Caso Gambirasio: l’assenza del DNA mitocondriale di Bossetti – parte 1La lettura delle motivazioni della sentenza di primo grado che ha stabilito la condanna di Massimo Bossetti per l’omicidio della piccola Yara Gambirasio riserva particolari sorprendenti in merito alle ragioni che la Corte ha fornito per giustificare la scelta di considerare irrilevante l’assenza del DNA mitocondriale dell’imputato.
Una di queste spiegazioni risulta alquanto singolare e può essere trovata a pag. 95:
Cita:
Il prof. Previderè […] ha sottolineato che, avvalendosi di tecnologie diverse, la ricerca del DNA nucleare e quella del DNA mitocondriale possono condurre a risultati diversi, consentendo di rinvenire solo uno dei due e non l’altro.
Alla luce di queste acquisizioni, la Corte ritiene che il mancato rinvenimento nei vari campioni del profilo mitocondriale dell’imputato […]
La Corte in questo passaggio dimostra di non aver approfondito correttamente le implicazioni di ciò che il prof. Previderè ha spiegato: le procedure e i relativi kit per la ricerca dei profili del DNA nucleare nelle tracce sono diversi dalle procedure e dai kit per l’analisi del DNA mitocondriale. Ciò vuol dire, ed è piuttosto ovvio, che quando nello studio di un campione si segue la procedura e si utilizzano i kit per determinare i profili del DNA nucleare non si ricavano profili del DNA mitocondriale e, viceversa, quando si utilizzano le procedure e i kit specifici per l’analisi del DNA mitocondriale ovviamente non si ottengono profili del DNA nucleare.
Queste spiegazioni di carattere generale fornite dal prof. Previderé sono state però fraintese dalla Corte che le ha utilizzate in modo improprio per sostenere l’irrilevanza del mancato rinvenimento del profilo del DNA mitocondriale dell’imputato nei campioni in cui l’estrapolazione dei profili mitocondriali è stata effettivamente compiuta.
In base a quanto ha correttamente illustrato il prof. Previderé, se le tracce rinvenute sui reperti fossero state sottoposte soltanto alle tecniche previste per il DNA nucleare allora il fatto di non disporre di profili del DNA mitocondriale dell’imputato dovrebbe essere considerato normale. Ma le cose non stanno in questo modo: le tecniche per la ricerca dei profili mitocondriali sono state non solo applicate su diversi campioni ma hanno anche restituito risultati, e a dimostrarlo ci sono numerosi passaggi delle motivazioni della sentenza.
Ad esempio a pag. 56 è riportato:
Cita:
Il secondo studio, condotto sui campioni 31-G19 e 31-G20, da un lato, e 32-3, dall’altro, si concentrava, invece, sul DNA mitocondriale, che veniva all’uopo estrapolato dai predetti campioni dal col. Lago in collaborazione con la prof. Pilli dell’Universita di Firenze, specialista in archeologia forense.
“
DNA mitocondriale, che veniva all’uopo estrapolato“. Un passaggio che spiega con estrema chiarezza le operazioni effettuate: i campioni 31-G19, 31-G20 (ricavati dal tessuto dello slip) e 32-3 (ricavato dal reggiseno) sono stati sicuramente sottoposti alle analisi specifiche per il DNA mitocondriale. E nel testo immediatamente successivo il Giudice illustra anche quali sono stati i risultati di queste analisi alla ricerca del DNA mitocondriale:
Cita:
Dal campione 31-G19, che in sede di estrapolazione del DNA nucleare aveva consentito d’individuare una componente maggioritaria maschile (Ignoto l) e una componente minoritaria femminile (Yara), emergeva un’unica sequenza identica a quella estratta dal campione di confronto contenente unicamente il DNA nucleare di Yara.
Passaggio che rappresenta un modo sofisticato per dire che l’unica sequenza del DNA mitocondriale ricavata dal campione 31-G19 è quella della piccola Yara. Poi vengono anche riportati i risultati relativi alle analisi del DNA mitocondriale del campione 31-G20:
Cita:
[…] dal campione 31-G20 […] emergevano due sequenze, una maggioritaria, corrispondente a quella del campione di confronto di Yara, e una minoritaria, differente da quella della vittima.
Quindi l’analisi del DNA mitocondriale del campione 31-G20 ha restituito due sequenze, quella della piccola Yara e quella che la Corte definisce sequenza “
differente da quella della vittima” che, per completezza e chiarezza, avrebbe dovuto essere definita come “
sequenza differente da quella della vittima e da quella dell’imputato“. Questa precisazione fondamentale, infatti, è evidente nella tabella relativa ai risultati delle analisi del DNA mitocondriale sul campione 31-G20:
Tab. 1 – Tabella relativa ai risultati delle analisi del DNA mitocondriale sul campione 31-G20 pubblicata dalla giornalista Antonietta Ferrante dell’agenzia Adnkronos.
Continuando a leggere sempre pag. 56 delle motivazioni è evidente che la Corte, non solo aveva cognizione del fatto che erano state effettivamente svolte analisi specifiche dedicate al DNA mitocondriale ma anche che
i risultati ottenuti restituiscono un profilo valido e attualmente diffuso nella popolazione che è diverso sia da quello della giovane vittima che da quello dell’imputato:
Cita:
Entrambi i profili genetici mitocondriali, quello di Yara dei campioni 32-3, 31-G19 e 31-G20 nella sua componente maggioritaria e quello del campione 31-G20 nella sua componente minoritaria, individuavano aplogruppi attualmente diffusi in Europa e in Asia nella c.d. “mezza luna fertile”.
Un’altra conferma del fatto che la Corte fosse a conoscenza del fatto che erano state effettuate analisi specifiche per ricavare profili del DNA mitocondriale si può trovare a pag. 59, nel paragrafo in cui viene descritto uno dei tentativi fatti dagli inquirenti per rintracciare la madre di
Ignoto 1:
Cita:
Cercando la madre di Ignoto 1 e allo scopo di scandagliare l’intera linea matrilineare, l’estrapolazione del profilo dal tampone salivare delle potenziali candidate e il confronto […] erano eseguiti sul DNA mitocondriale.
E’ ovvio che si era potuto dare il via a questo “confronto” con i profili del DNA mitocondriale delle potenziali candidate proprio perché i campioni ricavati dai reperti, analizzati con le tecniche apposite, avevano restituito dei profili mitocondriali da confrontare.
A questo punto, in base a quanto abbiamo potuto apprendere dalle motivazioni della sentenza, è possibile riassumere nella seguente tabella i risultati ottenuti dal col. Lago e dalla prof.ssa Pilli nella ricerca del DNA mitocondriale sui reperti:
Tab. 2 – Riepilogo dei risultati ottenuti dai periti dell’accusa col. Lago e prof.ssa Pilli nella ricerca del DNA mitocondriale.
In base a quanto esposto non solo è evidente che la Corte nelle motivazioni della sentenza ha offerto una spiegazione non corretta per giustificare la sua scelta di considerare irrilevante l’assenza del DNA mitocondriale dell’imputato, ma si può anche concludere che:
Le tecniche per la ricerca del DNA mitocondriale sono state effettivamente applicate su alcuni campioni prelevati dai reperti.
Nessuno di questi campioni ha presentato un profilo del DNA mitocondriale compatibile con il profilo di Massimo Bossetti.
Un campione ricavato dallo slip della vittima ha restituito un profilo del DNA mitocondriale diverso sia dal profilo della vittima che dal profilo di Massimo Bossetti.
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