15/08/2016, 18:08
15/08/2016, 18:12
15/08/2016, 18:20
Ufologo 555 ha scritto:A me si apre, mik.300: http://www.corriere.it/
15/08/2016, 18:45
mik.300 ha scritto:boh..
stamattina il corriere.it
me lo danno irrangiungibile
e coi server a SOFIA, in BULGARIA !
magari è opendns che ha fatto casino
mah..
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Thethirdeye ha scritto:Virginia Raggi e l’accanimento dei media: tutti contro di lei
Di Alessandro Elia pubblicato su Parliamone il 01/09/2016
Sono passati appena 71 giorni da quando, il 22 giugno 2016, il Comune di Roma ha salutato l’elezione (democratica e legittima) di Virginia Raggi. Nata nel 1978, romana, l’esponente del Movimento 5 Stelle è riuscita a compiere un’impresa storica: divenire sindaca della più importante e problematica città italiana.
Si tratta di una stagione davvero memorabile per la Prima Cittadina della Capitale che, proprio nelle ultime ore ha ottenuto un secondo risultato davvero memorabile. In meno di tre mesi, Virginia Raggi è riuscita, per la prima volta nella storia della Repubblica, a unificare e compattare gran parte del giornalismo politico italiano.
Uniti contro Virginia
Nella mattinata di giovedì primo settembre, il suo teamwork si è sfoltito notevolmente, per l’abbandono del capo di gabinetto, l’Assessore al Bilancio, i numeri uno di Ama e Atac. Un duro colpo da un punto di vista politico ed una pericolosa caduta d’immagine.
Molte le ipotesi circa le ragioni che hanno spinto a queste irrimediabili rotture interne, tanto dolorose per l’importanza dei protagonisti, quanto rapide e, probabilmente, istintive. Senza voler entrare nel merito di fatti che solo e solamente gli attori chiamati in causa conoscono in modo totale, sin dalle prime ore ha colpito lo spregiudicato accanimento contro la sindaca.
Nel commentare la notizia, questi sono i titoli che ho il piacere di condividere con voi:
MESSAGGERO: “Roma, giunta Raggi perde pezzi: revocato il capo di Gabinetto Raineri, si dimette l’assessore Minenna”
LA STAMPA: “Caos a Roma, Raggi revoca il capo di gabinetto. Lasciano assessore al bilancio e vertici Atac e Ama”
SOLE 24 ORE: “Bufera sulla giunta Raggi: via due pezzi da novanta. Lasciano anche i vertici Atac e Ama”
L’ESPRESSO: “Virginia Raggi in crisi, la fuga è iniziata”
CORRIERE DELLA SERA: “Dimissioni a catena in Campidoglio Via Raineri e l’assessore Minenna Lasciano anche i vertici Ama e Atac”
FATTO QUOTIDIANO: “Roma, Raggi perde pezzi. Via il capo di gabinetto e il “super-assessore” Minenna. Lasciano anche vertici di Ama e Atac”
REPUBBLICA: “Roma, prima crisi per la giunta Raggi: si dimettono Raineri e Minenna. Lasciano anche vertici Atac e Ama”
IL TEMPO: “Caos Capitale, Bufera in Campidoglio, via i vertici di Ama e Atac”
Ieri pubblicai un post di approfondimento circa la possibilità di un contatto con forme di vita aliene, ebbene se oggi un marziano atterrasse a Roma, penserebbe che la responsabile di tutti i mali del mondo sia proprio lei, Virginia Raggi.
Un tiro al bersaglio ingiustificato
Lasciando stare la poca originalità dei titoli appena citati, ossessivamente ripetitivi per sedurre Google, si viene urtati da una violenta valanga verbale, difficilmente mostrata in altre situazioni. Il linguaggio scelto, è volutamente crudo: si parla di caos, crisi, tracollo, bufera. Gli esclamativi, poi, hanno il sapore dell’invidia e, allo stesso tempo, dell’odio. Quasi come se si stesse aspettando da tempo, e con una certa ansia, la possibilità di celebrare la catastrofe.
Ci si rallegra per il crack politico viscerale di quello che è, e rimane, il primo partito di Roma. Da un punto di vista psicologico, l’atteggiamento di rivalsa viene proprio espresso da un linguaggio veloce e fitto, che nulla ha a che vedere con la sintesi, asettica ed obiettiva, richiesta dall’esposizione di una notizia.
Ciò che inquieta maggiormente, inoltre, è il cuore della questione. Non siamo dinanzi a fatti di corruzione della Giunta Raggi, anzi. Almeno per il momento, la sindaca Virginia non è stata intercettata dalla Polizia, non ha raccomandato il cugino alle Poste, non ha truccato il bilancio e non si è nemmeno alzata lo stipendio.
Ma allora, vi chiedo, come mai siffatta veemenza dialettica? Soprattutto se consideriamo che la Raggi si è insediata appena 71 giorni fa.
Raramente, in passato, mi sono imbattuto in titoli altrettanto aggressivi. Non c’era forse caos durante la spensierata gestione Carraro? Non vi erano crisi interne alla Sinistra all’epoca di Rutelli e Veltroni? E il tracollo morale dell’Era Alemanno? Qualcuno si ricorda Marino?
La serpe silenziosa
Ho vissuto a Roma dal 1980 sino al 2008, trascorrendo le giornate nel mio bel Quartiere Africano, tra Corso Trieste, Ponte delle Valli e Batteria Nomentana. In 28 anni non ricordo nulla che di buono sia stato fatto,. Due campi di calcio trasformati in parcheggi, una scuola in cui pioveva, le strisce blu, le buche, la sporcizia, gli affitti stratosferici, la sosta selvaggia, i furti d’auto, i negozianti che non danno lo scontrino nemmeno ai Vigili.
Ebbene, Virginia Raggi, in tutto questo, non c’entra nulla. Non l’ho votata e non la conosco, però i problemi di Roma non sono certo colpa sua. Vedo colonne e colonne di giornale sprecate nell’ospitare litanie inutili ricamate con sensazionalismo, in assenza di fatti di corruzione e scandali sessuali.
Virginia Raggi “abbandonata”, “lasciata sola”: un gioco mediatico pericoloso quanto falso, che restituisce l’immagine ingiusta del ‘si salvi chi può’. Si cerca di affondare una nave ancora adagiata in cantiere. Lasciamola partire, diamole tempo, accidenti: abbiamo avuto 5 anni di Mafia Capitale, 7 mesi di Commissario Straordinario e ci andava bene tutto. Ora tocca alla sindaca, che ha il diritto di governare. Semplicemente perché è stata eletta.
La manovra di una parte della stampa nasconde, a voler essere poco discreti, un tentativo del Vecchio Potere di sbarrare la strada alla Raggi. Una serpe silenziosa si muove nelle viscere del sistema Italia: prima si tenta con l’Ama, (altra azienda con cui Virginia non ha mai avuto nulla a che fare), poi si alza il polverone con i media amici, tanto per. Uno scenario grottesco.
Da un lato si inneggia al cambio e alla svolta politica, pero dall’altro si rimugina per cercare di mantenere lo status quo.
Ipocrisia, invidia e memoria corta
Oltre alla serpe, mossa dai sudici sudori delle vecchie cortigiane del potere, vi è molta ipocrisia nell’attacco mediatico di cui la Raggi è vittima. Se una sindaca giovane e onesta, fino a prova contraria, eletta a maggioranza, decide di non far partire pienamente la macchina governativa va contro i propri interessi. Virginia potrebbe starsene zitta, tapparsi il naso, incassare lo stipendio e scendere a compromessi con tutti e tutto. Avremmo una Giunta, manager nelle Aziende Pubbliche e titoli più accondiscendenti sui giornali. Il fatto che preferisca lottare le fa onore: o con lei o contro di lei.
In secondo luogo, non dobbiamo sottovalutare l’invidia che ha francamente provocato la sua elezione. Sedersi a 38 anni sulla poltrona più alta del Campidoglio fa venire il sangue agli occhi a personaggi politici e non. I professionisti del potere fanno leva sulla presunta inadeguatezza della Raggi, i cittadini la considerano una sempliciotta che ha avuto fortuna nel trovarsi con Grillo al momento giusto. Superficialità, ignoranza e poco senso civico.
Gli italiani sono un popolo di ingovernabili, disse in una intervista, il nostro primo Presidente della Repubblica. Figuriamoci i romani, dico io. Persone distratte, con troppi problemi per poter interessarsi alla politica, pronti ad appoggiare l’uno o l’altro a patto di rimediarci qualcosa. Un figlio in Comune, un appaltino, un permesso per circolare in centro, il tenere aperto il pub un paio d’ore in più. Ci lamentiamo costantemente della nostra Roma ma siamo i primi a bloccare ogni cambiamento. Amiamo la nostra consuetudine fatta di compromessi e favorini, abitudini sbagliate e deleterie ma a cui siamo profondamente affezionati.
Ci stanchiamo di tutto e di tutti e, soprattutto, abbiamo la memoria corta. Ecco perché Virginia Raggi già non ci va più bene. In 71 giorni doveva risolvere tutti i problemi della Capitale. Tappare le buche a mano, costruire due linee di metropolitana, restaurare edifici pubblici e ospedali, assumere 1000 geometri, aprire 200 nuovi asili gratuiti e regalare l’abbonamento Atac a tutti, ovviamente dopo aver abbassato le tasse.
Non possiamo avere la malafede di pretendere miracoli da chi lotta, ogni giorno, contro tutti e tutto per il semplice fatto di essere donna, giovane e mamma. Personaggi assai meno credibili e meno onesti hanno avuto a disposizione mesi, anni, decenni per pasteggiare con Roma ed i romani.
Per poter voltare pagina abbiamo bisogno di persone non contaminate dalla politica parassita del passato e che, persino sul letto di morte, cerca di sferrare gli ultimi colpi attraverso un certo giornalismo da sempre abituato alla sudditanza.
05/09/2016, 19:23
08/09/2016, 09:49
08/09/2016, 14:50
MaxpoweR ha scritto:... quasi gongola nel sentire "IL DISASTRO" dela giunta Raggi in TV senza informarsi minimamente su quanto sia vero o falso. semplicemente perchè la TV gli dice quello che sperava accadesse per poter dire AVEVO RAGIONE e per legittimare la sua scelta di continuare a votare PER IL SUO PARTITO (a prescindere da ciò che propone) in nome di una "COERENZA" che mai come nella politica assume i connotati di disvalore più che di una virtù. Purtroppo è la maggioranza a ragionare così.
21/09/2016, 13:38
Gli editori occidentali si piegano all'Islam
Pezzo in lingua originale inglese: Western Publishers Submit to Islam
Traduzioni di Angelita La Spada
Per le sue critiche nei confronti dell'Islam, Hamed Abdel-Samad vive sotto scorta della polizia in Germania e, come per Rushdie, pende su di lui una fatwa. Dopo la fatwa, l'oltraggio: essere censurato da una casa editrice libera. Questo è ciò che i sovietici hanno fatto per annientare gli scrittori: distruggere i loro libri.
Nel momento in cui decine di romanzieri, giornalisti e studiosi devono affrontare le minacce islamiste, è intollerabile che gli editori occidentali non solo accettino di prostrarsi, ma che siano spesso i primi a capitolare.
Un tribunale di Parigi ha condannato Renaud Camus per "islamofobia" (una multa di 4.000 euro) per un discorso pronunciato nel 2010, nel quale parlò di "Grand Remplacement", la sostituzione del popolo francese da parte dell'Islam sotto il cavallo di Troia del multiculturalismo. Richard Millet, è stato cacciato lo scorso marzo dalla casa editrice Gallimard per le sue idee sul multiculturalismo.
Non solo capitolarono gli editori di Rushdie, anche altri editori preferirono uscire dai ranghi e tornare a fare affari con Teheran. La Oxford University Press decise di partecipare alla Fiera del Libro di Teheran assieme a due case editrici americane, McGraw-Hill e John Wiley. Queste case editrici scelsero di reagire alla censura omicida con la resa.
È come quando all'epoca dei roghi dei libri organizzati dai nazisti gli editori occidentali non solo erano rimasti in silenzio, ma avevano anche invitato una delegazione tedesca a Parigi e New York.
Quando Salman Rushdie pubblicò nel 1989 "I versi satanici", la Viking Penguin, la casa editrice britannica e americana del romanzo, fu sottoposta a quotidiane vessazioni da parte degli islamisti. Come ha scritto Daniel Pipes, l'ufficio di Londra assomigliava a "un campo di battaglia", con la polizia di guardia, i metal detector e una scorta per i visitatori. Nella sede di New York, i cani addestrati annusavano i pacchetti della posta e gli uffici furono definiti un "luogo sensibile". Molte librerie furono attaccate e molte altre si rifiutarono di vendere il libro. La Viking spese tre milioni di dollari in misure di sicurezza nel 1989, anno fatale per la libertà di espressione occidentale.
Ma la Viking non vacillò mai. Fu un miracolo che il romanzo alla fine uscì. Ma non fu così per altri editori. Da allora, la situazione è solo peggiorata. La maggior parte degli editori occidentali sono ora esitanti. È questo il senso del nuovo affaire Hamed Abdel-Samad.
I Fratelli musulmani offrirono ad Abdel-Samad tutto quello che un ragazzo egiziano poteva desiderare: spiritualità, cameratismo, compagnia, uno scopo. A Giza, Hamed Abdel-Samad entrò così a far parte dei Fratelli musulmani. Il padre gli aveva già insegnato a leggere il Corano, ma fu la Confraternita a spiegargli come tradurre in pratica quegli insegnamenti.
Abdel-Samad li ripudiò dopo una giornata nel deserto egiziano. Diedero a tutti i nuovi militanti un arancio dopo che avevano camminato sotto il sole per ore. Fu loro ordinato di sbucciarlo. Poi la Fratellanza ordinò loro di seppellire il frutto nella sabbia, e mangiare la buccia. Il giorno dopo, Abdel-Samad lasciò l'organizzazione. L'umiliazione era necessaria per trasformare un essere umano in un terrorista.
Oggi Abdel-Samad ha 46 anni e vive a Monaco di Baviera, dove si è sposato con una ragazza danese e lavora per l'Istituto di Storia e cultura ebraica dell'Università di Monaco. Il suo primo libro ha causato un putiferio nel villaggio natale di Abdel-Samad, dove alcuni residenti hanno voluto bruciare il libro.
Il nuovo libro di Abdel-Samad, Der Islamische Faschismus: Eine Analyse, è stato messo al rogo non al Cairo dagli islamisti, ma in Francia da alcuni francesi ipocriti.
Il volume è un best-seller in Germania, dove è stato pubblicato da un editore come Droemer Knaur. Una traduzione in lingua inglese è stata pubblicata dall'americana Prometheus Books, dal titolo Islamic Fascism. Due anni fa, la casa editrice francese Piranha aveva acquisito i diritti per tradurre in francese l'opera e c'era anche una data di uscita su Amazon, il 16 settembre. Ma la casa editrice all'ultimo momento ha fatto retromarcia. Jean-Marc Loubet, a capo della casa editrice, ha annunciato all'autore che la pubblicazione del suo libro è ora impensabile in Francia non solo per ragioni di sicurezza, ma anche perché porterebbe "acqua al mulino dell'estrema destra".
Per le sue critiche nei confronti dell'Islam, Hamed Abdel-Samad vive sotto scorta della polizia in Germania e, come per Rushdie, pende su di lui una fatwa. Dopo la fatwa, l'oltraggio: essere censurato da una casa editrice libera. Questo è ciò che i sovietici hanno fatto per annientare gli scrittori: distruggere i loro libri.
Il caso Abdel-Samad non è certo il primo. Nel momento in cui decine di romanzieri, giornalisti e studiosi devono affrontare le minacce islamiste, è intollerabile che gli editori occidentali non solo accettino di prostrarsi, ma che siano spesso i primi a capitolare.
In Francia, per aver criticato l'Islam in una column titolata "Ci rifiutiamo di cambiare civiltà" e pubblicata dal quotidiano Le Monde, il famoso scrittore Renaud Camus ha perso il suo editore Fayard.
Prima di diventare improvvisamente "inviso" all'establishment letterario di Parigi, Renaud Camus era amico di Louis Aragon, il celebre poeta comunista fondatore del surrealismo e stava quasi per unirsi agli "immortali" dell'Académie française. Roland Barthes, la star del Collège de France, aveva scritto la prefazione del romanzo più famoso di Camus: "Tricks", il libro-culto della cultura gay.
Poi, un tribunale di Parigi ha condannato Renaud Camus per "islamophobia" (una multa di 4.000 euro) per un discorso pronunciato nel 2010, nel quale parlò di "Grand Remplacement", la sostituzione del popolo francese da parte dell'Islam sotto il cavallo di Troia del multiculturalismo. Fu allora che Camus divenne "persona non gradita" in Francia.
"The Jewel of Medina", il romanzo dell'americana Sherry Jones sulla vita della terza moglie di Maometto, è stato acquistato e poi rifiutato dalla potente casa editrice Random House, che aveva già pagato un lauto anticipo all'autrice e aveva già lanciato un'ambiziosa campagna promozionale. La nuova casa editrice di Sherry Jones, Gibson Square, fu incendiata dagli islamisti a Londra.
Poi, c'è stata la Yale University Press, che ha pubblicato il libro di Jytte Klausen, "The Cartoons That Shook the World", dedicato alla storia delle controverse "vignette su Maometto" che furono pubblicate nel 2005 dal quotidiano danese Jyllands-Posten, e la crisi che ne è seguita. Ma la Yale University Press pubblicò l'opera senza riprodurre le vignette e le altre immagini del profeta Maometto che avrebbero dovuto essere incluse.
"La capitolazione della Yale University Press a minacce che non sono state ancora fatte è l'ultimo e forse il peggiore episodio della costante resa all'estremismo religioso – in particolar modo a quello musulmano – che si sta diffondendo in tutta la nostra cultura", commentò il defunto Christopher Hitchens. La Yale probabilmente sperava di mettersi in fila per ottenere dal principe saudita Alwaleed bin Talal la stessa donazione di venti milioni di dollari da lui elargita alla George Washington University e Harvard.
In Germania, Gabriele Brinkmann, una famosa romanziera, è improvvisamente rimasta senza casa editrice. Secondo la casa editrice, Droste, il suo romanzo "Wem Ehre Gebuhrt" (A chi è dovuto l'onore) avrebbe potuto "irritare i musulmani" ed esporre l'editore a intimidazioni. Così alla scrittrice è stato chiesto di censurare alcuni passaggi, ma lei si è rifiutata e ha perso la casa editrice.
Questa stessa vigliaccheria e capitolazione ora pervadono l'intero settore editoriale. L'anno scorso, la più prestigiosa fiera libraria italiana, il Salone Internazionale del Libro di Torino, aveva scelto (per poi ripensarci) l'Arabia Saudita come ospite d'onore, nonostante i numerosi scrittori e blogger rinchiusi nelle prigioni del regno islamico. Raif Badawi è stato condannato a mille colpi di frusta e dieci anni di reclusione e a una multa di 260.000 dollari.
Secondo Time.com, molti editori occidentali ora " rifiutano anche le opere di autori israeliani", nonostante le loro opinioni politiche.
Fu dopo il caso Salman Rushdie che molte case editrici occidentali si piegarono alle intimidazioni. Christian Bourgois, una casa editrice francese, si rifiutò di pubblicare "I versi satanici", dopo averne acquistato i diritti, e lo stesso fece l'editore tedesco Kiepenheuer, che si pentì di aver acquisito i diritti del libro e scelse di cederli a un consorzio di cinquanta editori di Germania, Austria e Svizzera raccolti sotto la sigla "UN-Charta Artikel 19".
Non solo capitolarono gli editori di Rushdie, anche altri editori preferirono uscire dai ranghi e tornare a fare affari con Teheran. La Oxford University Press decise così di partecipare alla Fiera del Libro di Teheran assieme a due case editrici americane, McGraw-Hill e John Wiley, nonostante la richiesta di Viking Penguin, editore di Rushdie, di boicottare l'evento iraniano. Questi editori scelsero di reagire alla censura omicida con la resa, disposti a sacrificare la libertà di espressione sull'altare del business as usual: la vendita di libri era più importante dei colleghi minacciati.
È come quando all'epoca dei roghi dei libri organizzati dai nazisti gli editori occidentali non solo erano rimasti in silenzio, ma avevano anche invitato una delegazione tedesca a Parigi e New York. È così impensabile oggi?
Giulio Meotti, redattore culturale del quotidiano Il Foglio, è un giornalista e scrittore italiano.
24/09/2016, 14:36
25/09/2016, 19:35