Time zone: Europe/Rome [ ora legale ]




Apri un nuovo argomento Rispondi all’argomento  [ 1442 messaggi ]  Vai alla pagina Precedente  1 ... 46, 47, 48, 49, 50, 51, 52 ... 97  Prossimo
Autore Messaggio

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 10377
Iscritto il: 01/11/2011, 19:28
Località: Astana
 Oggetto del messaggio: Re: Il caso di Yara Gambirasio
MessaggioInviato: 24/09/2015, 22:03 
Yara, nuova rivelazione: "Ecco cosa stringeva in mano quando venne ritrovata"

Quando è morta Yara Gambirasio stringeva in una mano un ciuffo d'erba ancora radicato a terra: l'accusa ha sempre sostenuto che Yara morì proprio nel campo di Chignolo, dove è stata ritrovata

Immagine

Redazione 24 settembre 2015

Immagine
Libero continua a seguire il processo a Massimo Bossetti. Ieri sono emersi in aula particolari che possono aiutare a chiarire l'omicidio.

Quando è morta, Yara Gambirasio, stringeva in una mano un ciuffo d'erba ancora radicato a terra. Lo dice Michele Lorusso, il comandante dei Ros di Brescia chiamato a testimoniare, il 23 settembre.

Che cosa significa questo? Il particolare ricordato dal comandante potrebbe davvero essere un punto chiave per le indagini, soprattutto per l'accusa, che ha sempre sostenuto che Yara sia morta proprio nel campo di Chignolo, dove è stata ritrovata.

Di tutt'altro avviso la difesa di Bossetti, secondo cui Yara venne gettata solo in seguito in quel campo e lì, nei suoi ultimi attimi di vita, abbia stretto quel ciuffo d'erba.

I dubbi rimangono tanti e il processo continua, concentrandosi, ora, sulla pista informatica. Proprio nel computer di Bossetti, come è noto, sono stati trovati campi di ricerca come "sottomissione" o "ragazza nuda imbragata". Ma non si è potuto scavare più di tanto, perché sono stati usati ben tre programmi molto specifici per eliminare la memoria del computer. Così il recupero dei dati è stato difficilissimo, altra cosa che non depone a favore di Bossetti.

Source: Yara, nuova rivelazione: "Ecco...n mano quando venne ritrovata"



"sottomissione" o "ragazza nuda imbragata"

Siccome non è emersa violenza sessuale, allora si rigira la frittata su un assassino che si fà le seghe godendo alla vista di ragazze sottomesse,imbragate e nude.
Altra farsa i tre programmi molto specifici che avrebbero cancellato tutto, lasciando recuperabili solo quelle ricerche, ma che colpo di fortuna!!.
Ma alla fortuna bisogna anche dare una mano ed è stato il caso di mandare per email i ringraziamenti al titolare dell'Hacking Team.

sono stati trovati campi di ricerca come "sottomissione" o "ragazza nuda imbragata"

Ma poi se sono stati trovati quei campi di ricerca. che si decidano, o l'uno o l'altro.



_________________
“El saòn no’l sa gnente, l’inteligente el sa poco, l’ignorante el sa tanto, el mona el sa tuto!”
Top
 Profilo  
 

Grigio
Grigio

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 2731
Iscritto il: 17/01/2012, 17:31
Località:
 Oggetto del messaggio: Re: Il caso di Yara Gambirasio
MessaggioInviato: 25/09/2015, 15:58 
quelli di hacking team è emerso che con il loro programma poteva metterti dentro il pc qualunque cosa e quindi farti risultare maniaco, terrorista, pazzo, estremista ecc...


Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 10377
Iscritto il: 01/11/2011, 19:28
Località: Astana
 Oggetto del messaggio: Re: Il caso di Yara Gambirasio
MessaggioInviato: 26/09/2015, 19:54 
Ripropongo la mail chi vuol capire capisce [:)]

Hacking Team

Today, 8 July 2015, WikiLeaks releases more than 1 million searchable emails from the Italian surveillance malware vendor Hacking Team, which first came under international scrutiny after WikiLeaks publication of the SpyFiles. These internal emails show the inner workings of the controversial global surveillance industry.

Search the Hacking Team Archive

Re: Diamoci una pacca sulla spalla

Email-ID 64442
Date 2014-06-19 13:57:59 UTC
From m.chiodini@hackingteam.it
To a.ornaghi@hackingteam.it, a.scarafile@hackingteam.it, staff@hackingteam.com

[*]Email Body [*]Raw Email

per iOS ce’ gia'.
--
Massimo Chiodini
Senior Software Developer

Hacking Team
Milan Singapore Washington DC
www.hackingteam.com

email: m.chiodini@hackingteam.com
mobile: +39 3357710861
phone: +39 0229060603

On 19 Jun 2014, at 15:57, Alberto Ornaghi <a.ornaghi@hackingteam.it> wrote:
dovresti agganciarlo all'evento "on etilometro" :P
On Jun 19, 2014, at 15:14 , Alessandro Scarafile <a.scarafile@hackingteam.it> wrote:
Stiamo lavorando anche al modulo DNA?J --Alessandro ScarafileField Application Engineer Hacking TeamMilan Singapore Washington DCwww.hackingteam.com email: a.scarafile@hackingteam.commobile: +39 3386906194phone: +39 0229060603 Da: Marco Valleri [mailto:m.valleri@hackingteam.it]
Inviato: martedì 17 giugno 2014 12:20
A: staff@hackingteam.com
Oggetto: Diamoci una pacca sulla spalla I ROS ci hanno da poco contattato ringraziandoci per il prezioso contributo dato da HT e da RCS per la buona riuscita di una loro operazione.Chiunque abbia visto un TG ieri sera dovrebbe sapere di cosa parlo ;)
--
Marco Valleri
CTO

Hacking Team
Milan Singapore Washington DC
www.hackingteam.com

email: m.valleri@hackingteam.com
mobile: +39 3488261691
phone: +39 0229060603
<DNA.png>
--
Alberto Ornaghi
Software Architect

Hacking Team
Milan Singapore Washington DC
www.hackingteam.com
email: a.ornaghi@hackingteam.com
mobile: +39 3480115642office: +39 02 29060603

Source: WikiLeaks - The Hackingteam Archives



_________________
“El saòn no’l sa gnente, l’inteligente el sa poco, l’ignorante el sa tanto, el mona el sa tuto!”
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 10377
Iscritto il: 01/11/2011, 19:28
Località: Astana
 Oggetto del messaggio: Re: Il caso di Yara Gambirasio
MessaggioInviato: 04/10/2015, 14:22 
Massimo Bossetti, la caccia è iniziata nel 1719


E poi, dal banco dei testimoni, come un colpo di scena silenziato, con una frase in codice quasi criptata, arriva - per la prima volta in aula - l' ammissione di una notizia che circolava da mesi in modo carsico, o correndo sottotraccia, o affiorando di rimbalzo dalle perizie. Sta parlando l' ex capo della squadra mobile di Bergamo, Gianpaolo Bonafini. È il momento del controinterrogatorio degli avvocati di Bossetti, siamo nel primo pomeriggio di una giornata terribilmente lenta, tra i banchi del pubblico del tribunale di Bergamo qualcuno addirittura sonnecchia. Anche la domanda arriva un po' schermata, con calcolata furbizia processuale, in questa eterna partita tra accusa e difesa, dove nessuno dei duellanti vuole mai girare le proprie carte. L' avvocato Claudio Salvagni sta parlando d' altro, ma poi lascia cadere la domanda con apparente noncuranza: «E quindi ho capito bene quello che lei ha detto stamattina? L' esame del Dna di Ester Arzuffi, non era andato a buon fine?». Bonafini prende un respiro lungo, rallenta con perizia il ritmo spedito del suo eloquio precedente. E poi, misurando ogni sillaba, dice con termini quasi asettici: «Sì, è vero....
l' esame della traccia mitocondriale aveva dato esito negativo». Ovvero, tradotto in italiano: la polizia era già arrivata alla madre di Massimo Bossetti, ben due anni prima (!) dell' arresto del muratore di Mapello. L' aveva inserita in un gruppo di trentatré persone individuate sottoposte all' esame del Dna, con intuizioni investigative degne di un romanzo poliziesco.

Ma poi in laboratorio, per quanto possa sembrare incredibile (scopriremo presto per colpa di chi, forse dei carabinieri) erano arrivati i campioni sbagliati, e la donna non era stata individuata. Infatti il Dna della signora Ester non era stato confrontato con quello del sospettato, «Ignoto numero uno» (come era ovvio fare) ma con quello della madre di Yara (che nulla aveva a che vedere con lei).

Tra cronisti e giornalisti era già noto, certo: ma sentirlo ripetere nel processo, in questo modo diagonale, fa impressione, soprattutto al termine di un interrogatorio avvincente, che a tratti sembra una lezione di criminologia del terzo millennio. Guardo per un attimo l' ex capo della Squadra mobile di Bergamo, ora a Venezia, seduto davanti alla Corte. Bonafini ha un bel viso regolare, dimostra meno di quarant' anni, ha un filo di barba perfettamente curata, veste di grigio, ha una cravatta blu con pallini bianchi, mani veloci, all' occorrenza le lascia pescare tra i faldoni che squaderna davanti a se, come un pianista che le fa correre sulla tastiera. Come un concertista esperto che non ha bisogno di controllare lo spartito, Bonafini non guarda mai in basso. Si sta parlando di un fascicolo, per esempio, e la presidente lo sventola: «Le serve la sigla?». E lui, senza abbassare lo sguardo alza la mano stringendolo tra le dita: «Grazie ma l' ho già trovato».

In una giornata in cui non ci sono apparenti colpi di scena, dentro le architetture squadrate di acciaio e vetro del nuovo tribunale, si può restare per un attimo incantati di fronte a questo paradosso. Individuare il filo tenace e certosino di una indagine che a tratti assomiglia ad un censimento sociologico, intravedere il disegno imponente e ambizioso degli investigatori, capire la cura attenta e maniacale dei dettagli. Ma poi rimanere di stucco di fronte a questa constatazione: avevano in mano Ester Arzuffi due anni prima dell' arresto di Bossetti, ma non si erano accorti che era proprio lei la donna che stavano cercando ovunque.

Questa prima ricerca ieri, nel racconto di Bonafini, ha anche trovato una data esatta: «Seguendo il filo logico della nostra inchiesta eravamo arrivati ad isolare un gruppo di trentatré soggetti emigrati negli anni dalla zona della Val Seriana a quella dell' Isola di Bergamo. Ester Arfuffi aveva preso residenza nel 1966 a Parre, e nel 1969 a Brembate, e quindi rientrava pienamente in questi criteri. Abbiamo prelevato il suo campione il 27 luglio del 2012». Ma come si era arrivati a quel gruppo? Anche quello che pensavamo di sapere già, difronte al racconto dell' ex capo delle indagini di Polizia quasi impallidisce.

Bonafini ripercorre l' incredibile mole di ipotesi e di tentativi, i numeri davvero impressionanti di questo censimento poliziesco. Ad esempio: «Uno dei primi numeri con cui ci siamo confrontati è quello degli iscritti alla discoteca Sabbie Mobili». È il primo bandolo dell' indagine, il locale che sta di fronte al campo dove è stato trovato il cadavere: «Si trattava di 31.926 nominativi, una cifra da capogiro, per provare a controllarli tutti. Dovevamo restringere il campo». Come? «Abbiamo isolato i campi di indagine. Ad esempio prendendo tutti quelli che avevano i telefonini accesi tra le 17.30 e le 18.55,nelle celle telefoniche della zona dove è scomparsa Yara». Quanti? «120mila». E poi? «Tutti quelli che erano nelle liste dei telefoni captati dalle celle e che avevano anche la tessera delle Sabbie Mobili». In questo modo quanti se ne selezionano? «Altri 6mila soggetti». E poi quelli con precedenti penali per reati sessuali (provate a indovinare? Ben 47!). «Oppure - continua Bonafini - cercando, con l' incrocio dei database, tutti quelli che abitavano a Brembate di sopra». E così «si arriva ad altri 476 nomi». Intuizione giusta, perché fra questi nomi c' è quello di Damiano Guerinoni, il ragazzo che è nipote del padre naturale di Bossetti, l' autista Damiano Guerinoni. Ma per poter risalire, da lui fino a quello zio, si deve imbastire una indagine nell' indagine, quasi una ricerca genealogica.

Spiega ancora Bonafini: «Siamo partiti da lontano....». Dice il poliziotto. «E cioè?», chiede la presidente. Risposta: «Da Batta, cioè Battista Guerinoni, il capostipite della famiglia, nato nel 1719». Per quanto possa sembrare strano, per la seconda volta, in questo incredibile processo, in aula si ride. Ma Bonafini sembra uno specialista in Araldica e snocciola nomi e date: «Siamo scesi dritti lungo l' albero genealogico a Fantino Guerinoni nato nel 1751. Poi a Girolamo nato nel 1788... Poi a Gioangelo nato nel 1905 e Giogaetano nato nel 1912 ...». Guardo per un attimo il viso allibito di Bossetti: sta scoprendo per la prima volta l' elenco dei suoi trisavoli. Giuseppe Guerinoni autista è del 1935. Ha lo stesso aplotipo Y del ragazzo Damiano, ma nessuno - all' epoca - ha il suo Dna completo.

Apprendiamo da Bonafini che prima questo Dna è stato prima ricostruito desumendolo in laboratorio da quello dei figli legittimi, poi da due cartoline miracolosamente conservate dalla figlia Daniela, che il papà le aveva inviato da Salice Terme (lasciando tracce del suo dna salivale sui francobolli che aveva leccato nel lontano 1980). «Poi una seconda conferma arriva dalla marca da bollo staccata da una patente conservata dal figlio Pierpaolo, e infine dal Dna viene definitivamente confermato - spiega Bonafini - con la riesumazione, a nostro parere nemmeno opportuna della salma». Avevano il padre, ma come è noto mancava il Dna del figlio.

«Allora, per non lasciare nulla al caso - spiega l' ex capo della mobile mentre sale un brusio di stupore - abbiamo cercato tutti i Guerinoni dell' isola bergamasca, tutti quelli dei dodici nuclei familiari Guerinoni censiti, tutti i Guerinoni di tutti i paesi della provincia, tutti i Guerinoni che possedevano un furgone o una utenza telefonica che fosse accesa il giorno della scomparsa». Ma anche in quel caso non trovano nessuno: «Così ci mettiamo a cercare un figlio naturale, illegittimo, o non riconosciuto». E, contemporaneamente, tutte le donne che potrebbero avuto a che fare con Damiano Guerinoni. Ovvero: «Tutte le donne nate dopo il 1938, e tutte quelle che risulta avere incontrato dopo il 1952». Mormorio. «Perché proprio quella data?», chiede l' avvocato Camporini. Altra risposta sicura, altra risata in aula: «Abbiamo immaginato che partisse da 17 anni la.... data della potenziale fertilità».

Vengono sottoposte a tampone tutte le donne che nelle due valli frequentate da Guerinoni nella sua vita hanno lavorato, fatto le cameriere nei bar, servito nei night club, tutte le donne di Salice Terme in quella fascia di età, persino chi ha esercitato la nobile arte della prostituzione. E intanto si scandagliano anche tutti gli ex bambini nati tra il 1953 e il 1975 tra Isola bergamasca e Val Brembana. Quanti? Di nuovo le mani del pianista corrono tra i faldoni: «Per l' esattezza 1715 persone». Il raggio della ricerca delle potenziali parenti si estende fino a 28 comuni.

«Poi ci si concentra su 539 soggetti, 252 maschi, 287 femmine nati tra il 1920 e il 1970 e emigrati fuori. Testavamo il Dna mitocondriale - spiega Bonafini - cercavamo la linea di discendenza matrilineare». E così che si era arrivati, scrematura dopo scrematura, ai famosi «33 soggetti emigranti verso Brembate», è così che, nel 2012, avevano già rintracciato l' ago sottile di Ester nello sterminato pagliaio della bergamasca.

Solo che chi deve mandare il campione del mitocondriale di Ignoto numero uno al laboratorio si sbaglia. Incredibile ma vero. La provincia stratigrafata, prima con le anagrafi, poi con i tabulati delle compagnie di telefonia mobile, in una folle corsa contro il tempo. Perché una volta individuati i nomi, ci voleva tempo per acquisirli, e bisognava far presto «perché sapevano che dopo due anni i tabulati sarebbero stati cancellati». Quanti ne avete esaminati, alla fine? «Tantissimi. Più di 17mila. Non era mai accaduto che le compagnie telefoniche facessero ricerche di quel tipo, è stata la prima volta», spiega Bonafini. Già: ma dopo questo processo, capiterà sempre. Esco dal Tribunale sempre più convinto che - nel bene e nel male - questo processo cambierà il modo di indagare, di giudicare, e persino qualcosa delle nostre frenetiche vite.

di Luca Telese

Source: Massimo Bossetti, la caccia è...9 - Italia - Libero Quotidiano



_________________
“El saòn no’l sa gnente, l’inteligente el sa poco, l’ignorante el sa tanto, el mona el sa tuto!”
Top
 Profilo  
 

Grigio
Grigio

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 2780
Iscritto il: 13/11/2009, 23:29
Località: Palermo
 Oggetto del messaggio: Re: Il caso di Yara Gambirasio
MessaggioInviato: 07/10/2015, 12:27 
Yara, immagini choc al processo: i giudici
fanno uscire il pubblico dall'aula


Immagini forti al processo per l'omicidio di Yara Gambarasio. Durante la deposizione dell'anatomopatologa Cristina Cattaneo, i giudici della corte d'assise di Bergamo hanno deciso di far uscire il pubblico dall'aula, a causa delle diapositive sul ritrovamento del corpo della 13enne di Brembate. Questo per la «tutela dell'immagine» della giovane vittima.

A chiedere che l'udienza si svolgesse a porte chiuse sono stati gli avvocati di parte civile della famiglia Gambirasio e sia il pm Letizia Ruggeri sia i difensori di Massimo Bossetti si sono rimessi alla decisione dei legali dei Gambirasio. Il presidente, Antonella Bertoja, ha quindi disposto che in aula possano rimanere solo le parti e i giornalisti. Sin dall'inizio del processo non sono state ammesse in aula telecamere né altri mezzi che possano riprendere o fotografare lo svolgimento dell'udienza.

AGGREDITA E MORTA SUL CAMPO

Vi sono numerosi elementi che derivano dalla biologia, dalla botanica e dell'entomologia che autorizzano a ritenere che Yara Gambirasio sia stata aggredita e sia morta nel campo di Chignolo d'Isola in cui fu ritrovata il 26 febbraio 2011, a tre mesi della sua scomparsa: lo ha spiegato in aula l'anatomopatologa Cristina Cattaneo, consulente della Procura che eseguì l'ispezione esterna e poi l'autopsia sul corpo della 13enne.

http://www.leggo.it


Top
 Profilo  
 

Grigio
Grigio

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 2731
Iscritto il: 17/01/2012, 17:31
Località:
 Oggetto del messaggio: Re: Il caso di Yara Gambirasio
MessaggioInviato: 07/10/2015, 18:03 
l'intercettazione al walkie tokie casuale fatta da una signora anziana hanno già liquidato il tutto?


Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 10377
Iscritto il: 01/11/2011, 19:28
Località: Astana
 Oggetto del messaggio: Re: Il caso di Yara Gambirasio
MessaggioInviato: 07/10/2015, 22:27 
nemesis-gt ha scritto:

AGGREDITA E MORTA SUL CAMPO

Vi sono numerosi elementi che derivano dalla biologia, dalla botanica e dell'entomologia che autorizzano a ritenere che Yara Gambirasio sia stata aggredita e sia morta nel campo di Chignolo d'Isola in cui fu ritrovata il 26 febbraio 2011, a tre mesi della sua scomparsa: lo ha spiegato in aula l'anatomopatologa Cristina Cattaneo, consulente della Procura che eseguì l'ispezione esterna e poi l'autopsia sul corpo della 13enne.

http://www.leggo.it


Adattano i fatti per sostenere l'assurda ricostruzione della Letizia.

Era il mese di aprile 2011
Una delle ipotesi emerse in queste ultime ore è che la 13enne, contrariamente a quanto rivelato nelle settimane precedenti, sia stata uccisa in un luogo diverso da quello del ritrovamento.

Ad affermarlo è la stessa Cattaneo che avrebbe ritrovato sul corpo della giovane tracce di terriccio incompatibili con quello di Chignolo.



_________________
“El saòn no’l sa gnente, l’inteligente el sa poco, l’ignorante el sa tanto, el mona el sa tuto!”
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 10377
Iscritto il: 01/11/2011, 19:28
Località: Astana
 Oggetto del messaggio: Re: Il caso di Yara Gambirasio
MessaggioInviato: 07/10/2015, 22:30 
xfabiox ha scritto:
l'intercettazione al walkie tokie casuale fatta da una signora anziana hanno già liquidato il tutto?


Ne hanno liquidate parecchie di cose e testimonianze.



_________________
“El saòn no’l sa gnente, l’inteligente el sa poco, l’ignorante el sa tanto, el mona el sa tuto!”
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 10377
Iscritto il: 01/11/2011, 19:28
Località: Astana
 Oggetto del messaggio: Re: Il caso di Yara Gambirasio
MessaggioInviato: 07/10/2015, 22:33 
Altra cosa emersa al processo:

Telecamera sulla tomba di Yara per tre anni. Le riprese: Bossetti non è mai stato al cimitero



_________________
“El saòn no’l sa gnente, l’inteligente el sa poco, l’ignorante el sa tanto, el mona el sa tuto!”
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 10377
Iscritto il: 01/11/2011, 19:28
Località: Astana
 Oggetto del messaggio: Re: Il caso di Yara Gambirasio
MessaggioInviato: 10/10/2015, 14:14 
Al processo di ieri:

Scontro in aula tra la pm
e la consulente di Bossetti:
«Yara portata dopo nel campo»


Battibecco acceso tra il medico legale Dalila Ranalletta (del pool difensivo) e il pubblico ministero Letizia Ruggeri, che chiede: «Ma quali sono le sue competenze?»

Source: Scontro in aula tra la pm e la...dopo nel campo» - Corriere.it


Ancora una volta la Letizia non si smentisce. Come spesso accade nei forum e nei blogs si passa ad attacchi personali contro chi ha diverse opinioni.


Aggiungo anche che in merito all'erba tra le mani di Yara, nell'udienza del 2 ottobre ......


IL RITROVAMENTO - Il sostituto commissario Dario Redaelli, del gabinetto regionale di polizia scientifica di Milano, ebbe l'impressione che Yara, quando fu trovata morta, stringesse «nel pugno destro dell'erba ancora attaccata a terra». Il funzionario di polizia, che intervenne il 26 febbraio 2011 nel campo di Chignolo d'Isola, ricostruendo le operazioni per 'congelarè la scena del delitto, ha confermato quanto dichiarato, l'udienza scorsa, dall'ex comandante del Ros di Brescia, ora a Torino, Michele Lorusso, sul fatto che la ragazzina stringesse dell'erba ancora radicata al terreno. Una circostanza, questa, che confligge con l'ipotesi, più volte avanzata dalla difesa di Massimo Bossetti, secondo la quale la ragazza potrebbe essere stata uccisa altrove e poi portata successivamente nel campo. «Vedremo dalle immagini - hanno detto gli avvocati di Bossetti Claudio Salvagni e Paolo Camporini - che non è così. Quella del funzionario era solo un'impressione». Redaelli, in aula, ha ricostruito nel dettaglio le operazioni con cui fu delimitata la zona entro la quale furono cercati i reperti (13 oggetti in un'area di circa 7mila metri). Operazioni che durarono dalle 17.20 del 26 febbraio fino alle 18 del giorno dopo, interrotte solamente per l'ispezione del cadavere che fu esclusivo compito del medico legale e dei suoi assistenti, l'anatomopatologo Cristina Cattaneo che deporrà nella prossima udienza, il 7 ottobre. «Tutto il personale della polizia scientifica - ha detto Redaelli - fu 'tipizzato'», nel senso che fu prelevato a tutti gli agenti il Dna.

Source: Processo Bossetti, la polizia:...ilano, notizie della Lombardia


Ma come si fà ad affermare che Yara è morta in quel campo basandosi su una impressione?



_________________
“El saòn no’l sa gnente, l’inteligente el sa poco, l’ignorante el sa tanto, el mona el sa tuto!”
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 10377
Iscritto il: 01/11/2011, 19:28
Località: Astana
 Oggetto del messaggio: Re: Il caso di Yara Gambirasio
MessaggioInviato: 11/10/2015, 15:58 
Yara, scontro in aula tra il pm e la perita della difesa

Immagine


«Lei ha dei problemi con i tribunali?». «Nessun problema».
«Lavora per l' Asl, ma quali sono le sue reali competenze?».
«Se le interessa ho lavorato su circa 2.500 cadaveri nella mia vita». «Lei si occupa di medicina legale previdenziale?». «Sì, ma ho sempre fatto il medico legale autoptico».

Tribunale di Bergamo, ore 12.00 e un pugno di minuti che corrono, rumore di vetri infranti, cortesia formale e scintille di odio. La Pm ha appena dato alla perita della difesa della "Parafangara": quel "previdenziale", cioè, vuol dire che si occupa di incidenti d' auto. Non so se riuscite a immaginare l' asettica e chirurgica ferocia, la spietatezza di un duello tra donne che avvampa come una fiammata di acetilene compresso dentro la liturgia severa, e apparentemente ignifuga, del processo penale. Bene, non basta. Era più che un duello, quello che si è celebrato nell' aula: uno scontro antropologico, un corpo a corpo di sciabola e fioretto, combattuto - però - con le lame intinte nel curaro.

La prima spadaccina, la Pm Letizia Ruggeri, ve l' ho già raccontata. Volto affilato, capelli ricci, occhi come due tizzoni neri e cipiglio da maestra severa. Una donna tutta casual che arriva sempre in Tribunale con un sorriso furbo apparecchiato sul viso, i pantaloni corti da marinaretto che mostrano i polpacci, e la toga infilata in una busta plasticata (quelle che al supermercato un euro): solennità e anticonformismo in un incarto spesa e frullate con ritmo rock. La Ruggeri finì sui giornali per essere arrivata in carcere, per gli interrogatori, a bordo di una rombante Honda.

Immagine

La seconda duellante, invece, esordiva come perita della difesa, ma è nota al pubblico televisivo per la sua carriera, costellata di processi importanti. Eppure Dalila Ranalletta non potrebbe essere più lontana dalla Ruggeri. Bonaria e imperturbabile, una voce profonda al punto da sembrare radiofonica, un sorriso tanto serafico da sembrare ineffabile, capelli corti e bruni, una che guarda le giurie e le ipnotizza, tende a prenderle per mano, con la dolcezza di una pedagoga da scuola primaria. Collocate la prima sul banco dell' accusa, la seconda su quello dei testimoni, immaginate che fino a quel momento i taccuini dei cronisti erano candidi come lenzuola, e poi assistete a questa deflagrazione come quando dopo il silenzio del buio i fuochi d' artificio iniziano a infiammare i cieli delle sagre di paese con luci e detonazioni: - «Lei ha lavorato come consulente per il Tribunale di Viterbo?», chiede la Ruggeri.
- «Sì», risponde pacata la Ranalletta.
- (Affondo) «Mi conferma che ha avuto problemi?».
- (Pausa) «No, nessun problema».
- «Mi conferma che la commissione Antimafia ha avuto dei problemi con lei?», chiede ancora la Pm.
- «Assolutamente no», risponde la Ranalletta.
- «Lei non ricorda che una sua perizia è stata definita negligente e insufficiente? E...».

E a questo punto si vede l' avvocato di Bossetti, Paolo Camporini che fa quasi un salto sul banco, assume una colorazione rosso gambero, e si mette letteralmente a gridare: «Mi oppongo! Signor giudice mi oppongo!». La Pm continua: «Negligente e insufficiente...». Camporini è esterrefatto: «Ma tutto questo è inaccettabile! Inaccettabile signor giudice!». L' avvocato aggiunto allarga le braccia e si gira verso la presidente. I giurati, imbanditi nelle loro sfavillanti fasce tricolore, girano la testa da un capo all' altro come se seguissero una partita di ping pong. Lei, la perita accolta dal fuoco di contraerea dell' accusa, guarda solo la Ruggeri, sempre apparentemente serafica, anche se dovrebbe essere furibonda. Però mostra le unghie lanciando una stoccata alla principale perita dell' accusa, à la guerre comme à la guerre: «Ripeto: non ho nessun problema con nessuna procura. Ma se lei è appassionata ai contenziosi giudiziari le chiederei qualcosa sull' autopsia della Cattaneo sul caso Cucchi...». La Ruggeri, granitica: «Non ha problemi?». La Ranalletta, con un filo di rabbia che si insinua nella sua voce: «Se lei riporta dei giudizi offensivi farò partire denunce per diffamazione». Camporini, gridando: «Se tutto questo viene tollerato chiederò di acquisire quell' autopsia!!!». Ed è a questo punto che la presidente della corte, Antonella Bertoja, suona il gong e ferma la Pm: «Nei fatti che stiamo citando non c' è nessuna rilevanza ai fine del processo».

Se ci fosse la diretta televisiva sarebbe un fermo immagine spettacolare. I capelli biondi e il tono elegante della Bertoja, il sorriso della Ranalletta, che ora pare scolpito. I ricci elettrizzati della Ruggeri, che per un attimo si ferma. Bisogna solo aggiungere rudimenti di anatomia, botanica, entomologia, un pugno di dettagli raccapriccianti dal film horror, foto dell' autopsia e del cadavere che hanno costretto la Bertoja a far uscire il pubblico, per capire come mai sembra improvvisamente di essersi infilati dentro il copione de Il silenzio degli innocenti, per spiegare come mai tutto questo era maledettamente importante per stabile cosa sia veramente accaduto a Yara.
E dire che, dopo cinque udienze, doveva essere una giornata tranquilla. Nessun testimone. Nessun poliziotto. Nessun parente. Nulla di rilevante nella lista audizioni, e addirittura il supertecnico delle celle telefoniche che salta. Insomma, venerdì, guardando l' ordine del giorno del processo, tutti pensavano: «Non accadrà nulla». La Ranaletta aveva già parlato in apertura, convocata dagli avvocati della difesa. Claudio Salvagni e Paolo Camporini facevano testimoniare la loro esperta, con tono apparentemente piano. Eppure qualcosa faceva preoccupare la Ruggeri, che intuiva subito quello che agli altri in aula non era chiaro. L' esperta di anatomopatologia, infatti, introduce un termine specialistico che per i più suona ostrogoto: corificazione: «Vuole spiegare cosa significa questa parola?». La Ranalletta è paziente, chiara, quasi didascalica: «Si tratta di una particolare forma di decomposizione del cadavere. L' epidermide assume la consistenza del cuoio...». Ma mentre la spiegazione prosegue, la Ruggeri intuisce tutte le conseguenze. Infatti la Ranalletta spiega che la corificazione si produce in condizioni climatiche particolari, al chiuso, e poi aggiunge che i campioni di piante trovati sul corpo - in particolare il filo di erba e una foglia - possono appartenere al campo di Chignolo ma anche ad un altro, quindi si dedica alla datazione e aggiunge che ciò che la rende certa è il processo digestivo della vittima, ma subito dopo spiega che non si sa cosa abbia mangiato esattamente Yara - la testimonianza della madre era discordante con i primi referti - e infine si dedica alle ferite, spiegando che non possono essere state inferte alla ragazza con i vestiti indosso. In meno di mezz' ora, con questa lezione apparentemente serafica, La Ranalletta ha demolito tre pilastri del teorema accusatorio: Yara potrebbe essere morta molto più tardi delle 20.00, ma anche delle 24.00, potrebbe essere stata uccisa e conservata in un altro luogo, con un clima diverso dal campo, è stata svestita e rivestita.

Gli avvocati della difesa finiscono, si va in pausa, i dubbi iniziano a materializzarsi, davanti agli occhi della giuria, con un ritmo ipnotico, ma costante, in un alternarsi ritmato di scienza e didattica. La perita sta modellando la perizia della Cattaneo, fino a quel momento pilastro dell' accusa, come una vaso di creta al tornio: «Sono d' accordo con lei quando vi dice: "Io non ve lo so dire..."». La Ruggeri mostra notevole prontezza di riflessi, e grande capacità di intuire il pericolo: le stanno sbullonando il processo. Ed è così che quando alle 12.00 si riprende rovescia sull' anatomopatologa il suo possente fuoco di contraerea. È asciutta, dura, algida ma impeccabile: «Lei è una botanica?». E poi: «Lei ha una cattedra?». E poi: «Lei ha competenze tossicologiche?». Ancora Camporini: «Ma basta! questo non è un processo alla consulente!».
Sta di fatto che, quando apparentemente si parla dei succhi gastrici di Yara, in realtà la Ranalletta sta combattendo sull' ora del decesso: «Come fa a dire che non c' è azione combinata di freddo e acetone?». Sottotitolo: tu non ne capisci nulla. La Ruggeri va all' attacco: «Lei dice che aveva molto liquido acido nello stomaco?». La perita: «Si parla di 30-40 centilitri» La Pm: «E come fa a dirlo?». La Ranalletta stavolta esibisce un sorriso trionfante: «Lo dice la perizia!». Ancora la Ruggeri: «Ma come fa a dire che il decesso si colloca in un' ora diversa da quella di cui parliamo?». La Ranalletta: «Lo dice la perizia della Cattaneo».
Adesso, nell' aula, il gioco è chiaro a tutti: la Ranalletta, evitato l' affondo mortale, sta girando le carte che la mattina aveva calato coperte. Tutte le sue tesi le sostiene usando il documento principale dell' accusa, la perizia della Cattaneo (che fra l' altro è presente). Il segnale che l' accusa incassa il colpo è l' entrata in scena della Bertoja, e una sua battuta, che arriva come un sigillo sulle tesi della Ranalletta: «Non ci cono contraddizioni con quanto afferma la Cattaneo».

Adesso i fendenti volano, è la Ranalletta ad attaccare, spiegando che la fibra vegetale che era nella mano di Yara è molto comune: «Questa mattina ho visto quella stessa erba nei prati vicino al mio albergo». La Ruggeri: «Nel mio giardino non c' è!». La Ranalletta sgrana il suo sorriso, e assesta il colpo: «Se avessi trovato un' orchidea sudrafricana sarebbe stato significativo... In questo caso no». La Pm chiede: «Ma allora come si spiega il materiale botanico nella mano della vittima? È anche in quel campo». La perita per la prima volta alza la voce: «Io un' idea ce l' ho! Il cadavere è stato buttato lì!».
Spostate lo sguardo, per un attimo, su Bossetti. Muto, impassibile. Ha visto tutti i reperti fotografici senza mostrare un solo filo di emozione. Unico dettaglio: ha smesso di masticare il chewin gum. Orco o innocente, di certo un enigma. Si combatte sui vestiti, e stavolta la Ruggeri si lascia prendere dalla rabbia: «Lei dice che il taglio lungo il leggins è lungo 25 millimetri. Ma sa quanti sono 25 millimetri!?». La perita, prende una pausa, e poi sospira con perfido candore: «Sì: sono due centimetri e e mezzo». Il pubblico rumoreggia. «Ma dove lo vede?», dice la Pm. Di nuovo la Ranalletta recita la parte della professoressa preparata che riprende la studentessa distratta: «Lo trova a pagina 168 della relazione». Quando si parla dei famosi leggins la Ranalletta prende due fogli per dimostrare che non possono corrispondere: «Non è uguale!», sussurra la sostituta alla Bertoja. Come dire: «Ha ragione».
Ma il colpo definitivo, per l' accusa, arriva dalla presidente, con una domanda che contiene già un rimprovero: «L' accertamento dell' infiltrazione ematica nel suolo avrebbe aiutato a stabilire il ruolo della morte?». Non è ostrogoto nemmeno stavolta, ma un boomerang che volteggiava in cielo dall' altra udienza, perché nei processi accade anche questo. Durante la deposizione della Cattaneo era emerso che non erano stati fatti rilievi sul sangue sotto il corpo. A lei non spettava, a chi spettava? Non importa più, non è stato fatto, e la responsabilità è di chi conduceva le indagini, cioè la Ruggeri. La Ranalletta lo sa, ed è spietata: «Se non avessimo trovato sangue si sarebbe potuto sicuramente dire che il corpo è stato portato». La Ruggeri ha una buona idea.
Riporta sul banco dei testimoni la Cattaneo. Ma la luminare - a parte uno spiraglio sulla corificazone - non può che confermare che tutti gli elementi della Ranalletta sono contenuti nella sua perizia. Quindi il colpo di scena ha funzionato: se l' ora slitta, non può essere stato Bossetti, che secondo i carabinieri alle 19.52 era già a Brembate. E se Yara non è stata uccisa a Chignolo non è stato il muratore, che secondo la polizia non aveva un luogo dove tenerla e ha agito per un raptus. L' udienza è finita, la folla sciama. Se questa battaglia si combatte sul corpo, cosa potrà accadere quando si parlerà del Dna?


11 ottobre 2015
LUCA TELESE

Source: Yara, scontro in aula tra il p...a - Italia - Libero Quotidiano


Spettacolare la lettura di Telese [:)]

Mi sono preso la licenza di sostituire la prima immagine di Bossetti con quella della Letizia e di inserirne un'altra tra le righe.



_________________
“El saòn no’l sa gnente, l’inteligente el sa poco, l’ignorante el sa tanto, el mona el sa tuto!”
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 10377
Iscritto il: 01/11/2011, 19:28
Località: Astana
 Oggetto del messaggio: Re: Il caso di Yara Gambirasio
MessaggioInviato: 17/10/2015, 21:03 
16 OTTOBRE 2015
Immagine

Yara, la difesa: "I cellulari di Bossetti e della vittima mai insieme"
Al processo a Massimo Giuseppe Bossetti, accusato dell'omicidio di Yara Gambirasio, è stato sentito in aula in qualità di teste il maresciallo Gatti dei Ros di Brescia, che si occupò durante le indagini di esaminare le celle telefoniche agganciate dai telefoni della 13enne e del muratore di Mapello. "I dati analizzati dai Carabinieri dimostrano che i due non hanno mai avuto contatti, nemmeno indiretti e che si trovavano in posti differenti" ha sottolineato il consulente informatico della difesa, Giuseppe Dezzan
LEGGI SU REPUBBLICA.IT


Immagine Preoccupante... vero Letizia ?



_________________
“El saòn no’l sa gnente, l’inteligente el sa poco, l’ignorante el sa tanto, el mona el sa tuto!”
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 10377
Iscritto il: 01/11/2011, 19:28
Località: Astana
 Oggetto del messaggio: Re: Il caso di Yara Gambirasio
MessaggioInviato: 18/10/2015, 15:30 
Al processo contro bossetti si scopre che le celle telefoniche non sono una scienza esatta

Immagine
18 ott 2015 13:06 1.AL PROCESSO PER LA MORTE DI YARA SI SCOPRE CHE QUELLA DELLE CELLE CHE AGGIANCIANO I TELEFONINI NON È UNA SCIENZA ESATTA. IL CONSULENTE DELL’ACCUSA COSTRETTO AD AMMETTERE CHE SE C’È TRAFFICO, O CONDIZIONI CLIMATICHE PARTICOLARI, UN TELEFONINO PUÒ SPOSTARSI SU UN’ALTRA CELLA. E MANDARE TOTALMENTE FUORI STRADA LE INDAGINI
2. NON SOLO, MA UNA CELLA COPRE UN RAGGIO ANCHE SUPERIORE AI 20 CHILOMETRI. QUESTO SIGNIFICA CHE SUGLI SPOSTAMENTI DI BOSSETTI NON C’È ALCUNA CERTEZZA “SCIENTIFICA”
3. IL CELLULARE DEL MURATORE DI MAPELLO POTEVA CONTEMPORANEAMENTE AGGANCIARE LA STESSA CELLA DI YARA, LA SERA IN CUI SCOMPARVE, MA ANCHE QUELLA DI CASA PROPRIA. VUOL DIRE CHE POTEVA ESSERE VICINO ALLA PALESTRA, COME A CASA SUA A FALCIARE IL PRATO…


________________________________________________________________________________________________________________________



Luca Telese per “Libero Quotidiano

Immagine
«Presidente! Presidente!».

Ormai sto imparando a riconoscere i momenti in cui in questo processo la Pm Letizia Ruggeri sta per muovere guerra. Accade in ogni udienza, all' improvviso, in modo sempre imprevedibile. Ma accade sempre.

Succede proprio quando il dibattito sembra avvolgersi nel più sonnolento e ovattato dei ritmi tribunalizi. La Ruggeri si accende, si innesca come un ordigno a comando remoto. Ad un tratto alza la testa come un predatore che punta la preda, si aggiusta la toga, come un moschettiere con il suo mantello. Da dietro vedi i riccioli che iniziano ad ondeggiare mentre fa No-No con la testa, ed è come un segnale, il drappo di una bandiera di guerra che inizia a sventolare.

Poi il pubblico ministero prende un respiro, alza la tonalità della voce di un semitono. E infine inizia a caricare a testa bassa contro uomini, avvocati e cose senza risparmiare nulla e nessuno. In questo periodo, il predatore d' aula predilige la caccia ai consulenti della difesa.



Immagine
Presidente, cosa è quella roba!?».

La Ruggeri sta indicando il monitor dell' aula con una smorfia di disgusto dipinta sul viso, i riccioli già vibrano: ed ecco cosa succede al malcapitato consulente della difesa, Giuseppe Dezzani, reo di aver predisposto e fatto proiettare alla giuria, senza il suo consenso, una mappa della bergamasca che serve a capire dove e come agganciano le famose celle telefoniche che monitorano segretamente le nostre vite.

Io, preso dalla suggestione del momento, stavo già chiudendo gli occhi per immaginare meglio, e - siccome in questo processo c' è l' inventario del contemporaneo - pensavo di raccontare tutta l' iniziatica discussione della mattinata prendendo in prestito la celebre matrice di "Matrix", il capolavoro fanta-cinematografico dei fratelli Walchowsky.

Chiedevo gli occhi, ascoltavo i periti parlare, immaginavo il mondo come ce lo raccontano loro: solo un enorme flusso di dati elettronici, di impulsi che ognuno di noi trasmette attraverso il suo telefonino, quasi in ogni momento. Siamo tutti tracciabili, ognuno di noi un puntino intermittente nella rete. Io, mentre guardavo la mappa di Dezzani, pensavo che ancora una volta il processo a Giuseppe Bossetti ci squaderna davanti il Grande fratello tecnologico in cui siamo immersi, la battaglia fra chi pensa razionalmente che in questa matrice ognuno di noi possa essere sempre incastrato e la lotta con la forza indomabile del caos che rompe ogni schema.

Tutto questo mentre la mappa di Dezzani ci doveva far capire dov' era Yara quando manda il suo ultimo sms, e dove Massimo Bossetti, quando il suo telefonino aggancia l' ultima volta dalla cella di Mapello in via Natta.

Capire il raggio di azione delle celle serve a spiegare se il muratore, la sera della scomparsa di Yara, poteva essere davvero ad un passo dalla palestra di Brembate vicino alla ragazza o - come abbiamo scoperto questa settimana - a casa sua. Ma proprio allora la Ruggeri inizia a ruggire: -

Immagine
«Presidente, cosa sono quelle linee rosse su quella mappa?».

- «Non lo so, lo chieda alla difesa».

- «Presidente, posso rispondere io: sono delle linee rosse».

Immagine
- «Grazie avvocato lo vedo da me che sono rosse! Ma chi le ha tracciate, cosa indicano?

Chi le ha fatte!?».

- «Caro pubblico ministero, le ha tracciate il nostro tecnico. Indicano il campo di ricezione delle celle telefoniche».

Immagine
- «No avvocato, quelle linee non dicono nulla! Quali tecnici le hanno tracciate? Lei sarebbe il tecnico della difesa?».

- «Sì, il tecnico che le ha tracciate sono io: sono un informatico».

Immagine
- «Lei è un informatico? Lei non sa niente di celle!».

- «Sono una mia specializzazione».

Immagine
- «Che titolo accademico ha? Che sarebbero quelle linee? E quei cerchi avvocato?».

- «Sono come il simbolo di una Mercedes. Il nostro perito le ha disegnate sulla base dei dati della Vodafone, per dimostrare il campo di irradiazione delle onde e...».

Immagine
- «Ma che dice? Sono disegnate a capocchia, non vogliono dire nulla! Sono disegnate a capocchia!».

Bergamo, udienza settimanale del venerdì: nel giorno in cui il teste principale è Giuseppe Gatti, un compassato tecnico delle celle telefoniche, in teoria non dovrebbe accadere nulla. Invece, come sempre al processo per l' omicidio di Yara, la polemica avvampa: fuochi d' artificio, dispute senza fine, battaglia criminologica tra accusa e difesa in cui ogni dettaglio infinitesimale può orientare il processo.

Mentre sono seduto in mezzo al pubblico, mi viene in mente che per divertirsi questa giornata va raccontata come un esercizio di stile alla Raymond Queneau.

1) ARTICOLO COLPEVOLISTA Sul banco dei testimoni c' è Gatti, un poliziotto senza qualifiche tecniche, ma con enorme esperienza sul campo. Uomo sobrio, di poche parole, senza grilli per la testa. Ci spiega che le celle telefoniche sono una rete invisibile che ci circonda ovunque: una rete elastica, che si flette e si dilata, a cui nessuno sfugge. Anche nel punto del mondo in cui state leggendo questo articolo, proprio adesso, c' è una cella titolare. Ma se c' è troppo traffico, o in condizioni climatiche particolari, il vostro telefonino può spostarsi su un' altra cella.

Queste celle, se interrogate con sapienza, ci dicono tutto delle nostre vite, e ci dimostrano anche perché Bossetti è colpevole. Queste celle conservano i dati per due anni, e gli inquirenti, quando è scomparsa Yara - spiega Gatti - hanno chiesto alla Vodafone di congelare tutto il traffico di tutta la bergamasca.

Parliamo di un numero che quasi non si può pronunciare, 118mila utenze, 52 mila milioni di chiamate e di traffico dati. Da questo mondo Gatti e gli inquirenti hanno iniziato a isolare due puntini: Yara Gambirasio e Giuseppe Bossetti. Certo, quei dati sono numeri, non intercettazioni, ma un buon inquirente quei numeri li può far parlare. Scavando in questa montagna, per esempio, può scoprire che «Bossetti prima della scomparsa di Yara era andato a Chignolo solo 13 volte. Mentre nei sei mesi successivi ci torna ben 195 volte!».

Questo numero di Gatti in Aula colpisce tutti. Chignolo, luogo di morte: perché Bossetti ci torna così spesso dopo il delitto?

Non è finita. Il consulente tutto sa, tutto può vedere. Scava nei punti luminosi della matrice, li incrocia con il calendario, ci racconta che il giorno in cui la signora Ester Arzuffi viene chiamata per l' esame del Dna c' è un gran traffico di telefonate. Da casa Bossetti alla signora Ester, dalla signora Bossetti alla polizia, poi dalla signora Ester a Fabio Bossetti, infine da Bossetti alla signora Ester. Che cosa si dicevano?

Perché tanta agitazione? Già.

C' è persino lo spazio per un po' di simpatico pettegolezzo: lo sapevate che Marita Bossetti, mentre accompagna il marito, trova il tempo di scambiare un sms con un certo signor Massimo Bonalumi, che l' accusa ha individuato come un possibile amante della signora? E infine, il colpo di scena del poliziotto Gatti.

n quel novembre in cui Yara muore, non è strano che «Tra il 21 e il 28 non ci sia nessun contatto telefonico tra Marita Bossetti e suo marito Massimo»? I numeri della matrice, interrogati, hanno parlato. Ci raccontano una famiglia in cui si nasconde qualcosa, dove ci si agita per un test del Dna, una moglie che manda messaggini agli amanti ma non al marito, di un marito che non parla con la moglie, ci raccontano che Bossetti era lì, a Brembate, come un lupo che cerca la sua preda.

Tracciato fino alle 17.45, ultimo aggancio al settore tre della cella di via Mapello. Poi telefono muto. Un' ora prima di rapire Yara.

2) ARTICOLO INNOCENTISTA Giuseppe Gatti ha i suoi rapporti davanti a se, tutti addobbati di ordinati pizzini che lo aiutano a trovare i punti e i dati.

È un uomo calmo, pacato, ma quando inizia il controinterrogatorio dell' avvocato Paolo Camporini si perde un po'.

- «Lei è un perito?».

- «La mia unica formazione è l' esperienza, ho un diploma tecnico». Camporini è affabile ma malizioso: nel rapporto di Gatti vede che cita come riferimento un libro di un certo professor Pozzato di Pordenone.

Un testo del 2008, un po' vecchiotto. Chiede: «È questo il suo riferimento?». Gatti vacilla, non ricorda, balbetta, non risponde.

Immagine
La Ruggeri capisce l' insidia e si arrabbia: «Presidente, lo ha spiegato a pagina 8!».

Camporini sorride: «Guardi che Gatti non ha bisogno di un difensore, ma di una risposta!». E inizia a tempestarlo.

Da questo controinterrogatorio, scopriamo ancora una volta alcune clamorose novità rispetto all' inchiesta. E cioè che alcun indizi considerati come certezze, certezze non sono.

Ad esempio Camporini chiede: «Il telefonino di Yara era sicuramente in movimento, perché aggancia diverse celle, oppure potrebbe essere rimasto fermo, e solo le celle variavano?». Gatti risponde: «Non è possibile stabilire con certezza se era in movimento». E quanto è il campo d' irradiazione di una cella?

Una ventina di chilometri, credo», dice il perito. Camporini incalza: «Ma lei qui ha scritto 35 chilometri!». E il perito: «Non glielo so dire con esattezza!». L' avvocato: «Quindi potrebbe essere che io faccio una telefonata, la mia cella non mi riceve, e allora vengo agganciato da un' altra?». Gatti: «Non le so rispondere, io mi baso sui tabulati».

Scopriamo che queste celle sono divise in tre settori, ognuno dei quali copre 120 gradi. Ecco l' immagine del mirino della Mercedes. Quindi una cella può intercettare un telefono a Brembate, ma anche in direzione opposta, per un raggio di 30 chilometri?

«Non so. Per me è possibile, ma improbabile». Camporini: «Lo può escludere?». «Non lo posso escludere». Scopriamo che quando l' accusa dice intercettato «a Chignolo», in realtà, indica una delle dieci diverse celle che insistono sulla zona di Chignolo (ma anche per venti chilometri in direzione opposta!). Scopriamo anche che Bossetti, dopo quel 26 novembre, aveva un cantiere che era a poca distanza, a Bonate. E che quindi poteva agganciare una cella che copriva sia Chignolo che Bonate.

Scopriamo che la cella di Mapello, via Natta, «Poteva agganciare anche a casa di Bossetti». Quindi il lupo poteva essere a Brembate, ma anche a casa sua, a falciare il prato? Il periodo di buio nei contatti con la moglie, non è il solo nel lungo periodo monitorato.

Per giorni e giorni solo un contatto. Infine, l' ultimo colpo di scena: Bossetti ha un telefonino Nokia 3220, molto arcaico, rispetto agli smartphone di oggi: «Quindi - chiede Camporini - non è sicuro che lo avesse spento?». Gatti risponde, con tono di voce molto bassa: «Poteva essere in una zona non servita, o spento, o inattivo». Il lupo può essere lupo, ma anche pecora. Le celle sono uno strumento esatto, ma con un raggio molto incerto.
Il telefonino che avete in tasca vi può portare alla sedia elettrica. Ma anche no. Per fortuna.


Anche qui mi sono permesso una modifica di impaginazione rispetto l'originale



_________________
“El saòn no’l sa gnente, l’inteligente el sa poco, l’ignorante el sa tanto, el mona el sa tuto!”
Top
 Profilo  
 

Grigio
Grigio

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 2780
Iscritto il: 13/11/2009, 23:29
Località: Palermo
 Oggetto del messaggio: Re: Il caso di Yara Gambirasio
MessaggioInviato: 21/10/2015, 21:01 
Yara, "Le analisi ​del dna confermano: Ignoto 1 è il killer"
• Minacce di morte al pm Ruggeri. "Il magistrato sotto scorta"

La conferma. Il comandante del Ris Giampietro Lago ha spiegato come, mediante le analisi e la comparazione delle tracce di Dna sugli slip e sui leggings che indossava Yara, si giunse sempre allo stesso risultato: si trattava di un Dna maschile e quel Dna doveva essere stato lasciato dalla persona che aveva aggredito la ragazza.
Una volta raggiunto questo risultato, «in considerazione di una massa enorme di informazioni», forse il problema era «anche economico e di utilizzo delle risorse» di stabilire se esistevano le possibilità di dare un nome alla persona a cui apparteneva quel Dna. «Poteva trattarsi di un autoctono - ha osservato l'ufficiale - o di una persona straniera, o extracomunitaria, che sarebbe stato difficilissimo trovare».
Da qui la decisione di una consulenza per la quale ci si rivolse a un Dipartimento legato al Ministero della Giustizia degli Stati Uniti, dal quale si sentì rispondere che le chance per individuare quella persona «erano poche ma era possibile farlo».
Dalle successive analisi emerse che il Dna trovato sul corpo di Yara apparteneva a una persona che «aveva gli occhi chiari e caratteristiche europee». Lago ha anche spiegato che, da un punto di vista forense, è stato rilevato il Dna nucleare (la difesa ha in passato lamentato la mancata corrispondenza tra il Dna nucleare attribuibile a Bossetti e quello mitocondriale trovato sul corpo) mentre, in sostanza, l'esame eseguito su quello mitocondriale era uno scrupolo che, però, non aveva portato a risultati.
Il pm Letizia Ruggeri gli ha chiesto se l'esame del Dna mitocondriale inficiava in qualche modo quello sul Dna nucleare. «Assolutamente no», è stata la risposta dell'ufficiale che proseguirà lunedì la sua deposizione.
Il pm Letizia Ruggeri, oggi impegnata nell'udienza del processo a carico di Massimo Bossetti per l'omicidio di Yara Gambirasio, finisce sotto scorta. Lo ha deciso il comitato per l'ordine pubblico e la sicurezza di Bergamo, dopo alcune minacce ricevute dal magistrato. Lo rende noto la trasmissione 'Quarto Gradò. Le minacce, a quanto si è saputo, risalirebbero ai giorni scorsi.
http://www.leggo.it


Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 10377
Iscritto il: 01/11/2011, 19:28
Località: Astana
 Oggetto del messaggio: Re: Il caso di Yara Gambirasio
MessaggioInviato: 21/10/2015, 22:03 
Yara, "Le analisi ​del dna confermano: Ignoto 1 è il killer"


Un titolo così è assolutamente ridicolo.


E a proposito di Dna L’Eco di Bergamo in edicola mercoledì 21 ottobre pubblica in esclusiva l’intervista al genetista statunitense Francis Collins del «National Human
Immagine

Francis Collins

Genome Reseach Institute» di Bethesda nel Maryland, l’istituto mondiale che ha decifrato il genoma, la sequenza del Dna umano. Collins ha da poco lasciato la direzione dell’istituto, mentre il laboratorio che porta il suo nome è nelle mani del dottor Lawrence C. Brody, senior investigator.

«Il Dna identifica una sola persona, ma teoricamente può essere trasferito da un posto a un altro», sostiene Francis Collins. «Ciò accade molto spesso se sangue, saliva, liquidi seminali e altri fluidi corporei sono lasciati su superfici».

Source: Intervista esclusiva al geneti...a nucleare» - Cronaca Bergamo



_________________
“El saòn no’l sa gnente, l’inteligente el sa poco, l’ignorante el sa tanto, el mona el sa tuto!”
Top
 Profilo  
 
Visualizza ultimi messaggi:  Ordina per  
Apri un nuovo argomento Rispondi all’argomento  [ 1442 messaggi ]  Vai alla pagina Precedente  1 ... 46, 47, 48, 49, 50, 51, 52 ... 97  Prossimo

Time zone: Europe/Rome [ ora legale ]


Non puoi aprire nuovi argomenti
Non puoi rispondere negli argomenti
Non puoi modificare i tuoi messaggi
Non puoi cancellare i tuoi messaggi
Non puoi inviare allegati

Cerca per:
Vai a:  
Oggi è 23/06/2025, 23:23
© 2015 UfoPlanet di Ufoforum.it, © RMcGirr83.org