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 Oggetto del messaggio: Re: Gli USA prepararono Hitler alla guerra contro l’URSS
MessaggioInviato: 21/06/2016, 00:13 
Gli Stati Uniti prepararono Hitler alla guerra contro l’Unione Sovietica – Parte 15

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Una riunione solenne il 6 Novembre e la parata sulla Piazza Rossa il 7 Novembre 1941.

Tutto il paese, col fiato sospeso, si preoccupava della Battaglia di Mosca. Il più difficile fu il mese di Ottobre. Il volto severo della nostra capitale nell’autunno del 1941 evocava amore e orgoglio nella maggioranza del popolo russo. Mosca era chiusa, con le vetrine dei negozi barricate con sacchi di sabbia, palloni di sbarramento nel cielo, sirene che urlavano, colonne di militari e miliziani dirette al fronte, la tetra Piazza Rossa e il Cremlino rimarranno semplicemente per sempre nella memoria e nel cuore di ogni persona che ha visto i documentari di Mosca nell’autunno del 1941.

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Stalin decise di celebrare il 24° anniversario della grande rivoluzione socialista di Ottobre nello stesso modo in cui veniva celebrato dal 1918 – riunione cerimoniale il 6 Novembre e parata sulla Piazza Rossa il 7 Novembre. Durante questi giorni Stalin apparve spesso nelle strade di Mosca. Disse: “Sarà il nostro festival di strada!” E al capo della sicurezza, Vlasik, che era preoccupato di possibili bombardamenti, disse: “Vlasik, non si preoccupi. Le nostre bombe non sopravvivranno a noi”.

A quel tempo Mosca era il centro culturale e industriale più grande non solo dell’URSS ma anche del mondo. Era una città operaia, che produceva grandi quantità di prodotti – sia d’alta tecnologia che delle industrie leggera e alimentare. I prodotti delle imprese moscovite erano caratterizzati dall’alta qualità e venduti in tutte le città dell’Unione Sovietica.

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Oggi probabilmente Mosca lavora ancora più duro, ma pur essendo una città tanto grande non produce quasi niente. Il 15 ottobre venne presa la decisione di far partire da Mosca i Commissariati del Popolo (i Ministeri). La gente di Mosca (2 milioni di persone) continuò ad essere evacuata, così come le opere d’arte e altri oggetti preziosi, e perfino il sarcofago col corpo di Lenin venne inviato nella lontana Tomsk.

A tal proposito, c’è un fatto interessante che mostra la differenza tra gli stati nazionali, liberali e quello Sovietico. Quando Stalin, ad un incontro, chiese ai rimanenti Commissari del Popolo e membri del Politburo “Come vanno le cose a Mosca?”, Aleksej Shakhurin disse che in una fabbrica i lavoratori erano in tumulto per il mancato pagamento degli stipendi, che il direttore dell’impianto aveva portato via. Ma a causa dell’evacuazione non c’era abbastanza denaro nella banca di stato. “Dov’è Zverev?” – chiese Stalin a Molotov. “A Kazan'”, disse Molotov. “Che porti immediatamente del denaro con un aereo”, ordinò Stalin. E il tutto fu fatto quando il nemico era vicino Mosca.

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All’epoca ci furono casi di arresto di autorità statali per partenze illegali da Mosca, furto di prodotti dai negozi e altre accuse che indicavano il panico, ma non ci fu molto panico a Mosca. Nonostante l’evacuazione di un numero significativo di persone, il lavoro riprese rapidamente in tutte le sfere della vita urbana, anche quando le orde nemiche erano vicine alla città.

A Mosca c’erano il comando supremo del Comitato di Difesa dello Stato (GKO) e l’amministrazione minima necessaria per il funzionamento degli apparati di partito, governativi e militari del paese e dell’esercito. L’evacuazione fu causata dal fatto che, secondo Stalin, i Tedeschi erano di fronte a noi e avevano portato con loro riserve per sfondare il fronte nei pressi di Mosca. La minaccia a Mosca era reale, ma penso ancora che i Tedeschi sarebbero stati sconfitti nelle battaglie strada per strada.

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Ma essi si erano preparati per ogni evenienza, adottando la decisione di costituire un bastione difensivo basato su tre linee: sul Distretto ferroviario, sul Distretto dei giardini e sul Distretto del boulevard. Stalin permise a Žukov di spostare il quartier generale del Fronte Occidentale lontano dalla linea del fronte, da Perkhushkovo a Mosca alla Stazione Bielorussia o ad Arzamas, e il militare rispose: “Il quartier generale rimarrà a Perkhushkovo e io rimarrò a Mosca. Addio.”

Il 17 Ottobre il Segretario del Comitato Cittadino di Mosca (MGK) del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (allora noto come VKP(b)), Aleksandr Shcherbakov, si appellò ai Moscoviti usando la rete radiofonica urbana, fece rapporto sulla situazione al fronte nei pressi di Mosca e dichiarò che Mosca avrebbe combattuto testardamente, ferocemente, fino all’ultima goccia di sangue. Portò anche all’attenzione dei Moscoviti il fatto veramente significativo che contribuì alla stabilizzazione della situazione in città: la presenza di Stalin a Mosca.

Dopo questo messaggio i Moscoviti non ebbero più molta paura delle divisioni panzer di Guderian e Hoth, posizionate vicino a Mosca, e andarono a combattere come volontari nella milizia, lavorando giorno e notte per proteggere la capitale. Chiunque dice che Mosca avrebbe potuto essere lasciata al nemico non capisce che nel 1941 era la capitale dell’URSS, che, in caso di cattura, Hitler aveva promesso di spazzarla via dalla faccia della terra assieme alla gente che la abitava.

Nel 1812 la capitale dell’Impero Russo era San Pietroburgo, e gli accenni alla decisione di spostarla a Mosca, adottata nel 19° secolo, non corrispondono alle realtà esistenti in epoche diverse.

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Stalin, come sempre, era a suo agio, calmo ed esigente. Dopo aver ricevuto il rapporto di Žukov secondo il quale i Tedeschi avevano subito gravi perdite, erano stati costretti a raggrupparsi e rifornire le loro forze, e poi a ritirarsi, e perciò non potevano avanzare oltre, Stalin prese la decisione di tenere un incontro solenne e una parata. L’adozione di questa decisione fu facilitata dal fatto che stavolta, vicino a Mosca, i nostri aerei non erano inferiori di numero a quelli tedeschi, e insieme alle difese aeree potevano garantire che nessun aereo tedesco avrebbe attaccato la Piazza Rossa.

La proposta di Stalin di tenere una parata scioccò molti ufficiali; Il Comandante del Distretto Militare di Mosca Tenente Generale P.A. Artemyev si espresse contro la parata, ma il GKO era appoggiato da Stalin, e la decisione finale venne presa in favore della sua organizzazione.

Per l’incontro solenne il 6 Novembre 1941 venne preparata una stanza con duemila posti a sedere nella stazione della metropolitana “Majakovskaja”. I membri del Comitato di Difesa dello Stato (GKO) arrivarono con la metropolitana. In tutto il paese la radio dichiarò: “Parla Mosca! Diffondete la notizia dell’incontro solenne dei Soviet di Mosca…” Il paese sentì che Mosca stava ancora resistendo e stava combattendo il nemico.

Venne fatta una relazione da Stalin; parlò delle enormi perdite di vite e territori e disse che il piano tedesco di blitzkrieg, ovvero di guerra lampo, doveva, secondo le intenzioni di Hitler e Göring distruggere il popolo russo e altri popoli slavi, come affermava l’appello del comando tedesco ai soldati affinché esercitassero estrema violenza nei confronti degli abitanti dell’URSS.

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Stalin disse: “Questa gente, priva di coscienza e onore, gente dotata della morale degli animali, ha l’audacia di chiedere la distruzione della grande nazione russa, la nazione di Plechanov e Lenin, di Belinskij e Černyševskij, di Puškin e Tolstoj, di Glinka e Čajkovskij, di Gor’kij e Čechov, di Sečenov e Pavlov, Surikov, Suvorov e Kutuzov! Gli invasori tedeschi vogliono una guerra di sterminio col popolo dell’Unione Sovietica. Bene, se i Tedeschi vogliono una guerra di sterminio, l’avranno. Ora il nostro compito… sarà sterminare ogni singolo Tedesco che si è fatto strada nel territorio della nostra Madrepatria come occupante. Nessuna pietà per gli invasori tedeschi! Morte agli invasori tedeschi! La nostra causa è giusta – la vittoria sarà nostra!”

Il 7 Novembre 1941, alle 8 del mattino, Stalin, il partito e il governo salirono sul Mausoleo per la storica parata sulla Piazza Rossa a Mosca. La parata iniziò due ore prima del solito. Sulla piazza c’erano fanti di marina, cadetti della scuola d’artiglieria, marinai, truppe dell’NKVD, unità della milizia, della cavalleria, dell’artiglieria, e carri armati tutti in linea. La parata venne diretta dal Comandante del distretto militare di Mosca, Generale P.A. Artemyev, che allo stesso tempo era a capo della zona di difesa di Mosca.

La mattina del 7 Novembre, Stalin si svegliò presto, prima dell’alba. A causa dell’oscuramento notturno i lampioni non erano accesi, e non si potevano vedere i fiocchi di neve trasportati dal vento lungo la strada, ma solo sentire il suo sibilo e percepire il gelo fuori dalla finestra. Stalin pensò ai soldati che sopportavano tutte le privazioni nelle trincee congelate. Spuntò l’alba, il vento cessò. Stalin e Vlasik andarono sulla Piazza Rossa. Stava nevicando. La neve coprì la Torre Spasskaya, le mura del Cremlino, i ciottoli della Piazza Rossa, e con quella coltre bianca l’atmosfera era ancora più bella.

Non volevano credere che in quel momento ci fosse una guerra e che vicinissimo a Mosca i cannoni stessero sparando sui carri tedeschi in avanzata, e un giovane e audace tenente con indosso un cappello di pelliccia stesse ordinando: “Fuoco!” Solo un orologio a cucù sa quanto tempo rimase da vivere a questo tenente, ma giace muto in questa foresta pietrificata e ghiacciata, e non conosceremo mai il destino del tenente.

In quel momento nei campi innevati vicino Mosca le mitragliatrici e i cannoni d’assalto dell’artiglieria sparavano senza sosta. Era la battaglia sacra per la nostra Patria, per i nostri figli, per le nostre mogli e madri, fratelli e sorelle, per la vita delle future generazioni.

Il combattimento aveva ucciso i migliori uomini russi, uomini, molti dei quali non erano ancora diventati padri, non avevano mai conosciuto la felicità dell’essere amati, la luce di gioia proveniente dal toccare le piccole delicate mani di un bambino e sentire la parola “papà”. E il popolo che vive sulla terra che loro hanno difeso, non dovrebbe mai dimenticare, per almeno mille anni, il loro sacrificio e il loro eroismo. Se ci dimenticheremo di loro, essi moriranno. Questa è la legge della vita.

Nel mio poema “Nove Maggio” ci sono queste righe: “E la Russia senza di loro era vuota, e la terra gemeva di lacrime, e la preghiera della Chiesa oltrepassava le nobili betulle russe. Vissero per raggiungere Berlino e per prendersi la vendetta sulla Germania nella battaglia per i loro fratelli e figli deceduti, e col cordoglio nei loro occhi”.

Solo il popolo che resiste in combattimento fino alla morte ha il diritto di vivere sul territorio della Russia. Gente del genere non dimenticherebbe mai i suoi compatrioti che sono morti per la libertà e l’indipendenza del loro paese. E se li dimenticherete, perderete il diritto di vivere, e sareste deboli e indifesi contro il nemico in avanzata. Ed è per via dei soldati Sovietici che spararono con le mitragliatrici e rovesciarono fuoco sul nemico con i fucili, che Mosca visse.

Alle otto del mattino si sentì il suono dello scampanio del Cremlino. Con l’ultima spinta alle porte della Torre Spasskaya, il Maresciallo dell’Unione Sovietica Budënnyj partì a cavallo. Quella parata, con la partecipazione di Semën Michajlovič Budënnyj, come in passato prima della guerra, rafforzò la fede nella potenza dell’Unione Sovietica.

Il Tenente Generale P.A. Artemyev, che, come menzionato prima, comandava la parata, fece rapporto sulla prontezza delle truppe per la parata in onore del 24° anniversario della grande rivoluzione socialista di Ottobre. Budënnyj stava ispezionando le truppe e si stava congratulando con gli ufficiali e i soldati in licenza. I nostri soldati risposero all’unisono e urlarono ardentemente : “Urrà!” Per mostrare la loro determinazione e la volontà di combattere e sacrificarsi per la Madrepatria pronunciarono la parola russa per Urrà.

Il morale dei soldati, la loro sincerità, la giovinezza, la generosità e la fede nella loro capitale passarono ai Moscoviti, a coloro che erano ospiti della capitale, ai membri del partito e del governo. Poi una fanfara suonò il segnale “Ascoltate!” Secondo la tradizione, si supponeva che Budënnyj parlasse alla parata, ma fu Stalin a prendere la parola. All’inizio, per motivi di sicurezza, venne pianificato di trasmettere la parata solo su Radio Mosca, ma all’ultimo minuto Stalin cambiò idea e chiese di trasmettere la parata in tutta l’Unione Sovietica e in tutto il mondo.

Parlò dalla tribuna del Mausoleo, riferendosi agli abitanti del paese: “Compagni, uomini dell’Armata Rossa e della Marina Rossa, Comandanti e istruttori politici, operai e operaie, contadini delle fattorie collettive, lavoratori, intellettuali, fratelli e sorelle alle spalle del nostro nemico, temporaneamente caduti sotto il giogo dei briganti tedeschi, i nostri gloriosi partigiani e guerriglieri stanno distruggendo le retrovie degli invasori tedeschi!”

Nel suo discorso, Stalin ricordò la Guerra Civile e disse: “L’industria del nostro paese, il cibo e i materiali grezzi sono diverse volte più ricchi di 23 anni fa… Il Nemico non è così forte come qualcuno lo ritrae, come gli intellettuali impauriti. Non sono i diavoli che vengono descritti… Gli invasori tedeschi stanno sollecitando troppo le loro ultime forze. Non ci sono dubbi che i Tedeschi non possono sopportare questo sforzo a lungo. Qualche mese, sei mesi, forse un anno, e la Germania Hitleriana crollerà sotto il peso dei suoi crimini” – (esattamente un anno dopo, nel Novembre 1942, cominciò a Stalingrado la vittoriosa offensiva dell’Armata Rossa che sarebbe terminata a Berlino).

Disse con fiducia che l’Armata Rossa avrebbe presto liberato l’Europa e i popoli oppressi dell’Europa e che il mondo intero vedeva i nostri soldati “Come la forza capace di distruggere le orde predatorie degli invasori tedeschi”, e continuò, rivolgendosi ai partecipanti alla dimostrazione: “La grande missione della liberazione richiede che voi facciate la vostra parte. Siate degni di questa missione!

La guerra, che voi conducete, è la guerra di liberazione, una guerra giusta. Che il coraggioso esempio dei nostri grandi antenati vi ispiri in questa guerra – Aleksandr Nevskij, il Principe Dimitri di Russia, Dmitrij Požarskij, Kuz’ma Minin, Aleksandr Suvorov, Michail Kutuzov! Che la vittoriosa bandiera del grande Lenin vi protegga con la sua ombra!”

La parata cominciò. La divisione orchestrale che prende il nome di Dzeržinskij, il cui direttore era l’Intendente Militare di 1° Rango Vasily Agapkin, compositore della famosa marcia “Addio di Slavianka”, suonò le marce militari. I suoni di queste marce presero posto sulla Piazza Rossa assieme alla 2a Divisione Fucilieri di Mosca, alla cavalleria, all’artiglieria, ai carri armati e ad altre truppe. La maggior parte dei partecipanti alla parata partì dalla Piazza Rossa per andare direttamente al fronte.

L’orchestra tacque, per lungo tempo la marcia russa “Addio di Slavianka” risuonò nei cuori di coloro che stavano tornando da una parata di cittadini e membri del partito e del governo. Davanti ai loro occhi c’era gente disponibile, gentile, coraggiosa che partiva per il fronte del grande paese tenuto dai suoi nobili figli. Madri, mogli, sorelle, bambini cantarono sul fronte le chiare strofe della marcia “Addio di Slavianka”, in una terribile battaglia con l’odiato nemico dei loro figli, mariti, fratelli e padri! Milioni.

Le onde radio di grandi e piccole stazioni radiofoniche vennero invase dai suoni della gloriosa marcia russa. Grazie a lui, Agapkin, ci inchiniamo a tutti coloro il cui cuore ricorda e onora quei tempi difficili di dure sfide e grandi vittorie. Il nostro intero paese, il mondo intero sa che Mosca non si è arresa, che la Russia era viva e determinata a sconfiggere il crudele e potente nemico. Il popolo Sovietico ascoltò in estasi le parole di Stalin e la notizia della parata e dell’incontro solenne a Mosca! La banda di criminali di Hitler, sentendo delle celebrazioni sulla Piazza Rossa, si infuriò! I conquistatori tedeschi rabbrividirono di paura quando sentirono le parole di Stalin: “Morte agli invasori tedeschi!”

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MessaggioInviato: 21/06/2016, 00:15 
Gli Stati Uniti prepararono Hitler alla guerra contro l’Unione Sovietica – Parte 16

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A metà Novembre del 1941 il comando tedesco pensava che gli sarebbe bastato un solo pugno, e Mosca si sarebbe “inchinata” davanti ai suoi conquistatori europei. Il comando Nazista, il 15-16 Novembre, lanciò all’offensiva due gruppi d’assalto, creati nella prima metà del Novembre 1941, cercando di bypassare Mosca da nord attraverso la direttrice Klin-Solnečnogorsk e da sud via Tula e Kašira.

Le truppe tedesche erano vicinissime alla capitale. La stazione Krjukovo, vicino alla quale vennero fermati i carri armati di Hitler dopo due settimane di intensi combattimenti, si trovava a soli 40 Km dalla stazione Leningrado di Mosca.

I Tedeschi avevano pianificato anche di arrivare a Mosca lungo l’autostrada Volokolamsk, ma all’incrocio di Dubosekovo 28 uomini della 316a Divisione Fucilieri del General Maggiore Ivan Panfilov si misero a combattere contro la fanteria tedesca, e poi contro i carri tedeschi. La battaglia durò oltre quattro ore. Una manciata di soldati Sovietici sbarrò la strada ai carri tedeschi e al prezzo delle loro vite non lasciarono percorrere ai Tedeschi l’autostrada Volokolamsk. Quasi tutti furono uccisi. L’impresa dei 28 eroi di Panfilov, rimase nella storia, come si pensava allora, per sempre, e con le parole del commissario politico V.G. Kločkova “La Grande Russia, e nessun luogo dove ritirarsi, alle spalle di Mosca!” – tutti conobbero i difensori di Mosca.

A cadere sul campo di battaglia vicino Mosca il 18 Novembre 1941 ci fu anche il comandante stesso della 316a Divisione Fucilieri, il General Maggiore Ivan Panfilov. Il documentario “La Guerra Sconosciuta” ci mostra il funerale di Panfilov. I partecipanti sono pieni di accesa tristezza russa, avvertono l’indomito coraggio russo. Panfilov venne seguito fino alla tomba dai suoi camerati e, come in una fiaba epica, dal suo possente cavallo da battaglia.

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A Jasnaja Poljana un giorno i Tedeschi posizionarono artiglieria di grosso calibro a lungo raggio per bombardare Mosca, e distrussero completamente la residenza di Lev Tolstoj, sconsacrando la sua tomba. Poi il nostro contrattacco ricacciò indietro i Tedeschi, catturando i loro cannoni. Alla prima occasione la residenza di Lev Tolstoj venne completamente restaurata, così come la casa di Pëtr Čajkovskij a Klin. Quando si guardano i documentari e si osserva il livello della distruzione, è difficile credere alla possibilità di restaurare Jasnaja Poljana com’era una volta. Ma, come abbiamo visto, all’epoca l’impossibile era possibile.

Con l’offensiva di Novembre i Tedeschi non riuscirono a sfondare il nostro fronte e avanzarono solo di poco verso Mosca, subendo gravi perdite in termini di uomini ed equipaggiamenti. Tra i difensori di Mosca c’erano gli eccellenti soldati generali maggiori Lev Dovator e Afanasy Beloborodov, e il reggimento di Michail Katukov. I partigiani agivano alle spalle delle truppe tedesche nei pressi di Mosca.

I Tedeschi avevano il terrore dei partigiani. Quando riuscirono a catturare una giovane guerrigliera, Zoja Kosmodem’janskaja, le fecero subire atroci torture, e la impiccarono il 29 Novembre 1941 nel villaggio di Petriščevo. L’intero paese seppe delle gesta di Zoja. La gente fu orgogliosa della sua forza d’animo e provò compassione per la giovane ragazza, che morì dopo una terribile agonia per mano dei “civilizzati” conquistatori europei, che distruggevano la nostra terra e le case di grandi scrittori, compositori e ragazzi e ragazze russi che non gli obbedivano.

A Dicembre i Tedeschi non avevano ancora catturato Mosca, e anche quando l’1 Dicembre, riuscirono a sfondare le nostre difese a Naro-Fominsk, vennero fermati e sconfitti nell’area di Golicyno. In simultanea con l’attacco a Naro-Fominsk, i Tedeschi il 2 Dicembre lanciarono una nuova offensiva su Tula da est ed ovest. Ma Tula era un osso duro, e anche dopo aver isolato una strada che collegava la città con Mosca, i Tedeschi non riuscirono a conquistare Tula. Inoltre, le truppe Sovietiche nei pressi di Tula erano circondate da parte della 4a Divisione Corazzata e dalla 2a Armata Corazzata tedesche. Le truppe della 50a Armata e la popolazione della città, che stavano proteggendo Tula, dimostrarono il loro eroismo.

Bisogna notare che la difesa delle nostre truppe vicino Mosca riuscì perché il fronte si restrinse e noi accrescemmo significativamente la densità delle nostre forze difensive, e i contrattacchi, come per esempio quelli nei pressi di Tula, ridussero le capacità offensive delle armate tedesche. I Tedeschi non vollero ammettere di non essere stati capaci di sconfiggere l’esercito Sovietico, e diedero subito la colpa del fallimento dell’offensiva su Mosca all’inverno russo, che secondo le informazioni fornite ad esempio da Guderian, arrivava a meno 68 gradi Celsius.

Questi generali non possono essere definiti esseri umani completamente sviluppati, perché la gente istruita sa che il freddo a 68 gradi sottozero per alcune ore priverebbe i sobborghi di tutta la vegetazione e trasformerebbe il paesaggio nell’Antartide. In realtà, nel mese di Novembre le temperature di Mosca rimasero intorno ai meno 5 gradi Celsius, e solo a metà del mese calarono brevemente a meno 20 gradi.

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Žukov scrisse, in maniera assolutamente corretta, che le truppe tedesche nei pressi di Mosca non furono fermate dalla pioggia e dalla neve, ma dalla “ferrea forza d’animo, coraggio ed eroismo delle truppe Sovietiche, dietro alle quali c’erano il loro popolo, la loro capitale, la loro casa”. Le decisioni durante la Battaglia di Mosca vennero elaborate a lungo, e l’esecuzione dei piani venne ben organizzata, il che permise alle nostre truppe il 29 Novembre 1941 di liberare a sud Rostov sul Don, e a nord di liberare la città il 9 Dicembre. Inchiodando il Gruppo d’Armate Nord e il Gruppo d’Armate Sud delle forze tedesche, il nostro comando aveva creato condizioni favorevoli per l’offensiva dell’Armata Rossa nei pressi di Mosca.

Non fu la Divisione siberiana che diede alle nostre truppe l’opportunità di passare all’offensiva vicino Mosca, ma l’Armata di Riserva, che era stata creata dallo Stavka [alto comando Sovietico, NdT], ed era conversa verso Mosca prima di far muovere le nostre truppe all’offensiva. Ricorda Vasilevskij: “Un evento importante fu il completamento dei preparativi delle forze speciali regolari e di riserva. Sul perimetro Vytegra-Rybinsk-Gorkij-Saratov-Stalingrado-Astrachan’ venne creata una nuova frontiera strategica per l’Armata Rossa. In base alla decisione del Comitato di Difesa dello Stato (GKO), che venne accettata il 5 Ottobre, vennero create qui dieci armate di riserva.

Crearle durante tutta la Battaglia di Mosca fu una delle principali e quotidiane preoccupazioni di Comitato Centrale del partito, GKO e Stavka. Noi, i leader dello stato maggiore generale, demmo rapporti giornalieri al Comandante Supremo riguardo alla situazione sui fronti e facemmo rapporti dettagliati riguardo alla creazione di questi gruppi. Non è esagerato dire che l’esito della Battaglia di Mosca fu dovuto al fatto decisivo che il partito e il popolo Sovietico avevano creato, armato, addestrato, e dispiegato in maniera fulminea una nuova armata all’interno della capitale”.

Le truppe venivano costantemente rifornite con uomini ed equipaggiamento dalla leadership tedesca. Ad inizio Dicembre 1941 il Gruppo d’Armate Centro comprendeva 1.708.000 soldati, circa 13.500 cannoni e mortai, 1170 carri e 615 aerei.

La controffensiva dell’Armata Rossa cominciò in contemporanea sull’enorme fronte da Kalinin a Yelets. Il 5 Dicembre 1941, senza pause operative, partì all’offensiva il Fronte di Kalinin (comandante – Colonnello Generale Ivan Konev), il 6 Dicembre partì anche il gruppo operativo del Fronte Sudoccidentale (comandante – Maresciallo dell’Unione Sovietica Semën Timošenko, e dal 18/12/1941 – Tenente Generale Fëdor Kostenko), il 6 Dicembre andò all’offensiva anche il Fronte occidentale (comandante – Generale d’Armata Georgij Žukov).

Insieme alle forze di terra attaccarono i Tedeschi parte dell’aeronautica militare (comandante dell’aeronautica – Tenente Generale Pavel Žigarev) e l’Aviazione a Lungo Raggio (ADD) al comando del Generale Aleksandr Golovanov, che dal 30/11/1941 fu alle dipendenze dirette del Comandante Supremo Stalin.

Le armate tedesche lungo tutto il grande fronte si ritirarono, subendo gravi perdite. Le uniformi nere dei soldati e ufficiali morti delle SS, divisioni d’élite tedesche, risaltavano particolarmente sui campi russi bianchi di neve. E se nel Giugno 1941 le truppe tedesche ci attaccarono all’improvviso, nel Dicembre 1941 i Tedeschi vennero attaccati improvvisamente dalle nostre truppe Sovietiche.

Nonostante la pesante nevicata e il freddo, la nostra Armata Rossa attaccò con successo; l’esercito tedesco cominciò ad andare in panico. Riguardo all’attacco nei pressi di Mosca, Rokossovskij scrisse: “La neve alta e il freddo estremo ci resero difficile manovrare ai lati delle strade con lo scopo di interrompere le vie di fuga del nemico. Perciò i generali tedeschi, forse, possono ringraziare il gelido inverno che ha contribuito alla loro partenza da Mosca con perdite meno gravi, ma non possono affermare che l’inverno fu la causa della loro sconfitta. Durante la ritirata le truppe tedesche fecero di tutto per rallentare il nostro avvicinamento. Minarono le strade, disposero varie trappole… Strada facendo i Nazisti bruciarono tutti i villaggi. Se lasciavano in piedi qualche casa, queste venivano minate”.

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Vasilevskij scrisse che a Mosca i Tedeschi persero più di 500.000 uomini, 1300 carri, 2500 cannoni, oltre 15.000 auto e molto altro equipaggiamento. L’esercito tedesco non aveva mai subito perdite del genere.

E se l’URSS nel 1941 vinse la Battaglia di Mosca e distrusse il nemico, gli Stati Uniti subirono una sconfitta dopo l’altra ad opera del Giappone, che in ordine di grandezza era più debole della nuova Germania. Inoltre la Germania non si fece sfuggire l’opportunità di mostrare la sua potenza all’Inghilterra e agli USA con l’attacco delle armate di Rommel in Egitto e la comparsa dei sottomarini tedeschi al largo della costa degli Stati Uniti, che affondarono le navi americane non solo in transito, ma anche nell’area costiera di New York.

Lo storico americano Robert Sherwood, che chiamò l’inverno del 1941/42 “l’inverno dei disastri, scrisse: “L’unica fonte di buone notizie era il fronte russo. L’Armata Rossa, continuando i suoi notevoli contrattacchi, sconfisse i Tedeschi assiderati e coperti di neve con molte posizioni avanzate”.

Notate il dispregiativo e offensivo sminuire l’Armata Rossa, della sua perseveranza e coraggio, delle sue armi e del suo eroismo in battaglia. Dopotutto dei “Tedeschi battuti, coperti di neve e assiderati” non meritano alcuno sforzo. Il gelo non vinse la battaglia, ma la beffa della “gente” congelata merita pietà. Perciò, leggendo tra le righe della frase di Sherwood c’è l’eroica resistenza del popolo Sovietico. Non c’è né il valore né la dimensione del combattimento dell’Armata Rossa (contrattacco) nella valutazione di Sherwood, che mostra solo il desiderio di umiliare sia noi che il nostro eroismo. Perciò leggete tra le righe – i probabilmente inferiori barbari russi hanno ucciso illuminati soldati tedeschi assiderati.

Sì, sono tutti uguali: il liberalismo occidentale e il fascismo di sua creazione. Ed entrambi desideravano e desiderano ancora oggi la nostra morte. Per questo scopo i Nazisti arrivarono nel 1941 per ucciderci. Gloria al popolo Sovietico! L’URSS resistette al primo colpo e rispose con dignità. Žukov, che portò con sé per il resto della sua vita la prima importante vittoria della Battaglia di Mosca, scrisse: “Stalin rimase a Mosca per tutto il tempo, organizzando le forze e i mezzi per la sconfitta del nemico. Devo dargliene merito. In quanto capo del Comitato di Difesa dello Stato e sostenuto dal consiglio amministrativo dei Commissariati del Popolo, fece un lavoro eccezionale per organizzare le riserve strategiche necessarie e i mezzi tecnico-materiali. Si potrebbe dire che la rigida insistenza che dimostrò fu quasi impossibile”.

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 Oggetto del messaggio: Re: Gli USA prepararono Hitler alla guerra contro l’URSS
MessaggioInviato: 21/06/2016, 00:17 
Gli Stati Uniti prepararono Hitler alla guerra contro l’Unione Sovietica – Parte 17

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La completa disfatta delle truppe tedesche nei pressi di Mosca del Dicembre del 1941 anticipò l’intervento di Hitler. I battaglioni penali, le divisioni tedesche dove venivano assegnati coloro che venivano sottoposti a processo, e, in particolare, usando la definizione di Keitel, la “spietata durezza di Hitler”, impedirono il panico nell’esercito nel Dicembre 1941.

Durante la campagna invernale il tribunale militare Nazista condannò 62.000 soldati e ufficiali per diserzione, partenza non autorizzata, insubordinazione e così via. 35 generali furono sospesi dal loro incarico, inclusi i feldmarescialli von Brauchitsch e von Bock, e il Colonnello Generale Guderian.

Riguardo alla ritirata dell’esercito tedesco vicino Mosca, Keitel scrisse il seguente pensiero: “Sarebbe contrario alla verità se non lo affermassi qui con la massima convinzione: la catastrofe è stata evitata solo dalla pura forza di volontà, dalla perseveranza e dall’implacabile durezza di Hitler. Se il piano ben congegnato nella sua forma originaria di una ritirata graduale, il cui desiderio di portarlo a termine era di vedute ristrette, egoista e dettato dalla disastrosa situazione del Gruppo d’Armate Centro che era fortemente sotto pressione e in sofferenza per via del freddo tremendo (causa di apatia), non avesse incrociato inesorabilmente l’opposizione senza compromessi di Hitler e la sua ferrea energia, il destino dell’esercito tedesco nel 1941 sarebbe stato inevitabilmente lo stesso di quello di Napoleone nel 1812.

Come testimone e partecipante agli eventi di quelle terribili settimane lo devo dire con assoluta certezza! Tutte le armi pesanti, tutti i carri armati e i mezzi motorizzati sarebbero rimasti sul campo di battaglia. Essendo coscienti del fatto di essere indifesi, le truppe avrebbero gettato anche le loro armi, e, avendo alle spalle un inseguitore implacabile, sarebbero scappate”.

A quell’epoca il numero di battaglioni penali nell’Esercito tedesco stava aumentando in modo particolare. Le divisioni di questo tipo, che esistettero fino alla fine della guerra, salvarono le unità tedesche dalla distruzione, ma furono fermate dalla ritirata dei Tedeschi a Mosca. Poche persone sanno che la pratica dei battaglioni penali venne presa in prestito da Stalin dalla Germania. I soldati dell’esercito Sovietico che venivano inviati nei battaglioni penali dovevano combattere fino al primo sangue, ovvero fino a quando non venivano feriti, e dopo aver fatto ammenda potevano tornare ai battaglioni ordinari. E l’obiettivo non era sbarazzarsi delle persone, ma punire i soldati che avevano commesso dei crimini. Questi battaglioni venivano usati soprattutto per la ricognizione dei punti fortificati nemici. Ma basta parlare dei battaglioni penali – il tema di oggi è il 1942, e faremmo meglio a tornarci.

Le truppe sovietiche liberarono il 9 Dicembre Rogačevo, l’11 Dicembre – Istra, il 12 Dicembre Solnečnogorsk, il 15 Dicembre Klin, il 16 Dicembre – Kalinin [l’odierna Tver’, NdT] il 20 Dicembre – Volokolamsk. Centinaia di altri villaggi e città vennero liberati nel Dicembre 1941 lungo il Fronte Occidentale e il Fronte di Kalinin.

Le truppe avanzarono con successo sul Fronte Sudoccidentale. I Tedeschi non riuscirono a fermare l’avanzata delle nostre truppa sulla linea del Fiume Oka. E il 30 Dicembre venne presa Kaluga. L’avanzata delle truppe Sovietiche a sud non finì con la liberazione di Rostov sul Don. Inseguendo il nemico in ritirata, le nostre truppe attraversarono il Fiume Mius e crearono il saliente di Barvenkovskij nella regione di Izjum.

Le truppe dei fronti di Leningrado e del Volchov non riuscirono nel Dicembre 1941 a rompere il blocco di Leningrado. Ma ottenemmo l’iniziativa strategica e facemmo perfino sbarcare truppe in Crimea con lo scopo di appoggiare il combattimento a Sebastopoli. I cuori del popolo Sovietico si riempirono d’orgoglio e della fiducia in una rapida vittoria e nella fine della guerra. Ma Stalin capì la vera forza degli eserciti europei. Disse all’Inviato del Presidente degli Stati Uniti, Harry Hopkins, “Credo, comunque, che la guerra sarà intensa e forse prolungata”. E chiese i materiali necessari per una lunga guerra.

Con l’unico attacco nella direzione strategica occidentale le nostre truppe distrussero 11 divisioni panzer, 4 unità di fanteria motorizzata e 23 divisioni tedesche. Nel Dicembre 1941, le nostre truppe continuarono ad attaccare, comunque, muovendosi in avanti, e Vasilevskij scrisse: “Durante l’offensiva invernale le truppe Sovietiche sconfissero 50 divisioni nemiche, causando sconfitte gravissime al principale raggruppamento di truppe nemiche – il Gruppo d’Armate Centro”.

Il prestigio della Germania agli occhi di Giappone e Turchia calò significativamente. I nostri soldati erano più forti del selettivo addestramento fisico, della volontà e dell’abilità militare delle SS. Le truppe delle SS tedesche possono essere definite d’élite perché questa branca del servizio accettava solo reclute provenienti dalla campagna, con uno stato di salute eccellente. Perfino a coloro che avevano solo un’otturazione dentale non veniva permesso di arruolarsi in queste divisioni.

Il nostro equipaggiamento militare lavorava in modo affidabile sia col caldo che col freddo. I nostri ufficiali guadagnarono esperienza in battaglie sanguinose. La nostra Armata Rossa stava avanzando, coprendo il terreno innevato coi cadaveri di soldati e ufficiali tedeschi, pezzi d’artiglieria distrutti, carri e veicoli in fiamme e cavalli morti. Colonne di prigionieri tedeschi venivano condotti ad est dai nostri soldati, tenendo pronti i fucili con le baionette inastate.

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Ma i soldati non videro solo l’esercito tedesco sconfitto. I nostri combattenti incontrarono lungo la strada migliaia di Tedeschi nei villaggi dati alle fiamme, e civili rimasti senza casa, davanti agli occhi dei soldati Sovietici apparvero dozzine di città in rovina con le case e le fabbriche distrutte, migliaia di donne e bambini torturati a morte e uccisi.

Alla vista di queste terribili atrocità dei soldati tedeschi, i cuori dei soldati e degli ufficiali dell’Armata Rossa si riempirono di sacro furore, chiesero vendetta e castigo per questi atti e li sfidarono in battaglia. Pare che Stalin, dopo che venne torturata Zoja Kosmodem’janskaja, diede ordine agli ufficiali e ai soldati di non fare prigionieri.

Il Segretario di Stato per gli Affari Esteri inglese, Eden, arrivò a Mosca a tarda sera del 15 Dicembre 1941. Attraversò la città di Murmansk mai sconfitta dai Tedeschi. Eden disse bruscamente a Stalin: “Per adesso, Hitler resiste ancora vicino Mosca, e Berlino è lontana”. Al che Stalin replicò: “Non è nulla, i Russi sono già stati a Berlino due volte, e ci sarà una terza”.

Durante il banchetto celebrativo, Stalin offrì a Eden del “whisky russo” – vodka al pepe, e quando riprese fiato disse, “Questa bevanda può essere bevuta solo da gente forte. Hitler sta cominciando a capirlo”. Eden fu condotto in auto attraverso le strade dei sobborghi, e vide veicoli ed equipaggiamento militare tedesco distrutti provenienti da tutta Europa. Vide anche centinaia di corpi dei conquistatori che avevano calpestato la terra di Varsavia e Dunkerque, di Capo Nord e di Creta, di Parigi e Salonicco, e si consideravano i padroni del mondo, ma avevano trovato la morte per mano dei soldati Sovietici sui campi e nelle foreste vicino Mosca. Al ritorno dal viaggio Eden disse a Maiskij: “Ora ho visto con i miei occhi come l’esercito tedesco possa subire la sconfitta, la ritirata, la fuga”.

L’8 Luglio 1941 il Capo di Stato Maggiore Generale delle forze terrestri tedesche, Colonnello Generale Franz Halder, che anelava a distruggere tutti gli Slavi e aveva fatto tutto il possibile per eliminarli (dopo la guerra, fino al 1961, collaborò col servizio storico-militare dell’U.S. Army), scrisse nel suo diario ufficiale: “Il Führer ha fermamente deciso di radere al suolo Mosca e Leningrado, per sbarazzarsi completamente della popolazione di queste città”. Ma questo non accadde.

Nel 1941 i nostri nonni e bisnonni difesero il diritto alla vita e, salutando il nuovo anno 1942, brindarono alla vittoria. Cosa sarebbe successo al popolo dell’URSS in caso di sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale viene mostrato nella storia narrata dal Maresciallo dell’Aeronautica Golovanov. Scrisse: “Una volta venne trovata una ragazza pilota bionda e con gli occhi azzurri in un bombardiere tedesco abbattuto. Quando le chiedemmo come potesse lei, una donna, decidere di bombardare pacifiche città, uccidendo donne e bambini innocenti, rispose: “La Germania ha bisogno di spazio, ma non ha bisogno di persone su queste terre”.

Nel 1942, l’Armata Rossa continuò ad avanzare. Le regioni di Mosca e Tula vennero liberate, così come molte aree delle regioni di Kalinin, Smolensk, Rjazan’ e Orël. Le perdite di uomini per il solo Gruppo d’Armate Centro, che recentemente aveva resistito vicino Mosca, per il periodo dall’1 Gennaio al 30 Marzo 1942 furono di oltre 333.000 soldati. Dopo l’8 Gennaio fino alle operazioni offensive del 20 Aprile a Syčëvka-Vjazemskij, Toropec-Cholm, Ržev e Bolchov, le truppe dei nostri fronti Occidentale, di Kalinin e di Brjansk andarono sulla difensiva. Avanzare ulteriormente era impossibile a causa del disgelo di primavera e della difficoltà di rifornire di munizioni l’esercito, delle perdite di uomini e materiali come risultato di quattro mesi di scontri offensivi, e della mancanza di riserve necessarie per ottenere la superiorità sul Gruppo d’Armate Centro.

Il comando tedesco ripristinò l’ordine nell’esercito con misure disciplinari punitive e creò una linea di difesa pesantemente fortificata, che l’Armata Rossa non aveva forze sufficienti per oltrepassare. Inoltre, il comando tedesco aveva spostato sostanziali forze dall’Europa occidentale per tenere il fronte, In particolare, per evitare la sconfitta durante la nostra operazione a Ržev-Vjaz’ma nel 1942, i Tedeschi trasferirono dall’Europa occidentale 12 divisioni e due brigate.

Il giorno del trasferimento delle nostre truppe per difendere i summenzionati fronti (20 Aprile 1942) viene considerato il giorno della fine della Battaglia di Mosca.

Durante la Grande Guerra Patriottica [così i Russi chiamano la Seconda Guerra Mondiale, NdT], l’esercito condusse più di 51 operazioni strategiche, più di 250 operazioni sulla linea del fronte e circa 1000 altre operazioni militari. Tutte queste operazioni e battaglie vennero condotte sotto la guida del Comando Supremo alla cui testa c’era Stalin. Milioni di persone vennero messe in moto per decisione dello Stavka [il comando supremo Sovietico, NdT].

Žukov scrisse il seguente pensiero riguardo allo Stavka: “Lo Stavka era incaricato di tutte le operazioni militari delle forze armate su terra, cielo e mare, produrre la capacità per sforzi strategici nella lotta contro le riserve e usare le forze del movimento guerrigliero. Le intenzioni e i piani delle operazioni e campagne strategiche venivano elaborate all’interno dell’apparato dello Stavka – il Quartier Generale, con la partecipazione di alcuni membri dello Stavka”.

Questa pianificazione veniva preceduta da svariati lavori nel Politburo e nel Comitato di Difesa dello Stato. Discutevano della situazione internazionale del momento, e studiavano le capacità politiche e militari degli stati in guerra. Solo dopo aver studiato e discusso tutte le questioni pubbliche venivano fatte previsioni di natura politica e militare. Come risultato di tutto questo complesso lavoro veniva decisa la strategia politica e militare che avrebbe guidato il Comando Supremo.

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Per lo sviluppo dell’operazione successiva, Stalin di solito convocava il Capo di Stato Maggiore Generale e il suo Vice e considerava accuratamente con loro la situazione operativo-strategica sul fronte Tedesco-Sovietico: lo stato delle truppe sui fronti, i dati provenienti da tutti i tipi di intelligence e la prontezza delle riserve di tutte le branche militari. Poi il Comandante della Logistica dell’Armata Rossa veniva convocato allo Stavka, così come i comandanti delle varie branche militari e i capi dei dipartimenti più importanti del Commissariato del Popolo per la Difesa, che fondamentalmente avrebbero dato supporto all’operazione.

Poi il Comandante Supremo, il Vicecomandante Supremo e il Capo di Stato Maggiore discutevano delle opportunità strategiche per le nostre truppe. Al Capo di Stato Maggiore Generale e al Vicecomandante Supremo veniva dato il compito di considerare e calcolare le nostre capacità per quelle operazioni che si era pianificato di svolgere. Di solito il Comandante Supremo ci assegnava quattro o cinque giorni per questo lavoro. Poi, il Comandante Supremo dava al Capo di Stato Maggiore Generale il compito di chiedere l’opinione dei consigli militari dei fronti coinvolti nell’operazione.

Lo Stavka era ben conscio della situazione sui fronti, e rispondeva in maniera immediata alle circostanze in mutamento. Attraverso di esso lo Stato Maggiore Generale, seguendo da vicino il progresso delle operazioni, faceva gli aggiustamenti necessari per le sue truppe, ragionando su o affrontando nuovi problemi che erano sorti nella situazione esistente. Se necessario, ordinavano un raggruppamento di forze, i mezzi per raggiungere gli obiettivi dell’operazione e affidava compiti alle truppe, e in casi speciali faceva terminare le operazioni. Il Maresciallo dell’Artiglieria Nikolaj Jakovlev scrisse: “Il ritmo di lavoro era degno di nota per la sua semplicità e intelligenza. Niente discorsi sfarzosi, toni elevati, o parole dolci”.

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 Oggetto del messaggio: Re: Gli USA prepararono Hitler alla guerra contro l’URSS
MessaggioInviato: 21/06/2016, 00:18 
Gli Stati Uniti prepararono Hitler alla guerra contro l’Unione Sovietica – Parte 18

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Nell’Ottobre 1941 la 7a Armata, sotto il comando di Kirill Mereckov, dopo tre mesi di battaglie e ritirate, fermò i Finlandesi, rinforzati da truppe tedesche sul Fiume Svir’, sul lato orientale del Lago Ladoga, non permettendogli di unirsi con le truppe tedesche e chiudere completamente l’accerchiamento di Leningrado. I piani del comando tedesco vennero mandati a monte. Ai Finlandesi e ai Tedeschi non fu permesso di arrivare a Vologda dalla riva del Lago Onega.

Le truppe tedesche non erano riuscite a distruggere l’Armata Rossa e conquistare Leningrado, ma i Tedeschi erano vicini. Così, la connessione via terra della città di Leningrado e del Fronte di Leningrado col paese venne interrotta. Il rifornimento attraverso il Lago Ladoga venne complicato dal fatto che un gruppo di truppe tedesche aveva attraversato il Fiume Volchov, tagliato la ferrovia Tichvin-Volchov, e l’8 Novembre 1941 aveva catturato Tichvin.

A Leningrado c’era la carestia. Le razioni di pane, che in media ammontavano a circa 800 grammi al giorno, stavano rapidamente calando. L’1 Ottobre le razioni di pane scesero per la terza volta: gli operai e gli ingegneri ricevevano 400 grammi di pane al giorno, gli impiegati civili, i dipendenti e i bambini – oltre 200 grammi. Il 20 Novembre (5a riduzione) agli operai vennero dati 250 grammi di pane al giorno. A tutti gli altri – 125 grammi. La gente malata e debole cominciò a morire di fame e di freddo dato che il cibo consegnato non soddisfaceva i bisogni dei residenti della città, nonostante un significativo numero di cittadini evacuati.

Solo da Leningrado venne evacuata più della metà della popolazione prebellica – che ammontava a 1,7 milioni di persone. Ma il rifornimento della città attraverso il Lago Ladoga venne relativamente interrotto per un po’ di tempo dalle truppe tedesche. Il 9 Dicembre le nostre truppe liberarono Tichvin e cacciarono i Tedeschi oltre il Fiume Volchov, inviando treni alla stazione della metropolitana Vojbokalo. Un flusso continuo di traffico affluì a Leningrado. Dal 25 Dicembre 1941 le quantità di prodotti cominciarono ad aumentare.

Alla fine di Dicembre, le truppe dell’Armata Rossa occupavano diverse teste di ponte sulla riva sinistra del fiume. Come risultato dell’operazione offensiva a Tichvin le truppe sovietiche avanzarono di 100-200 chilometri e liberarono un ampio territorio.

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L’operazione militare condotta con successo permise ai ferrovieri alla fine di Gennaio del 1942 di costruire linee ferroviarie supplementari per il Lago Ladoga, e i carichi dei vagoni cominciarono ad essere scaricati direttamente nei cassoni dei camion che rimanevano in attesa sul lago ghiacciato. Più avanti, i beni venivano consegnati a Leningrado, il che permise di migliorare significativamente gli standard nutritivi dei residenti e dei soldati del Fronte di Leningrado, così come di migliorare i rifornimenti di armi e munizioni alle truppe.

Dal Febbraio 1942 cominciò il rifornimento alla città di cibo in quantità adeguata e durò fino alla rottura dell’accerchiamento.

Vasilevskij scrisse riguardo al flusso continuo giorno e notte verso Leningrado di auto cariche di cibo, medicine, carburante, equipaggiamento, munizioni e dei viaggi di ritorno che portavano via donne, bambini, anziani, malati e feriti.

Kirill Mereckov notò che anche prima del disgelo di primavera (primavera del 1942) sul Lago Ladoga a Leningrado vennero consegnate più di 300.000 tonnellate di vari carichi, e circa 500.000 persone bisognose di cure e terapie vennero evacuate.

La navigazione dei carichi continuò ad essere assicurata dai trasporti navali della Compagnia di Spedizioni del Fiume Nordoccidentale e dalle navi della Flottiglia Militare del Ladoga.

Secondo la mia opinione, il contributo fluviale al rifornimento della città e del Fronte di Leningrado è sottovalutato. Come gli autisti delle automobili d’inverno, durante il disgelo i marinai portarono giorno e notte beni a Leningrado ed evacuarono persone, e anche dopo il 1942.

Nei filmati dei documentari su Leningrado, in particolare nel film La Guerra Sconosciuta, le persone che partono per il fronte, lavorano nella fabbriche e puliscono nella primavera del 1942 le strade della città non sembrano così macilente come, per esempio, i prigionieri dei campi di concentramento tedeschi.

Alcune persone vogliono far apparire la Città Eroina di Leningrado come il campo di concentramento di Leningrado. La tendenza a trasformare gli eroi Sovietici in vittime si può vedere in tutti i documenti liberali, e il numero delle vittime del blocco di Leningrado, pubblicato dai media, cresce anno dopo anno. In realtà la città lavorò, combatté, i bambini andarono a scuola, i teatri e i cinema continuarono a funzionare.

Leningrado era difesa dai fronti del Volchov e di Leningrado. Il Fronte di Leningrado era circondato; il Fronte del Volchov era sull’anello esterno del blocco e si allungava per 250 chilometri lungo il Fiume Volchov. Il Fronte del Volchov stava facendo a pezzi le truppe di Hitler, che erano state lanciate su Leningrado e alle quali non era stata data la possibilità di unirsi alle forze finlandesi, che vennero fermate a nord del Fiume Svir’.

A questo proposito, l’assediata Leningrado non può essere considerata isolata dal Fronte di Leningrado; il Fronte poteva essere raggiunta via tram. Leningrado e il Fronte di Leningrado combatterono insieme e formarono un’unica fortezza.

Dopo l’evacuazione e sul fronte di Leningrado il numero dei residenti di Leningrado diminuì, ma questi non morirono di fame. Combattenti, comandanti e miliziani del Fronte di Leningrado sono seppelliti insieme ai residenti morti e deceduti nei cimiteri di Leningrado.

Considerare Leningrado isolata dal Fronte di Leningrado significa errare deliberatamente e arrivare ad una conclusione non vera.

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Le nostre truppe eseguirono tre operazioni per rompere l’accerchiamento, ma solo l’ultima fu un successo. Nel periodo dal 7 Gennaio al 30 Aprile 1942 le forze del Fronte del Volchov e della 54a Armata del Fronte di Leningrado iniziarono l’offensiva di Ljuban’ con lo scopo di liberare Leningrado, ma non riuscirono a far sloggiare i Tedeschi dal Lago Ladoga.

Solo 25 chilometri separavano le truppe dei fronti di Leningrado e del Volchov. Per rompere l’assedio, queste truppe dovevano incontrarsi. E il 19 Agosto 1942 le truppe del Fronte di Leningrado, e il 27 Agosto le truppe del Fronte del Volchov, con l’assistenza delle forze della Flotta del Baltico e della flottiglia militare del Ladoga, partirono all’offensiva dirette le une verso le altre. Cominciò l’offensiva verso Sinjavino, anch’essa con lo scopo di liberare Leningrado. Le nostre truppe erano fiduciose della vittoria.

Mereckov scrisse: “I piani per attaccare le truppe nelle direzioni prescelte ci davano più del triplo della superiorità numerica sul nemico in termini di uomini, il quadruplo dei carri armati, il doppio di artiglieria e mortai. Questo è quello che pensavamo, essendo ignari dell’arrivo della divisione di von Manstein da sud”.

Dato che le divisioni di von Manstein avevano incontrato la vittoria nei pressi di Sebastopoli, arrivarono da lì per l’assalto a Leningrado. Ma non riuscirono a prendere Leningrado assalendola. L’offensiva delle nostre truppe distrusse il nuovo attacco tedesco preparato su Leningrado. Erich von Manstein scrisse: “E invece del pianificato assalto a Leningrado la battaglia si sviluppò a sud del Lago Ladoga”.

Delineando gli eventi dell’offensiva su Sinjavino, la maggior parte degli storici citano la descrizione di von Manstein. Ma fu Mereckov e non von Manstein che la descrisse in modo chiaro e onesto. Scrisse riguardo ai risultati di questa operazione: “La massa delle truppe concluse la loro partenza verso la riva orientale all’alba del 29 Settembre. Le unità rimanenti si ritirarono la notte del 30 Settembre. Il combattimento si era fermato. Le nostre truppe e quelle nemiche tornarono nei pressi delle vecchie posizioni. I duelli d’artiglieria e i raid reciproci dell’aviazione continuarono come per inerzia per alcuni giorni, ma non furono intraprese azioni offensive”.

Né il comandante del Fronte del Volchov Kirill Mereckov, né il Capo dello Stato Maggiore Generale Aleksandr Vasilevskij menzionano truppe tedesche o alleate nel territorio dell’offensiva su Sinjavino. Il Gruppo Operativo Neva continuò a combattere fino al 6 Ottobre. Il comando Nazista fece molti sforzi per far oltrepassare alle truppe il Fiume Neva, ma i coraggiosi soldati del Fronte di Leningrado, grazie al coraggio dei militi che spararono al di là del fiume con l’artiglieria, riuscirono a resistere su due piccole teste di ponte. Quella fu la fine dell’offensiva su Sinjavino. I fronti del Volchov e di Leningrado non riuscirono a rompere l’assedio di Leningrado. Comunque, i calcoli del comando di Hitler per assaltare Leningrado furono un completo fallimento.

La canzone “Il Canto da Osteria del Fronte del Volchov” ha un verso che parla dell’offensiva su Sinjavino: “Sarete glorificati in eterno nelle leggende, sotto una grandine di fuoco di mitragliatrice, spingiamo le nostre baionette sulle alture di Sinjavino, i nostri reggimenti combatterono a Mga”.

Le perdite di truppe tedesche, uccise o prese prigioniere, ammontarono a circa 60.000 uomini, e in termini di macchinari – a 260 aerei, 200 carri armati, 600 cannoni e mortai. Secondo le testimonianze dei prigionieri, nella maggioranza delle divisioni erano rimasti nei ranghi solo 20 uomini. “È tre volte meglio visitare Sebastopoli che rimanere qui”, – dissero i prigionieri. Combattenti e comandanti dell’Armata Rossa contrattaccarono e le due importanti offensive protessero gli abitanti della città assediata. Leningrado continuò a vivere, combattere e lavorare.

I beni continuarono ad essere forniti a Leningrado per tutto il giorno attraverso un flusso continuo via treno e poi su strada o trasporto fluviale (a seconda del periodo dell’anno) 25 chilometri attraverso il Lago Ladoga.

I rifornimenti non raggiunsero solo la città ma anche l’intero Fronte di Leningrado con armi, proiettili, bombe, munizioni, pezzi di ricambio e cibo. Al viaggio di ritorno i vagoni ferrovieri e le barche trasportavano persone, e, dall’estate del 1942, prodotti fabbricati dalle imprese di Leningrado.

Bisogna notare che il livello di rischio sulla strada intorno al lago sia d’inverno che d’estate venne esagerato: il percorso non era più lungo di 25 chilometri ed era protetto dalle forze aeree e terrestri. Ovviamente ci furono perdite, ma comparata al numero di beni consegnati, sono insignificanti.

“D’estate Leningrado ricevette le prime tonnellate di carburante liquido con l’oleodotto lungo 25 Km, costruito sul fondo del Lago Ladoga per rifornire la città e il fronte. Poi su un cavo subacqueo cominciò a scorrere la corrente, ripristinando parzialmente la stazione idroelettrica del Volchov. Questo permise ad alcune imprese di riprendere la fabbricazione di prodotti militari”, – specifica Kirill Mereckov.

Così. nel 1941-1942, l’Esercito e il governo fecero tutto il possibile per rifornire la città e il Fronte di Leningrado, proteggere i residenti di Leningrado e rompere il blocco via terra.

Il 28 Dicembre, il Comando Supremo adottò il terzo piano d’operazioni per rompere il blocco e gli assegnò il nome “Iskra” [Scintilla in Russo, NdT]. “L’idea di questa operazione era assicurare i contrattacchi su due fronti -quelli di Leningrado e del Volchov- sconfiggere il gruppo nemico sul perimetro Šlissel’burg-Sinjavino, rompere il blocco e ripristinare i collegamenti terrestri di Leningrado con le parti centrali del paese.

Le nostre truppe nei pressi di Leningrado dovevano combattere in condizioni difficili: d’estate, un enorme numero di zanzare non dava riposo ai soldati giorno e notte, d’inverno c’erano cumuli di neve e gelo intenso. Tutto questo intorno a foreste e paludi, nelle quali era difficile muoversi, per non parlare dello spostamento di veicoli, pezzi d’artiglieria, carri armati e altro equipaggiamento.

Dopo un’attenta considerazione di tutte le opzioni venne deciso di sfondare attraverso le fortificazioni tedesche leggermente a nord del luogo dove tentammo di sfondare il blocco dal 19 Agosto al 10 Ottobre 1942 mentre conducevamo l’offensiva su Sinjavino. Quest’area era la più ostica a causa della presenza di fortificazioni nemiche estremamente potenti, ma anche la meno estesa. Dovevamo conquistare una striscia di 12 chilometri tra Šlissel’burg e Limes, oppure di nove chilometri per ognuno dei nostri due fronti”, – scrisse Kirill Mereckov.

Il fronte di Leningrado doveva effettuare un contrattacco solo nel luogo vicino alle truppe del Fronte del Volchov. Non c’erano forze sufficienti per un’operazione più profonda sul Fronte di Leningrado, dato che tutti i rifornimenti per il fronte e la città venivano trasportati sulla Strada della Vita, ovvero sul ghiaccio del Lago Ladoga.

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I Tedeschi cercarono di interrompere la Strada della Vita, ma le Isole Secche erano divise. A causa della posizione del fronte di Leningrado e della difficoltà di muovere l’equipaggiamento in un’area paludosa, i Sovietici dovettero pianificare l’attacco all’area Šlissel’burg-Sinjavino fortificata dai Tedeschi. La densità di truppe tedesche in quest’area superava del doppio il numero teorizzato nei loro documenti.

Ma lo Stavka [Il comando supremo Sovietico, NdT] poteva mettere a disposizione per ogni chilometro di fronte, in media, 160 cannoni e mortai. Questo permise alle nostre truppe di creare una densità di fuoco estremamente alta, sufficiente per distruggere le fortificazioni tedesche. Tutta l’aviazione della 14a Armata Aerea del Maggior Generale Ivan Žuravlev sulla linea del fronte venne ridispiegata sul sito dell’avanzata. L’operazione coinvolse anche l’Aviazione a Lungo Raggio del Colonnello Generale Aleksandr Golovanov. La Flotta del Baltico e la Flottiglia Militare del Ladoga appoggiarono l’offensiva delle nostre truppe.

Il 12 Gennaio 1943 cominciò il bombardamento preparatorio di aviazione e artiglieria. La nostra artiglieria distrusse le linee tedesche per circa due ore. Decine di tonnellate di metallo lanciate contro il nemico distrussero le posizioni tedesche e ridussero al silenzio le loro svariate postazioni d’artiglieria. Le nostre truppe andarono all’offensiva.

La resistenza maggiore del nemico avvenne nell’area del Bosco Rotondo. Ci furono combattimenti per tutto il giorno, che si trasformavano ripetutamente in corpo a corpo. Alla sera venne preso il suddetto nodo di resistenza. La 327a Divisione, dopo questa impresa perfetta, divenne una divisione della Guardia. Il 13 e il 14 Gennaio Lipki e l’Insediamento Operaio No. 8 vennero isolati e conquistati. Tutti i tentativi delle nuove truppe tedesche di raggiungere Mga non ebbero successo.

Rimanevano solo da superare i due chilometri più fortificati sui fronti per poter rompere il blocco. E furono oltrepassati. Il 18 Gennaio 1943 le truppe dei fronti del Volchov e di Leningrado si incontrarono. L’assedio di Leningrado, che durò 500 giorni e notti (1 anno, 4 mesi e 10 giorni), venne spezzato; i collegamenti via terra della città col paese vennero ripristinati.

Sono i milioni di atti eroici del popolo Sovietico sul fronte e nelle retrovie che ci hanno dato la vittoria. La storia della Grande Guerra Patriottica [Così i Russi chiamano la Seconda Guerra Mondiale, NdT] è piena di grandi esempi di dimostrazioni di massa di eroismo. Nessun paese e nessun esercito del mondo hanno conosciuto un tale eroismo.

“Quando le unità dei fronti del Volchov e di Leningrado si diressero verso sud a fine Gennaio del 1943, occupando posizioni lungo il fronte di Sinjavino, le retrovie erano già in pieno movimento: nel corridoio a nord di Sinjavino stava venendo costruita una ferrovia per Leningrado. Le truppe in avanzata si mossero davanti alle squadre di ferrovieri. Arrivarono in aiuto alla popolazione locale, e alcune unità militari dai fronti vennero assegnate alla costruzione dei binari… Venne costruito sulla Neva un ponte temporaneo di tronchi ghiacciati, che connetteva un ramo dei binari dal Fiume Černaja al villaggio chiamato Morozov.

Già il 2 Febbraio, appena i vagoni riparati vennero posizionati e messi in sicurezza sull’ultima rotaia, venne superato un test strutturale, e dopo quattro giorni i treni merci si affrettarono in successione sulla linea di 36 chilometri. La Strada per la Vittoria [Il percorso ferroviario che sostituì la Strada della Vita sul Lago Ladoga, NdT] fu il risultato di due settimane di lavoro eroico che diede ottimi risultati”, – scrisse il comandante del Fronte del Volchov Kirill Mereckov. Parallele alle linee ferroviarie c’erano le strade rotabili.

I Tedeschi cominciarono a bombardare le ferrovie costruite, ma venne costruita un’altra diramazione verso un’altra linea ferroviaria in un posto più sicuro, e con l’artiglieria pesante di entrambi i fronti e cannoni portati a terra dalle navi della Flotta del Baltico, i Sovietici distrussero una batteria tedesca, e i cannoni nemici vennero ridotti al silenzio.

Per quasi 12 mesi il coinvolgimento delle truppe del fronte nel combattimento divenne più o meno intenso, in direzione della stazione di Mga, nel tentativo di espandere la fascia di territorio liberato e non permettere ai Tedeschi di riprendersi il terreno già conquistato. Ma le nostre armate non avevano le forze sufficienti per sfondare le difese tedesche. E lo Stavka non poteva assegnare truppe aggiuntive perché le riserve principali erano rimaste a Stalingrado e Kursk, che decisero il destino della guerra.

Dopo aver rotto l’assedio con la battaglia del 18 Gennaio 1943, l’artiglieria e gli aerei Sovietici tormentarono i Tedeschi. Aleksandr Golovanov scrisse che le truppe tedesche nell’area di Sinjavino vennero bombardate da grandi gruppi di aerei ammassati, cosa che diede risultati più visibili. Perciò, in undici raid sull’area solo 1299 bombardieri a lungo raggio parteciparono. L’aviazione del fronte bombardò massicciamente le truppe tedesche.

Si sa che durante l’attacco a Leningrado, l’assedio della città e la ritirata, non solo le nostre, ma anche le unità militari tedesche subirono enormi perdite. Ma i nostri storici e politici rimangono silenziosi su questo, descrivendo invece come ingiustificate le perdite nei pressi di Leningrado.

Alcuni scrivono perfino che non c’era bisogno di proteggere la città, e che era necessario cederla al nemico, così i residenti di Leningrado avrebbero evitato la fame e i soldati – sanguinosi combattimenti. La gente scrive e parla di questo, sapendo che Hitler promise di distruggere tutti gli abitanti di Leningrado.

Penso che capiscano che la caduta di Leningrado avrebbe significato la distruzione di un gran numero della popolazione della parte nordoccidentale dell’URSS e la perdita di enormi quantità di beni materiali e culturali.

Inoltre, le truppe tedesche e finlandesi che in seguito si sarebbero rese disponibili avrebbero potuto essere schierate verso Mosca e in altre parti del fronte Tedesco-Sovietico, e a loro volta avrebbero potuto portare alla vittoria della Germania e alla distruzione dell’intera popolazione della parte europea dell’Unione Sovietica.

Solo quelli che odiano la Russia si rammaricano del fatto che Leningrado non sia stata ceduta al nemico. Hitler stava per prendere Leningrado in quattro settimane, il 21 Luglio 1941, e liberare truppe da inviare all’assalto di Mosca, ma nel Gennaio 1944 non era ancora riuscito a prendere la città.

Hitler ordinò di offrire la resa della città affinché le truppe tedesche non conquistassero e cancellassero la città dalla faccia della terra, ma in realtà, nel Gennaio 1944, le divisioni tedesche stazionate nei pressi di Leningrado vennero cancellate dalla faccia della terra dalle truppe dei fronti del Volchov e di Leningrado.

Hitler affermò che Leningrado sarebbe stata la prima città importante catturata dai Tedeschi in Unione Sovietica, e non risparmiò sforzi per la sua cattura, ma non considerò il fatto che non stava combattendo in Europa ma nella Russia Sovietica. Non mise in conto il coraggio di Lenigrado e la forza delle nostre armi.

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MessaggioInviato: 21/06/2016, 00:20 
Gli Stati Uniti prepararono Hitler alla guerra contro l’Unione Sovietica – Parte 19

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In Unione Sovietica tutti, al fronte e nelle retrovie, valevano, come si dice, il loro peso in oro. Dall’epoca dell’industrializzazione al paese mancavano le risorse umane per la costruzione delle fabbriche, per il lavoro nelle imprese edili del paese, e per lo sviluppo dei territori dell’Estremo Oriente russo e della Siberia.

Mancavano le risorse umane per proteggere la patria e le retrovie durante la Grande Guerra Patriottica [Così i Russi chiamano la Seconda Guerra Mondiale, NdT]; l’Europa Unita di Hitler superava considerevolmente di numero l’URSS. Fino all’estate del 1943 la forza delle truppe della Germania e dei suoi alleati superava il numero di truppe dell’Armata Rossa sul fronte orientale di più di 1 milione di uomini.

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Nonostante le forze nemiche superiori, le nostre truppe nella prima metà del 1942 raggiunsero risultati positivi non solo nella Battaglia di Mosca, ma anche in operazioni separate in altre aree.

Dal 7 Gennaio al 20 Maggio 1942, le armate del Fronte Nordoccidentale eseguirono l’operazione offensiva a Demjansk, circondando sei divisioni tedesche (circa 95.000 soldati). Sfortunatamente, non fu possibile catturare o distruggere il raggruppamento circondato. La maggior parte delle truppe tedesche fuggì. Nel 1942 l’Armata Rossa condusse più di 20 offensive su larga scala e operazioni difensive.

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Svolgendo alcune operazioni, le nostre truppe ottennero un importante successo tattico: le forze che tenevano il Fronte Nordoccidentale e l’ala destra del Fronte di Kalinin, nel periodo dal 9 Gennaio al 6 Febbraio 1942, durante l’Offensiva Toropec-Cholm, avanzarono di 250 chilometri e sfondarono a Velikie Luki e Vicebsk; conducendo un’operazione dal 18 al 31 Gennaio a Barvenkovo-Lozovaja le truppe dei fronti Sudoccidentale e Meridionale avanzarono di 100 chilometri nelle direzioni ovest e sudovest, infliggendo perdite significative al nemico – fino al 70% del personale delle divisioni di fanteria; quando le nostre forze eseguirono un’operazione dal 30 Luglio al 23 Agosto a Ržev-Syčëvka sull’ala sinistra del Fronte di Kalinin e l’ala destra del Fronte Occidentale, le forze tedesche subirono gravi perdite in termini di uomini (il 50-80% dell’organico) e mezzi (nelle divisioni corazzate tedesche, rimasero solo 20-30 carri armati su 150-160).

Ci sono altri esempi di offensive riuscite delle nostre truppe in operazioni nell’inverno e nell’estate del 1942. Ma in genere non avevamo abbastanza forze per raggiungere completamente gli obiettivi stabiliti per le operazioni della primavera e dell’estate 1942.

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Comunque, era necessario continuare a condurre operazioni offensive su certe direttrici: primo, espellere il nemico dai territori occupati, secondo, conservare le iniziative strategiche necessarie ad impedire grosse perdite non giustificate, e terzo, aiutare le nostre truppe sulla difensiva – in particolare le truppe che difendevano Sebastopoli.

Questo supporto risaliva al 1941. Il 25 Dicembre 1942, solo dopo un mese dalla cattura della Crimea ad opera degli eserciti tedesco e romeno, cominciò l’operazione Kerč’-Feodosia – truppe Sovietiche vennero fatte sbarcare sulla Penisola di Kerč’.

L’operazione cominciò con l’obiettivo di assistere Sebastopoli, che, dal 20 Ottobre 1941, continuò a combattere le truppe tedesche in avanzata. Il 2 Gennaio 1942 l’operazione venne completata con successo, e la Penisola di Kerč’ venne ripulita dal nemico. Da quel momento la difesa della Penisola di Crimea tenne il fronte.

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Le memorie dei comandanti militari tedeschi esagerano il numero delle nostre truppe che sbarcarono sulla Penisola di Kerč’.

“In realtà, vicino Kerč’, dal 26 al 31 Dicembre, vennero fatti sbarcare circa 19.000 uomini della 51a Armata del Fronte Transcaucasico. A Feodosia, dal 29 al 31 Dicembre, con l’aiuto della Flotta del Mar Nero, sbarcarono 3 squadroni comprendenti 23.000 soldati della 44a Armata dello stesso fronte.

Tenendo in conto le perdite avvenute l’1 Gennaio, non vennero concentrati in quel luogo più di 40.000 soldati. In quel periodo il nemico aveva, considerando le riserve che vennero trasferite, circa lo stesso numero di soldati”, – scrivono A.V. Isjaev ed E.M. Moroz. Erano in larga parte truppe romene.

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Von Manstein scrisse di sei divisioni della 44a Armata che sbarcarono a Feodosia, mentre erano solo tre: la 157a, la 236a e la 9a Divisione di Fanteria. Non solo non avevamo il triplo delle forze del nemico, come afferma von Manstein, ma non avevamo alcuna superiorità numerica. Ma, nonostante questa mancanza di superiorità, le nostre truppe ancora occupavano la Penisola di Kerč’.

Von Manstein fece un capro espiatorio del Conte von Sponeck, che, va notato, facendo ritirare le sue truppe salvò le divisioni dalla distruzione causata dall’impatto dei paracadutisti Sovietici. Il 23 Gennaio 1942 von Sponeck venne condannato a morte e giustiziato nel 1944. Von Manstein era compiaciuto del suo potere e usava i propri errori per ottenerne altro.

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Il 2 Gennaio la linea del fronte si stabilizzò, e da quel momento il comandante dell’11a Armata cominciò a riunire forze contro le nostre truppe che resistevano sulla Penisola di Kerč’, che non avevano abbastanza forze per muoversi in profondità in Crimea. Ma la presenza delle nostre truppe non permise al nemico di prendere Sebastopoli.

Perciò, il 20 Marzo 1942, le truppe del Feldmaresciallo iniziarono l’offensiva contro il Fronte Crimeano. L’offensiva di von Manstein finì in una disfatta con gravi perdite. Questa sconfitta può essere spiegata dalla superiorità delle truppe Sovietiche, che andarono loro stesse all’offensiva, così come dallo scarso addestramento delle divisioni corazzate tedesche. Von Bock sostiene von Manstein e dichiara la perdita dei 72 carri armati fatti avanzare dall’esercito tedesco. Ma c’erano solo 17 carri tedeschi sulla nostra posizione, dei quali otto si dimostrarono funzionanti e vennero catturati dalle truppe Sovietiche. V. Gončarov conclude: “Si può affermare che la Wehrmacht prese un completo abbaglio – dal reggimento carri al comando del gruppo d’armate”.

La nostra offensiva del 9 Aprile sulle posizioni nemiche non ci portò al successo. Bisogna notare che le nostre truppe, reclutate nelle repubbliche del Caucaso e dispiegate in Crimea nel Gennaio-Febbraio 1942 per assistere i paracadutisti, dimostrarono scarsa efficienza.

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L’8 Maggio 1942 i Tedeschi ripresero l’offensiva e catturarono… la Penisola di Kerč’. La maggior parte dei ricercatori e degli storici crede che questa vittoria fu la più brillante di quelle che von Manstein ottenne contro numeri di nemici schiaccianti. Va notato che tutte le altre vittorie le ottenne con forze superiori a quelle del nemico.

Secondo me, non ci sono le basi per asserire inequivocabilmente la superiorità delle nostre truppe sui Tedeschi, per via del fatto che non ci sono informazioni ufficiali sul numero di truppe tedesche che presero parte all’offensiva di Maggio contro la Penisola di Kerč’.

Gončarov stima le nostre forze in 249.800 soldati, inclusi quelli situati a Kerč’ e Kamish Burun come parte della Flotta del Mar Nero e della Flottiglia dell’Azov. Gončarov scrisse ciò riguardo al numero delle truppe tedesche:

“Il numero delle truppe tedesche è ignoto, e von Manstein e i successivi storici tedeschi hanno scelto di non riportarlo. Dal numero di unità (si stimano 10 divisioni più gli alloggiamenti e le unità collegate) possiamo presumere che anche con le perdite nelle precedenti battaglie il numero delle truppe tedesche era compreso fra i 150.000 e i 200.000 soldati”.

Ma forse i Tedeschi avevano riunito le forze e rimpiazzato le perdite delle precedenti battaglie. Secondo la mia opinione, la forza delle truppe tedesche e Sovietiche era la stessa, e le sfide che dovevano affrontare erano le stesse; aiutare le proprie truppe nella battaglia per Sebastopoli. Le truppe Sovietiche, ovviamente, aiutarono i difensori della città, mentre le truppe di von Manstein aiutarono gli invasori Nazisti della città.

Von Manstein afferma che in queste battaglie vennero catturati 170.000 prigionieri Sovietici. Ma i calcoli dimostrano che von Manstein scrisse il falso, esagerando il numero dei prigionieri Sovietici, così come esagerò costantemente il numero di truppe Sovietiche che affrontava.

L’evacuazione delle truppe Sovietiche venne fatta in condizioni difficilissime, e dal 14 al 20 Maggio 120.000 soldati vennero portati via dalla Penisola di Kerč’. Quest’informazione è confermata dall’enciclopedia e dalle ricerche di V. Gončarov.

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Il rapporto della KVBM (scuola per autisti di veicoli militari) sul combattimento, redatto nel Luglio 1942, indica che 150.000 persone transitarono attraverso lo Stresso. E questa è una stima reale, dato che molti feriti e divisioni della retroguardia cominciarono ad attraversare il 9-10 Maggio. Ma questo numero non tiene in conto coloro che hanno attraversato lo Stretto per conto proprio.

Parte delle nostre truppe si rifugiò nelle cave di Adžimuškaj e nell’Ottobre 1942 combatté eroicamente il nemico. Alcuni dei combattenti Sovietici vennero uccisi in battaglia e durante l’attraversamento. Scrisse Aleksandr Vasilevskij: “Come risultato il nemico, il 14 Maggio, sfondò attraverso la periferia di Kerč’. La ritirata delle nostre truppe verso est cominciò e proseguì oltre lo Stretto di Kerč’ fino alla Penisola di Taman. Le truppe subirono gravi perdite”.

Di solito venire catturati vuol dire essere dispersi senza lasciare traccia, ovvero, entrare in quel numero di truppe la cui cattura o morte non è confermata, così è difficile stabilire il numero di soldati e ufficiali Sovietici uccisi nel combattimento di Maggio in difesa della Penisola di Kerč’ e durante l’attraversamento. I marinai della Flotta del Mar Nero e della Flottiglia dell’Azov che combattevano in mare difficilmente avrebbero potuto finire tra i prigionieri.

Vasilevskij scrisse riguardo alla composizione della 21a Divisione del Fronte Crimeano. Per gli standard del 1942 la nostra divisione di fanteria di 7000 soldati veniva considerata ben fornita, il che significa che il numero degli uomini delle divisioni fucilieri del Fronte Crimeano non superava i 150.000 soldati.

Anche se consideriamo il numero di truppe sulla Penisola di Kerč’ l’8 Maggio 1942 come uguale a 249.800 uomini, e togliamo da questo totale gli evacuati, i morti, quelli rimasti nelle cave, i marinai della Flotta e della Flottiglia, così come quelli non tenuti in conto che stavano attraversando lo Stretto, il numero di soldati e ufficiali Sovietici catturati non può superare i 50.000 uomini, e questo è il numero massimo possibile.

Penso che in realtà il numero di prigionieri fu di molto inferiore. I Nazisti portarono un brutale terrore nella città e nei sobborghi di Kerč'; uccisero 15.000 prigionieri di guerra Sovietici, uccisero 14.000 civili e più di 14.000 persone vennero portate via per il lavoro forzato in Germania.

Forse il numero dei nostri prigionieri di guerra fu di 15.000 persone, e i Tedeschi li uccisero tutti, perché non volevano nutrirli e proteggerli; continuarono lo sterminio del popolo Sovietico, e nei numeri dei prigionieri von Manstein registrò che quasi tutti erano truppe del Fronte Crimeano.

Ma la domanda sorge spontanea: chi ha dato l’ordine di affidarsi senza rifletterci a fonti straniere e offrire informazioni non vere?

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 Oggetto del messaggio: Re: Gli USA prepararono Hitler alla guerra contro l’URSS
MessaggioInviato: 21/06/2016, 00:23 
Gli Stati Uniti prepararono Hitler alla guerra contro l’Unione Sovietica – Parte 20

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Chilometri di fossati vennero riempiti con cadaveri di bambini: cosa fecero gli assassini Nazisti in Crimea.

Per riuscire a continuare a vivere abbiamo bisogno di riottenere la verità riguardo alla guerra, a dispetto di ogni difficoltà. La vittoria nella Grande Guerra Patriottica [così i Russi chiamano la Seconda Guerra Mondiale, NdT] ha mantenuto la nostra dignità umana – questo è il nostro ultimo bastione di pace. La maggior parte degli altri grandi risultati risultati dell’era Sovietica è stata dimenticata.

La verità riguardo alla guerra ci mostra che i nostri problemi erano associati soprattutto alle forze significativamente superiori dello “Stato” che ci ha attaccato – l’Europa Unita di Hitler. Ma, ovviamente, ci furono anche errori commessi dai nostri comandanti militari.

Le cause della nostra sconfitta nella Battaglia della Penisola di Kerč’ vennero studiate dallo Stavka [il comando supremo Sovietico, NdT]. Il Comitato dello Stavka sentenziò che la leadership delle truppe del Fronte Crimeano, ovvero il comandante Tenente Generale Dmitrij Kozlov e il rappresentante del Comando Supremo dell’Esercito, Commissario di 1° Rango Lev Mechlis, “era chiaramente indifendibile”. Il comandante del Fronte e il rappresentante dello Stavka vennero rimossi dai loro incarichi e degradati.

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“La perdita della Penisola di Kerč’ mise le nostre truppe nell’area difensiva di Sebastopoli in una situazione eccezionalmente difficile. Tutte le forze dell’11a Armata tedesca si erano rivolte contro di esse. L’eroica difesa della città durò 250 tremendi giorni e notti.

Ad inizio Luglio 1942, quando divenne chiaro che la terza offensiva nemica non poteva essere respinta, parte dei difensori di Sebastopoli venne evacuata sulla costa caucasica del Mar Nero. Ma c’era ancora un gran numero di combattenti sulla riva che continuò l’altruista lotta fino al 9 Luglio. Unità individuali si unirono ai guerriglieri crimeani e continuarono lì il combattimento”, scrisse Aleksandr Vasilevskij.

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La cattura di Sebastopoli fu l’apice della carriera militare di von Manstein e, allo stesso tempo, l’ultima vittoria delle truppe tedesche sotto il suo comando.

“Leningrado, Stalingrado, Char’kov e Kursk saranno i passi verso la sconfitta [dei Tedeschi, NdT] e il Dnepr, Korsun’ e Kamentets-Podolskij sono ferite dalle quali sono solo riusciti a sfuggire ad una rotta completa. Ecco perché l’astuta valutazione dell’equilibrio delle forze, le riserve modeste, e piccole distorsioni verranno gradualmente sostituite da numeri del tutto gonfiati, che sovrastimano il numero delle loro truppe ed esagerano senza vergogna il numero di nemici”, scrivono A. Isaev e M. Morozov.

Infatti, quando si comparano le informazioni sul numero reale di truppe, ci si può solo meravigliare dell’estensione delle bugie provenute dai feldmarescialli generali. Per esempio, von Manstein scrive che nel Marzo 1943, il Gruppo d’Armate “Sud” (l’ex Gruppo d’Armate “Don”) teneva un fronte di 700 chilometri dal Mar d’Azov all’area a nord di Char’kov, e con un bilancio di forze di 1 a 7, ovvero il numero di forze Sovietiche che avevano di fronte i Tedeschi superava i secondi di 7 volte. In realtà, il 22 Febbraio, il numero di truppe Sovietiche era di 746.057 soldati, e il nemico aveva 662.200 uomini.

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A Marzo l’equilibrio di forze cambiò a favore dei Tedeschi. È ovvio che le stime citate sono una frode consapevole. Una persona normale non può credere che i falsari stranieri e del nostro paese possano distorcere le informazioni anche 5 o 10 volte. E per di più, gente al livello dei feldmarescialli. È una falsificazione calcolata.

Anche Hitler si stufò dello scandaloso, arrogante, ingannevole, continuamente sconfitto comandante del Gruppo d’Armate “Sud”, e il 30 Marzo 1944, mandò onorevolmente in pensione von Manstein.

E quello che i “von Manstein” stavano facendo nel nostro paese si può capirlo dal rapporto della Commissione Statale Straordinaria riguardo ai crimini dei Tedeschi nella città di Kerč’. L’atto venne presentato al Processo di Norimberga. Ecco cosa dice:

“Nel Gennaio 1942, esaminando Bagerovo, venne scoperta una fossa lunga un chilometro, larga 4 metri, profonda 2 metri e riempita di cadaveri di donne, bambini, anziani e adolescenti. Vicino alla trincea c’erano pozzanghere di sangue congelato. C’erano sparsi tutto intorno cappelli da bambino, giocattoli, fiocchi, bottoni strappati, guanti, biberon, scarpe e calosce, insieme a monconi di braccia e gambe e altre parti del corpo. Tutto era sporco di sangue e materia cerebrale”.

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Ecco perché i Tedeschi temevano di arrendersi e combattevano fino all’ultimo, non per il coraggio, ma perché temevano che da prigionieri avrebbero dovuto rispondere di tutti i crimini commessi. Ma non sapevano che avevano attaccato il popolo più nobile della terra, che non uccide la gente disarmata.

Per la prima volta le nostre truppe ripresero Kerč’ dai Tedeschi il 30 Dicembre 1941. Le truppe tedesche rimasero a Kerč’ per appena un mese e mezzo, e durante quel periodo commisero diverse atrocità. Questo esempio non è l’unica prova delle atrocità tedesche in Crimea. Questi crimini vennero commessi da selvaggi al massimo grado di sviluppo del Fascismo europeo liberale. I Tedeschi commisero atrocità del genere nella maggior parte delle città e dei villaggi dell’Unione Sovietica. E dopo tutto non fummo noi, ma furono loro che vennero nella nostra terra.

L’Armata Rossa, nonostante tutto l’odio per il nemico, non permise mai atrocità del genere. Il comando tedesco lo sapeva, e anche durante la guerra, sofisticate bugie dell’importante servizio segreto tedesco fecero diverse provocazioni per denigrare l’esercito Sovietico. Facendo queste provocazioni, non risparmiarono né loro stessi né qualcun altro, e commisero crimini per perseguitare di nuovo il nostro esercito.

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Nella maggior parte dei casi, il nostro passato viene distorto intenzionalmente, volutamente, e, a mio avviso, questo lavoro sporco è ben finanziato. Gli stessi falsificatori crearono calunniose contraffazioni riguardo i presunti numerosi casi di atrocità da parte dei nostri combattenti e lasciarono i documenti fuori dall’ufficio di Goebbels. E devo ammetterlo, i Nazisti di oggi, i discepoli di Goebbels, hanno sorpassato i loro maestri nella profanazione delle nostre passate vittorie.

Ma tutti gli sforzi di Goebbels e dei suoi studenti nel creare ricostruzioni e miti riguardo alle atrocità delle nostre truppe crollano davanti al primo e corretto studio dell’argomento da parte di ricercatori come A. Isaev, P. Sutulin, O. Rubetskij, G. Pernavskij, Aleksander Djukov, B. Gončarov, M. Morozov, I. Kričevskij, Dmitrij Makeev, Igor Pihalov, O. Ross e N. Mendkovič.

Siamo grati per la loro opera titanica tanto necessaria al popolo. La mente e il cuore di una persona normale rabbrividiscono alle atrocità commesse in massa di Tedeschi sulla nostra terra. In meno di sei mesi, dal Luglio 1941, nell’area di responsabilità dell’11a Armata, che dal Settembre 1941 venne comandata da Erich von Manstein, in Crimea vennero giustiziate un totale di 75.881 persone.

“La caduta di Sebastopoli fu il momento di gloria di Erich von Manstein, nato von Lewinski, e questo segnò la nostra ora. I. Antonjuk, marinaio dell’8a Brigata di Fanteria di Marina:

…fummo riuniti in una colonna, in fila per quattro, e spinti in avanti. Tutti sporchi e vestiti di stracci. I Tedeschi ci spararono, ci picchiarono coi calci dei fucili, spararono in aria in direzione della gente o della colonna. Quando venimmo portati sulla strada per Yalta, prima di raggiungere il Monte Sapun, ci venne incontro una colonna di carri armati. Loro non si fermarono, ma nemmeno i crauti fecero girare la nostra colonna. Quelli che cercarono di fuggire dal convoglio vennero uccisi dai Tedeschi con le mitragliatrici. Così dalla testa alla coda i Tedeschi schiacciarono la colonna con i cingoli dei carri armati. Non ci fecero fermare. E i carri continuarono ad avanzare contro di noi per tutto il tempo. Molti di noi cercarono di scappare ma vennero sparati.

L. Tarasenko, un residente della città di Sebastopoli (nel 1942 era 14enne):

“La nostra lunga resistenza rese i Tedeschi brutali. Afferrarono dei marinai dal convoglio e gli spararono a distanza ravvicinata. I nostri combattenti qua e là nella colonna stavano lottando con le guardie tedesche. Quando arrivammo sull’autostrada fui scioccato dal vedere come delle enormi macchine stessero passando sui prigionieri, e quando passavano la gente veniva schiacciata come rane sull’asfalto”.

A. Makarenko (Lukaševskij), assistente medico del 3° Battaglione, 287° Reggimento di Fanteria della 25a Divisione Čapaev:

“Venimmo spinti a piedi nudi insieme ai nostri feriti sulla strada per Inkerman. Quando eravamo stanchi ci picchiavano e ci sparavano. A Inkerman c’era un guado del Fiume Čërnaja dietro al filo spinato. Quelli che corsero a bere e lavarsi, rimasero lì. I Tedeschi lanciarono granate contro tutti loro”.

A. Utin, marinaio:

“I Tedeschi, con le uniformi nere dalle maniche arrotolate, uomini muscolosi con facce da ubriaco, afferravano prigionieri dalla colonna ogni 5-6 passi e gli sparavano alla nuca. Quando raggiungemmo Bachčysaraj, solo metà della colonna era rimasta in vita”.

N. Yančenko, marinaio/operatore radio del distaccamento addestrativo della Flotta del Mar Nero:

“Il 4 Luglio venni preso prigioniero… Sulla strada venimmo scortati da traditori tartari. Picchiavano lo staff medico. Dopo il carcere a Sebastopoli, venimmo scortati attraverso la valle di Belbek, che era minata. Molti uomini della nostra Armata Rossa e della Marina Rossa morirono qui. Fummo mandati nel campo di Bachčysaraj, che era così affollato che una mela non avrebbe trovato lo spazio per cadere a terra. Tre giorni dopo venimmo fatti marciare a Sinferopoli, accompagnati non solo da Tedeschi, ma anche da Tartari di Crimea traditori. Una volta vidi un Tartaro che decapitava un fante di marina dell’Armata Rossa”.

Il Tenente I. Michailjuk, comandante del battaglione caccia della base della 20a Forza Aerea della Flotta del Mar Nero:

“…ci venne detto che ai feriti che potevano camminare era permesso andare nella colonna normale, ma che se finivano dietro sarebbero stati uccisi. Fu così per tutta la strada verso Belbek… A Belbek il traduttore tedesco annunciò che ai commissari e agli ufficiali politici era stato ordinato di lasciare la colonna per un luogo specifico. Poi i comandanti vennero convocati. Nel frattempo, i Tartari di Crimea traditori andavano tra i prigionieri e cercavano persone nominate. Se trovavano qualcuno lo portavano via immediatamente, così come portarono via altre 15-20 persone, sdraiate nei pressi”.

Come ha fatto un feldmaresciallo destituito a rassicurarci? – “La mia opinione venne condivisa da quasi tutte le unità delle forze terrestri. E nell’11a Armata, l’ordine riguardante l’esecuzione dei commissari non venne eseguito”.

E nell’angolo della Baia dei Cosacchi, in direzione della 35a Batteria d’Artiglieria, oggi c’è un monumento con iscrizioni in due lingue – Russo e Tedesco, per quelli che morirono lì nel 1942 e nel 1944. Per quelli che vennero uccisi qui, e per quelli che uccisero…” – scrivono A. Isaev e E. Morozov. Sì, è questo genere di monumenti che ora abbiamo cominciato a erigere ora.

Dopo lo smembramento dell’Unione Sovietica nel 1991, cominciò un attacco all’esercito russo in un’epoca in cui l’esercito più potente del mondo cominciò a ridurre il suo organico, distruggere i suoi missili, aerei, cannoni, carri armati, navi, sottomarini e altre armi. Passarono gli anni, ma il lavoro di riduzione dell’esercito russo fino a dimensioni ridicole non si fermò per un singolo giorno, e solo il Presidente Vladimir Putin riuscì a fermare il completo disfacimento dell’esercito russo e del complesso militare-industriale.

Distruggendo l’esercito russo, i liberali inflissero ai Russi e ad altri popoli della Russia lo stesso sentimento di angoscia che provarono all’epoca in cui la loro avanzata industria militare era comunque inferiore all’esercito e all’industria militare dell’Europa Unita di Hitler.

Il popolo della Federazione Russa dopo il 1991 dimostrò un’assoluta indifferenza alle condizioni delle Forze Armate. Ora dobbiamo iniziare una rimonta e forse i Russi pagheranno caro per l’incuria e l’indifferenza nei confronti della rovina del loro esercito e del complesso militare-industriale.

Nel periodo prebellico sotto Stalin costruimmo e facemmo tutto il possibile per rafforzare l’esercito e lo sviluppo industriale, ma non avemmo il tempo di attaccare il nemico per sorpassare l’Europa nella produzione di armi ed equipaggiamenti per un esercito moderno. Non avemmo un periodo di pace sufficiente per sorpassare l’intera Europa Unita della Germania, che solo per il numero di abitanti aveva il doppio delle forze dell’URSS.

La situazione militare sull’ala meridionale del fronte Tedesco-Sovietico nel Luglio 1942 cambiò in favore del nemico dopo la cattura non solo della Crimea, ma anche di Sebastopoli. Lo Stavka e lo Stato Maggiore Generale valutarono la situazione in modo realistico. Nell’estate del 1942 venne pianificata una difesa strategica attiva, un accumulo di riserve, e poi la transizione verso un’offensiva decisiva.

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MessaggioInviato: 21/06/2016, 00:25 
Gli Stati Uniti prepararono Hitler alla guerra contro l’Unione Sovietica – Parte 21

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Massacro a Char’kov: come il “brillante leader” Chruščëv uccise migliaia di soldati

L’equilibrio di forze sul fronte Tedesco-Sovietico nel Maggio 1942 era il seguente: l’Armata Rossa aveva 5,1 milioni di soldati (senza contare le forze di difesa aerea e la Marina), quasi 3900 carri armati, 44.900 cannoni e mortai e circa 2200 aerei da combattimento.

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L’esercito Nazista aveva 6,2 milioni di soldati, 3229 carri armati e semoventi d’assalto, 57.000 cannoni e mortai e 3395 aerei da combattimento. Si noti che la Germania e i suoi alleati avevano 1 milione e 100.000 soldati e ufficiali in più rispetto alle nostre forze terrestri. La superiorità numerica delle truppe tedesche e alleate rimase in essere dal primo giorno di guerra fino al 1943.

Ma già nell’estate del 1943 il numero di truppe dell’Armata Rossa superava il numero delle truppe tedesche di 1,8 milioni di uomini. E alcune persone dicono che le armate dell’URSS persero più truppe della Germania e dei suoi alleati!

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Nell’estate del 1942 la Germania aveva cannoni e aerei superiori. Avevamo una leggera superiorità in fatto di carri armati, ma i carri leggeri costituivano ancora una gran parte delle nostre unità.

Il raggruppamento più grande di truppe tedesche (più di 70 divisioni) era nell’area di Mosca. L’1 Maggio 1942 sul fronte Tedesco-Sovietico operavano 217 divisioni (circa il doppio delle divisioni delle forze armate Sovietiche) e 20 brigate nemiche, ovvero circa l’80% di tutte le forze terrestri della Germania e dei suoi alleati, assieme a tre delle cinque flotte aeree tedesche. In connessione con questo fatto, lo Stavka [L’alto comando Sovietico, NdT] non spostò le sue truppe dalla direzione ovest verso sudovest.

E qualunque cosa si dica, secondo me, questa fu la decisione migliore, così come quella di piazzare riserve strategiche nelle aree di Tula, Voronež, Stalingrado e Saratov.

La maggior parte della nostra energia e delle risorse era concentrata ad ovest e sudovest. In fin dei conti, una tale distribuzione di forze condusse alla sconfitta della Germania, o piuttosto dell’esercito europeo, e perciò è inappropriato parlare di errata distribuzione delle nostre truppe nell’estate del 1942. Fu grazie a questa distribuzione di truppe che ottenemmo l’opportunità a Novembre di radunare forze sufficienti per sconfiggere il nemico a Stalingrado e riuscire a rifornire le nostre truppe durante le battaglie difensive.

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Mentre i Tedeschi erano impegnati a Kerč’, il comandante del Fronte Sudoccidentale, Semën Timošenko, arrivò allo Stavka con una proposta per condurre un’importante offensiva a Char’kov, e inviò un piano d’operazioni. Semën Timošenko e Nikita Chruščëv insistettero sull’esecuzione del piano. Stalin accettò di condurre operazioni con forze del Fronte Sudoccidentale, coinvolgendo truppe del Fronte Meridionale. In questo caso, la nostra intelligence svolse ancora una volta male il suo lavoro, e Timošenko non sapeva che i Tedeschi, il 18 Maggio, avevano preparato l'”Operazione Fridericus-1″ per eliminare il saliente di Barvenkovskij, così da poter utilizzare l’area per concentrare le truppe per il futuro attacco ad est.

Sperando in un bilancio di forze e mezzi alla pari, che era in essere all’inizio dell’offensiva, le nostre truppe finirono nel fitto dell’imminente offensiva estiva delle armate tedesche. Alla consegna del rapporto dello Stato Maggiore Generale il 17 Maggio 1942, Stalin propose di fermare l’offensiva a causa dell’impatto dei Tedeschi da sud. Timošenko e Chruščëv assicurarono che la situazione a sud sarebbe tornata presto alla normalità. Il 18 Maggio Stalin parlò di nuovo con Timošenko e ricevette di nuovo blande rassicurazioni.

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Solo la sera del 18 Maggio Timošenko e Chruščëv diedero l’allarme e cominciarono a chiedere la cessazione dell’offensiva. Stalin era oltraggiato. Chiesero la fine dell’offensiva per gli stessi motivi per i quali Stalin li aveva avvisati. Fino a quel momento avevano obiettato e continuato l’attacco, e la sera del 18 Maggio cominciarono a far loro le parole di Stalin. Dopo alcune ore, Stalin diede il permesso per la cessazione dell’offensiva su Char’kov, capendo che era troppo tardi.

Il 19 Maggio il gruppo d’assalto delle nostre truppe che avanzavano su Char’kov venne fermato da Timošenko. Come risultato dell’irresponsabile offensiva, le tre armate dei fronti Meridionale e Sudoccidentale subirono gravi perdite. Le truppe d’assalto del Fronte Sudoccidentale vennero circondate. Le forze della 32a Armata salvarono 22.000 soldati dall’accerchiamento. Parte dei soldati e degli ufficiali riuscì a rompere l’accerchiamento in piccoli gruppi e a rifugiarsi sulla riva orientale del Severskij Donec.

Timošenko e Chruščëv avrebbero dovuto essere processati, ma se la cavarono con poco. Stalin si prese la colpa perché era stato lui a permettere che cominciasse l’attacco a Char’kov.

A metà Giugno il Fronte Sudoccidentale, sotto i colpi delle truppe tedesche, fu costretto a ritirarsi due volte oltre il Fiume Oskol. La Seconda Battaglia di Char’kov durò dal 12 al 29 Maggio 1942. La sconfitta a Char’kov, e poi in Crimea, dimostrò che nell’estate del 1942 i Tedeschi erano diventati ancora una volta più forti di noi.

Come risultato, non facemmo sloggiare i Tedeschi da Char’kov, i Tedeschi ci spinsero via dal saliente di Barvenkovskij, e perdemmo un’importante testa di ponte operativa sul Severskij Donec. Le truppe dei fronti Sudoccidentale e Meridionale subirono gravi perdite umane e d’equipaggiamento. I nostri storici non analizzano questi eventi, e scrivono che, secondo il comando militare tedesco, nelle battaglie di Char’kov i Tedeschi catturarono 240.000 prigionieri.

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Le analisi mostrano che il comando tedesco durante tutta la guerra non disse mai la verità sul numero dei nostri prigionieri che vennero catturati. E se gli credete, allora nel 1941 i Tedeschi catturarono tutti gli ufficiali e i soldati dell’Armata Rossa. In realtà, il nostro esercito riuscì a distruggere le divisioni e armate fresche tedesche che andavano e venivano dall’Europa. L’Inghilterra e gli Stati Uniti osservarono con calma come sanguinavamo nel combattimento. A loro favore c’era il fatto che i Tedeschi non sparsero meno sangue di noi, e il 19 Novembre 1942 ne sparsero più di noi.

Il numero dei nostri soldati e ufficiali catturati a Char’kov viene esagerato di molto. I Tedeschi in realtà non indicano il numero di prigionieri presi, e i loro calcoli esagerarono il numero iniziale dell’organico delle nostre armate che avanzavano su Char’kov. Qui la 6a Armata e la task force del Fronte Sudoccidentale, che arrivavano dal saliente di Barvenkovskij, e anche l’attacco secondario a Char’kov della 28a Armata proveniente da Vovčansk, sferrarono il colpo principale. I Tedeschi includettero nel numero dei prigionieri anche i soldati della 9a Armata del Fronte Meridionale che tenevano posizioni difensive contro gli attacchi da sud, vicino a dove si trovava sulla difensiva la 57a Armata.

I dati tedeschi non sono veri, prima di tutto perché non tutte, ma solo parte delle forze delle tre armate venne circondata (secondo Vasilevskij e i nostri storici vennero tutte circondate dalle truppe d’assalto); secondo, le nostre truppe dopo l’attacco tedesco combatterono per quasi due settimane feroci battaglie ed ebbero grosse perdite; terzo, alcuni dei nostri soldati uscirono dall’accerchiamento e perciò il numero dei prigionieri presi dai Tedeschi non può essere superiore a 20.000 uomini. Centinaia di migliaia di persone catturate è un numero troppo elevato.

Penso che assieme ai morti abbiamo perso circa 80.000 soldati in questa battaglia. Dobbiamo ricordare che all’epoca il nostro esercito aveva un organico di molto inferiore (spesso quasi il doppio) di quanto autorizzato. Secondo la mia opinione, indipendentemente da se avessimo mantenuto la difesa del saliente di Barvenkovsky o, come accadde, avessimo cominciato l’offensiva di Char’kov, saremmo crollati e avremmo ceduto il passo, perché le nostre truppe, esauste per via del combattimento nell’offensiva che liberò centinaia di migliaia di metri quadrati di terra nativa, avevano bisogno di riposo e di rincalzi di uomini, munizioni ed equipaggiamento. Dopo aver perso la Seconda Battaglia di Char’kov, perdemmo la testa di ponte sul Severskij Donec – il saliente di Barvenkovskij.

Il Comando Supremo aveva bisogno di riserve più grandi per pianificare operazioni offensive. Perciò, lo Stato Maggiore Generale non pianificò alcuna operazione offensiva importante nell’estate del 1942. Ma contro le forze tedesche, che superavano l’Armata Rossa di 1,1 milioni di uomini, non potevamo rimanere in difesa a lungo sulla direttiva dell’attacco principale, e fummo costretti a ritirarci sotto la minaccia di accerchiamento.

Era impossibile compensare le tare numeriche col numero di artiglieria, aerei e altre armi, dato che le operazioni di evacuazione avevano appena cominciato ad operare a piena capacità, e l’industria militare europea era superiore all’industria militare dell’Unione Sovietica.

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E la minaccia d’accerchiamento era reale. “Il 28 Giugno il gruppo di forze Naziste del Colonnello Generale von Weichs partì all’offensiva dalle aree ad est di Kursk. Il comando Nazista contava su questo attacco e sulle offensive da Vovčansk a Voronež per circondare e distruggere le truppe del Fronte di Brjansk, coprendo la direttrice per Voronež, e poi rivolgersi verso sud, con un assalto aggiuntivo nei pressi di Slavjansk, per distruggere le truppe dei fronti Sudoccidentale e Meridionale, e per aprire la strada verso il Volga e il Caucaso settentrionale”, scrive Aleksandr Vasilevskij.

I comandanti di questi fronti erano, rispettivamente, Filipp Golikov, Semën Timošenko e Rodion Malinovskij. In seguito il Fronte di Brjansk venne diviso in due: Fronte di Brjansk e Fronte di Voronež. Il 14/07/1942 il Tenente Generale Nikolaj Vatutin venne nominato al comando del Fronte di Voronež.

Durante la decisione sulla scelta del comandante di fronte, Vatutin lavorava come Vicecapo dello Stato Maggiore Generale. Stalin avrebbe assegnato il posto di comandante del Fronte di Voronež a tutti i candidati che si sarebbero offerti a Vasilevskij, insieme a Vatutin. “All’improvviso Nikolaj Fëdorovič si alzò (scrive il Capo dello Stato Maggiore Generale Aleksandr Vasilevskij) e disse:

“Compagno Stalin! Nomini me comandante del Fronte di Voronež”.

“Tu?” E Stalin alzò le sopracciglia.

Io supportai Vatutin, anche se mi dispiacque lasciarlo andare dallo Stato Maggiore Generale.

Stalin fece una pausa, mi guardò e disse:

“Va bene. Se il compagno Vasilevskij è d’accordo con te, non mi dispiace”.

E così Nikolaj Vatutin divenne il comandante del Fronte di Voronež, poi Fronte Sudoccidentale, che, subordinato alla forza principale delle nostre truppe, sconfisse i Tedeschi a Stalingrado.

Il problema della distruzione dei tre fronti venne affidato al Gruppo d’Armate “Sud” tedesco, che poi venne diviso in due gruppi d’armate: Il “B”, sotto il comando del Feldmaresciallo Fedor von Bock, e l'”A” – sotto il comando del Feldmaresciallo Wilhelm List. Si erano distinti per le loro atrocità in Jugoslavia e Grecia.

Lo Stavka, visto che era necessario, rinforzò le truppe di questi fronti, e a causa di ciò, così come delle abili azioni dello Stato Maggiore Generale e delle truppe Sovietiche, i Tedeschi non riuscirono a raggiungere l’obiettivo di accerchiare e distruggere le divisioni, i corpi e le armate dei nostri fronti. Le nostre truppe partirono verso est sotto pesanti combattimenti.

Ecco come Konstantin Rokossovskij, nominato comandante della 16a Armata del Fronte di Brjansk, descrive una delle battaglie in direzione di Voronež il 5 Luglio 1942: “Nel territorio dove stava combattendo la 5a Armata Corazzata, la situazione stava deteriorandosi: il nemico continuava ad avanzare. Era urgentemente necessario far arrivare nuove forze. Decidemmo di far avanzare la linea del fronte col 7° Corpo Corazzato di riserva al comando di Pavel Rotmistrov.

In un posto d’osservazione nell’area dove gli eventi si stavano svolgendo, si poteva vedere l’intero corso della battaglia. Contribuiva a ciò il terreno piatto e sgombro. Il combattimento nemico con le nostre unità che stavano andando via e quelle che stavano spingendo sul loro avversario era chiaramente visibile. Si potevano vedere i carri nemici in piccoli gruppi su un ampio fronte, che sparavano un fuoco intervallato con i cannoni.

La fanteria tedesca si muoveva dietro di essi, abbassandosi di tanto in tanto e sparando un continuo fuoco automatico. In lontananza, sull’orizzonte, attraverso le dense nubi di polvere, si poteva osservare il movimento di nuove colonne di carri e altri veicoli.

La nostra artiglieria anticarro colpì in modo piuttosto preciso i carri in avanzata del nemico. Quando possibile cambiava posizione e apriva immediatamente il fuoco, rallentando l’avanzata nemica e coprendo la nostra fanteria in partenza, che rispondeva anch’essa con fuoco di mitragliatrice e mortai. Ma era ovvio che, entrando in battaglia con la sua forza principale, che si stava avvicinando da lontano, il nemico avrebbe facilmente distrutto le nostre unità.

Comunque, in quel momento arrivò parte del 7° Corpo Corazzato. Davanti ai nostri occhi, il corpo si girò e marciò risolutamente verso le principali forze corazzate del nemico, colpendole con tutte le nostre batterie, incluse quelle dei corpi corazzati e d’artiglieria. Particolarmente efficaci furono le scariche dei “Katjuša”.

Il campo di battaglia venne coperto da nuvole di polvere. Attraverso di esse scintillava un fioco lampeggiare di colpi d’arma da fuoco ed esplosioni di proietti. In molti luoghi si innalzavano colonne di fumo nero dai veicoli nemici in fiamme. La nostra fanteria si radunò e, assieme ai carri, caricò il nemico. Il nemico non poté resistere a questo feroce e rapido attacco. Dopo pesanti perdite, si ritirò.

Gli aerei nemici, eccetto per alcuni apparecchi, non parteciparono quasi al combattimento. Né lo fecero i nostri aerei. Tutti i nostri tentativi per progredire in quest’area non produssero risultati. Ma l’offensiva venne respinta. In queste battaglie venne ucciso il comandante della 5a Armata Corazzata, il Generale Lizjukov (i generali delle unità corazzate e dell’aviazione andavano all’attacco con i loro uomini). Si stava muovendo nella formazione da combattimento di uno degli assalti. Per ispirare i carristi, il generale caricò col suo carro KV, accorse contro uno schieramento dell’avversario e perse la vita”. I Tedeschi stavano avanzando rapidamente, cosa che venne facilitata dalla superiorità numerica e dalle condizioni naturali della regione.

Il 6 Luglio 1942 cominciarono combattimenti strada per strada per conquistare Voronež, dove le truppe Sovietiche tenevano la parte sinistra della città e la testa di ponte della parte destra. Gli occupanti Nazisti avevano cacciato tutta la popolazione civile dalle parti catturate di Voronež e uccisero oltre 2000 persone, che furono giustiziate a Piščane, alla periferia della città, e più di 500 feriti e malati che si trovavano nell’ospedale cittadino.

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 Oggetto del messaggio: Re: Gli USA prepararono Hitler alla guerra contro l’URSS
MessaggioInviato: 22/06/2016, 02:42 
Ecco, fine degli articoli.

Buona lettura. [:D]



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