita su internet a far crescere qualcosa di cui, poi, si sarebbe impadronito con prepotenza. La parola della cofondatrice non ha mai avuto alcun valore.

Nel 2012 cominciai ad allontanarmi, dopo aver visto questa intervista a Stefano Alletti (non ancora convertito al cattolicesimo fanatico, in un tempo in cui il suo complottismo era ancora a tratti sostenibile, data la sua lontananza dalla pagina. I suoi due post al mese potevano ancora essere coperti dal nostro lavoro duro). Chi avrà la pazienza di ascoltare l’intervista potrà notare che Stefano si sentiva totalmente padrone della pagina e unico fondatore: vi dichiara esplicitamente di non avere molto tempo per seguirla e che in quegli anni si era solo preoccupato della traduzione di un paio di video. E grazie!

Mentre il lavoro duro lo facevamo io e altre persone, lui faceva “il fondatore”, “l’unico”. Facile così! Sfido chiunque a lavorare dalle 15 alle 18 ore al giorno senza alcun riconoscimento finanziario e decisionale su una pagina su cui poi si vedevano uscire post che andavano contro ogni buon senso e contro le linee di pensiero delle persone che avevano messo il like. Una volta ogni tanto (2 o 3 volte al mese), Stefano prendeva da qualche blog post sempre più assurdi e li sbatteva sulla pagina contro il parere degli altri che invece lavoravano solo per far crescere la pagina.

E a noi toccava sopportare queste che, senza avere la pretesa di avere studiato a Oxford, chiamavamo“figure di **********”. Ogni tanto, sempre senza chiedere il parere degli altri, Stefano pescava il peggior complottista di Facebook e lo metteva fra gli amministratori e io, che tenevo davvero tanto al nostro equilibrio e alla linea che avevamo sempre deciso di avere, ingoiavo rospi come se piovesse. Attenzione: non cito gli altri amministratori ma il voltastomaco era generale nell’intero gruppo. Ovviamente mi stavo allontanando, sempre di più, ma quando cercavo di riavvicinarmi, sperando che le cose potessero tornare come prima, trovavo puntualmente situazioni insostenibili, quelle stesse che nel tempo hanno finito per rendere la pagina quella che oggi è: un covo di falsità e complottismi degni del blog di un adolescente.

A titolo di esempio, cito uno dei tanti articoli che si voleva fossero pubblicati sulla pagina. Non ricordo il titolo ma era un post di “denuncia”: l’abbaiare dei cani non è un’azione a caso, ma i cani sono mandati dalla massoneria ed è la massoneria ad aver fatto diventare i cani “animali domestici”, che con il loro abbaiare provocano delle onde a sega che distolgono le nostre menti. Ricordo che in quel post c’era di tutto: con l’abbaiare dei cani erano citati anche i gay, le adozioni da parte dei gay e chi più ne ha più ne metta. Un miscuglio talmente complottista che forse solo l’On. Borghezio all’europarlamento, con gli ufo, seppe fare di meglio.

Per farla breve, fra un litigio e l’altro, dopo due anni di costanza assidua e dibattiti in tutta Italia la mia presenza sulla pagina divenne intermittente. “Qualcuno”, ovviamente, descrive la realtà tentando di rovesciarla, precisando che sono stata “iper presente” SOLO per due anni. Avrei voluto vedere loro, questi personaggi, creare dal nulla qualcosa che diventa un colosso per poi vedere che viene lasciato morire nel peggior modo: schiacciato dalla sua stessa popolarità. Così hanno ucciso la “mia creatura”, la mia adorata pagina. E’ stato consentito l’approdo e la collaborazione di personaggi di un sito che alcuni conoscono come sito di complottismi idioti e bufale stratosferiche: “LoSai”.

Stefano si convertì al cattolicesimo fanatico ed estremo più di quello divulgato dai Testimoni di Geova. Fra un litigio e l’altro per le varie pubblicazioni vergognose io mi allontanavo sempre di più, perchè la mia parola non contava assolutamente nulla. Negli anni arrivò un altro personaggio: napoletano, poi candidatosi nel M5S, che pretendeva di fare la sua campagna elettorale su quell’ “Informare per Resistere” APARTITICA che, assolutamente, tra i suoi capisaldi aveva proprio quello di non sostenere candidati di alcun movimento o partito, né tantomeno di imbarcarli. Gli utenti commentavano in malo modo quanto accadeva, dicendo che da apartitica la pagina era diventata “grillina nelle mani di Grillo” perché, proprio durante le votazioni, si pubblicavano solo post del blog di Grillo ed io che aprivo la “mia pagina apartitica” non potevo sopportare tutto quello che leggevo.

Stefano e i suoi nuovi amici cattocomplottisti cominciarono a remare pesantemente contro la pubblicazione di articoli riguardanti la pedofilia nella Chiesa o altri eventi che potessero intaccarne l’immagine. Contro l’aborto in ogni caso, anche se questo provoca il rischio di vita della madre anche se il feto può non vivere dopo la nascita. Contro i matrimoni omosessuali e contro le coppie di fatto, perchè la famiglia tradizionale deve essere l’unica famiglia riconosciuta.

Contro le famiglie omosessuali perché questo è solo uno stratagemma per ottenere le adozioni da parte di famiglie omosessuali e quindi ASSOLUTAMENTE non si possono sposare. Contro l’utero in affitto, in generale anche per gli etero. Contro la fecondazione assistita, anche per gli etero. Faccio notare che, nella sezione “Chi siamo” ,sul sito, c’è scritto, in mezzo ad una bella pappardella: “Se non provi pena per chi soffre, se non hai un sentimento di fratellanza verso il popolo d’Italia e per il resto del mondo non leggere INFORMARE X RESISTERE. Se non te ne importa niente della povertà altrui, dei disagi, delle ingiustizie e dei soprusi, ti raccomandiamo di evitare accuratamente di leggere INFORMARE X RESISTERE…” .

Quindi, schiacciare la categoria omosessuale (fra le tante ingiustizie che pubblicano) rispetta ciò che era “Informare per Resistere”?

Viceversa, comparivano articoli a favore della cura contro il cancro fatta con bicarbonato e limone o con piantine di montagna. A favore di qualsiasi post riguardante pseudo cure per malattie gravi come cancro o hiv. Ma per chi, come me, conosceva l’importanza virale ed il peso di “Informare per Resistere”, pubblicare post a favore di cure non certe produceva un grandissimo peso sulla coscienza: non potevo dormire la notte sapendo che qualche malato disperato avrebbe potuto abbandonare le proprie cure per affidarsi ai post di “Informare per Resistere” che spacciavano limone e bicarbonato.

Le liti diventarono presto insostenibili e io, cofondatrice, non avevo più alcun potere decisionale. Addirittura vedevo i miei post cancellati o coperti dall’ultimo arrivato, un fantoccio che doveva farsi la propaganda elettorale o che doveva pubblicare sulla pagina un post riguardante cure miracolose a mio avviso assassine o di propaganda contro le vaccinazioni, dopo che io stessa avevo rischiato la morte per un morbillo preso in età adulta.

Sin dagli inizi, quando non eravamo d’accordo su una linea editoriale o sulla pubblicazione di un articolo, si era deciso che avremmo risolto col voto democratico di tutti gli amministratori. E così si era fatto: prima di pubblicare un determinato articolo ci si riuniva per vedere se si raggiungeva o meno la maggioranza. Volavano via intere giornate, gli amministatori si riunivano nuovamente per votare, ma da un certo punto in poi, anche se c’era la maggioranza assoluta e solo il voto di Stefano era contrario, la “linea editoriale”…era la volontà di Stefano!

Ma se gli si obiettava che la sua era una posizione “fascista”, la sua risposta era che non era vero, che lui aveva studiato, ma non in una scuola (perchè secondo lui oggi le scuole non hanno valore): su internet e sui libri aveva studiato!!!! Lui e tutti gli approssimativi di “Lo Sai”, che in fondo non sanno nulla ma si sentono grandi ricercatori e studiosi grazie chissà a quale “sacro blog“! Capite la malattia di questi individui che spacciano cure su Facebook e sui blog a che livello stanno? Roba da capelli bianchi, ve lo assicuro!!!!

Così è stato fatto per ogni scelta. Oggi mi rendo conto di esser stata usata. Tutto finì quando, un bel giorno, mi ritrovai fuori dalla pagina e dal sito, vinta dallo sfinimento e con sua grande gioia. Su Google il mio nome, Helene Benedetti, lo trovate ancora affiancato a qualche articolo (che si sono dimenticati di cancellare) o a qualche intervista rimasta su Youtube o sulla pagina e sui post dell’esaltata di Roma che mi diffamò quando non si dovevano assolutamente bannare o cancellare gli utenti da “Informare per Resistere”… Allora dovetti sopportare le conseguenze di una diffamazione atroce perché non volevo cancellare utenti e commenti, mentre oggi vi cancellano anche se scrivete “Siete vergognosi” (la realtà).

Ho volutamente scelto di non entrare in dettagli lunghi, sfiancanti e “paraGomBlottisti”, perchè ho scelto di raccontare la mia immensa delusione, forse la più grande della mia vita.

Dopo che una persona si fa “il mazzo” per creare dal nulla qualcosa e si gira l’Italia intera, riscuotendo la stima di tutti, dopo che questo “qualcosa” effettivamente diventa grandioso, questa persona riceve un trattamento fascista e schifoso, ingiusto e ipocrita. Fa male, malissimo…

Ogni tanto riapro quella pagina e leggo i titoli e qualche post, e allora rido per non piangere. Sì, ho pianto tanto per quella pagina. Non chiedetemi più cos’è accaduto a “Informare per Resistere”: quella pagina su cui avete messo il “Mi Piace” è morta, non ne è rimasto più nulla. Ci è rimasto su un esaltato fasciocattolico, fanatico, che si è preso il sudore di chi ci ha lavorato con amore. Se questa è la resistenza, l’Italia che doveva cambiare dal basso, la democrazia, la meritocrazia e ciò che tutti volevamo, vi assicuro che il nostro paese è finito, perchè se dal basso accade questo riesco a giustificare anche i nostri politici dall’alto che non sono altro che lo specchio di questo popolo infame e finito, finito come “Informare per Resistere”.

In ultimo, non volendo tralasciare nulla, è giusto farvi riflettere sul meccanismo degli “Adsense”, perchè non ho nulla da nascondere, almeno io. Il circuito Adsense permete di inserire la pubblicità sul sito (i banner), in modo che quel sito possa guadagnare. I soldi – e parlo di soldoni – inizialmente andavano a finire sui conti di alcuni amministratori, in attesa di essere trasferiti su un unico conto. Dovevamo fare una società (mai aperta) che non doveva intascare i soldi di “Informare per Resistere”, ma doveva devolverli in beneficenza.

Tuttavia, questo non è mai accaduto. Stefano ha infine deciso di farsi girare tutti i soldi su un suo conto bancario personale. Io avevo una piccola parte che inizialmente non versai, visto che servivano per recuperare un po’ delle spese da me anticipate per girare l’Italia e per lavorare 24 ore al giorno. Successivamente non li ho versati per le stesse ragioni, visto che il mio lavoro era stato sfruttato da altri e che della società non se ne vedeva neanche l’ombra.

Mi chiedo quanto ci sia di morale in tutta questa storia e mi chiedo anche quanto il Dio di Stefano e dei suoi amici cattocomplottisti sia orgoglioso di loro e del loro ingiusto comportamento. I vecchi amministratori hanno proposto più volte a Stefano di aprire un’altra pagina o di andare su “LoSai” a pubblicare ciò che non era in linea con “Informare per Resistere”, ma vista l’importanza acquisita dalla pagina, grazie al lavoro mio e di altri amministratori, era più allettante restare su una pagina pubblica di tale successo, non importa che non fosse il frutto del proprio lavoro ma di quello di altri; e non importa che si trattasse di un vero e proprio furto, perchè Stefano e i suoi non sarebbero mai riusciti con le loro becere idee a raccogliere tutto quel consenso e quegli iscritti: basti vedere che la pagina “LoSai” conta “solo” 152.000 utenti a differenza di “Informare per Resistere”, che prima che io abbandonassi ne aveva quasi 900.000 (oggi, mentre scrivo, sono scesi a 744.000).

Marie Helene Benedetti (http://www.byoblu.com/post/2015/06/24/che-fine-ha-fatto-informare-x-resistere.aspx)
ex cofondatrice di un sito un tempo fantastico e morto da anni.


Per dovere di cronaca la replica del fondatore Stefano Alletti sullo stesso sito:

http://www.byoblu.com/post/minipost/informare-x-resistere-la-replica-alle-accuse-di-helene-bendetti

Cari lettori e care lettrici,

In questi giorni sono piovute accuse da tutte le parti nei confronti miei e di Informare X Resistere, accuse false che proveremo a ribattere punto per punto, almeno quelle più gravi.

Una nostra ex amministratrice ha scritto un articolo, che molti hanno preso per oro colato. Abbiamo aspettato un pochino prima si scrivere un post di risposta, perché, spesso fare le cose a caldo non porta nulla di buono. Ci siamo presi il tempo di decidere se ribattere o meno, ma visto che alcune delle cose dette e scritte sono accuse gravi e infamanti, almeno a quelle abbiamo deciso di rispondere.

Quando Informare X Resistere è nata, era il periodo antiberlusconiano, eravamo tutti contro Berlusconi, e tutti si andava d’amore e d’accordo, perché credevamo (un pochino ingenuamente) che il male, che l’unico male fosse Berlusconi. La redazione è stata quasi subito formata da 4 elementi, tra cui me Helene e altri due admin. In particolare uno di questi due admin, Maria Caterina Bettinazzi è diventato il capo redazione, non io, come si vorrebbe far credere.
Non abbiamo mai stabilito una linea editoriale perché, appunto, tutti eravamo convinti che Berlusconi fosse il male assoluto e quindi la linea era abbastanza chiara. Tutti contro Berlusconi.

La signorina Benedetti, devo ammettere che il primo anno, fino al 2010 si è molto impegnata, ma dopo, per i successivi 5 anni è sparita, ritornando di tanto in tanto per metter su qualche articolo, quando c’era gente che si svegliava alle 5 ogni giorno per selezionare gli articoli della giornata.

Riprendo dall’articolo sopracitato:

"Passava il tempo e Stefano, senza chiedere alcun parere, cominciò a far entrare personaggi di dubbio gusto che persino lui conosceva pochissimo e che portavano problemi nel gruppo. In un gruppo ormai divenuto una famiglia, mi ritrovai persone sconosciute che pubblicavano cose abominevoli"

Io ho sempre provato a fare il bene della redazione, anche Helene Benedetti non la conoscevo bene, ma si sa, oggi su fb si può conoscere tanto su una persona in poco tempo, inoltre, la redazione è stata sempre formata a naso. Ammetto di avere preso qualche abbaglio, ma ho sempre fatto tutto in buona fede e soprattutto, ho sempre chiesto il parere a tutti e si è sempre votato democraticamente per includere nuovi membri nella redazione. Quello che Helene non scrive nell’articolo è che anche lei ha fatto entrare tante persone che però poi quando non le andavano più bene dovevano assolutamente essere sbattute fuori e isolate da tutta la redazione, perché se no, “non le volevamo bene”.

In realtà molte persone all’interno della redazione avevano capito che il problema non era Mister B, ma solo uno dei problemi. Da quel momento sono iniziate le diatribe. Non avendo avuto una linea editoriale fissa, si decise di comune accordo ad essere plurali. Cioè che ognuno potesse pubblicare quello che riteneva opportuno.
Ma anche se Helene Benedetti si era accordata insieme a tutti noi, ogni tanto, dopo mesi di assenza, rispuntava e iniziava a inveire contro qualcuno della redazione.
La cosa era diventata comica.

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Nell’immagine potete vedere l’esasperazione di uno degli admin, che ha parlato pubblicamente della “dittatura Benedetti”.

Ma la pluralità concordata tutti insieme, per lei non andava bene, l’esempio di sopra riguarda la politica, ma è evidente che vi erano disaccordi anche su altri argomenti. Si iniziarono a creare fazioni, e invece di buttare acqua sul fuoco, Helene continuava a gettare alcol e ad alimentare le faide interne, tant’è che più di una persona mi ha scritto che sarebbe stato il caso di farla uscire perché la situazione era diventata invivibile.

Ma veniamo alle accuse che trovo più infamanti, cioè quelle economiche.
All’inizio IxR era solo una pagina fb, nessun ads dunque, però dopo due anni, abbiamo deciso di metter su un blog, Helene era già sparita a questo punto, ma all’inizio visto che avevamo fiducia in lei abbiamo dato i suoi dati bancari per ricevere i soldi (mai più rivisti) di Google Ads.
Ed è stato proprio questo, il motivo per il quale è stato aperto (di comune accordo con tutti, lei compresa) un conto per versare i proventi degli adsense. Si, intestato a me, ma non gestito da me. È bene ripetere che ogni volta che si doveva prendere una decisione, facevamo una rapida votazione, perché se è vero che esisteva un capo redattore, è anche vero che non abbiamo mai avuto ruoli ben precisi.
La scelta di intestare un conto a me non è stata mia, è stata concordata con tutti e semplicemente perché sono il tutore legale del sito Informare Per Resistere. Fino a due anni fa non conoscevo nemmeno il codice di accesso a questo conto bancario.

Tutti lavoravamo gratis e nessuno era stato assunto, come vorrebbe far credere Helene. Questi soldi sono serviti per pagare un’ambulanza, o meglio un pezzo di ambulanza, devoluti all’associazione Fontana, sponsorizzata da Unimondo (all’epoca tutte le ricevute sono state pubblicate sulla nostra pagina fb), sono serviti a pagare il server a pagare gli spostamenti per servizi o altro (anche ad Helene chiaramente, che è partita in Africa a spese di IxR, oppure per i servizi sul terremoto o le manifestazioni NOTAV) e il resto serviva come fondo cassa. Non abbiamo mai creato una società non perché, ci fosse un “Gombloddo” come sostiene Helene, ma semplicemente perché i proventi non erano abbastanza e non conveniva aprirne una.

Certo è che abbiamo pagato sempre le tasse su tutto ciò che entrava, anche sui soldi che Helene si è presa. Parla di soldoni nel suo articolo, adesso io non so quantificare soldoni, ma quello che entrava erano più o meno 400 euro al mese, di cui 200 le spendevamo solo per il server. Dall’articolo scritto si potrebbe pensare che sarei potuto scappare in america, ma con 200 euro mensili non so quanta strada avrei fatto.
Per inciso io sono un ingegnere informatico, ho un lavoro e con questo lavoro mantengo la famiglia, non ho mai toccato un euro dal fondo cassa, ne io ne nessuno degli altri amministratori storici a differenza di Helene Benedetti che li ha usati per aprirsi un’attività.

Per questo motivo tutti gli amministratori volevano buttarla fuori, ma il sottoscritto l’ha sempre difesa perché consapevole della situazione instabile che stava vivendo. Per questo discorso ho litigato con molti. Ma tant’è…
Helene, sa bene tutte queste cose, sa bene, perché mi conosce, che non sono per nulla attaccato ai soldi, quindi quello che ha scritto è assolutamente in mala fede. Quale sarebbe poi la logica di adottare una linea editoriale impoporale a un sito, che secondo la Benedetti, sarebbe una macchina di soldi con la evidente conseguenza di una perdita di utenti, di click e di entrate economiche, non si capisce bene…

Vorrei infine focalizzare l’attenzione su qualche spezzone del suo articolo:

"Ma lo facevo con piacere perchè quella era, in parte, la mia creatura; la mia creatura meravigliosa che cresceva spaventosamente e da cui prendevano spunto anche Repubblica e Il Fatto Quotidiano. Pensate per un cittadino comune che bella soddisfazione."

E si, sai che soddisfazione essere presi come esempio da giornali main stream, quando tu dovresti fare controinformazione. (sigh)
A titolo di esempio, cito uno dei tanti articoli che si voleva fossero pubblicati sulla pagina. Non ricordo il titolo ma era un post di “denuncia”: "l’abbaiare dei cani non è un’azione a caso, ma i cani sono mandati dalla massoneria ed è la massoneria ad aver fatto diventare i cani “animali domestici”, che con il loro abbaiare provocano delle onde a sega che distolgono le nostre menti".

Questo post, che io non conosco (esiste?), è evidente che non è mai stato pubblicato sul nostro sito, però personaggi vicini ad Helene pubblicavano articoli del genere.

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Stavamo diventato veramente ridicoli, immaginatevi che vi erano persone che in redazione festeggiavano il colpo di stato di Napolitano, Monti & CO (Helene compresa).

Più o meno 2 anni fa, chi per problemi di salute (MCB), chi per problemi di lavoro (SB), chi perché è stato buttato fuori da Helene (BL, DDL, LC, MS, FA, CB, ES e sicuramente ne dimentico qualcuno) e chi per altri motivi personali hanno lasciato la redazione. Lei stessa ha lasciato la redazione di sua spontanea volontà e non era la prima volta, solo che le volte precedenti quando decideva di tornare trovava la porta aperta e magari se avessimo chiarito adesso sarebbe ancora a far parte della redazione. Perché a parte tutto c’era sempre un affetto che ci legava.

A questo punto mi sono ritrovato completamente solo, e francamente non ho voluto io questa situazione. Informare Per Resistere è rimasta ferma per un po’, fino a quando ho deciso di riprendere da solo (almeno inizialmente). Ma questa volta IxR pubblicava articoli che io credevo sia giusto rendere pubblici.

Non abbiamo venduto la pagina né alla Chiesa ne a nessun altro (eppure ho avuto un bel po’ di offerte), semplicemente IxR era diventata l’espressione di quello in cui io credo. E si, sono Cattolico, ho avuto il dono della Fede, perché dovrei vergognarmi? Perché dovrei nascondere la mia cristianità? Su IxR continuiamo a parlare di tutto, guerre, politica, economia ecc… Definirmi cattolico radicale solo perché critico la teoria del genere non mi sembra molto coerente visto che non è prerogativa del cattolico contestarla. A mio avviso, la realtà oggi è un’altra, su internet, e soprattutto nel campo della « controinformazione » sembrerebbe che non attaccare la Chiesa significhi essere cattolici radicali, si prendono insulti, minacce e boicottaggi, pare dunque che i radicali stiano piuttosto dall’altra parte, perché io non mi sarei mai sognato di andare in un sito di cui non condivido la linea politica e insultarlo o proferire minacce anche fisiche. Perché è quello che è arrivato a noi della redazione dopo aver coperto l’evento del Family Day, che ricordiamo era un evento che aveva come obiettivo quello di difendere i diritti dei bambini e non, come molti vogliono far credere, per togliere i diritti agli omosessuali, ma questo è un altro discorso.

Per concludere, io lo so che Helene non la vede come me in tante cose, ma una cosa è non condividere le opinioni un’altra è inventarsi di sana pianta un articolo o rigirare i fatti a proprio uso e consumo per avere un pochino di visibilità.

Inoltre avrei volentieri evitato di rendere pubbliche certe cose ma non è giusto che i lettori di Claudio Messora prendano per verità una storia così distorta.

Con affetto,
Stefano

Re: Il Livello di Qualità dell'Informazione

19/07/2015, 20:23

Stefano Cagelli @turbocagio · 18 luglio 2015
La riscossa del ‘partito delle primarie’ parte da Milano?

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(Foto Ansa)

http://www.unita.tv/focus/la-riscossa-d ... da-milano/


Che il 18 Luglio a Milano si stia con i cappotti e le sciarpe è quantomeno improbabile, soprattutto in questi giorno in cui fanno 40°gradi all'ombra!

[:302] [:302] [:302]

Re: Il Livello di Qualità dell'Informazione

20/07/2015, 03:24

che ridicoli :°

Re: Il Livello di Qualità dell'Informazione

21/07/2015, 20:29

Ma poi cosa ci fa Bill Birnes di "Ufo Magazine" tra gli elettori del PD??
E' lui, in basso a dx... [V]

Re: Il Livello di Qualità dell'Informazione

22/07/2015, 15:47

ma va! [:246]

Re: Il Livello di Qualità dell'Informazione

22/07/2015, 15:49

Plutone77 ha scritto:Ma poi cosa ci fa Bill Birnes di "Ufo Magazine" tra gli elettori del PD??
E' lui, in basso a dx... [V]


Magari è venuto a investigare su uno dei misteri dell'universo... perché queste persone continuano a votare Renzi!?

[}:)] [:o)] [}:)]

Re: Il Livello di Qualità dell'Informazione

22/07/2015, 16:13

I danni dello storytelling al giornalismo

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Raccontare una storia. Raccontare. Una. Storia. Sempre più spesso chi fa il mestiere del giornalista – anche quelli che lo fanno occasionalmente – si avvicina a queste tre parole, coniugandole a seconda dei casi.

Ma sta di fatto che non si scrivono più articoli, si raccontano storie. La questione potrebbe essere archiviata come un vicenda lessicale. Ma nasconde qualcosa di più profondo che ha a che fare non tanto con i nuovi formati del giornalismo, ma con i contenuti con cui riempiamo questi formati.

È in fondo il tema che ha posto qualche settimana fa Ascanio Celestini. In un post su Facebook si chiedeva se alcuni giornalisti fossero dei cronisti o diventati dei professionisti del teatro per il loro modo di raccontare le storie, ricche di retorica persuasiva: “Sono due linguaggi diversi. Nel primo dovrebbe cercare di raccontare dei fatti, nel secondo può scrivere commedie o tragedie inventando commistioni, parallelismi e macedonie”.

Senza scomodare Zygmunt Bauman, è evidente che i giornali – con qualche oggettiva difficoltà – oggi faticano a raccontare la società liquida. Da quasi 30 anni la frantumazione delle classiche aggregazioni sociali (sono rimaste solo le lobby e le associazioni di categoria a tenere un po’) ha contribuito a una difficile lettura del mondo da parte di quotidiani e periodici, di tg e di programmi televisivi di approfondimento giornalistico.

Basti pensare a quello che è successo con la politica italiana. Pochissimi giornali hanno saputo leggere in anticipo il successo della Lega, poi di Berlusconi, poi del M5S. Per non parlare di tutte quelle volte che a partiti come il Pds/Ds/Pd o – peggio ancora – l’Udc è stata data una vittoria elettorale o una centralità che non hanno mai raggiunto.

A compensare questa mancata capacità di lettura del mondo, è poi arrivata la formula magica del raccontare una storia, dello storytelling. Come dire: la realtà si è molto complicata e quindi te ne racconto solo una parte. Bene, benissimo. Ma la questione è che le storie che oggi leggiamo non son sempre raccontate come quello che sono (nella maggior parte dei casi), cioè come storie uniche.

Molto spesso, infatti, una sola storia viene fatta passare come una tendenza universale, un esempio di molti altri simili.

Per parlare dei temi cari a Wired, prendete quello che è avvenuto (e che continua ad avvenire) quando si parla di start-up. A volte si leggono articoli, come se vivessimo in una Silicon Valley italiana. Molto è migliorato negli ultimi anni, ma non è così. Eppure la narrazione, lo storytelling (tecnica usata, non a caso, nella comunicazione di aziende e di prodotti), assume una così tale forza che si perdono alcuni pezzi importanti del discorso come la sostenibilità economica dell’idea o le possibilità di (in)successo.

Il compito storico dei giornali dovrebbe essere quello di raccontare dei fatti, contestualizzandoli. Più questi sono aderenti alla realtà, maggiore è la possibilità che si sia fatto un buon lavoro. Certo, in un periodo di “tanta informazione”, avere un punto di vista sui fatti è altrettanto importante: aiuta a comprenderli, a metterli in una giusta dimensione.

Ma un’opinione o un punto di vista originale non deve perdere di vista mai i suoi riferimenti: i fatti, gli avvenimenti, le cifre; insomma tutto quello che aiuta a tracciare un identikit il più oggettivo possibile di una notizia.

Dopo (e solo dopo) la raccolta dei riferimenti, lo storytelling può aiutare. Prima no. Perché altrimenti si passa quella linea tra informazione e comunicazione. Ed è un problema soprattutto per il lettore al quale si rischia di raccontare balle. E a quel punto il giornalismo come scritto qualche giorno fa da Luca Sofri, diventa davvero un inganno.

http://systemfailureb.altervista.org/i- ... ornalismo/

Re: Il Livello di Qualità dell'Informazione

23/07/2015, 10:59

Guardate fin dove si spinge la propaganda... Osservate l'uso delle parole... e di alcune espressioni retoriche.

Toccherà a Israele salvare il mondo per la terza volta? - Se un giorno l'Iran minaccerà il mondo con armi nucleari, quelli che oggi demonizzano e calunniano Israele desidereranno tanto averlo invece sostenuto
Di Mudar Zahran

In quanto politico giordano-palestinese, insieme a molti altri politici e decisori arabi ho finito col capire che Israele è essenziale per la nostra stessa esistenza. In realtà, Israele ha già salvato noi e il mondo da almeno due disastri globali.

La prima volta che Israele ha salvato tutti noi fu all’inizio degli anni ‘80, quando il presidente iracheno Saddam Hussein era uno dei più forti alleati arabi dell’Occidente. Saddam era schierato contro la Repubblica Islamica iraniana ed era visto come un asset indispensabile dai governi occidentali e come un fattore di equilibrio regionale contro la potenza dell’Iran.

L’Occidente era innamorato al punto di Saddam da permettergli di perseguire un programma nucleare, ottenuto con l’aiuto della Francia. Proprio come oggi fa l’Iran, Saddam sosteneva che il suo programma nucleare era “per uso pacifico e civile”. Il suo reattore nucleare venne costruito con l’approvazione degli Stati Uniti.

Israele invece non l’aveva bevuta, e nel 1981 inviò i suoi piloti a distruggere il reattore nucleare di Saddam in una missione da cui era improbabile che sarebbero tornati. Gli archivi ci dicono che l’allora vicepresidente americano George H. W. Bush era furibondo per l’operazione israeliana. I governi arabi e quelli occidentali condannarono il raid, alcuni addirittura parlarono di un’ iniziativa alle Nazioni Unite. Naturalmente i mass-media occidentali compatti misero alla gogna Israele.

Solo nove anni dopo Saddam occupava il Kuwait e minacciava l’intera regione del Golfo dicendo apertamente che voleva prendere il controllo delle “ricchezze petrolifere degli arabi” per poter mettere in ginocchio l’Occidente. Gli Stati Uniti e molti paesi occidentali (Italia compresa) dovettero mettere in campo sangue e denaro per espellere Saddam dal Kuwait, ma lo poterono fare senza temere un suo attacco nucleare o un suo ricorso a bombe “sporche” (radioattive): e così l’operazione Desert Storm andò via liscia.

Se Saddam avesse avuto ancora il suo programma nucleare, l’intera situazione e il suo esito avrebbero potuto essere molto diversi. In effetti, Saddam sarebbe potuto restare al potere fino ad oggi se non fosse stato per Israele, che si era assunto il rischio di distruggere il suo programma nucleare. In poche parole, Israele salvò il mondo da un potere esaltato che era arrivato vicino ad ottenere armi nucleari.

Quella non è stata l’unica volta che Israele ha salvato il mondo. Un altro dittatore arabo, il siriano Bashar Assad, aveva un programma nucleare segreto e stava costruendo un reattore con l’aiuto della Corea del Nord. Quando diversi governi non erano ancora convinti che il programma esistesse davvero, Israele non perse tempo.

Nel 2007 una squadra di jet israeliani bombardò il reattore di Assad riducendolo in macerie. Secondo alcune fonti, nell’attacco sarebbero rimasti uccisi degli scienziati nucleari della Corea del Nord e dell’Iran: circostanza che naturalmente i paesi implicati non potrebbero mai ammettere. Questa volta il mondo non condannò espressamente il raid, ma molti lo criticarono aspramente perché Assad stava collaborando con gli Stati Uniti nella lotta contro al-Qaeda in Iraq e aveva catturato alcuni terroristi consegnandoli alle forze americane.

Molti governi occidentali vedevano Assad come un alleato, esattamente come avevano fatto con Saddam. Appena quattro anni dopo, in Siria scoppiava la guerra civile e il paese si trasformava rapidamente in una roccaforte islamista, col territorio suddiviso tra gli islamisti, soprattutto dell’ISIS e del Fronte Nusra, e lo stesso Assad. Sia Assad che gli islamisti stanno massacrando i loro civili. Nel 2013 Assad ha persino utilizzato armi chimiche per uccidere civili siriani.

Si consideri: Assad non esita a trucidare la sua gente, comprese donne e bambini. Avrebbe avuto qualche remora a minacciare il mondo con le armi nucleari, se il suo programma nucleare non fosse stato distrutto? E poi, visto che la Siria non è un paese piccolo, avrebbe esitato a usare un’arma nucleare su una o due città siriane pur di mettere a tacere i ribelli? Sostanzialmente Israele ha salvato il popolo siriano dalla follia ultima di un dittatore sanguinario, e il mondo dalle imprevedibili conseguenze di quella follia.

Ancora più interessante è il fatto che il reattore nucleare di Assad si trovava a Deir el-Zour, nel nord-est della Siria: una regione caduta nelle mani degli islamisti poco dopo l’inizio della guerra civile. Riusciamo a immaginare cosa avrebbero potuto fare quegli islamisti con un reattore nucleare? Avrebbero minacciato il resto della Siria, i paesi vicini (compresa la Turchia) e lo stesso Occidente, perlomeno con le bombe “sporche” se non qualcosa di più avanzato.

Il poliziotto: “Devo perquisire il suo veicolo per droghe” – “Cosa, adesso?” – “No, fra un mese” (L’accordo sul nucleare iraniano prevede ispezioni internazionali con preavviso di 24 giorni)

Oggi Stati Uniti e Occidente hanno raggiunto un accordo con l’Iran sul suo programma nucleare. Sulla carta e in teoria l’accordo potrebbe passare per accettabile e persino equo per tutte le parti. Ma costoro non capiscono ciò che Israele sa molto bene: non solo l’Iran è governato da estremisti islamisti sciiti che non manterranno la parola, ma se l’Iran otterrà l’atomica, sarà l’unica potenza nucleare a non temere le conseguenze del lancio di un attacco nucleare su qualsiasi paese, persino sugli Stati Uniti.

Se l’Iran attaccasse un paese dotato di armi nucleari capace di rispondere a tono, all’Iran non potrebbe importare di meno: i suoi capi vogliono morire come martiri e andare in paradiso a incontrare le vergini. Il dittatore nordcoreano è spietato, disumano e anche pazzo, ma non lancerà attacchi nucleari per capriccio perché sa che ci sarebbero contrattacchi.

Non vuole morire né perdere il paese su cui governa. Viceversa, il martirio collettivo di tutta la nazione iraniana potrebbe essere esattamente ciò che i capi mullah iraniani vanno cercando. Per questo, al momento giusto premeranno il pulsante. I capi iraniani potrebbero perseguire persino la fine di tutto il pianeta attraverso l’utilizzo di armi nucleari per soddisfare la loro visione del ritorno del Messia sciita, al-Mahdi, che tornerà solo dopo un disastro globale.

Questo è ciò che Israele sa, e molti altri no, dell’ideologia millenarista iraniana.

Israele prenderà l’iniziativa di salvare il mondo una terza volta, magari distruggendo il programma nucleare iraniano? Non possiamo dirlo e nemmeno suggerire che debba accadere. Tuttavia, se Israele non farà nulla e un giorno l’Iran comincerà a minacciare il mondo con le armi nucleari, quelli che oggi demonizzano Israele, lo boicottaggio e lo calunniano come uno stato guerrafondaio, improvvisamente desidereranno tanto averlo invece sostenuto.

Ci attendono tempi molto difficili, e Israele personifica il proverbio arabo-palestinese che dice: “A che ti serve la tua intelligenza se attorno a te tutti sono impazziti?”

(Da: Israel HaYom, 21.7.15)

http://www.israele.net/tocchera-a-israe ... erza-volta


Citati Saddam e Assad... oh guarda caso quei paesi dove oggi opera l'ISIS! Coincidenze?! MAH!

[:(!]

Re: Il Livello di Qualità dell'Informazione

23/07/2015, 11:34

Atlanticus81 ha scritto:Guardate fin dove si spinge la propaganda... Osservate l'uso delle parole... e di alcune espressioni retoriche.

Toccherà a Israele salvare il mondo per la terza volta? - Se un giorno l'Iran minaccerà il mondo con armi nucleari, quelli che oggi demonizzano e calunniano Israele desidereranno tanto averlo invece sostenuto
Di Mudar Zahran

In quanto politico giordano-palestinese, insieme a molti altri politici e decisori arabi ho finito col capire che Israele è essenziale per la nostra stessa esistenza. In realtà, Israele ha già salvato noi e il mondo da almeno due disastri globali.

La prima volta che Israele ha salvato tutti noi fu all’inizio degli anni ‘80, quando il presidente iracheno Saddam Hussein era uno dei più forti alleati arabi dell’Occidente. Saddam era schierato contro la Repubblica Islamica iraniana ed era visto come un asset indispensabile dai governi occidentali e come un fattore di equilibrio regionale contro la potenza dell’Iran.

L’Occidente era innamorato al punto di Saddam da permettergli di perseguire un programma nucleare, ottenuto con l’aiuto della Francia. Proprio come oggi fa l’Iran, Saddam sosteneva che il suo programma nucleare era “per uso pacifico e civile”. Il suo reattore nucleare venne costruito con l’approvazione degli Stati Uniti.

Israele invece non l’aveva bevuta, e nel 1981 inviò i suoi piloti a distruggere il reattore nucleare di Saddam in una missione da cui era improbabile che sarebbero tornati. Gli archivi ci dicono che l’allora vicepresidente americano George H. W. Bush era furibondo per l’operazione israeliana. I governi arabi e quelli occidentali condannarono il raid, alcuni addirittura parlarono di un’ iniziativa alle Nazioni Unite. Naturalmente i mass-media occidentali compatti misero alla gogna Israele.

Solo nove anni dopo Saddam occupava il Kuwait e minacciava l’intera regione del Golfo dicendo apertamente che voleva prendere il controllo delle “ricchezze petrolifere degli arabi” per poter mettere in ginocchio l’Occidente. Gli Stati Uniti e molti paesi occidentali (Italia compresa) dovettero mettere in campo sangue e denaro per espellere Saddam dal Kuwait, ma lo poterono fare senza temere un suo attacco nucleare o un suo ricorso a bombe “sporche” (radioattive): e così l’operazione Desert Storm andò via liscia.

Se Saddam avesse avuto ancora il suo programma nucleare, l’intera situazione e il suo esito avrebbero potuto essere molto diversi. In effetti, Saddam sarebbe potuto restare al potere fino ad oggi se non fosse stato per Israele, che si era assunto il rischio di distruggere il suo programma nucleare. In poche parole, Israele salvò il mondo da un potere esaltato che era arrivato vicino ad ottenere armi nucleari.

Quella non è stata l’unica volta che Israele ha salvato il mondo. Un altro dittatore arabo, il siriano Bashar Assad, aveva un programma nucleare segreto e stava costruendo un reattore con l’aiuto della Corea del Nord. Quando diversi governi non erano ancora convinti che il programma esistesse davvero, Israele non perse tempo.

Nel 2007 una squadra di jet israeliani bombardò il reattore di Assad riducendolo in macerie. Secondo alcune fonti, nell’attacco sarebbero rimasti uccisi degli scienziati nucleari della Corea del Nord e dell’Iran: circostanza che naturalmente i paesi implicati non potrebbero mai ammettere. Questa volta il mondo non condannò espressamente il raid, ma molti lo criticarono aspramente perché Assad stava collaborando con gli Stati Uniti nella lotta contro al-Qaeda in Iraq e aveva catturato alcuni terroristi consegnandoli alle forze americane.

Molti governi occidentali vedevano Assad come un alleato, esattamente come avevano fatto con Saddam. Appena quattro anni dopo, in Siria scoppiava la guerra civile e il paese si trasformava rapidamente in una roccaforte islamista, col territorio suddiviso tra gli islamisti, soprattutto dell’ISIS e del Fronte Nusra, e lo stesso Assad. Sia Assad che gli islamisti stanno massacrando i loro civili. Nel 2013 Assad ha persino utilizzato armi chimiche per uccidere civili siriani.

Si consideri: Assad non esita a trucidare la sua gente, comprese donne e bambini. Avrebbe avuto qualche remora a minacciare il mondo con le armi nucleari, se il suo programma nucleare non fosse stato distrutto? E poi, visto che la Siria non è un paese piccolo, avrebbe esitato a usare un’arma nucleare su una o due città siriane pur di mettere a tacere i ribelli? Sostanzialmente Israele ha salvato il popolo siriano dalla follia ultima di un dittatore sanguinario, e il mondo dalle imprevedibili conseguenze di quella follia.

Ancora più interessante è il fatto che il reattore nucleare di Assad si trovava a Deir el-Zour, nel nord-est della Siria: una regione caduta nelle mani degli islamisti poco dopo l’inizio della guerra civile. Riusciamo a immaginare cosa avrebbero potuto fare quegli islamisti con un reattore nucleare? Avrebbero minacciato il resto della Siria, i paesi vicini (compresa la Turchia) e lo stesso Occidente, perlomeno con le bombe “sporche” se non qualcosa di più avanzato.

Il poliziotto: “Devo perquisire il suo veicolo per droghe” – “Cosa, adesso?” – “No, fra un mese” (L’accordo sul nucleare iraniano prevede ispezioni internazionali con preavviso di 24 giorni)

Oggi Stati Uniti e Occidente hanno raggiunto un accordo con l’Iran sul suo programma nucleare. Sulla carta e in teoria l’accordo potrebbe passare per accettabile e persino equo per tutte le parti. Ma costoro non capiscono ciò che Israele sa molto bene: non solo l’Iran è governato da estremisti islamisti sciiti che non manterranno la parola, ma se l’Iran otterrà l’atomica, sarà l’unica potenza nucleare a non temere le conseguenze del lancio di un attacco nucleare su qualsiasi paese, persino sugli Stati Uniti.

Se l’Iran attaccasse un paese dotato di armi nucleari capace di rispondere a tono, all’Iran non potrebbe importare di meno: i suoi capi vogliono morire come martiri e andare in paradiso a incontrare le vergini. Il dittatore nordcoreano è spietato, disumano e anche pazzo, ma non lancerà attacchi nucleari per capriccio perché sa che ci sarebbero contrattacchi.

Non vuole morire né perdere il paese su cui governa. Viceversa, il martirio collettivo di tutta la nazione iraniana potrebbe essere esattamente ciò che i capi mullah iraniani vanno cercando. Per questo, al momento giusto premeranno il pulsante. I capi iraniani potrebbero perseguire persino la fine di tutto il pianeta attraverso l’utilizzo di armi nucleari per soddisfare la loro visione del ritorno del Messia sciita, al-Mahdi, che tornerà solo dopo un disastro globale.

Questo è ciò che Israele sa, e molti altri no, dell’ideologia millenarista iraniana.

Israele prenderà l’iniziativa di salvare il mondo una terza volta, magari distruggendo il programma nucleare iraniano? Non possiamo dirlo e nemmeno suggerire che debba accadere. Tuttavia, se Israele non farà nulla e un giorno l’Iran comincerà a minacciare il mondo con le armi nucleari, quelli che oggi demonizzano Israele, lo boicottaggio e lo calunniano come uno stato guerrafondaio, improvvisamente desidereranno tanto averlo invece sostenuto.

Ci attendono tempi molto difficili, e Israele personifica il proverbio arabo-palestinese che dice: “A che ti serve la tua intelligenza se attorno a te tutti sono impazziti?”

(Da: Israel HaYom, 21.7.15)

http://www.israele.net/tocchera-a-israe ... erza-volta


Citati Saddam e Assad... oh guarda caso quei paesi dove oggi opera l'ISIS! Coincidenze?! MAH!

[:(!]


in psicologia sono paradigmi acclarati
"l'altro è lo specchio di sè
si proietta nell'altro quello che si vuole,
ecc."

quando il sionista dice:
, il martirio collettivo di tutta la nazione iraniana (ISRAELIANA) potrebbe essere esattamente ciò che i capi mullah iraniani (ISRAELIANI) vanno cercando. Per questo, al momento giusto premeranno il pulsante. I capi iraniani (ISRAELIANI) potrebbero perseguire persino la fine di tutto il pianeta attraverso l’utilizzo di armi nucleari per soddisfare la loro visione del ritorno del Messia sciita (EBRAICO), al-Mahdi, che tornerà solo dopo un disastro globale.

pare proprio che parli
del suo regime sionista..
fateci caso..

Re: Il Livello di Qualità dell'Informazione

23/07/2015, 11:47

Esatto!

[:264]

Re: Il Livello di Qualità dell'Informazione

26/07/2015, 19:43

Ma Zucconi non potrebbe preoccuparsi di cose un po' più serie inerenti al suo partito di mer*a...

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E c'è chi su facebook lo osanna pure! L'Italia è popolata di dementi... e onestamente mi viene da dare un solo consiglio agli adolescenti di questa nazione...

Guarda su youtube.com

Re: Il Livello di Qualità dell'Informazione

30/07/2015, 13:21

DEBUNKING: FINI, PRESUPPOSTI, METODI di Marco Della Luna

Il debunking non è una cosa a sé, isolata, che si faccia per sport. Va analizzata nel suo contesto, compresa secondo le esigenze che soddisfa, studiata nei suoi metodi.

Il debunking consiste nello smontare e confutare, persuadendo della loro infondatezza e capziosità, teorie e informazioni che vanno contro il pensiero ufficiale o dominante, il mainstream; o semplicemente contro la vulgata della realtà che si vuole preservare. Il debunking è diretto principalmente a demolire e a screditare come bugiarda o paranoica (espressione di delirio di persecuzione) la controinformazione, soprattutto quella tendente a svelare e denunciare “complotti” di gruppi elitari potenti, anche di vertici di istituzioni pubbliche o della grande finanza o industria. Complotti diretti a mettere insieme e impiegare conoscenze, tecnologie, strumenti speciali, spesso segreti, per manipolare il pensiero, le decisioni, i comportamenti della popolazione generale a proprio vantaggio egoistico, economico e/o politico, e a danno della popolazione generale, o perlomeno a limitazione della sua libertà, salute, dignità, possibilità di conoscere la realtà delle cose.

Si constata subito come la suesposta definizione di “complotto” corrisponde semplicemente al marketing e alla propaganda politica, come insegnati e studiati dai testi di marketing e propaganda disponibili nelle librerie, anche se non direttamente insegnati nelle università.

Per capirci, è necessario fare un breve ragionamento economico. Generalmente l’imprenditore, e soprattutto l’imprenditore industriale e tecnologico, ha bisogno, quindi tende, a produrre e ad assicurarsi una forte, duratura e rigida domanda (la domanda dicesi “rigida” quando varia poco al variare, e soprattutto all’aumentare, del prezzo) dei prodotti o servizi che intende produrre. Ne ha bisogno allo scopo di assicurarsi l’ammortamento degli investimenti (passati, in corso, futuri), di poter pianificare nuovi investimenti, e di guadagnare. Maggiore è l’investimento e il tempo di ammortamento, maggiore è questo bisogno. L’artigiano tradizionale (il calzolaio, il fornaio, il fabbro) investe poco, rischia poco, ammortizza presto, ha pochi costi fissi. Quindi può tranquillamente aspettare la clientela, la domanda. Non ha bisogno di produrla. L’industriale che investe molto è invece nella condizione opposta.
L’ideale è conquistare una stabile posizione di monopolio, che consente di massimizzare i ricavi (alzando i prezzi), quindi di accelerare l’ammortamento e di accrescere i profitti. Per questo si dice che ogni imprenditore vorrebbe il libero mercato per gli altri, e il monopolio per sé. È un interesse oggettivo, non una scelta etica.

Per capirci meglio, facciamo un esempio: se vogliamo produrre industrialmente aeroplani militari, da vendere ovviamente a governi, dobbiamo investire (rischiare), diciamo, 5 miliardi di Dollari in spese di ricerca, progettazione, impianto produttivo, personale, macchinario, materiali. Abbiamo necessità, quindi, di contare su una domanda futura di aeroplani militari prodotti da noi. Il nostro investimento si ammortizzerà in non meno di 15 anni. Un concorrente che arrivi sul mercato con aeroplani migliori o meno costosi dei miei, ci farebbe perdere l’investimento. Una evoluzione pacifista nella politica dei governi costituenti la nostra clientela porterebbe a un crollo della domanda dei miei prodotti, e anche tale evento ci farebbe perdere il nostro investimento. Quindi, se non vogliamo perderlo e se vogliamo guadagnare, dobbiamo organizzarci in modo da prevenire il realizzarsi dei due eventi distruttivi per il nostro business: la concorrenza e la pace.

Poiché il nostro budget imprenditoriale, il rischio, è di 5 miliardi di Dollari, possiamo destinare una grossa somma, diciamo 1 miliardo, alla prevenzione della concorrenza e della pacificazione.

Come procederemo, quindi, prima ancora di attuare l’investimento?

Innanzitutto, cercheremo alleanze con imprenditori che condividano i nostri interessi – come produttori di missili e bombe, di sistemi d’arma, di avionica, di navi militari, di carri armati, etc. – per fare una lobby degli armamenti e un pool di risorse finanziarie, in modo che al nostro miliardo di dollari se ne aggiungano altri cento.

Con questa somma potremo condizionare la politica – sovvenzionare i candidati portatori di un forte programma di spesa per gli armamenti; comprare gli eletti; montare scandali contro leader pacifisti; corrompere i politici affinché comperino i nostri prodotti anziché quelli della concorrenza, potenziale o attuale che sia; possiamo condizionare gli information media (giornali, riviste, editori, pubblicisti, scrittori) e gli entertainment media (produttori cinematografici) in modo che diffondano una cultura di allarme e bisogno di protezione; possiamo sovvenzionare università e ricercatori affinché producano studi scientifici e analisi da cui risulti che il mondo va verso un clima di instabilità e guerre; possiamo pagare agenti che organizzino incidenti – quali attentati, rapimenti, assassinii – idonei a suscitare conflitti, paure, tensioni, quindi propensione ad accettare un aumento della spesa per la difesa.

Ovviamente, abbiamo anche interesse a che l’opinione pubblica non si accorga, non sia informata, dei nostri interessi e delle operazioni che compiamo per proteggerli e portarli avanti. Pagheremo, per mantenerli nascosti. Il capitale dell’industria degli armamenti è anche nell’industria chimica, elettronica, automobilistica, alimentare. Quindi condizioniamo i mass media (quando addirittura non li si possiede direttamente), che vivono degli introiti pubblicitari, dicendo “Se volete che continuiamo a comperare spazi pubblicitari nei vostri giornali o nelle vostre trasmissioni, la vostra linea editoriale deve sostenere i nostri interessi industriali e non deve ospitare idee e informazioni contrarie ad essi, anzi, alla bisogna deve screditarli, smontarli (debunk), pubblicando opportune confutazioni.”

Ho fatto un esempio con l’industria degli armamenti perché è il più completo tra quelli facilmente comprensibili (un esempio con le banche e la moneta sarebbe ancora più completo, ma molto più complesso da spiegare, richiederebbe un libro – v. Euroschiavi).

All’inizio del 2001, dopo il crollo borsistico del 2000, l’economia, la domanda interna soprattutto, ristagnavano. Le precedenti politiche monetarie (ribassi dei tassi, ampliamento del credito) e fiscali (restituzione del surplus finanziario ai contribuenti, incentivi vari) non sono servite. Bisognava stimolare l’economia con la spesa pubblica, in senso keynesiano: la spesa pubblica finisce nelle tasche delle imprese appaltatrici e subappaltatrici, in quelle dei lavoratori, dei fornitori, etc., e tutti possono spendere di più, così generano più domanda, e l’economia riparte.

Ma per organizzare ed eseguire una grossa spesa pubblica occorrono anni di progettazioni, autorizzazioni, gare di appalto, mentre la grave situazione richiedeva invece un intervento urgente. Tuttavia si sa anche che c’è un tipo di spesa pubblica che si può fare rapidamente: quella militare, la quale, con l’entrata in guerra a seguito dell’attacco di Pearl Harbor (che ora si sa istigato, previsto e voluto da Washington per creare consenso popolare all’entrata in guerra), già fece uscire l’economia statunitense dalla depressione seguita al crollo del 1929.

Però bisognava renderla accettabile, anzi desiderabile, all’opinione pubblica, ai contribuenti. Supponiamo di avere allora organizzato ed eseguito l’attacco alle Torri Gemelle per rilanciare le spese governative per armamenti. La cosa funziona, come Pearl Harbor. La nazione è indignata, inorridita, impaurita. Chiede difesa. La spesa pubblica riparte, ripartono gli investimenti e la produzione, il sistema-paese ritrova slancio. Iniziano campagne militari, con forte consumo di munizioni, bombe, missili, vettovaglie, etc. Il P.I.L., che è calcolato sulla spesa ai costi di mercato, ascende. La disoccupazione cala.

Ecco che, nel bel mezzo di questa ripresa, si fa avanti qualcuno con un insieme di elementi probatori o indiziari che rischia di disturbare la convinzione che abbiamo prodotto nell’opinione pubblica, scoprendo ciò che abbiamo fatto. E magari aggiungendo che il particolato tossico emesso dagli incendi ha causato ad oggi 400.000 malattie mortali, respiratorie e degenerative, nella popolazione di New York. A questo punto, è logico che noi cerchiamo di neutralizzare questa minaccia della controinformazione, anche se è una minaccia modesta, rispetto alla forza e all’estensione dei processi che abbiamo messo in moto nella società, nell’economia, nella mente collettiva.

Una volta che una convinzione forte, a livello morale e biologico, abbia fatto presa sulla mente collettiva e stia producendo un comportamento collettivo, la semplice conoscenza razionale della falsità di quella convinzione ha poco o punto effetto sul comportamento collettivo, soprattutto perché quella convinzione è diventata essa stessa un fattore di integrazione sociale e di creazione di valori. D’altronde, il grado di efficacia di un input sul comportamento e sul grado di “verità” che il suo contenuto informativo assume nei soggetti, è funzione della forza emotigena di cui è caricato. Inoltre, la carica emotigena dell’input dato dalla apocalittica scena delle Torri Gemelle brucianti e agonizzanti è infinitamente superiore a quella di una semplice informazione o controinformazione. Essa si trasmette ai commenti e ai giudizi che accompagnano quella scena e insieme attiva nella psiche un mode funzionale regressivo, emotivo e non critico, ideale per la propaganda mirata a convincere il popolo che è sotto attacco di un prestabilito nemico e che bisogna distruggerlo.

Non sempre saremo tanto agevolati, nella nostra opera di gestione della mente collettiva, come nel caso delle Torri Gemelle. Raramente la propaganda o il marketing possono avvalersi della forza emotigena di un fatto tanto apocalittico e impressionante. Non di rado la controinformazione sarà molto più efficace e pericolosa per la gestione della mente pubblica.

Talvolta, come nel caso del riscaldamento globale e dei gas serra, o delle inesistenti armi di distruzione di massa dell’Iraq, o degli inesistenti rapporti tra Saddam Hussein e Al Quaeda, si deve fronteggiare una controinformazione che a sua volta si avvale di un’immagine molto positiva, etica, ecologica, pacifista, e che si diffonde molto più facilmente che la controinformazione sull’11 Settembre. Altre volte la controinformazione non riesce a raggiungere numeri preoccupanti di persone, pur disponendo di efficacissime prove filmate della falsità delle tesi della propaganda, come sta avvenendo con la o.n.g. Etleboro, che sul suo sito offre prove schiaccianti della falsità delle accuse e dei documentari sulle pretese stragi e atrocità dei Serbi ai danni di musulmani di Bosnia ed Erzegovina.

Tornando a noi, dobbiamo ora reagire alla controinformazione sull’11 Settembre. Per farlo, ci occuperemo poco delle minoranze colte e critiche, che leggono i libri. Inibiremo essenzialmente la divulgazione, anche nella stampa medica e in internet, dei dati sui 400.000 malati. Ci preoccuperemo soprattutto della popolazione generale, che non è raggiunta dai libri, ma dalla televisione e dai quotidiani più diffusi. Quindi innanzitutto, cercheremo di bloccare la divulgazione della controinformazione su tv e quotidiani, usando le ‘leve’ già descritte.

Se però la controinformazione riesce in qualche modo a diffondersi a una parte rilevante della popolazione, allora sarà necessario reagire con un adeguato debunking, ovviamente orientato soprattutto alla gestione della popolazione generale. Vedremo presto come.

Orbene, tutto questo altro non è che business. Strategia imprenditoriale e finanziaria. Che si continua nella strategia politica. E in cui sfruttiamo a nostro beneficio il nostro vantaggio informativo, tecnologico, finanziario, politico, ma soprattutto di consapevolezza dei processi mentali, di razionalità dei processi valutativi e decisionali, rispetto alla popolazione generale. Il business, col passaggio dall’artigianato e dal commercio locale all’industria, alla produzione in serie, ai grandi investimenti di lungo ammortamento, ha iniziato ad aver bisogno, e bisogno assoluto, di produrre la domanda, di manipolare la mente pubblica, la politica, la democrazia.

Senza questa manipolazione, non vi sarebbero la società dei consumi, tutta la ricchezza e abbondanza di cui disponiamo, tutta la tecnologia che ci riempie le case, che si basano sulla ricerca e sulla produzione industriale in serie, in grande scala. E tutte le elezioni a cui siamo chiamati. Ciò è stato capito, analizzato, enunciato e tradotto in strategie da oltre cent’anni. Già Edward Bernays, nel suo celeberrimo ma poco pubblicato saggio del 1929, Propaganda, lo spiega molto chiaramente, come prassi già in atto e consolidata. Il grosso della psicologia, della ricerca e degli investimenti e dell’attività in campo psicologico, ha precisamente questo scopo. La psicologia come popolarmente intesa – la psicoterapia, la psicoanalisi – e quella insegnata nelle università, è solo marginale, quantitativamente e qualitativamente.

A questo punto abbiamo contestualizzato e definito il debunking: esso è una componente indispensabile nello strumentario della gestione della mente pubblica e dei comportamenti di massa nella società ricca, industrializzata e democratica.

Resta da vedere come si attua il debunking.

Premettiamo che la formazione dell’opinione pubblica, della percezione, dell’interpretazione, dell’accettazione della realtà e dei valori da parte del pubblico, è prodotta largamente dalla televisione e da pochi altri information media, e in misura trascurabile dalla conoscenza personale o ricevuta da altre persone. Il telespettatore è solo davanti allo schermo, il lettore è solo davanti al tabloid. Il flusso di informazioni è unidirezionale, top-down, senza scambio: dallo schermo e dalla pagina del mass media al cervello del singolo. Il messaggio è trasmesso alla massa, ma raggiunge ciascuno singolarmente e unidirezionalmente. Ciò è stato definito da Noam Chomsky “individualismo di massa”. Individualismo, perché siamo soli davanti allo schermo o al tabloid e riceviamo molta più informazione da essi che dagli scambi sociali. Di massa, perché i mass media trasmettono, appunto, alla massa, in modo uniformato e uniformante informazioni prese da fonti governative nazionali o dalle poche e oligopolistiche agenzie di informazioni dominanti (come Reuters o Ansa). Pochi direttori osano, su temi delicati, prendere notizie da altre fonti.

Da questa situazione discende che, se la maggioranza dei cittadini ha una convinnzione o una volontà contrarie a quelle sostenute dalla politica e dai mass media (ad esempio, ritiene che l’occupazione dell’Iraq sia illegittima, immorale, basata su accuse false e finalizzata allo sfruttamento del petrolio di quel paese), purtuttavia ciascuno dei cittadini che compongono quella maggioranza riceverà, dai mass media, una realtà rappresentata, in cui tutti sanno, e nessuno dubita, che l’Iraq ha armi di distruzione di massa, che collabora con Al Quaeda; tutti sono doverosamente patrioti, cantano e pregano insieme, solidali col governo e coi “nostri ragazzi che combattono laggiù per la nostra sicurezza e la democrazia”. Quindi, amenoché possa accedere ai sondaggi di opinione e attivare un mode cognitivo razionale e non emotivamente condizionato, si sentirà come un cane in chiesa, isolato, colpevole, diverso. Non avrà la cognizione di essere maggioranza. La maggioranza contraria all’occupazione non saprà… di esistere.

Ma anche questa struttura della formazione dell’opinione pubblica non è, evidentemente, sufficiente e completa.
Occorre attivare ulteriori misure, come il debunking.

Per il debunking, gli strumenti abbondano. Si tratta, sostanzialmente, di una selezione mirata dei medesimi strumenti della sofistica, della retorica, della pubblicità, della propaganda, che si trovano descritti nei trattati di queste discipline. Sofisti come Gorgia erano lautamente pagati proprio per tali prestazioni. Le Institutiones Oratoriae di Quintiliano sono un classico di tecnica dialettica e persuasiva, ed erano un libro di testo nell’antichità romana e medievale. Finché la scuola è rimasta privilegio delle classi governanti, i rampolli di tali classi sono stati addestrati a persuadere di una tesi e poi del suo contrario, quindi sia a suggestionare gli altri che a resistere alla manipolazione e all’indottrinamento. Quando la scuola è divenuta popolare, naturalmente è stata privata di queste materie di insegnamento, perché il popolo deve restare manipolabile. Le relative tecniche si insegnano ancora, ma altrove e a pagamento.

Vediamone alcune tra le più pertinenti al debunking.

Prima di tutto, la controinformazione sostanzialmente evidenzia i veri scopi (profitto e potere) che stanno dietro a scelte politiche ed economiche, smentendo la giustificazione ufficiale, in chiave etica, di queste medesime scelte. Quindi, per un efficace debunking, preliminarmente e preventivamente occorre far sì che la gente non pensi agli atti politici, legislativi, istituzionali e, se possibili, industriali, come ad atti aventi fini economici egoistici (non dichiarati). La gente non deve pensare che siano moventi economici a guidare le scelte dei governanti e delle grandi corporations. Non deve imparare a interpretarle in quella chiave.

Deve essere educata e indotta e sempre richiamata a interpretarli in chiave etica, affettiva, ideologica, religiosa (qualsiasi cosa tranne che il business) – come se fossero ispirati da sentimenti di solidarietà, di doverosità, di onorevolezza, di amicizia, di dignità, di devozione. Le figure di potere agiscono per il bene di coloro su cui hanno potere, secondo il modello genitori-figli. È ciò che dà loro autorevolezza e legittimazione. Nel farlo, rispettano e fanno rispettare le regole. Esse sono genuinamente interessate al rispetto delle regole e desiderano genuinamente punire chi le viola.

Inoltre, i loro atti mirano ad aumentare l’eguaglianza sociale, non mai ad aumentare le diseguaglianze (i vantaggi in termini di potere e di strumenti tecnologici) in favore dei governanti stessi. Soprattutto, non mirano mai a nascondere verità o informazioni né a mentire su di esse alla nazione. Chi pensasse diversamente, è come se pensasse tali cose dei propri amati genitori, è come se pensasse che il suo babbo volesse derubarlo e che la sua mamma si fosse sposata e stesse con lui solo per denaro; dovrebbe perciostesso vergognarsi e tacere, come farebbe uno che effettivamente avesse tali genitori.

In effetti, spiegare e spiegarsi una policy in termini eroici o etici o ideologici è molto più semplice, discorsivo, bello, emotivamente gratificante, che analizzarla in freddi termini economici, ricercando dati matematici, partecipazioni incrociate, informazioni scientifiche. Anche perché riportabile alle esperienze relazionali umane, familiari, della vita personale. E perché ci consente di “proiettare” meglio le nostre emozioni e motivazioni sugli atti e sulla vita di personaggi che pensano, decidono e agiscono in un contesto che, in fondo, la popolazione generale immagina senza poter conoscere, e che cerca di “tirar giù” nei propri schemi interpretativi.

Questo esempio mostra diversi strumenti all’opera:
• educazione al pensiero acritico e depistaggio dall’indagine di realtà;
• seduzione alla chiave interpretativa più facile, gratificante, espressiva, umanizzante, da applicarsi a processi molto più complessi e impersonali;
• evocazione di conflitti tra il contenuto demistificante della controinformazione e costrutti consolidati, affettivi, rassicuranti, integranti (con sé, con la società, con la famiglia), corroborati dall’agito abituale e collettivo, come quelli pertinenti alla famiglia, ai genitori, alla patria, alla lealtà;
• colpevolizzazione del prestar fede a chi tocca e “sporca” la consacrazione delle figure eroicizzate, santificate: genitori, presidente, pompieri (impegnatisi generosamente ma poco utilmente nelle Torri Gemelle, poi quasi tutti morti), dei militari morti come eroi in Afghanistan e Iraq, etc.;
• suggestione che, prestando fede alla versione divergente, ci si renda diversi e socialmente esposti ed evitati come traditori degli interessi nazionali o addirittura alleati de facto del nemico.

Questi strumenti, che già operano in via preventiva, possono essere facilmente convertiti e usati per il debunking, per far sentire il messaggio controinformante come a) inutilmente complesso, cervellotico, astruso, arido; b) delirante, del tipo “delirio di persecuzione” (che peraltro non può escludersi come possibilità), quindi malato, stupido, perdente; c) sporco, infame, proditorio, antisociale, contagioso, isolante. Forniremo quindi alla popolazione generale una versione che, anziché suscitare i conflitti di cui sopra, si allei e si rinforzi mutuamente con tutte le convinzioni e i valori consolidati, e che inoltre appaghi il bisogno incomprimibile dell’uomo comune di darsi sempre una spiegazione dei fatti, anche quando non è in grado di capirli e spiegarli.

L’uomo comune, non specificamente educato e formato, fa molta fatica a dire “so di non sapere”, “sospendo il giudizio”, “mancano dati”, “forse le cose stanno in questo modo, forse in un altro completamente diverso”. L’uomo comune individua subito il vero e il falso, il giusto e il torto, l’amico e il nemico.

Un’informazione culturalmente onesta, al contrario, frequentemente dichiara i propri limiti, i propri dubbi, i propri “non si sa”, la debolezza del proprio pensiero, la provvisorietà delle proprie verità. La mente pubblica vuole invece certezze e definitività. Respinge la sospensione del giudizio e la relatività del giudizio. Più i temi sono importanti ed emotigeni, più preferisce ed esige un’informazione culturalmente disonesta ed è attratta da chi offre certezze con linguaggio categorico e connotazioni morali.

Il debunker, come in generale l’esperto di propaganda e marketing, a differenza dell’uomo comune, è professionalmente al corrente di questa e di molte altre caratteristiche, di molti punti deboli, di molte fallacie tendenziali della mente umana; e adopera consapevolmente queste sue conoscenze per i fini dei suoi committenti: sa dove mettere le dita.

L’uomo si crede, perché così gli si insegna a pensarsi, di essere consapevole dei propri processi e fattori di interpretazione della realtà, di scelta dei valori, di presa delle decisioni. Non è così. Quei processi e quei fattori sono perlopiù inconsci. La manipolazione mentale, di cui il debunking è una forma, e la pubblicità commerciale un’altra, interviene su di essi e lo fa a livello inconscio per produrre i comportamenti desiderati, di adesione a valori, verità ufficiali, etc. L’uomo non sa a causa di che cosa comperi un prodotto di una certa marca o con un certo design, piuttosto che un altro. O perché voti per un certo candidato piuttosto che per un altro. Ma l’esperto di propaganda lo sa. (v. Clotaire Rapaille, Il codice nascosto, Nuovi Mondi Media, 2006): egli stesso ha congegnato quel fattore causale. Ha elaborato il design del PT Cruiser, ad esempio, perché esso corrisponde al codice culturale inconscio degli americani per “automobile”, e la domanda di PT Cruisers è subito balzata oltre la capacità produttiva della fabbrica.

Il debunker sa che tutti hanno emozioni e pensieri, alcuni pensano, pochi ragionano, pochissimi discernono quando stanno pensando razionalmente da quando stanno fantasticando o associando o vivendo stati emotivi; ancora meno ne tengono conto, nel senso di tener presente, agli effetti dell’aderenza alla realtà, che stanno vivendo un’idea come bella, buona, reale, rispondente ai loro bisogni (ad es., l’idea di un amore, o di un messaggio religioso), ma che tutto ciò non costituisce alcuna dimostrazione che quell’idea corrisponda alla realtà oggettiva, e che non è idoneo a supplire alla mancanza della prova oggettiva della verità di quell’idea. Sull’uomo comune quei vissuti soggettivi hanno l’efficacia di prova oggettiva; mentre l’idea di che cosa sia il dimostrare, e quindi il non dimostrare, non è realmente presente alla sua coscienza e attenzione.

Inoltre, quasi nessuno è conscio di come il suo stato di umore ed emotivo modifica la sua penetrabilità alla manipolazione, alla suggestione della propaganda. I venditori, i predicatori televisivi e i gestori dei culti organizzati che fanno proselitismo ne sono molto consci e ne fanno un uso massiccio. Sanno che, se si riesce a indurre un’elevazione del tono dell’umore, a creare un sentimento di giocosità, di rilassatezza, o di aspettative di successo, o di grazie divine, etc., sarà più facile indurre la persona comune a comperare, a firmare un contratto, ad accettare di condividere una fede e una pratica religiosa. Anche la stanchezza, il tedio, la paura attenuano le capacità critiche e le resistenze delle persone al condizionamento.

Insomma, il debunker sa che ciò che fa sì che una tesi faccia presa e sia vissuta come reale non è la sua dimostrabilità, ma la sua forza gratificatrice. La completezza del quadro probatorio, la rigorosità delle deduzioni logiche, la correttezza del loro concatenamento, le basi scientifiche e documentali sono secondarie. Anzi, spingere le persone ad eseguire un consapevole e critico esame di queste cose, comprendente il vaglio delle ipotesi alternative e degli indizi contrari (esame che invece costituisce il metodo professionale dell’operatore scientifico e del giudice) può essere controproducente, perché nella gente comune suscita noia, stanchezza o desta tendenze critiche latenti.

Perciò il debunker attacca la controinformazione con messaggi semplici, discorsivi, prevalentemente diretti al livello emotivo, con “ganci” diretti all’inconscio, piuttosto che con la logica e le dimostrazioni. Componenti, “spezzoni” di logica e di scientificità vengono inseriti, ma non come struttura portante, bensì per evocare una sensazione di razionalità scientifica del messaggio stesso, per dare un’impressione, una vernice di autorevolezza e oggettività – in funzione, ossia, di testimonials (come, nella réclame per un dentifricio, un riferimento ai dentisti del tipo “il più raccomandato dai dentisti”). Ovviamente, anche veri e propri testimonials possono essere impiegati.

Per contro, spesso questi messaggi mirano a screditare la fonte e l’autore della controinformazione sul piano morale o con insinuazioni di immoralità ideologica o di affiliazioni “appestanti” coi terroristi o coi nazisti o coi fascisti o coi comunisti – si pensi al debunking del revisionismo o del negazionismo.

Soprattutto, forse, il debunker tiene presente che, a sua volta, l’adesione popolare alla controinformazione è essa pure dovuta non tanto alla forza probatoria e logica degli argomenti dei controinformatori, ma a fattori emotivi: al gusto per la dietrologia, per il pettegolezzo, per lo smascheramento dei complotti. Il cittadino si sente, complessivamente, ingannato, disinformato, manipolato, sfruttato. Ma non ha gli strumenti per capire come, per uscire da questa situazione. Quindi è risentito, frustrato. Perciò è recettivo, bramoso di rivelazioni, di scandali, di controinformazione, di dietrologia. Di rivalsa. Offriamogli una bella teoria del complotto, più o meno dimostrata, più o meno vera, più o meno fantascientifica o magica, e avremo buone chances di far presa su questo o quel sottogruppo sociale.

Però questo meccanismo può anche essere rivolto dal debunker contro la controinformazione. Il medesimo gusto della controinformazione, dello smascheramento, dello sputtanamento, può essere provato anche a spese del controinformatore, quando si scopre che anch’egli è un mentitore, un manipolatore. Anche questa scoperta è gratificante. Ancor più se essa lo riconcilia col sistema, coi valori e le verità ufficiali, del mainstream, riportandolo “a casa”, “in famiglia”, “in patria”, dopo un’escursione proibita.

Smascherare lo smascheratore, sputtanare lo sputtanatore, è una dinamica che abbiamo visto all’opera anche durante Mani Pulite, una campagna di smascheramento della sporcizia e dell’illegalità dei politici, dalla quale però nacque una contro-campagna: Toghe Sporche. Alcuni magistrati-simbolo di Mani Pulite, e soprattutto il dr Antonio di Pietro, furono a loro volta indagati e inquisiti per gravi ipotesi di reato. Le loro vite, i loro vizi privati, furono esposti dai mass media e avidamente divorati dall’opinione pubblica. Anche se i magistrati inquisiti furono, più o meno credibilmente, assolti o prosciolti, l’indice di fiducia popolare nei magistrati crollò al 20% circa – un livello inferiore a quello che mediamente gli avvocati giudicano corrispondente alla realtà.

L’approdo estremo del debunking, che pare sia raggiunto in Italia, è quello di portare lo smascheramento degli smascheratori alle estreme conseguenze, ossia di portare l’opinione pubblica alla conclusione che tutto è marcio, tutti mentono, tutti ingannano, tutti fregano, tutti sono disonesti; che la verità non si potrà mai sapere; e che quindi è moralmente giustificato fare l’unica cosa razionale in un cosiffatto contesto, ossia arrangiarsi, infischiarsi di tutto e di tutti, fregare gli altri e la società ogniqualvolta sia possibile.

Questa idea, soprattutto in Italia dove vi è una cultura nazionale del chiagni (piangi) e fotti, specificamente predisponente, sia perché legittima la frode, l’immoralità, il menefreghismo; sia perché razionalizza la pigrizia mentale di chi non vuole impegnarsi nell’indagine della realtà e di sé stesso; sia e ancor più perché discolpa l’insuccesso: grazie ad essa, chi nella vita si sente fallito, trova una spiegazione attraverso una decolpevolizzazione propria e una colpevolizzazione degli altri. Forse anche un riscatto del proprio valore perduto: nel vittimismo.

http://www.nexusedizioni.it/it/CT/debun ... b2bf16c9f3

Re: Il Livello di Qualità dell'Informazione

30/07/2015, 22:37

Germania, processo per alto tradimento a due blogger: "Hanno rivelato informazioni riservate dei servizi segreti"

Negli anni Sessanta l'ultima volta in cui giornalisti sono stati denunciati per "tradimento della Patria". La reazione dei media contro il provvedimento
di ANDREA TARQUINI

30 luglio 2015

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Markus Beckedahl BERLINO - Indagine per alto tradimento, o meglio 'Vaterlandsverrat', tradimento della Patria come dice il codice tedesco. Per la prima volta dai lontani anni Sessanta quando il mitico direttore e fondatore di Der Spiegel andò in prigione per aver denunciato scandali e inefficienza nelle forze armate, l'accusa colpisce giornalisti in Germania. Gli indagati sono due noti blogger, Markus Beckedahl e Andre Meister, rispettivamente cofondatore e reporter del sito blog informativo Netzpolitik.org.

È un brutto segno per la libertà di stampa in Europa e in tutto il mondo libero, e a conforto dei sostenitori della libertà di stampa è almeno venuta ieri sera la pronta reazione, negativa e critica contro la magistratura, di tutti i media, a cominciare dalla tv pubblica. Ma il problema resta tutto in piedi.

L'accusa contro Beckedahl e Meister è di aver diffuso online informazioni ritenute streng gemei (in inglese strictly confidential, in italiano segrete) su indagini del Bundesamt fuer Verfassungsschutz, Ufficio federale per la difesa della Costituzione, cioè il servizio segreto interno, l'Aisi tedesca. Le indagini sono rivolte contro i due giornalisti ma anche "contro ignoti", cioè presumibilmente contro i loro possibili informatori nei servizi.

Il fatto più inquietante, forse, è il tema dei reportage dei due blogger che ha scatenato la reazione della magistratura: si tratta di un articolo uscito online in febbraio, intitolato 'pioggia segreta di denaro', in cui i due giornalisti blogger avevano indagato e riferito della sorveglianza massiccia e sistematica dell'Ufficio federale per la difesa della Costituzione sugli Uppdates, insomma generalmente sui contenuti di internet. E secondo ma non ultimo su un altro reportage, messo online in aprile, nel quale Beckedahl e Meister narravano del cosiddetto Geheime Referatsgruppe, cioè di un reparto supersegreto dei servizi d'intelligence interni tedeschi per la sorveglianza generale di tutto quanto appare, accade e viene scambiato in rete. Sono stati i vertici dei servizi a denunciare i due giornalisti, in una prassi assolutamente inedita e inquietante nella Bundesrepublik.

L'accusa di 'tradimento della Patria' significa il rischio di pene detentive in Germania. Accadde appunto decenni e decenni fa a Rudolf Augstein, il carismatico direttore del settimanale di Amburgo Der Spiegel, arrestato con un blitz in redazione nei primi anni Sessanta per una denuncia dell'allora potentissimo ministro della Difesa federale, il leader cattolico conservatore della Csu bavarese Franz Josef Strauss. Perché Der Spiegel aveva denunciato due scandali: gli Starfighter, i famigerati caccia Lockheed venduti dall'azienda Usa alla Nato (la Luftwaffe ne ebbe oltre trecento e ne perse oltre la metà in incidenti) che cadevano più spesso di volare. E la 'limitata capacità operativà generale della Bundeswehr, le forze armate federali. Alla fine Augstein fu assolto e divenne un eroe, quasi un Dreyfus tedesco del dopoguerra. Vedremo come andrà a finire questa volta. Ne va anche, in parte, dell'immagine della democrazia tedesca in Europa e nel mondo

Source: Germania, processo per alto tr...rvizi segreti" - Repubblica.it

Re: Il Livello di Qualità dell'Informazione

31/07/2015, 00:34

L'accusa di traditori della patria spetterebbe in realtà a tutti coloro che hanno fatto in modo di cedere la nostra sovranità e i nostri diritti a non meglio precisate strutture sovranazionali.

[:(!]

Il clima di questo nostro mondo pseudo libero somiglia sempre di più ai tristi regimi che pensavamo illudendoci fossero stati sconfitti...

Re: Il Livello di Qualità dell'Informazione

31/07/2015, 10:25

.. non si cambierà mai ...
1° si dimentica facilmente
2° ognuno pensa di essere migliore di quelli che hanno fatto errori nel passato

Per mascherare tutto hanno inventato la "privacy" e "l'accoglienza"; non esistono nessuna delle due, anzi! [8D]
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