08/12/2015, 10:42
09/12/2015, 09:56
09/12/2015, 10:23
30/12/2015, 10:23
07/01/2016, 12:03
07/01/2016, 13:58
xfabiox ha scritto:"Come riporta Sputnik news, è sempre più viva in Germania la nostalgia per il vecchio Marco Tedesco, al punto che una catena di supermercati questo mese accetterà le vecchie monete come mezzo di pagamento. L’insofferenza dei cittadini tedeschi verso le politiche UE sui temi più disparati, dai migranti ai salvataggi bancari, dal QE alle sanzioni alla Russia, si fa sempre più forte e non può essere ignorata dalla sua classe politica.
Le vecchie monete raramente riescono ad avere una seconda vita, e se lo fanno in genere è grazie alle forze politiche. In Germania, una catena di supermercati ha deciso di fare breccia nel cuore dei nostalgici, e questo mese accetterà il vecchio Marco Tedesco.
I politici di destra non hanno mai smesso di ipotizzare un ritorno al Marco sin da quando è stato introdotto l’euro nel 2002. 14 anni dopo, una catena di supermercati realizzerà involontariamente il loro sogno. L’avvenimento è una breve campagna in supporto al vecchio Marco e ai nostalgici.
22/01/2016, 00:59
Francia, Le Pen presidente causerebbe disastro in Europa
GINEVRA (WSI) – L’elezione di Marine Le Pen alla presidenza francese, un evento che non è così improbabile come poteva sembrare fino a qualche anno fa, sarebbe una catastrofe per la Francia e per l’intero continente europeo. Lo sostiene Joschka Fischer, ex ministro degli Affari Esteri tedesco.
“Seminerebbe il disastro in Francia e in Europa”, ha detto il politico al quotidiano svizzero Le Temps.
Il progresso nei sondaggi e il successo alle elezioni dei partiti populisti ed euro scettici non è un fenomeno di poco tempo fa scatenato dalla crisi dei migranti, bensì è un processo che è iniziato ben prima dell’arrivo dei primi gruppi di rifugiati siriani. I movimenti filo fascisti, come li chiama il politico tedesco, sono alimentati dalla paura del declino dell’uomo bianco, dell’immigrazione e dell’indebolimento economico occidentale a favore dei paesi del Sud del mondo.
Fischer parla di un “inquietante dirottamento politico a destra, indissociabile dall’influenza crescente esercitata dai partiti politici nazionalisti e da personaggi della vita pubblica apertamente sciovinisti, come Donald Trump negli Stati Uniti e Marine Le Pen in Francia”. Ma si potrebbero fare altri nomi, come Geert Wilders in Olanda, Vlaams Blok in Belgio, I Veri Finlandesi, il Partito del popolo danese e ancora i Democratici di Svezia.
Fischer paragona i fenomeni politici del genere a “nazionalismi estremi”, che fanno appello al sentimento di appartenenza alla comunità. Oltre alla dichiarata xenofobia della loro agenda politica, adottano senza scrupoli una definizione etnica della nazione.
“La comunità politica non è prodotta, secondo loro, dalla volontà dei cittadini di difendere l’ordine costituzionale e giuridico comune, al contrario, l’appartenenza alla nazione è dettata, come negli Anni 30, dall’origine natia e dalla religione”.
La politica della paura funziona, perché in un mondo globalizzato l’Occidente non è più il solo a trarre profitto della mondializzazione dei mercati e del commercio. Dopo la crisi del 2008 e per via della trasformazione in atto in Cina, “è diventato sempre più evidente che la globalizzazione non è più a senso unico, ma a doppio senso, e che l’Occidente finisce per perdere, a favore dell’Oriente, una buona parte della sua potenza e della sua ricchezza”.
Intanto all’interno il mondo dell’uomo bianco caucasico si sente minacciato dall’immigrazione, dalla mondializzazione del mercato del lavoro, dall’emancipazione giuridica e sociale delle minoranze e dalla parità tra uomo e donna. Questo porta a cercare soluzioni politiche rapide e semplici, come successo in Ungheria e nel sud degli Stati Uniti, dove non si è riusciti a trovare soluzione migliore che erigere muri.
“La nuova ondata di nazionalismi minaccia il processo di integrazione europea. La chiave del problema è in Francia. Senza di lei, l’Europa non è concepibile né realizzabile e l’elezione di Le Pen alla presidenza della Repubblica francese – a cui si oppone in blocco anche la forza politica di centro destra, non solo le sinistre – sarebbe la fine dell’Unione Europea.
Soros: “Europa al collasso, colpa di Merkel”
NEW YORK (WSI) – Dopo che Vladimir Putin ha attaccato l’Ucraina, Angela Merkel è diventata a tutti gli effetti la leader incontrastata dell’Unione Europea, e quindi anche “la Cancelliera del mondo libero”, come l’ha definita il Time nella sua famosa copertina, ma questo non significa che non sia colpevole o almeno complice del caos in cui è sprofondata l’Europa in questi mesi.
È l’opinione del finanziere miliardario George Soros, che rimane fermamente convinto che le politiche di austerity imposte dai paesi teutonici e virtuosi dell’area euro, con la Germania in prima fila, abbiano causato i problemi attuali. Tutto questo si poteva evitare, è il concetto espresso dallo speculatore di fama mondiale.
Come con la decisione di opporsi all’offensiva russa nell’Ucraina dell’Est, anche nel caso della crisi dei migranti, Merkel ha saputo anticipare i rischi di disintegrazione dell’Unione Europea, a cominciare dal trattato di Schengen sulla libera circolazione delle persone e finendo con il mercato della moneta unica.
Sfortunatamente per Merkel, il suo piano non è stato preparato adeguatamente. “La crisi è lontana dall’essere risolta e la sua leadership non solo in Europa ma anche in Germania e persino all’interno del suo partito viene messa in discussione”.
La crisi dei rifugiati potrebbe aver rappresentato una svolta politica per la Cancelliera. Famosa per le sue accurate analisi dei pro e contro prima di prendere decisioni importanti, con l’ultima crisi l’impressione è che abbia agito impulsivamente, senza fare troppi calcoli. Il suo stile è cambiato e questo rende nervose molte persone in Europa.
Almeno 6 crisi rischiano di disintegrare l’Ue
L’Unione Europea rischia di disintegrarsi e secondo alcuni analisti il paradosso è che il rischio maggiore che corre l’Europa è la fine dell’era Merkel al potere, proprio colei che non è riuscita – sotto la sua leadership – a raddrizzare la barca europea che ora rischia di affondare. “La crisi greca ci ha insegnato alle autorità europee l’arte di cavarsela rimbalzando da una crisi all’altra. Senza mai riuscire a risolvere nulla definitivamente. Una pratica conosciuta anche come rimandare a domani quello che non puoi fare oggi”.
“Siccome non è ancora riuscita a risolvere le crisi precedenti a quella dell’immigrazione, ora l’Ue si trova a dover gestire cinque o sei crisi allo stesso tempo“.
Nello specifico Soros si riferisce a l’eventualità di una Grexit, il braccio di ferro con la Russia, la guerra civile in Ucraina, il referendum per la Brexit e la crisi dei migranti. La cui causa principale scatenante è stata il conflitto in Siria. Senza contare la crescita dei movimenti populisti euroscettici, in particolare dopo gli attentati di Parigi, “che hanno avuto un impatto molto forte nell’opinione pubblica”.
Sempre a margine del Forum di Davos, il premier francese Manuel Valls, ha elencato le stesse crisi che l’Unione Europea dovrà affrontare, citando il rischio che si formi una “frattura” nel “mesi a venire”. Tra le crisi citate l’immigrazione, il terrorismo, l’auge del populismo e la minaccia di un’uscita della Gran Bretagna.
Merkel ha previsto che la crisi dei rifugiati avrebbe avuto il potenziale di distruggere l’Unione Europea, un progetto ancora in divenire che adesso rischia di precipitare. Gli unici che possano impedire che la previsione lugubre di Merkel diventi realtà sono i tedeschi.
“Penso che il popolo tedesco, guidato da Merkel, ha raggiunto una posizione di egemonia. Ma ci sono arrivati senza concedere troppo. Di solito i leader arrivano dove sono avendo fatto i propri interessi ma anche quelli delle persone sotto la loro protezione. Ora i tedeschi devono decidere: vogliono accettare le responsabilità e le passività che accompagnano implicitamente il ruolo di potenza dominante in Europa?”
Secondo Soros l’Europa avrebbe avuto bisogno della leadership che Angela Merkel sta mostrando nell’affrontare la crisi dei rifugiati per risolvere la crisi del debito sovrano. “Sfortunatmente quando Lehman Brothers ha fatto crac nel 2008, la Cancelliera non era pronta a consnrire che il sistema bancario europeo venisse salvato con il contributo di tutti gli stati membri dell’Eurozona, nella convinzione che l’opinione pubblica tedesca non l’avrebbe mai accettato.
Se avesse invece tentato di cambiare l’opinione pubblica in patria invece di seguirne la direzione, la tragedia che sta vivendo ora l’Unione Europea sarebbe stata evitata. La buona notizia è che la partita non è ancora finita. La negativa è che la palla è nel campo dei tedeschi, popolo che in certi aspetti – come la condivisione dei debiti – si è dimostrato negli ultimi anni intransigente.
24/01/2016, 17:38
13/02/2016, 10:44
13/02/2016, 10:53
Thethirdeye ha scritto:A LISBONA "IL TRATTAMENTO ATENE". POI TOCCA A NOI
http://www.altrainformazione.it/wp/2016 ... cca-a-noi/
DI MAURIZIO BLONDET
Aumenta lo spread dei titoli di stato portoghesi. Il governo di sinistra, che si aspetta un deficit di bilancio del 2,2 per cento del Pil, è ovviamente allarmato: deve chieder quel 2,2 per cento che manca a quadrare i bilanci ai “mercati”. Le agenzie di rating già hanno catalogato il debito pubblico portoghese “speculativo”, ossia a massimo rischio di insolvenza: i “mercati” (l’usura) esigono ovviamente di estrarre dal paese interessi altissimi, proibitivi dopo 8 anni di tagli della cinghia e austerità feroce. Feroce come prova il fatto che il deficit di bilancio portoghese, l’anno scorso, è stato del 4,2 per cento. Contrariamente all’Italia, Lisbona ha fatto i compiti a casa, tagliando il deficit quasi della metà.
Otto anni di sacrifici durissimi senza prospettive di miglioramento sono anche la causa per cui l’elettorato ha votato “a sinistra”. A novembre, il primo ministro Antonio Costa, eletto (non come il nostro), ha promesso di porre fine alla “strategia di impoverimento dell’Unione Europea”. Con l’appoggio di verdi, comunisti e blocco delle sinistre, ha aumentato il salario minimo, l’IVA, e approvato una legge che protegge dal pignoramento della casa gli insolventi. Ha anche promesso un aumento delle pensioni e riduzione delle contribuzioni sociali per i lavoratori a più basso reddito.
Ovviamente, Bruxelles si è avventata contro Lisbona: “La UE ritiene la bozza di bilancio di previsione a rischio di non-adempimento della Patto di Stabilità e di Crescita”, ha comunicato nella sua neolingua orwelliana, ed obbligato il governo eletto a cambiarlo, mettendo in forse le promesse di Costa. La Commissione ha di fatto preso il bilancio portoghese sotto la sua amministrazione controllata ed annunciato che lo “valuterà” (correggerà) ad aprile. Il governo eletto ha scongiurato il rigetto puro e semplice del bilancio mettendosi a trattare: Bruxelles ha ordinato che Lisbona tiri fuori quasi un altro miliardo (950 milioni di euro) dalla sua miseria per dedicarlo alla riduzione del debito. Mario Centeno, il ministro delle finanze, ha proposto tagli per 450. Alla fine ha dovuto accettare tagli per 850 milioni. A questo scopo, dovrà rincarare ulteriormente l’Iva su petrolio e tabacchi, varare una supertassa per l’acquisto di auto nuove, prelievi fiscali sui servizi bancari e sulle transazioni finanziarie.
Non basta. Quindi è entrata in scena la vera padrona d’Europa, la cancelliera. Ha convocato il primo ministro socialista a Berlino per fargli la lezione. In una intervista al Frankfurter Allegemeine Zeitung, Costa ha provato a difendere la sua posizione con argomenti del tipo: il lavoro portoghese soffre la concorrenza globale con i paesi a bassi salari, Cina ed Est Europa; dall’entrata nell’euro, “la nostra economia è in stagnazione”; il governo precedente non ha corretto la situazione: “Era un errore pensare che fosse possibile a forza di impoverire ciascuno”. La Merkel ha respinto il ragionamento. “Tutto si deve fare per continuare nella direzione precedente, che ha avuto successo”.
Secondo certe valutazioni il vero scopo della durezza di Berlino è spaccare la alleanza delle sinistre e far cadere il governo. L’alleanza è fratturata. Già la liquidazione della Banca Banif, che su “suggerimento” europeo è stata accollata ai contribuenti portoghesi, facendo aumentare il deficit del Pil dal 3 a 4,2 per cento, ha visto la viva opposizione di tutte le formazioni che sostengono il governo socialista, comunisti, verdi, blocco delle sinistre. La Troika ha naturalmente fatto la sua parte, lanciando “avvertimenti”. Adesso la portavoce di quest’ultima formazione, Catarina Martins, sembra aver capito il gioco, perché ha dichiarato: “Nessun avvertimento da nessuna parte lanciato può mettere in questione l’accordo che abbiamo firmato per mettere fine all’impoverimento in Portogallo”.
Il giornale del blocco delle sinistre, Esquerda, ritiene che la inflessibilità brutale di Bruxelles (Berlino) serva anche come messaggio lanciato alla Spagna: “Dissuadere il partito socialista spagnolo dall’optare per una soluzione di tipo portoghese”. Berlino vuol spingere Madrid, dove la disoccupazione è al 24 per cento, a tornare entro i limiti del famoso 3%: che si tradurrebbe nell’estrazione dalle tasche spagnole di altri 8 miliardi di euro. “Podemos” ha come programma dichiarato di metter fine alla politica di austerità, che “ha avuto tanto successo”. Il commissario europeo all’economia e finanze, il francese Moscovici non ha fatto commenti sui negoziati in corso fra il partito socialista iberico e “Podemos” (sarebbe stato imbarazzante, essendo Moscovici un ‘socialista’, il che fa’ un po’ ridere), ma ha pronunciato le solite frasi in neolingua sull’obbligo per Madrid di rispettare “Il patto di stabilità e crescita” con “un maggiore sforzo”.
Commerzbank, il bastonatore
A questo punto si è chiamato nel gioco – come bastonatore, figura che non può mai mancare nel sistema dell’usura (il “recupero crediti”, in neolingua) – un attore inatteso: la Commerzbank. E’ stata questa gigantesca banca germanica – che ha ricevuto dal governo un dieci miliardi di euro, altrimenti sarebbe fallita – a attaccare, il 19 gennaio, il governo socialista portoghese eletto: “Evidentemente il nuovo governo non si affida alla deregulation e alle privatizzazioni per ravvivare l’economia”, ha scritto sul suo report: “Preferisce tornare alle politiche espansive e all’intervento dello stato in economia”: traduzione dalla lingua di legno: il premier Costa s’è rifiutato di applicare alla Banca centrale portoghese il bailout (salvataggio a spese dello Stato) che il precedente governo liberista aveva applicato alla Banif; quindi, vi facciamo fare la fine che la UE ha fatto fare a Syriza. Il report di Commerzank del 19 gennaio è stato anche,forse soprattutto, un segnale per le libere agenzie di rating: alzate il rischio-paese.
Ora, la sola agenzia di rating che non ha catalogato il debito pubblico portoghese come spazzatura, la canadese DBRS, deve revisionare le sue valutazioni ad aprile. Se anche questa svaluta il rating portoghese, il Portogallo corre un rischio letale: la BCE non ha più, secondo le regole, il permesso di comprare i titoli del debito portoghese, che quindi dovrà essere venduto sul “mercato”, offrendo interessi proibitivi. E’ precisamente ciò che la Commerzbank vuole. L’ha scritto nel suo report: “Il nuovo governo – prevede – non chiederà un nuovo pacchetto di bailout (alla Troika), proverà a scongiurare questo rischio prendendo una direzione più moderata verso la politica economica. Ciò provocherà la rivolta nella coalizione di sinistra, portando il governo in minoranza e a nuove elezioni” (Economic insight. http://www.commerzbank.com.)
La causa
E’ appena il caso di ricordare che questi “problemi” – come quello italiano – non nascono dalla naturale inferiorità dei latinos, bensì da un evento imposto artificialmente una quarantina di anni fa? Il “divorzio” fra banche e centrali e ministeri del Tesoro? Prima del divorzio, la banca centrale era obbligata a comprare le emissioni che restavano invendute sul mercato: ciò costituiva un calmiere al costo del denaro, che i “mercati” non potevano tollerare. Non sarà nemmeno il caso di ricordare che in quegli anni, con quel metodo di finanziamento, il debito pubblico italiano era al 54 per cento, e solo “dopo” il divorzio ha cominciato a salire a manetta, fino al 120 per cento attuale? Che allora, al prezzo di una certa inflazione, si ottenne lo sviluppo industriale, il miracolo economico, il tendenziale pieno impiego?
No. Non si può evocare la soluzione, che è quella. La “sinistra” italiota è favorevole al divorzio, anche e soprattutto quello voluto dalla finanza internazionale. Su tema, mantiene fermo il tabù; non si può parlare di rimettere Bankitalia sotto lo Stato. Il tabù sul sesso invertito, invece, lo attacca: facile….
Tutto si aggravò poi con l’entrata nell’euro e la perdita di sovranità monetaria. Come il Portogallo, anche l’Italia ha smesso di essere un concorrente dell’industria tedesca, e gli è stato prescritto di concorrere con i salari di Cina ed Est, ossia con la riduzione delle paghe. Esito fallimentare e rovinoso, che disgrega la società e blocca il futuro nazionale.
Il fatto strano – che non si ha voglia di notare – è che la BCE fa’ oggi quel che faceva la banca centrale nazionale al tempo del “matrimonio” col rispettivo Tesoro nazionale: compra titoli del debito pubblico che altrimenti il mercato (l’usura speculativa) non accetterebbe se non con interessi altissimi, mortali per le economie. Come mai ciò che “non andava bene” allora diventa bene oggi? Perché allora rispondono, si dava ai politici (ai governi eletti) il modo di spendere. Oggi, lo si dà ai banchieri. Quanto meglio spendono il denaro creato dal nulla, i profitti generati dall’esazione di interessi altissimi dai lavoratori, e i profitti degli esportatori, lo dice il caso Deutsche Bank: ha “investito” in derivati pari a molto più del pil tedesco. O se volete, Montepaschi Etruria, eccetera.
Siccome sono le banche a possedere la BCE, va’ bene anche la “repressione finanziaria” che prima faceva il matrimonio fra banche centrali e Tesoro di ogni paese. Fino alla morte, “austerità” è la legge.
Naturalmente il gioco degli usurai e di Berlino riesce perché i paesi che hanno solo da perdere vanno in ordine sparso, e sono sconfitti uno per uno. Ovviamente ha ragione Varoufakis, che lancia una coalizione internazionale per mettere in atto una resistenza coordinata fra i molti scontenti che, per vari motivi, vogliono una riforma della UE: anche la Polonia di Jarosław Kaczyński, già minacciato da Bruxelles e Berlino (“Non salvaguarda lo stato di diritto). Ma da quelle parti c’è già il Patto di Visegrad (Polonia Ungheria Slovacchia) che si oppone con successo alla inondazione delle identità nazionali nella marea di “immigrati” decretata dalla Merkel.
Chi deve formare un simile Patto fra i popoli del Sud, se non l’Italia, viste le sue dimensioni? Due giorni fa, Varoufakis ha criticato Renzi e la sua presunta resistenza alla Merkel: “Chiedere più flessibilità per aggirare le regole dell’Europa è un’idea stupida. E controproducente con i tedeschi. Se ognuno nella Ue decide di fare ciò che vuole, l’Unione è finita. La vera battaglia oggi nella Ue è cambiare le regole. L’Europa è un edificio costruito male, dove un processo decisionale opaco presentato dalla burocrazia comunitaria come “apolitico e tecnico” sta rubando la democrazia al popolo”.
Già nel settembre 2015, quando la Grecia veniva schiacciata e Renzi fece la parte dello zelante ai desideri di Berlino, giungendo a deridere Varoufakis (in romanesco, che è la lingua della feccia: “Ce semo liberati di lui”), il greco replicò: “Non di me ti sei liberato, ma della democrazia”.
Oggi Renzi fa’ interviste in cui sembra avvicinarsi al greco: “UE come Titanic”, eccetera. Se fosse serio, si libererebbe di Padoan, licenzierebbe in tronco il Visco di Bankitalia (omessa sorveglianza come minimo), e prenderebbe come ministro alcuni degli economisti che pure esistono in Italia: Sapelli, Savona, Galloni. O magari proprio Varoufakis.
https://player.fm/series/rai-podcast-ra ... l-gsapelli
Fonte: http://www.maurizioblondet.it
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19/02/2016, 19:59
Thethirdeye ha scritto:
Il Piano per la Fine dell'Europa: La Nuova URSS
Vladimir Bukovskij sull'Unione Europea
Vladimir Konstantinovič Bukovskij (Belebej, 1942) è uno scrittore russo, ex dissidente e convinto attivista anticomunista. Fu tra i primi prigionieri politici ad essere rinchiuso in una psikhushka, rete di ospedali psichiatrici istituiti dal governo dove venivano internati i dissidenti dell'ex-Unione Sovietica. In totale trascorse dodici anni tra prigioni, campi di lavoro ed ospedali psichiatrici.
Nel saggio Eurss. Unione Europea delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, scritto a quattro mani con Pavel Stroilov, e pubblicato in Italia da Spirali Edizioni (2007), Bukovskij recapita un preciso avvertimento alle popolazioni europee.
"Fa impressione la somiglianza della Unione Europea con l'Unione Sovietica. Il sempre maggiore deficit democratico, la dilagante inettitudine burocratica (...)"
Nel video a seguire, Bukovskij ribadisce il concetto, illustrando le notevoli analogie esistenti tra l'attuale Unione Europea e l'ex Unione Sovietica.Guarda su youtube.com
20/02/2016, 11:23
24/02/2016, 22:51
25/02/2016, 09:54
Wolframio ha scritto:L’Unione Europea deve avere il coraggio morale di dirlo, ma francamente non ha gli attributi.
Ma quanto ha ragioneeeee.
Farage è l'unico che ha gli attributi, gli altri sono scialbi molluschi e disonesti.
25/02/2016, 13:52
Ufficiale: la Turchia è ora in ‘regime di sospensione’ da parte della NATO per il sostegno illegale sia dell’ISIS che di al-Nusra e per le azioni militari condotte contro obiettivi siriani. La Turchia resterà fuori dalla NATO fino a quando Erdogan resterà in carica.
Veterans Today – Gordon Duff, Jim W. Dean e James Hanke, Colonnello (in pensione) della US Army Special Forces
Fonte: http://www.veteranstoday.com
Link: http://www.veteranstoday.com/2016/02/22/cooked-goose-turkey-wont-last-6-months-against-russia/
23.02.2016