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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 05/11/2016, 15:49 
A proposito di propaganda e di finalità già scritte da tempo...

John Pilger, 77 anni, in un discorso tenuto a marzo 2016 all'Università di Sydney, ci spiega l'imperialismo statunitense ed espone le differenze tra Trump E Clinton. John Pilger è un rinomato giornalista e documentarista australiano; i suoi documentari hanno vinto diversi premi sia in Gran Bretagna che negli Stati Uniti. Ha vinto due volte il premio "giornalista britannico dell'anno". E' da sempre un forte critico delle politiche estere Statunitensi, Inglesi e Australiane. Sottotitoli a cura di Giulio Betti

https://www.facebook.com/EcoDemOrg/vide ... 763456440/



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 05/11/2016, 17:07 
Thethirdeye ha scritto:
A proposito di propaganda e di finalità già scritte da tempo...

John Pilger, 77 anni, in un discorso tenuto a marzo 2016 all'Università di Sydney, ci spiega l'imperialismo statunitense ed espone le differenze tra Trump E Clinton. John Pilger è un rinomato giornalista e documentarista australiano; i suoi documentari hanno vinto diversi premi sia in Gran Bretagna che negli Stati Uniti. Ha vinto due volte il premio "giornalista britannico dell'anno". E' da sempre un forte critico delle politiche estere Statunitensi, Inglesi e Australiane. Sottotitoli a cura di Giulio Betti

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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 26/11/2016, 21:16 
KIEV PREPARA UNA GRAVISSIMA PROVOCAZIONE SULLA CRIMEA

Con la copertura dell'Unione Europea,
il regime para-nazista annuncia che lancerà missili
nello spazio aereo russo e sulle acque territoriali russe
del Mar Nero.

La data è quella dei primi due giorni di dicembre 2016.

Qualcuno, a Washington e a Bruxelles,
vuole decidere l'inizio dello scontro con la Russia
prima dell'insediamento di Donald Trump.

Gentiloni, invece di scrivere banalità sulla morte di Fidel Castro, dovrebbe scrivere una lettera a Kiev.
Oppure dobbiamo pensare che lui e il suo governo
fanno parte della stessa banda di Poroshenko?

(Giulietto Chiesa)


I media sono stati pagati per non raccontare quanto ha detto Putin

Pubblicato il 25 nov 2016

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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 26/11/2016, 21:56 
Devo dire che mi sarei aspettato una mossa del genere... Una provocazione ci doveva essere prima dell'insediamento, non previsto, di Trump.
I cani non mollano l'osso, e Putin questo lo sa benissimo.

Hanno cambiato obbiettivo, ormai i famigerati "terroristi islamici" (made by cia) sono spariti, ora il nemico n.1 é la Russia.
Prepariamoci ad un martellamento continuo di propaganda antirussa da qui a quando succederà qualcosa di grosso...



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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 29/11/2016, 22:07 
Cita:
Gb,May: 150 militari al confine Russia

Gran Bretagna pronta a inviare 150 militari in Polonia al confine con l'enclave russa di Kaliningrad,come "deterrente contro l'aggressione" di Mosca in Europa. Lo dice la premier britannica Theresa May in colloqui a Londra con la sua omologa polacca, Beata Szydlo. Regno Unito e Polonia riconfermano così -dice May- il loro impegno a rafforzare il ruolo Nato nella difesa dell'Europa. Ribadito anche il grande legame storico-militare tra i due Paesi, che nella II Guerra mondiale combatterono fianco a fianco contro i nazisti.


http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... c2aeb.html


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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 30/11/2016, 11:09 
Thethirdeye ha scritto:
KIEV PREPARA UNA GRAVISSIMA PROVOCAZIONE SULLA CRIMEA

Con la copertura dell'Unione Europea,
il regime para-nazista annuncia che lancerà missili
nello spazio aereo russo e sulle acque territoriali russe
del Mar Nero.

La data è quella dei primi due giorni di dicembre 2016.

Qualcuno, a Washington e a Bruxelles,
vuole decidere l'inizio dello scontro con la Russia
prima dell'insediamento di Donald Trump.

Gentiloni, invece di scrivere banalità sulla morte di Fidel Castro, dovrebbe scrivere una lettera a Kiev.
Oppure dobbiamo pensare che lui e il suo governo
fanno parte della stessa banda di Poroshenko?

(Giulietto Chiesa)


I media sono stati pagati per non raccontare quanto ha detto Putin

Pubblicato il 25 nov 2016

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bè ma in crimea e là vicino
i russi avranno piazzato degli S-400
contro qualche mattana ucraina,
no?

se c provano coi missili, li buttano giù..




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https://roma.corriere.it/notizie/politi ... 0b7e.shtml
Conte ripercorre le tappe della crisi: «Vorrei ricordare che con la parlamentarizzazione della crisi la Lega ha poi formalmente ritirato la mozione di sfiducia, ha dimostrato di voler proseguire, sono stato io che ho detto “assolutamente no”perché per me quell’esperienza politica era chiusa».


http://www.lefigaro.fr/international/mi ... e-20190923
il stipule que les États membres qui souscrivent à ce dispositif de relocalisation des personnes débarquées en Italie et à Malte s’engagent pour une durée limitée à six mois - éventuellement renouvelable. Le mécanisme de répartition serait ainsi révocable à tout moment au cas où l’afflux de migrants vers les ports d’Italie et de Malte devait s’emballer.
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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 30/11/2016, 19:12 
ma l'isis e compagnia che fine hanno fatto non ne parlano più, terroristi pazzi in giro sono tutti spariti, intanto però zitti zitti ci hanno piazzato un paio di stati di polizia (parigi,milano,londra, new york ecc...) che bel teatrino e la gente abbocca ancora.


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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 30/11/2016, 22:42 
Davvero una cifra notevole.....150 militari.....Mica male.....Dovrebbero fermare un corpo d'armata?Ma certo,non dimentichiamo che il buon Stallone ne fermo una da solo ed armato di sole freccette esplosive.Quelli si che erano tempi.....


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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 05/12/2016, 22:05 
Cita:
Donald Trump è in realtà solo un attore che preparerà gli Stati Uniti alla guerra ?



Lasciatemi dire subito che nutro il massimo rispetto per F. William Engdahl e che lo considero una persona molto più esperta di politica americana del sottoscritto. Inoltre, voglio chiarire anche che non confuterò neanche una sola delle argomentazioni che Engdahl porta a sostegno della sua tesi, semplicemente perché sono dell’opinione che i suoi ragionamenti siano logici e basati sui fatti. Consiglio caldamente a tutti la lettura dell’articolo di Engdahl The Dangerous Deception Called The Trump Presidency” [“Il pericoloso inganno chiamato Presidenza Trump”],sul sito New Eastern Outlook e di ponderare con attenzione tutte le sue argomentazioni. Naturalmente, Engdahl porta solo prove indirette e circostanziali, e solo il tempo farà veramente capire se ha ragione oppure no. Quello che mi propongo di fare oggi è di prendere in considerazione l’altra possibilità, cioè che, nonostante tutte le prove portate da Engdahl, Trump possa non essere un imbroglione ed un attore. Vedrete però che questa conclusione non è necessariamente più ottimistica di quella di Engdahl.

La mia argomentazione principale è molto più primitiva di quella di Engdahl e anche molto più circostanziale: io noto i segni inconfondibili di una *vera* lotta all’interno dell’elite americana e, se un confronto del genere è effettivamente in corso, la mia conclusione è che Trump non è un attore che è stato “selezionato” (per usare le parole di Engdahl) dall’elite americana, ma piuttosto il contrario, la sua elezione, per quelle elites, è un incubo.

La mia argomentazione secondaria è che, anche se Engdahl dovesse aver ragione, il piano delle elites americane per salvare l’Impero e prepararsi alla guerra è destinato a fallire.

Vediamole una alla volta:

La realtà dalla lotta all’interno delle elites americane

Francamente, non credo che lo “Stato Profondo” imperiale possa essere così contorto e sofisticato da ordinare ai media mainstream l’organizzazione di una campagna di odio lunga un anno contro Trump, solo perché lo “Stato Profondo” aveva calcolato che solo una demonizzazione del genere lo avrebbe reso popolare e lo avrebbe fatto eleggere. Come mai? Perché non credo che la macchina propagandistica americana sia così flessibile. Guardate dei fenomeni come Rachel Maddows o Martha Raddatz, e vedrete che sono genuine, nel senso che non sono mai state pagate per patrocinare una determinata linea politica, ma sono state assunte proprio perché erano l’incarnazione di una determinata linea politica. Certo, magari qualcuno sarà anche un cinico venduto, ma la maggior parte di loro proviene da quella che io chiamo la “tribù delle minoranze assortite”, che odia in modo viscerale tutto quello per cui Trump lotta. Il loro odio è sincero, è puro, proviene dalla loro stessa identità.

Allo stesso modo, quando vedo nei confronti di Hillary tutta quella servilità, che i media corporativi hanno amorevolmente alimentato, posso solo concludere che questo è il logico risultato di decenni di lavaggio del cervello da parte della macchina propagandistica liberale. Questa macchina è stata costruita sull’odio per l’Americano “comune”, i “deplorevoli”, come li chiama Hillary, e questa macchina non poteva fare nient’altro che adorarla 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana.

Perciò sono convinto che Donald Trump sia stato eletto nonostante, e non per merito del “Patriarcato dei vecchi disamorati come David Rockfeller o George Herbert Walker Bush”. Inoltre, quando vedo gli sforzi disperati di Soros & Compagni per organizzare una qualche sorta di “rivoluzione colorata” contro Trump, al grido di “non è il mio presidente” e gli sforzi, sempre di Soros & Compagni, per far sì che Jill Stein ottenga il riconteggio dei voti, solo negli stati dove Trump ha vinto, arrivo alla netta conclusione che i Neoconservatori non hanno ancora accettato la loro sconfitta e che stanno ancora cercando di impedire a Trump l’insediamento alla Casa Bianca. Per contro, Engdahl scrive che,

Non dobbiamo immaginare neanche per un secondo che il Patriarcato, quei vecchi disamorati come David Rockfeller o George Herbert Walker Bush o altri non nominati, siano stati travolti dal genio politico del candidato Trump, che dopo ogni scandalo risorgeva più forte di prima, al punto da essere colti di sorpresa, battuti in astuzia e che, dopo essersi lamentati, abbiano lasciato che ciò succedesse. La presidenza Trump è stata pianificata, da loro e dai loro esperti, fin nel minimo dettaglio.

Non so voi, ma io non ho la sensazione che quanto sta accadendo oggi sia il risultato di un qualcosa accuratamente programmato. Sono pienamente d’accordo sul fatto che lo Stato Profondo americano non si è limitato a “lamentarsi e a permettere che ciò succedesse”. Ma, piuttosto che lasciare che ciò accada, io vedo che lo Stato Profondo americano combatte contro Trump con tutto quello che ha! Non credo assolutamente che l’isteria post-elettorale nei confronti di Trump sia stata pianificata da gente come Rockfeller o Bush. Quello che vedo sono i Neoconservatori che usano fino all’ultima cartuccia le “munizioni” di cui dispongono per cercare di contrastare e sabotare la presidenza Trump.

Engdahl porta anche argomentazioni molto solide e sfavorevoli alla nomina del Generale Mike Flynn, noto non solo per la sua retorica anti-Islam abbastanza rozza, ma anche per aver scritto un libro insieme al famoso Neoconservatore Michael Ledeen [in inglese].. Che un uomo come Flynn non potesse trovare un co-autore migliore di Ledeen dovrebbe far scattare un campanello d’allarme nella testa di tutti quelli che sanno chi è, e che cosa rappresenti, Ledeen. E Flynn è di gran lunga una delle persone migliori dell’entourage di Trump.

Infatti, un’occhiata più attenta alle persone che circondano Trump rivela numerosi Neoconservatori, Israeliani ed Ebrei in tutte le posizioni chiave. Molti di quelli di cui Trump si è circondato sono veramente in sentore di Likud. Questa argomentazione può però anche essere rovesciata: se Trump è davvero “assolutamente circondato” da Sionisti superbenpensanti allora perché tutto questo panico? Non potrebbe essere che questi Sionisti superbenpensanti abbiano delle preoccupazioni veramente molto grosse su ciò che Trump potrebbe fare da presidente, una volta assunto il potere?

Ultimo, ma assolutamente non meno importante: non solo è stata utilizzata Jill Stein per ottenere il riconteggio in alcuni stati, ma ci sono anche voci secondo cui verrebbero fatte pressioni su alcuni Grandi Elettori affinché neghino il voto a Trump, come invece vorrebbe la legge. Che sia vero oppure no, indiscrezioni del genere indicano chiaramente che i Neoconservatori sono disposti a fare di tutto e di più per impedire a Trump di entrare alla Casa Bianca o, se ciò fosse impossibile, per indebolirlo al massimo, anche se questo metterebbe a rischio l’intera nazione.

Perché dico ciò?

Perché la cose hanno una capacità tutta loro di andare fuori controllo, e questo rende estremamente pericoloso quel continuo alzare la posta in gioco che i Neoconservatori mettono in pratica di continuo. Naturalmente, nessuno in questo momento si aspetta che il Collegio Elettorale si rifiuti di nominare Trump. Sembra però che in questi giorni succedano un sacco di cose inaspettate. E se capitasse una cosa del genere? E se qualche stato accettasse la vittoria di Trump e qualcun’altro no? E se lo slogan “non è il mio presidente” diventasse veramente virale e infettasse la mente di ancora più persone? O, anche peggio, se questa retorica assolutamente irresponsabile sfociasse in atti di violenza e venissero uccisi dei manifestanti o lo stesso Trump? Sappiamo che lo stesso Stato Profondo americano, che aveva pianificato ed eseguito l’11 settembre, aveva anche usato i cecchini a Vilnius nel 1991, a Mosca nel 1993 e a Kiev nel 2014 per fomentare l’insurrezione. Ci sono segnalazioni secondo cui i cecchini sarebbero stati utilizzati anche in Libia, Egitto e Siria. C’è qualche ragione logica per pensare che questa volta lo Stato Profondo non possa usare questi cecchini *all’interno* degli Stati Uniti?

Il piano

Secondo Engdahl, Trump sarebbe stato messo in carica per preparare l’America alla guerra, una guerra che le banche di Wall Street ed il complesso militare-industriale statunitense, economicamente, industrialmente o anche geopoliticamente in questo momento non sono in grado di vincere. Il suo compito sarà quello di riposizionare, per loro, gli Stati Uniti, al fine di invertire il trend disgregatorio dell’egemonia americana per, secondo quanto avevano scritto Dick Cheney e Paul Wolfovitz nel loro saggio del settembre 2000 “Un progetto per un nuovo secolo americano”, “ricostruire le difese dell’America” . Per attuare una tale preparazione, dovrà essere prioritaria una strategia che indebolisca fatalmente i profondi legami che si stanno instaurando fra Russia e Cina. E’ già incominciato. C’è stata una telefonata fra The Donald e Vladimir il Terribile a Mosca. I media russi sono euforici per la nuova era nelle relazioni USA-Russia, dopo Obama. Poi, all’improvviso sentiamo il guerrafondaio capo della NATO, Stoltenberg, usare parole rassicuranti nei confronti della Russia. Arriva la voce che la congressista californiana, nonché conoscente di Putin, Dana Rohrabacher potrebbe essere un possibile Segretario di Stato. E’ la classica geopolitica di Kissinger del bilanciamento delle forze: fai finta di allearti con il più debole dei tuoi due mortali nemici, la Russia, per isolarlo dal più forte, la Cina. Probabilmente Putin non è così ingenuo o così stupido da cascarci, ma questo è il piano dei manipolatori di Trump.

Se questo è davvero il piano, allora sono pienamente d’accordo con Engdahl: Putin non è così ingenuo o così stupido da cascarci. Infatti, un’eventualità del genere è stata discussa molte volte dagli esperti nei vari talkshows russi, e tutti concordano sul fatto che, se Trump fosse interessato a collaborare con la Russia, anche la Russia dovrà alla fine abbassare i suoi toni critici nei confronti degli Stati Uniti; non c’è però la minima possibilità che Mosca permetta, in qualsiasi modo, agli Americani di indebolire, o comunque di interferire con l’ufficiosa, ma di grande importanza strategica, collaborazione fra la Russia e la Cina. In ogni caso, gli Stati Uniti non hanno nulla di veramente interessante da offrire ai Russi. Perché mai i Russi dovrebbero investire dei capitali in un Impero morente, quando hanno già un’alleanza assai vantaggiosa con una superpotenza in crescita? C’è qualcuno a Washington DC che crede veramente che vent’anni di rabbiosa russofobia siano stati dimenticati di colpo, o che qualcuno in Russia possa ancora avere fiducia nelle parole che escono dalla bocca di un politicante americano? Negli ultimi due anni la Russia si è affannata a prepararsi per una guerra contro gli USA e la NATO. Ora che il pericolo di avere Hillary come presidente è quasi sicuramente passato, certo, i Russi sono deliziati dal fatto che una guerra termonucleare è diventata assai poco probabile. Ma non dimenticheranno mai quanto ci siano andati vicino e sopratutto non fermeranno i loro preparativi. Al più, potranno forse rallentare alcuni programmi, ma niente di più. Fondamentalmente la Russia continuerà, a grandi passi, ad incrementare la sua forza militare e la cosa, considerando la situazione in Ucraina e in Medio Oriente, è la decisione giusta, indipendentemente da quello che gli Americani possono dire o possono fare.

Penso di poter prevedere con molta accuratezza quello che farà la Russia durante i prossimi quattro anni: Putin si incontrerà con Trump e cercherà di risolvere con lui il maggior numero possibile di problemi in sospeso fra Stati Uniti e Russia (dando però per scontato che i Neoconservatori che circondano Trump non sabotino tutto quanto prima ancora che cominci!). Se Trump vuole una soluzione ragionevole in Siria e in Ucraina, allora i Russi gliela offriranno. Se Trump è serio nel voler costringere CIA & Compagni a smetterla di servirsi di al-Qaeda & Soci, cioè, se Trump è veramente intenzionato a debellare il Daesh, allora anche i Russi lo aiuteranno. E se Trump vuole che i Russi gli diano una mano per cercare un accordo fra Israele e la Palestina, o aiutarlo nella mediazione di qualche concordato con il Partito Democratico della Corea del Nord, i Russi saranno ancora d’accordo. Ma tutto ciò non fermerà il massiccio riarmo delle forze armate russe, e gli sforzi della Russia per sganciare l’Unione Europea dagli USA. Questi per la Russia sono obbiettivi strategici, che non verranno in nessun modo influenzati dagli Stati Uniti. Inoltre, anche se nei prossimi quattro anni gli Stati Uniti dovessero spendere X miliardi di dollari per la “difesa”, la Russia spenderà molto meno, ma avrà un ritorno molto superiore a quello degli USA. Come mai? Perché l’intero complesso militare-industriale americano è corrotto fino al midollo, e le Forze Armate degli Stati Uniti sono in uno stato di degrado avanzato.

Contrariamente a quello che pensano alcuni patriottardi russi (e anche non russi), la Russia è ancora molto più debole degli Stati Uniti, ma sta recuperando terreno ad un passo che gli Stati Uniti, semplicemente, non sono in grado di tenere, con Trump o senza Trump, per cui, fra quattro anni, il rapporto di forze fra Russia e Stati Uniti sarà ancora più favorevole alla Russia di quanto non lo sia adesso. Se i Neoconservatori pensano veramente di poter in qualche modo ribaltare, o anche solo alterare in modo significativo, questo trend, si sbagliano. Gli Stati Uniti stanno andando giù e la Russia sta salendo, e niente può fermare questo processo.

L’argomentazione più forte a favore della tesi di Engdahl è questa: anche se i Neoconservatori sono sempre stati astuti e ben guidati, non sono molto intelligenti e non riescono a vedere se non la prospettiva a breve termine. Inoltre, quando si trovano a dover affrontare una crisi, la loro immensa arroganza li porta sempre alla stessa soluzione: raddoppiare la posta in gioco. E se non funziona, raddoppiarla ancora. E ancora. E ancora. Questo è il motivo per cui tutti i loro grandi piani all’inizio, più o meno, funzionano, ma poi, inevitabilmente, crollano, ogni volta.

In questo momento non c’è nulla di più stupido e di più autolesionistico per gli Stati Uniti che continuare ad insistere su tutti i propri fallimenti, sbagli ed errori di valutazione. La cosa furba da fare è proprio quella che ha promesso Trump: cambiare strada, “prosciugare la palude” [“drain the swamp”] di Washington DC e salvare gli Stati Uniti rinunciando all’Impero Anglo-Sionista. Spero che lo slogan “rendere l’America nuovamente grande” significhi proprio questo: renderla grande liberandosi dell’Impero.

La mia sensazione è che Trump sia, almeno parzialmente, sincero; come si potrebbe spiegare altrimenti il panico che attualmente serpeggia fra i Neoconservatori? Sembra che ci sia qualcosa che li terrorizza veramente. Non potrebbe essere che Trump ha tutte le intenzioni di ricacciarli tutti quanti a calci nel sedere giù nel sottoscala, da dove erano usciti? [in inglese]. [

Detto questo, non pensate che io sia più ottimista di Engdahl. Perché non lo sono. Ho solo delle paure differenti dalle sue. Lui pensa che Trump sia fasullo, mentre io sono convinto che “The Trump”, molto probabilmente, non ha la giusta combinazione di intelligenza, forza di volontà, coraggio, abnegazione e patriottismo per purgare gli Stati Uniti dalla putredine dei Neoconservatori. In parole povere, non penso che Trump possa essere il “Putin americano”. Inoltre, credo che la scelta di Pence come vice-presidente indichi come Trump abbia la speranza, molto mal riposta, di poter (con questo) tranquillizzare i Neoconservatori.

Infine, cerchiamo di dare un senso alla assolutamente bizzarra, e francamente irrazionale, fobia di Trump per l’Iran. Non è forse un suo tentativo di dare un osso da rosicchiare ai Neoconservatori, nella speranza che lo possano lasciare tranquillo, se “concede“ loro l’Iran?

Una cosa è assolutamente certa: se gli Americani dovessero attaccare l’Iran, ogni riavvicinamento con la Russia andrebbe immediatamente giù per lo sciacquone. In nessun modo Trump potrebbe raggiungere un accordo, di qualsiasi genere, con la Russia minacciando allo stesso tempo l’Iran. Un’altra contraddizione di questo presunto piano neoconservatore.

Dio sa se spero di sbagliarmi. E, naturalmente, spero che anche Engdahl si sbagli. I miracoli accadono, e talvolta individui all’apparenza mediocri o esitanti finiscono con il mostrare una forza ed una decisione in grado di cambiare il corso della storia. Sono però convinto che Engdahl si ponga le domande giuste e faccia squillare i dovuti campanelli d’allarme. Anche se è legittimo aspettarsi un miracolo, non bisogna mai dimenticarsi che i miracoli capitano molto raramente, e che questo è molto più probabile della loro impossibilità.


http://comedonchisciotte.org/donald-tru ... la-guerra/


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MessaggioInviato: 07/12/2016, 19:44 
"L'aeroporto di Damasco colpito da un attacco aereo degli israeliani"
Impossibile confermare le voci che circolano sulla stampa siriana. Non è la prima volta che circolano notizie di questo tipo

Secondo fonti di stampa siriane alcuni aerei dell'aeronautica israeliana avrebbero preso di mira questa sera una zona nelle vicinanze dell'aeroporto di Damasco.

Non è chiaro quale fosse l'obiettivo dei raid, ma non si esclude che potesse essere un convoglio d'armi.

Conferme dell'attacco - esplosioni sono state sentite vicino allo scalo della capitale siriana - porterebbero a due gli attacchi delle ultime settimane attribuiti agli israeliani, che tra fine ottobre e inizio novembre avrebbero colpito postazioni dell'esercito e degli hezbollah libanesi.

Israele non ha mai confermato le voci che circolano, ma il governo di Tel Aviv non ha mai taciuto la sua politica di "tolleranza zero per i colpi d'artiglieria che provengono dalla Siria, per il traffico di armi e la distribuzione di armi chimiche ai terroristi. Un punto ribadito a Washington dal premier Benjamin Netanyahu di recente.



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MessaggioInviato: 07/12/2016, 20:28 
Ecco l'articolo dell'agenzia siriana Sana http://sana.sy/en/?p=95490



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MessaggioInviato: 13/12/2016, 02:13 
La guerra imminente con la Cina

DI JOHN PILGER

newint.org

Quando andai per la prima volta a Hiroshima nel 1967, l’ombra sui gradini era ancora lì. Era l’impronta quasi perfetta di un essere umano a proprio agio: gambe divaricate, schiena piegata in avanti, una mano sul fianco mentre sedeva, aspettando che la banca aprisse. Alle otto e un quarto della mattina del 6 agosto 1945 lei e la sua sagoma si fusero con il granito. Fissai quell’ombra, ancora oggi indelebile nella mia mente, per un’ora o forse più. Quando ci ritornai molti anni dopo era sparita: rimossa, “scomparsa”, perché politicamente imbarazzante.

Ho trascorso due anni girando un film documentario, The Coming War on China, che raccoglie prove e testimonianze che dimostrano che la guerra nucleare non è più un’ombra, ma una possibilità concreta. È in corso il più imponente accumulo di forze militari sotto l’egida statunitense dalla Seconda Guerra Mondiale. Si trovano ai confini occidentali della Russia, in Asia e nel Pacifico, e sono puntate verso la Cina.

Il grande pericolo che ciò implica non fa notizia, oppure viene sepolto tra le altre news e distorto: una propaganda martellante che riecheggia nella campagna psicopatica inculcata nella coscienza pubblica per gran parte del Ventesimo secolo.

Come la riforma della Russia post-sovietica, anche l’ascesa della Cina come potenza economica è considerata una “minaccia esistenziale” al diritto di emanazione divina degli Stati Uniti di governare e dominare il destino dell’umanità.

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Per contrastarla, nel 2011 il presidente Obama ha annunciato un “pivot verso l’Asia”, che significava che quasi due terzi delle forze navali statunitensi sarebbero state trasferite in Asia e nel Pacifico entro il 2020.
Ad oggi, più di 400 basi militari americane circondano la Cina con missili, bombardieri, navi da guerra e, soprattutto, armi nucleari. Dall’Australia, proseguendo a nord attraverso il Pacifico e arrivando in Giappone e Corea, e attraverso il continente eurasiatico fino all’Afghanistan e all’India, le basi formano, come dice uno stratega statunitense, “la trappola perfetta”.

Uno studio della RAND Corporation – che, a partire dal Vietnam, ha pianificato le guerre dell’America – è intitolato War with China: Thinking Through the Unthinkable (La guerra con la Cina: riflettere sull’inconcepibile). Commissionato dall’esercito americano, i suoi autori rievocano la Guerra Fredda, quando la RAND rese famoso il motto del suo stratega in capo Herman Kahn – “thinking the unthinkable” (pensare l’impensabile). Il libro di Kahn On Thermonuclear Warelaborava un piano per una guerra nucleare “sostenibile” contro l’Unione Sovietica.

Oggi la sua visione apocalittica è condivisa da coloro che detengono davvero il potere negli Stati Uniti: i militaristi del Pentagono e i loro collaboratori neoconservatori al governo, le agenzie d’intelligence e il Congresso. L’attuale Segretario alla Difesa, Ashley Carter, un ampolloso provocatore, dice che la politica degli Stati Uniti è quella di combattere coloro “che sono consapevoli del predominio americano e vogliono portarcelo via”.

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Oggi, più di 400 basi militari americane circondano la Cina con missili, bombardieri, navi da guerra e testate nucleari.Charles Gatward: The Coming War on China, Darmouth Films


“Punire” la Cina

Ho incontrato a Washington Amitai Etzioni, illustre professore di affari internazionali alla George Washington University. Gli Stati Uniti, scrive, “si stanno preparando alla guerra con la Cina, una decisione epocale che finora non è stata valutata in modo approfondito da parte dei funzionari eletti, cioè della Casa Bianca e del Congresso.”
Questa guerra inizierebbe con un “attacco per mettere fuori uso le strutture difensive cinesi, incluse le piattaforme per il lancio di missili a terra e in mare… armi satellitari e anti-satellite”.
Il rischio enorme deriva dal fatto che “degli attacchi sul suolo cinese potrebbero erroneamente essere percepiti dai cinesi come tentativi preventivi di privarli delle loro armi nucleari, generando in loro ‘un terribile dilemma tra utilizzarle o perderle’ che condurrebbe alla guerra nucleare.”

Nel 2015 il Pentagono ha pubblicato il suo Law of War Manual. “Gli Stati Uniti”, si legge in esso, “non hanno accettato nessuna norma di un trattato che proibisce per se l’uso di armi nucleari, perciò le armi nucleari sono considerate dagli Stati Uniti armi lecite.”

In Cina un esperto militare mi ha detto: “Noi non siamo vostri nemici, ma se voi [in Occidente] decidete che lo siamo, dobbiamo essere pronti a reagire senza indugi.” L’esercito e l’arsenale cinesi sono piccoli rispetto a quelli americani. Tuttavia, “per la prima volta”, ha scritto Gregory Kulacki dell’Unionof Concerned Scientists, “la Cina sta valutando di tenere pronti i suoi missili nucleari in modo che possano essere lanciati velocemente in caso di minaccia di un attacco… Questo sarebbe un significativo e preoccupante cambiamento nella politica cinese… In effetti, la linea politica sulle armi nucleari degli Stati Uniti è il fattore esterno più evidente che sta influenzando i fautori cinesi di un innalzamento del livello di allerta delle forze nucleari cinesi.”

Il professor Ted Postol è stato consigliere scientifico del comandante delle operazioni navali degli Stati Uniti. Egli, voce autorevole in tema di armi nucleari, mi ha detto: “Ognuno qui vuole sembrare un duro. Vede, io devo essere un duro… Non mi spaventa niente dal punto di vista militare, non ho paura di minacciare; sono un gorilla dal petto villoso. E siamo arrivati ad un punto, gli Stati Uniti si trovano in una situazione in cui spirano venti di guerra e tutto questo viene in realtà orchestrato dall’alto.”
Io risposi: “Sembra davvero molto rischioso.”

“Rischioso è un eufemismo”

Andrew Krepinevich è stato uno stratega militare del Pentagono e influente autore dei “giochi di guerra” contro la Cina. Egli vuole “punire” la Cina per aver esteso le proprie difese al Mar Cinese Meridionale. Auspica che l’oceano venga cosparso di mine sottomarine, che vi vengano inviate le forze speciali statunitensi e che venga istituito un blocco navale. Lui stesso mi ha detto: “Il nostro primo presidente, George Washington, disse: ‘Se vuoi la pace, preparati per la guerra’.”

Nel 2015, in gran segreto, gli Stati Uniti hanno organizzato la più grande esercitazione militare dai tempi della Guerra Fredda. Si chiamava Talisman Sabre: un’armata di navi e bombardieri a lungo raggio hanno inscenato una “Battaglia aria-mare per la Cina” – ASB – bloccando le rotte navali nello stretto di Malacca e interrompendo gli approvvigionamenti cinesi di petrolio, gas e altre materie prime dal Medio Oriente e dall’Africa.

È stata questa provocazione, insieme alla paura di un blocco navale da parte della Marina statunitense, che ha spinto la Cina a costruire febbrilmente piste di atterraggio strategiche su scogliere e isolotti contestati nelle isole Spratly, nel Mar Cinese Meridionale. Lo scorso luglio, la Corte di Arbitrato Permanente delle Nazioni Unite si è espressa contro la rivendicazione di sovranità della Cina su queste isole. Sebbene l’azione fosse stata sollevata dalle Filippine, è stata presentata da avvocati di spicco americani e inglesi e può essere ricondotta all’allora Segretario di Stato americano Hillary Clinton.

Nel 2010 la Clinton è volata a Manila per chiedere che la ex colonia americana riaprisse le basi militari USA chiuse negli anni Novanta a seguito di una campagna popolare contro le violenze che generavano, soprattutto ai danni delle donne filippine. In quell’occasione ha dichiarato anche che la rivendicazione della Cina sulle isole Spratly – che si trovano a più di 7500 miglia (12000 chilometri) dagli Stati Uniti – costituisce una minaccia alla “sicurezza nazionale” degli Stati Uniti e alla “libertà di navigazione”.

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Dopo che gli sono stati consegnati milioni di dollari in armi e attrezzature militari, l’allora governo del presidente Benigno Aquino ha interrotto i colloqui bilaterali con la Cina e firmato un Accordo di Cooperazione segreto per la Difesa Rafforzata con gli Stati Uniti. Con esso sono state create 5 basi statunitensi per la rotazione delle truppe ed è stata riesumata un’odiata disposizione di epoca coloniale secondo cui le forze americane e i loro mercenari sono immuni dalla legge filippina.
Sotto il nome di “dominio dell’informazione” – il gergo per manipolazione dei mezzi d’informazione, su cui il Pentagono spende più di 4 miliardi di dollari – l’amministrazione Obama ha lanciato una campagna di propaganda che classifica la Cina, la più grande nazione al mondo dal punto di vista commerciale, come una minaccia alla “libertà di navigazione”.

La CNN ha preso parte attivamente alla campagna, con il suo “reporter per la sicurezza nazionale” che, tutto eccitato, trasmetteva a bordo di un volo di ricognizione della Marina statunitense sopra le isole Spratly. La BBC ha persuaso degli spaventati piloti filippini a sorvolare le isole contese con un Cessna monomotore “per vedere come i cinesi avrebbero reagito”. Nessuno dei servizi andati in onda si domandava perché i cinesi stessero costruendo piste di atterraggio al di fuori dei confini delle proprie coste, o perché le forze militari americane si stessero ammassando alle porte della Cina.

Il capo della propaganda designato era l’Ammiraglio Harry Harris, il comandante in capo delle truppe USA in Asia e nel Pacifico. “Le mie responsabilità”, ha detto al New York Times, “si estendono da Bollywood a Hollywood, dagli orsi polari ai pinguini.” Il dominio imperialista non era mai stato descritto in un modo tanto conciso.

Media malleabili e partner ossequiosi

Harris è uno degli ammiragli e generali selezionati e istruiti dal Pentagono, insieme a giornalisti malleabili ed emittenti televisive, allo scopo di giustificare una minaccia tanto pretestuosa quanto quella con la quale George W Bush e Tony Blair motivarono la distruzione dell’Iraq.

“Il commercio cinese”

James Bradley è autore del best-seller The China Mirage: The Hidden History of American Disaster in Asia (Little Brown, 2015). In questi estratti della sua intervista con John Pilger, descrive come l’America moderna sia stata costruita sul “commercio cinese”.
James Bradley: Per la maggior parte della storia americana, era illegale per qualcuno come me conoscere un cinese. I cinesi venivano in America per lavorare nelle miniere d’oro e costruire le ferrovie, e gli americani decisero che non ci piaceva la competizione. Così, nel 1882, promulgammo i Chinese Exclusion Acts, che tennero i cinesi al di fuori degli Stati Uniti per circa 100 anni. Proprio nel momento in cui stavamo erigendo la Statua della Libertà, dicendo che accoglievamo chiunque, stavamo innalzando un muro e dicendo: “Accogliamo tutti, tranne quei cinesi.”
John Pilger: E nondimeno, per l’élite americana del diciannovesimo secolo, la Cina fu una miniera d’oro.

JB: Una miniera d’oro di droghe. Warren Delano, il nonno di Franklin Delano Roosevelt, era il re americano dell’oppio in Cina; era il più grande spacciatore americano di oppio, secondo solo agli inglesi. La maggior parte [degli insediamenti] della costa orientale degli Stati Uniti – Columbia, Harvard, Yale, Princeton – nacquero grazie ai proventi della droga. La rivoluzione industriale americana venne finanziata con enormi vasche di denaro – da dove proveniva? Dal più vasto mercato mondiale di droghe illegali: la Cina.

JP: E così il nonno del più liberale tra i presidenti, Franklin Delano Roosevelt, era un trafficante di droga?

JB: Sì. Franklin Delano Roosevelt non ha mai fatto molti soldi nella sua vita. Lavorò come impiegato statale ed era pagato molto poco, ma ereditò una fortuna da Warren Delano, suo padre. Ora, se indaghi su cosa c’è dietro a qualcuno con il nome Forbes troverai denaro proveniente dall’oppio… come ad esempio John Forbes Kerry…

JP: È l’attuale Segretario di Stato.

JB: Sì. Il suo bisnonno [Francis Blackwell Forbes] era uno spacciatore di oppio. Quanto era il denaro proveniente dall’oppio? Con esso venne costruita la prima città industriale degli Stati Uniti. Con esso si costruirono le prime cinque ferrovie. Ma non venne detto apertamente. Era chiamato il Commercio cinese.

A Los Angeles, a settembre, Harris ha dichiarato di essere “pronto ad affrontare una Russia revanscista e una Cina risoluta… Se dobbiamo combattere stanotte, non voglio che sia uno scontro equo. Se è una lotta ai coltelli, voglio portare una pistola. Se è una battaglia con le pistole, voglio mettere in campo l’artiglieria… e tutti i nostri alleati con la loro artiglieria.”

Questi “alleati” includono la Corea del Sud, una colonia Americana a tutti gli effetti eccetto nel nome, nonché base di lancio per il Pentagon’s Terminal High Altitude Air Defense system, anche conosciuto come THAAD, in apparenza rivolto verso la Corea del Nord. Il Professor Postol precisa invece che il suo vero obiettivo è la Cina.
A Sydney, in Australia, Harris si è rivolto alla Cina intimandole di “abbattere la sua Grande Muraglia nel Mar Cinese Meridionale”. La metafora è finita in prima pagina. L’Australia è “l’alleato” più ossequioso dell’America; la sua élite politica e militare, le agenzie di intelligence e i mezzi d’informazione dominati da Murdoch sono totalmente inquadrati in quella che viene chiamata “l’alleanza”. Non è inconsueto che il Sydney Harbour Bridge venga chiuso in occasione del passaggio del corteo di macchine di un “dignitario” del governo americano in visita. Al criminale di guerra Dick Cheney venne accordato lo stesso onore.

Sebbene la Cina sia il maggior partner commerciale dell’Australia, da cui dipende in buona misura l’andamento dell’economia nazionale, “opporsi alla Cina” è il diktat che arriva da Washington. I pochi dissidenti politici a Canberra rischiano di essere diffamati come maccartisti nella stampa di Murdoch. “Voi in Australia siete dalla nostra parte qualsiasi cosa accada”, disse uno degli artefici della guerra in Vietnam, McGeorge Bundy. Una delle più importanti basi statunitensi è Pine Gap, vicino ad Alice Springs. Creata dalla CIA, sorveglia la Cina e l’intera Asia, e dà un contributo vitale alla guerra omicida condotta da Washington per mezzo di droni in Medio Oriente.
Nel mese di ottobre Richard Marles, il portavoce della difesa del principale partito d’opposizione australiano, il Partito Laburista, ha chiesto che le “decisioni operative” riguardanti atti provocatori verso la Cina siano lasciate ai comandanti militari che si trovano nel Mar Cinese Meridionale. In altre parole, una decisione che potrebbe sfociare in una guerra contro una potenza nucleare non dovrebbe essere presa da un leader eletto o da un parlamento, bensì da un ammiraglio o un generale.

Questa è la linea del Pentagono, una rottura epocale per qualsiasi stato che voglia definirsi una democrazia. L’ascendente del Pentagono su Washington – che Daniel Ellsberg ha definito un tacito colpo di stato – si riflette nella cifra record di 5 trilioni di dollari che gli Stati Uniti hanno speso in guerre di aggressione dall’11 settembre ad oggi, secondo quanto rilevato da uno studio della Brown University. Un milione di morti in Iraq e 12 milioni di rifugiati provenienti da almeno quattro paesi ne sono la conseguenza.

“Affermo con chiarezza e convinzione”, disse Obama nel 2009, “l’impegno dell’America nel perseguire la pace e la sicurezza in un mondo senza armi nucleari.” Durante la presidenza di Obama, la spesa per le testate nucleari ha superato quella di qualsiasi altro presidente dalla fine della Guerra Fredda. È stata progettata una mini arma nucleare. Conosciuta con il nome di B61 Model 12, ha un preciso significato, afferma il Generale James Cartwright, in precedenza vice Capo di Stato Maggiore della Difesa: “Renderla più piccola [fa il suo uso] più concepibile.”

Resistenza pacifica

L’isola giapponese di Okinawa ha 32 installazioni militari, dalle quali Corea, Vietnam, Cambogia, Afghanistan e Iraq sono stati attaccati dagli Stati Uniti. Oggi il bersaglio principale è la Cina, con cui Okinawa ha forti legami culturali e commerciali.

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Nel 1959 un aereo da combattimento USA si abbatté sulla scuola di Miyamori, a Okinawa, uccidendo diversi bambini.

Aerei militari sorvolano costantemente il cielo sopra Okinawa; qualche volta si abbattono su case e scuole. Le persone non riescono a dormire, né gli insegnanti a insegnare. Dovunque vadano, nel loro stesso paese, trovano recinzioni e gli viene detto di stare alla larga.

Da quando nel 1995 una ragazza di 12 anni subì uno stupro di gruppo da parte di alcuni soldati americani, ha iniziato a diffondersi un movimento molto popolare tra gli abitanti di Okinawa. Questo è solo uno delle centinaia di crimini commessi, molti di essi mai perseguiti. Sebbene la resistenza di Okinawa sia scarsamente conosciuta nel resto del mondo, rappresenta un esempio tangibile di come gente ordinaria possa affrontare pacificamente un gigante militare e uscirne quasi vittoriosa.
La loro campagna ha portato all’elezione del primo presidente giapponese contrario alla base, Takeshi Onaga, e si è rivelata un’inaspettata spina nel fianco per il governo di Tokyo e per il Primo Ministro ultra-nazionalista Shinzo Abe, intenzionato a modificare la “costituzione pacifista” del Giappone.

Tra i leader della resistenza vi è Fumiko Shimabukuro, di 87 anni, sopravvissuta alla Seconda Guerra Mondiale, quando un quarto della popolazione di Okinawa morì durante l’invasione americana. Fumiko si rifugiò insieme a centinaia di altre persone nella splendida Henoko Bay, e adesso si sta battendo per salvarla. Gli Stati Uniti vogliono deturpare la baia ampliando le piste di atterraggio per i loro bombardieri. Mentre eravamo radunati pacificamente al di fuori della base americana, Camp Schwab, giganteschi elicotteri Sea Stallion continuavano a sorvolare le nostre teste senza alcuna ragione se non quella di intimidirci.

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Fumiko Shimabukuro (a destra), una sopravvissuta di Okinawa durante la Seconda Guerra Mondiale, oggi si batte per salvare la baia dai bombardieri USA. Con lei, Eiko Ginoza.

Nel Mar Cinese Orientale si trova l’isola coreana di Jeju, un santuario semi-tropicale Patrimonio Mondiale dell’Umanità, dichiarato “un’isola di pace nel mondo”. In quest’isola di pace è stata costruita una delle basi militari più provocatorie del mondo, a meno di 400 miglia (650 chilometri) da Shanghai. Il villaggio di pescatori di Gangjeong è dominato da una base navale sudcoreana costruita appositamente per le portaerei statunitensi, i sottomarini nucleari e i cacciatorpedinieri equipaggiati con il sistema missilistico Aegis, rivolto verso la Cina.
Da quasi un decennio un gruppo di persone organizzano una resistenza a questi preparativi di guerra sull’isola di Jeju. Ogni giorno, spesso due volte al giorno, gli abitanti del villaggio, alcuni preti cattolici e sostenitori provenienti da tutto il mondo inscenano una funzione religiosa che blocca i cancelli della base. In una nazione dove le manifestazioni di protesta contro la politica vengono spesso vietate, e invece le religioni sono influenti, questo stratagemma ha prodotto uno spettacolo considerevole.

Uno dei leader, Padre Mun Jeong-hyeon, mi ha detto: “Canto ogni giorno quattro volte alla base, con qualsiasi condizione climatica. Canto anche durante i tifoni – senza eccezioni. Per costruire questa base hanno distrutto l’ecosistema e la vita degli abitanti, e noi abbiamo il compito di esserne testimoni. Vogliono controllare il Pacifico. Vogliono isolare la Cina dal resto del mondo. Vogliono essere gli imperatori del mondo.”

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L’intagliatore di legno e prete cattolico sudcoreano, Padre Mun Jeong-hyeon, guida quotidianamente la protesta contro la costruzione di una base navale che gli Stati Uniti useranno per colpire la Cina.

Sono volato a Shanghai per la prima volta dopo più di una generazione. Il suono più forte che ricordavo dell’ultima volta che ero stato in Cina era quello del tintinnare dei campanelli delle biciclette; Mao Zedong era morto da poco e le città sembravano luoghi bui, dove lo scoraggiamento competeva con le aspettative. Nel giro di pochi anni Deng Xiaoping, “l’uomo che ha trasformato la Cina”, era il “leader indiscusso”. Niente mi aveva preparato agli sbalorditivi cambiamenti di oggi.

Ho incontrato Lijia Zhang, una giornalista di Pechino tipica esponente di una nuova classe di schietti anticonformisti. Il suo libro campione di incassi si intitola ironicamente Socialismo è grande! Lijia Zhang è cresciuta nel contesto della caotica e brutale Rivoluzione Culturale ed è vissuta negli Stati Uniti e in Europa. “Molti americani credono”, ha detto, “che il popolo cinese viva una vita miserabile e repressa, senza nessun tipo di libertà. [L’idea del] pericolo giallo non li ha mai abbandonati… Non sono consapevoli che ci sono circa 500 milioni di persone che sono uscite dalla povertà, e qualcuno ritiene che siano addirittura 600 milioni.”

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La Cina oggi: una turista fotografa il toro del capitalismo di fronte al Shanghai’s Bund Hotel, adornato con le bandiere comuniste.

Ha descritto la Cina moderna come una “gabbia dorata”. “Da quando sono iniziate le riforme”, ha detto, “e abbiamo iniziato a stare molto meglio, la Cina è divenuta una delle società più inique del mondo. Oggi sono in corso molte proteste: di solito, perché la terra viene sottratta da funzionari governativi per scopi commerciali. Ma i contadini sono più consapevoli dei loro diritti e i giovani operai chiedono salari e condizioni di lavoro migliori.”

Il mondo si sta spostando ad est

La Cina di oggi presenta notevoli paradossi, non da ultimo la casa di Shanghai dove Mao e i suoi compagni fondarono segretamente il Partito Comunista Cinese nel 1921. Adesso si trova al centro di un quartiere dello shopping davvero molto capitalista: il visitatore esce da questo santuario del comunismo con il suo Piccolo Libro Rosso e il busto di plastica di Mao e, fatti pochi passi, si ritrova stretto nell’abbraccio di Starbucks, Apple, Cartier e Prada.

Mao ne resterebbe scioccato? Ne dubito. Cinque anni prima della sua grande rivoluzione nel 1949, egli inviò a Washington un messaggio segreto. “La Cina deve industrializzarsi”, scrisse. “Ciò può essere fatto solo attraverso la libera impresa. Gli interessi cinesi e americani combaciano, dal punto di vista economico e politico. L’America non deve dubitare che saremo collaborativi. Non possiamo rischiare nessun conflitto.”

Mao si offrì di incontrare alla Casa Bianca Franklin Roosevelt, il suo successore Harry Truman e ancora il suo successore Dwight Eisenhower. Venne ogni volta respinto o volutamente ignorato. L’opportunità che avrebbe potuto cambiare la storia contemporanea, evitare certe guerre in Asia e salvare innumerevoli vite venne sprecata perché questi tentativi di apertura furono ignorati dalla Washington degli anni Cinquanta, “quando la trance catatonica della Guerra Fredda”, scrisse il critico James Naremore, “teneva il nostro paese in una morsa inflessibile”.

Eric Li, un investitore e politologo di Shanghai, mi ha detto: “Sono solito raccontare una barzelletta: in America puoi cambiare i partiti politici, ma non puoi cambiare la linea politica. In Cina non puoi cambiare il partito, ma puoi cambiare la linea politica. I cambiamenti politici che sono avvenuti in Cina negli ultimi 66 anni sono stati più ampi e più profondi di qualsiasi altra potenza di cui si abbia memoria.”

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La giornalista di Pechino e schietta anticonformista Lijia Zhang

Nonostante tutte le difficoltà di chi non trae beneficio dalla rapida crescita della Cina, come i lavoratori arrivati dalle campagne che ora vivono ai margini di città costruite nel nome del consumismo sfrenato, e come quei coraggiosi di Tienanmen che sfidarono “il centro”, cioè il Partito, ciò che è sorprendente è il diffuso senso di ottimismo che accompagna l’epica del cambiamento.

Il mondo si sta spostando verso est; ma l’incredibile visione che la Cina ha dell’Eurasia è a stento capita in Occidente. La “Nuova Via della Seta” è un nastro di rotte commerciali, porti, oleodotti, treni ad alta velocità che arrivano fino in Europa. La Cina, il leader mondiale della tecnologia ferroviaria, sta negoziando con 28 paesi per la costruzione di ferrovie dove i treni raggiungeranno i 400 chilometri orari. Questa apertura al mondo gode dell’approvazione di gran parte dell’umanità e sta portando all’avvicinamento di Cina e Russia; e stanno facendo tutto da soli, senza di “noi”, senza l’Occidente.

Noi – o, per lo meno, molti di noi – rimaniamo alla mercé degli Stati Uniti, che si sono intromessi con la violenza negli affari interni di un terzo dei membri delle Nazioni Unite, rovesciando governi, sovvertendo i risultati elettorali, imponendo embarghi. Negli ultimi cinque anni, gli Stati Uniti hanno venduto armi letali a 96 paesi, molti dei quali sottosviluppati. Dividere le società per controllarle è la politica statunitense, e le tragedie dell’Iraq e della Siria ne sono la dimostrazione.

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Manifestanti sull’isola di Jeju, nella Corea del Sud.

“Io credo nella straordinarietà dell’America con ogni fibra del mio essere,” ha detto Barack Obama, evocando il morboso attaccamento nazionalista degli anni Trenta. Questo moderno culto della superiorità è l’Americanismo, il predatore più temibile del mondo. Accompagnato da un lavaggio del cervello che lo presenta come un concetto illuminante, esso si insinua nelle nostre vite.

A settembre il Consiglio Atlantico, un gruppo di esperti di geopolitica statunitensi, ha pubblicato un report che pronosticava un mondo hobbesiano “caratterizzato dalla fine dell’ordine, da estremismi violenti [e] da un’epoca di guerra perenne”. Una Russia “risorta” e una Cina “sempre più aggressiva” erano identificati come i nuovi nemici. Solo l’America, eroicamente, può salvarci.

C’è una caratteristica che rende folle questo bellicismo. È come se il “secolo americano” – così proclamato nel 1941 dall’imperialista statunitense Henry Luce, proprietario della rivista Time – fosse giunto alla fine senza che ce ne rendessimo conto e nessuno abbia avuto il coraggio di dire all’imperatore di rinfoderare le sue pistole e tornarsene a casa.

John Pilger


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"Se riesci a mantenere la calma quando tutti intorno a te hanno perso la testa, forse non hai afferrato bene la situazione" - Jean Kerr

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"Chi e' disposto a dar via le proprie liberta' fondamentali per comprarsi briciole di temporanea sicurezza non otterra' né la liberta' ne' la sicurezza ma le perdera' entrambe" - Benjamin Franklin

"Soltanto chi non ha approfondito nulla può avere delle convinzioni" - Emil Cioran

"Quanto piu' una persona e' intelligente, tanto meno diffida dell'assurdo" - Joseph Conrad

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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 13/12/2016, 10:02 
.. un mucchio di balle.



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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 13/12/2016, 10:18 
trump ce l'ha con la cina
x via del suo elettorato,
per le delocalizzazioni, i commerci,
il dumping sui prezzi. la concorrenza,
un fatto commerciale,
ma per il resto nessuna rivendicazione politica,
pericolo per la sicurezza nazionale, ecc.
insomma vuole ottenere scambi e accordi più vantaggiosi,
tutto qui..



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https://roma.corriere.it/notizie/politi ... 0b7e.shtml
Conte ripercorre le tappe della crisi: «Vorrei ricordare che con la parlamentarizzazione della crisi la Lega ha poi formalmente ritirato la mozione di sfiducia, ha dimostrato di voler proseguire, sono stato io che ho detto “assolutamente no”perché per me quell’esperienza politica era chiusa».


http://www.lefigaro.fr/international/mi ... e-20190923
il stipule que les États membres qui souscrivent à ce dispositif de relocalisation des personnes débarquées en Italie et à Malte s’engagent pour une durée limitée à six mois - éventuellement renouvelable. Le mécanisme de répartition serait ainsi révocable à tout moment au cas où l’afflux de migrants vers les ports d’Italie et de Malte devait s’emballer.
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 Oggetto del messaggio: Re: I passi che condurranno alla terza guerra mondiale
MessaggioInviato: 13/12/2016, 10:40 
.. appunto! [:264] No passare sempre da fessi!



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