30/10/2015, 19:56
17/01/2016, 00:40
Class action negli Usa contro Deutsche Bank: «Così guadagnava truffando i clienti. È come per Vw»
Deutsche Bank avrebbe incorporato all'interno della sua piattaforma “Autobahn” (autostrada, ndr) per gli scambi di valuta un software in grado di danneggiare i clienti e arricchire la banca. Questa accusa, secondo quanto riportato dal settimanale tedesco Der Spiegel nella sua edizione, è alla base di una class action presentata dallo studio legale Hausfeld prima di Natale in un tribunale di New York.
La piattaforma sarebbe stata programmata in modo tale da ritardare gli ordini dei clienti e da rifiutarli se il mercato aveva preso una direzione sfavorevole all'istituto tedesco. Oppure, in altri casi, sarebbero stati effettuati ordini a un tasso più basso rispetto a quello precedentemente visualizzato dai clienti.
Deutsche Bank ha chiesto alla corte di New York di respingere la querela.
Per Christopher Rother, a capo degli uffici per la Germania di Hausfeld, si tratta di una situazione parallela a quella dello scandalo Volkswagen. Il legale ha annunciato che presenterà denunce anche a Londra, la più grande piazza mondiale per il forex.
17/01/2016, 11:26
17/01/2016, 13:58
17/01/2016, 15:46
09/02/2016, 13:00
11/02/2016, 01:06
“Deutsche Bank è tedesca. Se necessario sarà salvata dallo Stato”
ROMA (WSI) – Lui è John Mack, ex numero uno di Morgan Stanley. E sul destino di Deutsche Bank, di cui si parla così tanto da giorni, non sembra molto preoccupato. Mack parla di “questa idea di cui sono a venuto a conoscenza ieri, ovvero della possibilità secondo cui (Deutsche Bank) non onorerà il pagamento degli interessi (sui suoi bond più rischiosi)”.
Un’idea che Mack bolla come assurda:
“E’ semplicemente assurda. Il governo non lo permetterà”. Il punto è che “la gente reagisce in modo eccessivo. Questa banca si chiama Deutsche Bank. E’ una banca della Germania. Politicamente, (i tedeschi) si faranno sentire e se la banca dovesse aver bisogno di un salvagente, glielo daranno”.
Tra l’altro, Mack ha sottolineato nel corso di un’intervista a Bloomberg Television che, sebbene le autorità tedesche di regolamentazione dei mercati non debbano vietare lo short selling, ovvero le vendite allo scoperto – come invece accadde negli Usa nella grande crisi del 2008 – la banca centrale tedesca, ovvero la Bundesbank, dovrebbe comunque diramare un comunicato a sostegno di Deutsche Bank.
E’ presto per giungere a conclusioni. Ma Mack è tra i nomi più autorevoli dell’alta finanza. Inoltre, stando ai dati del 2014, Deutsche Bank ha una esposizione lorda nominale verso i derivati per un valore equivalente a $60.000 miliardi, diverse volte tanto il Pil dell’Europa.
27/02/2016, 21:52
Germania, trovato diserbante in molte marche di birra
Probabile cancerogeno secondo alcuni, innocuo secondo altri
Diversi marchi di birre tedesche contengono il diserbante glifosato. Lo rivela un'analisi dell'Istituto per l'ambiente di Monaco.
Il test ha coinvolto 14 marche fra le più note in Germania: Beck's, Paulaner, Warsteiner, Krombacher, Oettinger, Bitburger, Veltins, Hasseroeder, Radeberger, Erdinger, Augustiner, Franziskaner, König Pilsener e Jever.
I livelli registrati oscillano fra 0,46 e 29,74 microgrammi per litro, nei casi più estremi quasi 300 volte superiori a 0,1 microgrammi, che è il limite consentito dalla legge per l'acqua potabile. Non esiste un limite per la birra.
Contrastato è il giudizio degli esperti sulla pericolosità del pesticida per la salute dell'uomo. L'organismo internazionale Iarc (International Agency for Research on Cancer) lo ha classificato come "probabile cancerogeno per l'uomo" nel marzo 2015. Sophia Guttenberger, dell'istituto di Monaco che ha compiuto la ricerca, ha detto che "una sostanza, che potrebbe essere cancerogena, non perde nulla né nella birra né nel corpo umano".
Ma per l'Istituto federale per la valutazione del rischio (Bfr) residui di glifosato nella birra sono "dal punto di vista scientifico plausibili", dal momento che l'erbicida è autorizzato come diserbante. "Un adulto dovrebbe bere intorno ai mille litri di birra al giorno per assumere una quantità di glifosato preoccupante per la salute", ha fatto sapere il Bfr in una nota.
Secondo l'Unione dei birrai tedeschi lo studio "non è credibile" e l'accusa che i birrai non controllino sufficientemente le loro materie prime è "assurda e completamente infondata". I birrai sottolineano l'esistenza di un proprio sistema di controllo per il malto d'orzo: "Il nostro monitoraggio indica che i valori misurati sono sempre chiaramente al di sotto dei limiti massimi, e in nessun momento sono stati riscontrati superamenti dei limiti massimi permessi per i residui di glifosato".
L'Unione dei coltivatori tedeschi (Dbv) ritiene invece che la colpa della presenza del glifosato possa venire dall'importazione di malto d'orzo. "In Germania abbiamo la più ferrea regolamentazione per la tutela delle piante", ha detto un portavoce dell'associazione a Berlino. È invece plausibile che tracce di glifosato siano finite nella catena di produzione con l'importazione di malto d'orzo, ha aggiunto.
Secondo l'Unione dei birrai tedeschi, lo studio che ha rilevato presenza di glifosato è "non credibile". In una dichiarazione diffusa oggi, l'unione definisce "assurda e completamente infondata" l'accusa che i birrai non controllino sufficientemente le loro materie prime, e sottolinea l'esistenza di un proprio sistema di controllo per il malto d'orzo: "Il nostro monitoraggio indica che i valori misurati sono sempre chiaramente al di sotto dei limiti massimi, e in nessun momento sono stati riscontrati superamenti dei limiti massimi permessi per i residui di glifosato", conclude la dichiarazione.
06/04/2016, 20:27
Germania: sorpresa negativa da ordini fabbriche, scivolano -1,2%
ROMA (WSI) – Nel mese di febbraio, gli ordini alle fabbriche della Germania hanno segnato un forte ribasso, sorprendendo negativamente i mercati. Il dato è sceso -1,2% su base mensile, dopo il rialzo +0,5% di gennaio, e ha fatto ben peggio rispetto alle attese, con il consensus degli analisti di Reuters che aveva previsto +0,2%, e le stime di Bloomberg di un aumento +0,3%.
Su base annua, gli ordini sono aumentati +0,5%. In un comunicato stampa, il ministero dell’Economia della Germania ha commentato la performance degli ordini alle fabbriche sottolineando che:
“Gli ordini del settore manifatturiero hanno mostrato un trend lento all’inizio dell’anno. Ciò riflette lo sviluppo debole dell’economia globale”.
Dal report emerge che gli ordini alle esportazioni sono scesi -2,7% a febbraio, causa soprattutto lo scivolone del 3,7% degli ordinativi provenienti da altri paesi dell’Eurozona. Gli ordinativi per i beni di investimento sono calati -2,1%, e quelli per i beni di consumo -7,3%. Gli ordini domestici sono saliti invece +0,9%.
In Germania aumentano la ricchezza e la disuguaglianza
L’ennesima conferma di come aumento della ricchezza e della disuguaglianza nella sua distribuzione camminino a braccetto arriva dalla florida Germania dove fra il 2010 e il 2014 si è assistito all’aumento del reddito medio e al contempo all’aumento della quota di ricchezza detenuta dal 10% più ricco.
I dati sono contenuti nell’ultimo bollettino mensile della Bundesbank che dedica un articolo proprio alla circostanza che “la diseguaglianza nella ricchezza è ancora relativamente pronunciata in Germania”, ossia nell’economia che assai meglio di altre ha affrontato e vissuto la Grande Recessione.
L’articolo è costruito sui dati di una survey, “Households and their finances”, che aggiorna quella precedente, relativa al 2010, alla quale hanno partecipato 4.400 famiglie, 2.191 delle quali avevano già partecipato a quella di sei anni fa. Esibisce quindi una certa continuità nella rilevazione che consente di farsi un’idea più precisa di come siano cambiate le condizioni di vita delle famiglie tedesche nei quattro anni trascorsi fra le due survey.
La prima constatazione dei ricercatori rivela che “la persistenza dei bassi tassi di interesse sui risparmi e l’aumento dei prezzi delle proprietà immobiliari e delle azioni non sembra aver avuto un grande impatto nella distribuzione della ricchezza fra il 2010 e il 2014”. Nel senso che l’aumento di ricchezza ha cambiato poco, se non lievemente peggiorandola, la distribuzione della ricchezza che rimane “non uniforme”. Nel 2014, infatti, il 10% più ricco della popolazione deteneva il 59,8% della ricchezza totale netta a fronte del 59,2% del 2010.
Se guardiamo al dato pro capite, emerge che la ricchezza netta, quindi tolti i debiti, è aumentata nel 2014 arrivando a 214.500 euro a cittadino, a fronte dei 195.000 del 2010. Con l’avvertenza però che la ricchezza netta del 74% dei tedeschi è al di sotto della media. Vale quindi la famosa regola del pollo di Trilussa: la media nasconde profonde differenza che persistono fra i redditi molto alti e quelli molto bassi.
Se guardiamo alla ricchezza mediana, ossia il valore medio fra il reddito più alto e quello più basso, scopriamo che anch’essa è aumentata, arrivando a 60.400 euro nel 2014 a fronte dei 51.400 del 2010. Ricordo ai non appassionati di statistica che una grande differenza fra media e mediana è di per sé una prova empirica della diseguaglianza nella distribuzione.
Il terzo indicatore universalmente utilizzato per misurare la diseguaglianza, ossia l’indice di Gini, misura per la Germania 0,76, o 76% se preferite, laddove zero significa massima uguaglianza nella distribuzione e 100 massima diseguaglianza. Quindi anche qui, sebbene l’indicatore sia rimasto immutato nei quattro anni, si ha la conferma di una situazione distributiva sperequata.
L’analisi inoltre individua una correlazione fra la disponibilità di asset non finanziari – tipo il mattone per intenderci – e la ricchezza. Poiché in Germania solo il 44% delle famiglie possiede un immobile di proprietà, ciò vuol dire che solo una minoranza della popolazione può giovarsi di tale correlazione. Per costoro la ricchezza media si colloca in linea con la media nazionale. Dal che si può dedurne che è proprio la disponibilità di una casa di proprietà a fare la differenza. Infine, la quota di tedeschi che possiede azioni è diminuita dall’11 al 10% nel tempo, mentre gli importi medi si aggirano intorno ai 40 mila euro.
Se dagli asset passiamo ai debiti, scopriamo che il 45% delle famiglie è indebitato, il 21% delle quali ha un mutuo mentre la restante parte è titolare di prestiti non assicurati, come debiti studenteschi, carte di credito o credito al consumo. Nel 9% dei casi considerati, i debiti superano la ricchezza lorda.
Insomma: chi stava bene ora sta meglio, mentre ciò non vale per chi stava peggio. Piove sempre sul bagnato, d’altronde.
01/06/2016, 20:04
Addio competitività, Germania fuori dalla top ten
Berlino perde due posizioni. Proprio a causa delle cattive performance del governo
Germania fuori dalla top ten dei paesi più competitivi del mondo. Lo dice la classifica stilata dalla business school svizzera Imd.
Un altro duro colpo alla gestione della cancelliera Merkel, già alle prese con il flop sulle politiche per i migranti e la gestione contraddittoria del dossier troika con la Grecia, in attesa delle elezioni legislative dell'anno prossimo che si preannunciano molto difficili per frau Angela e per il feldministro Schaeuble.
Nella classifica stilata dalla Imd è scivolata al dodicesimo posto. Lo studio si basa su un sondaggio nel mondo redatto tra più di 5.400 manager e l'analisi comparata di ben 342 criteri, relativi a sistema fiscale, della pubblica amministrazione e quindi relativi all'accesso agli investimenti. Nel 2014 la Germania figurava al sesto posto, forte del surplus interno che tante regole europee infrange e che tanti danni arreca agli altri stati membri, ma nel giro di soli dodici mesi ha perso ben quattro posizioni.
Un altro campanello d'allarme per chi predica il rigore tout court ma dimenticando che di sola austerità ci si ammala, come dimostra il caso della Finlandia, definita «la Grecia del nord». Ora il pericolo più grande per la Germania è «l'autocompiacimento», ha commentato il direttore di Imd Arturo Bris dalle colonne della Frankfurther Allgemeine Zeitung. Le motivazioni alla base del ritorno sulla terra di Berlino si trovano alla voce governo, che ha accusato un rating più basso rispetto ai concorrenti e ad alla voce perfomance economica, che evidentemente sconta anche lo scandalo Volkswagen relativo alle emissioni, con nuovo il Ceo Matthias Müller che lo scorso 28 aprile si è presentato ai mercati sciorinando i dati negativi per l'azienda e per il paese intero.
Gli Stati Uniti vantano ancora la migliore performance economica del mondo, seguiti da Singapore, Svezia, Danimarca, Irlanda, Paesi Bassi, Norvegia e Canada. Mentre tra i 61 paesi esaminati, alla voce produttività e nuovi business emerge Hong Kong, soprattutto a causa della bassa imposizione fiscale, seguita dalla Svizzera che si concentra su prodotti e servizi di alta qualità. I primi 20 paesi della classifica hanno in comune una spiccata attenzione a un governo ben infrastrutturato e diretto a facilitare gli investimenti, ha aggiunto Bris, «ed è la ragione per cui le economie dell'Europa orientale stanno incrementando queste qualità impostandole come chiavi di un futuro successo».
A Berlino invece hanno fatto alcuni significativi passi indietro, l'ultimo porta la firma del ministro dell'Agricoltura Christian Schmidt che promette ai produttori di latte centinaia di milioni di euro di sussidi in stile Cassa del Mezzogiorno, per ovviare ad un settore che soffre il basso prezzo del latte: assistenzialismo puro. Mentre un gruppo cinese è pronto ad assicurarsi l'aeroporto Land Hessen.
Tra quelli che sorridono invece, ben sei paesi europei sono tra i primi dieci al mondo. Segno che il jolly a questa mano non è più nelle mani della coppia Angela-Wolfgang.
17/06/2016, 00:08
17/06/2016, 13:21
11/07/2016, 19:44
Deutsche Bank a Ue, necessario fondo da 150 miliardi per ricapitalizzare le banche
Deutsche Bank chiede all’Unione Europea un fondo di salvataggio da 150 miliardi di euro per ricapitalizzare le banche. L’appello è arrivato da David Folkerts-Landau, capo economista della banca tedesca, in un’intervista al quotidiano Die Welt.
Deutsche Bank critica in particolare l’impatto sui capitali dei tassi negativi sui depositi introdotti dalla Bce e sottolinea che le banche europee sono minacciate dal peso dei crediti deteriorati, in particolare in Italia dove essi ammontano a 350 miliardi di euro.
12/07/2016, 00:14
12/07/2016, 02:01