Con il caso Aquarius, l’anima benpensante d’Italia e d’Europa ha trovato di nuovo il suo Paese perfetto: la Spagna. È bastato il gesto del nuovo premier Pedro Sanchez di accogliere la nave a Valencia per scatenare la (ormai tradizionale) gara a trovare un governo migliore di quello italiano. Questa volta l’hanno trovato a Madrid. Ma sia chiaro un fatto: la decisione di Sanchez, nuovo primo ministro dopo la mozione di sfiducia a Mariano Rajoy, non è il simbolo dell’accoglienza spagnola.
Semmai è il simbolo dell’astuzia di un premier che vuole porsi come nuovo personaggio carismatico di una certa sinistra europea in cerca d’identità. Un premier che cerca legittimazione internazionale e interna, che vuole manifestare la sua totale diversità dal predecessore di centrodestra. Ma attenzione a dare patenti di umanitarismo al nuovo governo spagnolo.
In realtà, la politica dei governi spagnoli, di qualunque colore politico, è sempre stata del tutto contraria all’ingresso in massa di persone provenienti dalle rotte africane. E i primi passi di Sanchez muovono esattamente in questa direzione.
Sanchez andrà in MaroccoIn Spagna vige ormai una tradizione: il primo viaggio di un premier ha sempre come meta il Marocco. Il motivo è evidente: il confine meridionale della penisola iberica va protetto. Lo ha fatto Felipe González, lo ha fatto José María Aznar, lo ha fatto José Luis Rodríguez Zapatero e così anche Mariano Rajoy. Ora, Pedro Sanchez farà lo stesso. E sarà certamente in primo piano il tema immigrazione.
Per il governo di stampo socialista-populista, il banco di prova marocchino sarà molto interessante. Da una parte stanno facendo vedere all’Europa di essere il Paese dell’accoglienza, in controtendenza rispetto al governo italiano e a Rajoy, che aveva praticamente reso la Spagna impermeabile ai flussi migratori.
Dall’altra parte, devono continuare nella politica di blocco dell’immigrazione con gli accordi con il Marocco se non vogliono cambiare la strategia spagnola. Che è sempre la stessa e che non è mai cambiata: fermar egli immigrati nei Paesi d’origine o, per l’appunto, in Marocco.
Gli accordi bilaterali
Quello che vige tra Madrid e Rabat è un accordo non troppo diverso da quello che vigeva, illo tempore, fra l’Italia e la Libia. In generale, il Marocco si impegna nell’identificazione degli immigrati irregolari e nella loro espulsione al Paese d’origine. In cambio, Madrid offre appoggio politico, sostengo alla polizia e all’intelligence e, evidentemente, molti soldi.
Il Marocco chiaramente sfrutta questa posizione come un’arma. Aprire o chiudere il rubinetto delle persone che si addensano al confine di Ceuta e Melilla, le due enclave spagnole in terra marocchina, è una pistola puntata sul governo di Madrid. Praticamente quanto avvenuto per la rotta dei rifugiati siriani con la Turchia, quando l’Unione europea decise di pagare miliardi di euro a Recep Tayyip Erdogan per bloccare i migranti.
Una forma di accordi che la Spagna ha poi applicato, in maniera più o meno simile, con altri Paesi della costa occidentale africana, dove il rischio di arrivo sulle coste spagnole – in particolare anche alle Canarie – è molto alto. Un esempio di questo tipo di accordi è quello siglato da Spagna e Senegal sul bloccare gli immigrati nel Paese africano.
Ne parlammo questa estate su Il Giornale. Nel 2006, la cosiddetta crisi dei cayucos portò sulle coste delle Canarie 39mila persone. La gente arrivava con barche di fortuna ben peggiori degli stessi barconi che oggi solcano le acque del Mediterraneo. A quei tempi la Spagna non pensò affatto ad aiutare gli immigrati né a sostenere questa tratta. Nel 2009, con Zapatero al potere (Partito socialista), Madrid firmò con il Senegal un accordo bilaterale che azzerò completamente la rotta dei cosiddetti cayucos. Da 39mila a zero nell’arco di tre anni.
La Spagna e l’Italia, due mondi diversi
Il fatto che la Spagna dia una lezione morale all’Italia è del tutto fuorviante. Come ha scritto Domenico Ferrara per Il Giornale, “nel 2015, la Spagna si disse pronta ad accettare la quota Ue per i rifugiati e ad accoglierne 14.931, salvo poi anni dopo ricontrattare al ribasso le cifre. E alla fine dell’anno scorso, la quota reale di persone accolte nel paese era di 1.279, il 13,7% di quanto inizialmente previsto”.
Oggi la Spagna può permettersi il “lusso” di proclamarsi paladina della giustizia perché non solo non ha accolto praticamente nessun rifugiato nonostante gli accordi con l’Unione europea, ma ha una situazione del tutto diversa rispetto all’Italia, che ha al largo della Sicilia un Paese sostanzialmente fallito come la Libia.
Inutile anche fare un paragone. La Spagna non ha Malta, che ha disegnato un’area Sar immensa per poi negare ogni tipo di soccorso. E soprattutto ha il Marocco, un Paese che non ha alcun interesse ad aprire le porte del suo Paese al flusso di immigrati. Noi abbiamo una Libia nel caos dove è già difficile trovare un interlocutore credibile, fra un governo riconosciuto e senza autorità reale e una serie di clan e tribù che imperversano nel deserto.
A Valencia arriverà l’Aquarius. Ma noi, vera linea di confine tra l’Europa e il caos, non abbiamo le stesse certezze della Spagna, che continua a fermare i migranti fuori dal filo spinato di Ceuta.http://www.occhidellaguerra.it/spagna-migranti-africa/