
Il Pentagono è estremamente preoccupato per il fallimento delle operazioni di ricerca del F-35 scomparso più di una settimana fa in Giappone. Se fosse caduto nelle mani di terzi, o il relitto fosse stato recuperato da una potenza ostile, la “segretezza” nel nuovo sistema d’arma potrebbe essere gravemente compromessa, e questo riporta alla memoria del caso Belenko: quando nel pieno della Guerra Fredda un intercettore russo di ultima generazione atterrò proprio in Giappone, permettendo alle intelligence occidentali di scoprire tutti i segreti del MiG-25 “Foxbat”.
Era il 6 settembre del 1976 quando un caccia intercettore supersonico russo volava inaspettatamente a pelo d’acqua sul Mare del Giappone. Avendo sconfinato per più di 800 chilometri dalla rotta della sua missione originaria, una missione di addestramento per simulare l’intercettazione di velivoli avversari, era completamente a secco di carburante, e il timore che gli F-4 “Phantom” (che proprio gli F-35 sono andati a sostituire) decollati per intercettarlo lo abbattessero ancora prima di toccare la pista dell’aeroporto, costante. Non lo faranno, non decolleranno nemmeno.
Il caccia russo toccherà terra indisturbato all’aeroporto civile di Hakodate. A bordo il pilota ingegnere Viktor Belenko, uno dei disertori più famosi della storia, che con la sua “manovra” permetterà all’intelligence americana di entrare in possesso del più moderno e segreto caccia intercettore sviluppato dall’Unione Sovietica per rispondere alla minaccia delle possibili incursioni nel proprio spazio aereo dei nuovi bombardieri supersonici dell’Usaf.
Quello che divenne noto come il caso “Belenko”, la diserzione di un pilota che consegnava una delle più segrete tecnologie del suo paese all’avversario che poteva così studiarne i motori, il design, gli armamenti air-to-air, i materiali, permise agli americani di scoprire una segreto totalmente inaspettato: che l’Urss non possedeva alcuna tecnologia avveniristica, e che poteva essere sfatato il mito sulle armi “meravigliose” dell’Unione Sovietica; ma mise il Pentagono in guardia sui rischi che avrebbe potuto correre a sua volta se si fosse verificato un caso analogo – e non simile quello dell’abbattimento dell’aereo spia U-2 pilotato da Francis Gary Powers, che sì arrivò sul suolo sovietico, ma in pezzi, dopo esser caduto da 21.000 metri di quota.
Questo terrore di compromettere la segretezza del caccia più tecnologicamente avanzato in forza agli Stati Uniti e altre 12 aeronautiche alleate, è riaffiorato in questi giorni dopo che l’F-35A dell’Air Self-Defense Force giapponese è scomparso dai radar lo scorso 9 aprile senza lasciare alcuna traccia. Il Pentagono ha dichiarato che russi e cinesi farebbero di tutto per poter mettere le mani sul caccia dotato di tecnologia stealth e un pacchetto avanzato di sofisticati sensori che sarebbero in grado di renderlo addirittura “arma strategica” capace di sventare la minaccia di un missile balistico intercontinentale.
Lo stesso tipo di preoccupazione è infatti alla base della disputa con la Turchia per il completamento della fornitura degli F-35 in concomitanza con l’acquisto del sistema missilistico anti-aereo di fabbricazione russa S-400. Il Pentagono teme, e continuerà a temere data la prosecuzione dell’accordo tra Mosca e Ankara, che la Russia possa entrare in qualche modo in possesso di informazioni “classificate” riguardanti l’F-35. La Turchia, che verrà affiancata da specialisti russi nell’abilitazione all’uso del sistema d’arma, potrebbe in qualche modo compromettere la segretezza del programma, fornendo anche involontariamente dati sul caccia impegnato in simulazioni o nel trasferimento di dati obiettivo se i due sistemi venissero in qualche modo integrati per collaborare sul campo di battaglia.
Attualmente non si ha ancora nessuna notizia del caccia nipponico pilotato dal maggiore Akinori Hosomi , che è scomparso dagli schermi 9 giorni fa, e che per via della comunanza di luoghi e missioni: il Giappone e la vicinanza alle coste russe, la simulazione di intercettazione alla quale stava prendendo parte l’F-35 prima di sparire dagli schermi, e le tensioni da Guerra Fredda che ogni tanto si risvegliano del Pacifico, fa tornare alla mente lo spettro del caso di diserzione di Belenko. Che però aveva una motivazione differente dallo spionaggio alla base della sua diserzione: quella di scappare da un paese che soffriva, a dir suo, dell’ingiustizia imposta dal regime comunista.
Le ricerche che proseguono senza sosta nel tratto di mare a 85 miglia nautiche a est delle coste giapponesi non hanno dato ancora alcun riscontro, ma che Hosomi sia atterrato in Russia per portare nelle mani del Cremlino la nuova tecnologia stealth americana, e che tra qualche anno appaia fotografato nella Piazza Rossa come Balenko apparve negli Stati Uniti (dopo essere stato assolto dalla Cia) è alquanto improbabile. Anche se il Pentagono evidentemente non ha mai dimenticato il senso di terrore che provava all’idea che qualcuno potesse svelare i segreti del proprio paese come Belenko svelò quelli del suo.
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