Il primo apparecchio acustico controllato dal cervello¯
Il nostro cervello ha una naturale capacità di distinguere le singole voci in un ambiente rumoroso.
Alcuni ingegneri della Columbia University hanno sviluppato una tecnologia sperimentale che imita questa naturale capacità del cervello di rilevare e amplificare una voce tra molte altre. Hanno creato un apparecchio acustico dotato di intelligenza artificiale, controllato dal cervello, che funge da filtro automatico, discriminando le onde cerebrali dell’utente, e aumentando la voce della persona che si vuole ascoltare.
Sebbene sia ancora nelle prime fasi di sviluppo, questa tecnologia rappresenta un passo importante verso nuovi apparecchi acustici che consentano agli utenti di conversare con le persone che li circondano in modo ancora più chiaro. I risultati di questa ricerca sono stati pubblicati su Science Advances.
“L’area del cervello che elabora il suono è straordinariamente sensibile e potente; può amplificare una voce piuttosto che un’altra, apparentemente senza sforzo”, spiega Nima Mesgarani, autore principale della ricerca. “Creando un dispositivo che sfrutta la potenza del cervello, ci auguriamo che il nostro lavoro porti a miglioramenti tecnologici che consentano a centinaia di milioni di persone con problemi di udito in tutto il mondo di comunicare con la stessa facilità dei loro amici e familiari”.
I moderni apparecchi acustici sono eccellenti per amplificare il parlato e sopprimere determinati tipi di rumore di fondo, come il traffico. Tuttavia, hanno ancora problemi ad aumentare il volume di una voce rispetto ad altre.
La tecnologia di base di questo nuovo apparecchio è un algoritmo di separazione vocale in grado di riconoscere e decodificare una voce. Invece di affidarsi esclusivamente ad amplificatori esterni, come i microfoni, controlla anche le onde cerebrali dell’ascoltatore.
“In precedenza, avevamo scoperto che quando due persone parlano tra loro, le onde cerebrali dell’oratore iniziano a somigliare alle onde cerebrali dell’ascoltatore”.
Il team ha quindi combinato potenti algoritmi di separazione vocale con reti neurali. Hanno così creato un sistema che separa prima le voci dei singoli da un gruppo, quindi confronta le voci con le onde cerebrali dell’ascoltatore. La voce il cui schema vocale coincide più strettamente con le onde cerebrali dell’ascoltatore è amplificata rispetto alle altre.
“Fino ad ora, l’abbiamo testato solo in un ambiente interno”, afferma Mesgarani. “Ma vogliamo essere sicuri che possa funzionare altrettanto bene in una strada trafficata della città o in un ristorante rumoroso, così che ovunque gli utenti vadano, possono vivere appieno il mondo e le persone che li circondano”.
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FonteLa lente capace di aumentare la vista di tre volte¯
Per zoomare basta fare l’occhiolino una volta. Assurdo? Con le lenti a contatto telescopiche sarà possibile farlo.
Queste lenti consentono a chi le indossa di passare dalla visione normale a quella ingrandita, aumentando la vista di 3 volte. L’ultimo prototipo, presentato all’AAAS Annual Meeting a San Josè, in California, potrebbe un giorno aiutare le persone con disabilità visive a recuperare pienamente la vista.
Le lenti potrebbero essere particolarmente utili per le persone con degenerazione maculare, problema che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Una condizione debilitante in cui le persone perdono gradualmente la visione centrale.
Sviluppato da un team guidato da Eric Tremblay, presso l’Istituto Federale Svizzero di Tecnologia di Losanna, la lente a contatto rigida copre la sclera, o il bianco degli occhi, rendendola più grande. Al suo interno ci sono piccoli specchi di alluminio, disposti in un anello attorno al centro. Quando la luce fluisce attraverso, gli specchi fanno apparire gli oggetti 2,8 volte più grandi di quanto non siano realmente.
Per passare dalla visualizzazione ingrandita a quella normale, gli obiettivi, per ora, devono essere indossati con un paio di occhiali elettronici. Un occhiolino con un occhio fa passare gli occhiali alla modalità ingrandita. Strizzando l’occhio con l’altro occhio, l’impostazione torna normale.
Il prototipo per ora fa passare poca aria, e l’occhio rischia di rimanere senza ossigeno. Per questo oggi ci sono dei piccoli canali per ossigenare la retina, facendo passare l’aria necessaria. Ma già si sta lavorando ad una lente più piccola e magari un giorno indossabile come una lente a contatto.
Finora i ricercatori hanno testato la tecnologia con un modello meccanico a grandezza naturale dell’occhio che trasmette quello che vede sullo schermo di un computer. Con un migliore flusso d’aria, i ricercatori sperano di iniziare le prove sull’uomo molto presto.
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