--------------------Bomb University
– di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano – L’ora è buia, anche senza citare Churchill, ma si vede una luce in fondo al tunnel, anche senza citare Gallera (con due elle): “Da oggi – annuncia il dg Fabrizio Salini – la Rai ha una task force contro le fake news: a guidarla Antonio Di Bella, direttore di RaiNews”. Ora, noi non abbiamo nulla contro Salini e Di Bella, brave persone e bravi professionisti, né nulla a favore delle fake news.
Ma siamo curiosissimi di conoscere i componenti della “task force”, per via di alcuni precedenti tutt’altro che rassicuranti. Ai tempi dell’Innominabile, i suoi trombettieri – tutti bufalari plurilaureati alla Bomb University – bollavano di “fake news” qualunque verità gli desse noia e ne cercavano freneticamente i mandanti e gli esecutori materiali in terre lontane, soprattutto in Russia, tra Mosca e San Pietroburgo, negli uffici sotterranei dei servizi segreti notoriamente popolati di troll putiniani che passano il tempo a inondare l’Italia di hashtag pro Lega e M5S. Fu allora che il vertice dell’Unione europea, convinto da questi squilibrati che la sua impopolarità fosse dovuta alle notizie false dalla Russia e non alle notizie vere da Bruxelles, decise di dotarsi – ci credereste? – di una “task force contro le fake news”.
E di chiamare a farne parte, per l’Italia, due fra i più noti bufalari su piazza: Johnny Riotta e Federico Fubini. Riotta fu insignito di ben due Tapiri d’oro da Striscia la notizia per le fake news del suo Tg1 e definito dal premio Pulitzer americano Glenn Greenwald “l’opposto del giornalismo”. Il secondo, vicedirettore del Corriere della Sera, il 1° novembre 2018 sparò a tutta prima pagina: “Deficit, pronta la procedura Ue”, con tanto di data del lieto annuncio (“il 21 novembre”), mentre il suo corrispondente da Bruxelles, Ivo Caizzi, scriveva l’opposto, cioè la verità: infatti, a un anno e mezzo di distanza, la procedura la stiamo ancora aspettando e temiamo che non se ne farà più niente.
Poi, anziché andare a nascondersi, il Fubini si vantò di aver taciuto la notizia dell’aumento vertiginoso della mortalità infantile in Grecia grazie alle politiche europee di austerità, per salvare la reputazione delle politiche europee di austerità. La settimana scorsa, a Prima pagina su RadioRai, vari lettori indignati ci segnalano che è riuscito a citare tutti i quotidiani tranne il Fatto, scambiando il servizio pubblico per il cortile di casa sua. Quindi, all’espressione “task force anti-fake news”, mettiamo mano alla fondina. E non solo noi. Sul web circolano commenti del tipo: “La Rai contro le fake news: temporaneamente sospese le trasmissioni di Rai1, Rai2 e Rai3”. A meno che la task force Rai non segua il motto “Esclusi i presenti”.
Anche Mediaset, fonte purissima e aulentissima di vero giornalismo, è in trincea: trasmette da mane a sera uno spot irresistibile che dice così. “Oggi più che mai l’informazione influenza la nostra vita e la nostra sicurezza” (ma va?). “Le notizie sono una cosa seria” (appunto, voi che c’entrate?). “Fìdati dei professionisti dell’informazione” (tipo la D’Urso, per dire). “Scegli gli editori responsabili, gli editori veri” (quindi, va da sé, Berlusconi). “Scegli la serietà” (e qui, per il principio di esclusione, appare il logo di Mediaset).
Nel video gli acchiappafantasmi del Biscione bollano con la X rossa le terribili fake news sul Covid, il freddo e gli animali domestici. Poi fanno esempi di testate “serie”: quelle della ditta (Giornale, Tg5, Tgcom24, Studio Aperto) e alcune esterne che saranno orgogliose dell’accostamento (Corriere, Stampa, Messaggero e Avvenire). Noi, se Dio vuole, non ci siamo.
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Ps. A proposito di fake: vi devo un aggiornamento sulle truppe di occupazione russe inviateci da Putin sotto le mentite spoglie di medici ed esperti per l’ospedale di Bergamo, meritoriamente svelate su La Stampa dal purtroppo inascoltato Jacopo Iacoboni.
Ieri il nostro eroe ha intervistato uno che, fra nome, cognome e qualifica, occupa mezza colonna di giornale: tale Hamish De Bretton-Gordon, “ex comandante del Joint Chemical, Biological, Radiological and Nuclear Regiment, e del battaglione NATO’s Rapid Reaction” (rapid, poi, con tutta quella pappardella, si fa per dire). Il quale non ha preso per niente bene gli aiuti russi all’Italia, anche se non riesce a spiegare il perché. “È tutto molto strano e non torna”, scuote il capo l’ex comandante del Joint Chemical… insomma quello lì. E perché? Boh. “Gli italiani non hanno quasi bisogno dei consigli russi”.
Quasi? Quasi. “Li vedremo nelle strade di Londra dopo?”. E perché mai dovremmo? Mah. “Si tratta di un’unità molto specializzata”. E allora, dov’è il problema? Chissà. “Vorranno scoprire il più possibile sulle forze italiane” e il nostro “dispiegamento di forze”. Ma quali forze? Gli ex alpini dell’ospedale da campo di Bergamo? Ah saperlo. “Senza dubbio ci sono ufficiali del Gru tra loro”. Apperò. “Istituiranno reti di intelligence, ci sarà un’enorme quantità di attività in corso proprio ora”. E chi te l’ha detto? “Non riesco a immaginare come sia potuto succedere, in un Paese Nato”. Se è per questo, pure gli Usa accettano aiuti dai russi, e senza dire niente a Hamish De Bretton eccetera: come sarà potuto succedere?
Mah. “Non perderanno un’occasione come questa per raccogliere informazioni e informazioni”. Due volte informazioni? Massì, abbondiamo! “Si può prevedere che queste truppe potrebbero essere recuperate poi in patria”. Ah ecco, quindi non restano qui per sempre. E che tornano a fare? “Per aiutare i russi nella loro battaglia con questo virus”. Russi che aiutano la Russia a combattere il virus: ma vi rendete conto? E questi scoop La Stampa li relega a pagina 12 in basso, anziché spararli in prima? E nessuno ne parla? E le task force anti-fake news che fanno, si grattano? Signora mia, dove andremo a finire.
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