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MessaggioInviato: 24/05/2009, 20:12 
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vimana131 ha scritto:

Alla scoperta della città sommersa più antica del mondo

La città sommersa più vecchia della Terra si trova nel mare di Grecia. Un gruppo di archeologi inglesi ha finalmente ottenuto il permesso per andare sott' acqua a studiarla.

Pavlopetri è il nome della città sommersa più antica del mondo. Si trova in Grecia al largo del mare della Laconia e negli ultimi 41 anni nessuno l'ha vista da vicino. La spedizione del 1968 è quella che ha consentito di otttenere una mappatura di Pavlopetri. Dopo di che gli archeologi hanno dovuto accontentarsi di studiare la città dalla terraferma.

Fortunatamente sembra essere arrivato il momento giusto per alcuni archeologi dell'Università di Nottingham, in Inghilterra, che hanno ricevuto finalmente il permesso dalle autorità greche. I ricercatori andranno nelle profondità del mare alla scoperta di questa " Atlantide" attrezzati con strumenti ad alta tecnologia. Si tratta di marchingegni che potrebbero rivoluzionarie il mondo dell'archeologia subacquea.

Pavlopetri è una città le cui rovine dovrebbero risalire al 2800 a.C. (se non prima). Nonostante i decenni passati sott' acqua le strutture della città dovrebbero essere in gran parte ancor intatte, o quasi. Il fine del team dell'Università di Nottingham sarà anche quello di capire come mai Pavlopetri oggi si trovi nelle profondità marine, quali sono le cause che hanno portato i palazzi sott' acqua.

Giovanni Carzana

Fonte
http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.4761.1

Questo và ad avvalorare molto di più la tesi che il mare Mediterraneo Orientale si trovava centinaia di metri sotto l'attuale livello,chiuso e separato con il Mediterraneo Occidentale.[;)]


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MessaggioInviato: 24/05/2009, 21:29 
Cita:
Questo và ad avvalorare molto di più la tesi che il mare Mediterraneo Orientale si trovava centinaia di metri sotto l'attuale livello,chiuso e separato con il Mediterraneo Occidentale


infatti ...
Cita:
Pavlopetri si trova da tre a quattro metri sotto il mare al largo della costa della Laconia nel sud della Grecia. Con le sue rovine di parti risalenti ad almeno 2800 BC, essa è considerata la più antica città sommersa nel mondo.


queste sono foto del sito..

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Ti consiglio di leggere qualche articolo dell'amico, Ignazio Burgio tuo conterraneo... su cataniacultura.com
ad esempio
http://www.cataniacultura.com/123etna.htm


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MessaggioInviato: 24/05/2009, 23:17 
Caro Antonio ti ringrazio per il consiglio che mi dai sempre di leggere,però dico..sei così sicuro che io non leggo niente e sia all'oscuro di tutto?
Che Pavlopetri attualmente si trova a 4 mt sotto il mare,non significa per forza che il livello del mare si è alzato solo di 4 metri,perchè il tuo ragionamento vuol significare che per forza la città doveva sorgere a livello dal mare su quota "0".
Invece io credo verosimilmente, che questa città si trovasse come la maggioranza edificate a quel tempo su delle alture come le antiche città della Sicilia Meridionale,avendo già memoria dello Tsunami antecedente, avvalorando maggiormente l'ipotesi, di Ignazio Burgio sullo scivolamento di un costone dell'Etna 8000 anni fà e poi uno Tsunami dopo aver invaso il territorio,l'acqua si ritira nella sua sede.


Ultima modifica di bleffort il 24/05/2009, 23:21, modificato 1 volta in totale.

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Astronave
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MessaggioInviato: 25/05/2009, 13:44 
avevo un doc su sul programma "atlantide" che parlavano di atlantide in cui gli ultmi 5 minuti parlavano di un pescatore di un luogo che voleva fosse anonimo che ha scoperto tegole in fondo al mare durante un'immersione


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MessaggioInviato: 25/05/2009, 22:00 
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Devil010 ha scritto:

avevo un doc su sul programma "atlantide" che parlavano di atlantide in cui gli ultmi 5 minuti parlavano di un pescatore di un luogo che voleva fosse anonimo che ha scoperto tegole in fondo al mare durante un'immersione

Una volta ho sentito qualcosa del genere,lo raccontava un marinaio
( o pescatore) Greco e se non sbaglio disse che il luogo dove vide dei resti abitativi fosse presso il Banco Medina,Canale di Sicilia.
Vorrei conferma di chi,qualcun'altro allora, ha avuto modo di sentire la notizia.


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MessaggioInviato: 25/05/2009, 22:21 
Cita:
Caro Antonio ti ringrazio per il consiglio che mi dai sempre di leggere,però dico..sei così sicuro che io non leggo niente e sia all'oscuro di tutto?

No... non sono sicuro.. ma prometto che non dispenserò altri consigli per non urtare suscettibilità altrui.. le conclusioni poi giustamente sono opinabili, io ne traggo di un tipo ed altri di differente entità,.. e quì mi fermo perchè non voglio polemizzare su alcunchè, io ho la mia idea.. ed altri la loro. a volte coincidono altre divergono...

Cita:
avevo un doc su sul programma "atlantide" che parlavano di atlantide in cui gli ultmi 5 minuti parlavano di un pescatore di un luogo che voleva fosse anonimo che ha scoperto tegole in fondo al mare durante un'immersione


penso sia utile postare qualche foto... ma non credo che atlantide sia identificabile con delle tegole... le navi commerciando navigavano e talvolta naufragavano con i loro carichi... molto probabilmente il pescatore ha scoperto uno dei migliaia di relitti esistenti..

P.S.le navi dell'atlantide di Platone erano triremi.. da questo si può capire il grado di tecnologia e conseguente "civiltà" raggiunta, le tegole magari navigavano su pentecontere...


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MessaggioInviato: 26/05/2009, 00:06 
Da Antonio:
No... non sono sicuro.. ma prometto che non dispenserò altri consigli per non urtare suscettibilità altrui.. le conclusioni poi giustamente sono opinabili, io ne traggo di un tipo ed altri di differente entità,.. e quì mi fermo perchè non voglio polemizzare su alcunchè, io ho la mia idea.. ed altri la loro. a volte coincidono altre divergono...


Da bleffort:
Ecco Antonio ora si che ci siamo,io posso essere criticabile sulle mie idee, possono essere sbagliate,come possono essere giuste, credimi a volte uno pensa di avere la verità in mano e questo non solo io,ma anche illustri Scienziati e che poi molto spesso sono smentiti da un'altra Teoria che li scredita,poi i consigli si danno alle persone che già sanno e sono coscienti delle loro azioni consigliandoli di prendere la strada giusta,ma se uno non sà,non sà!!!.Tu non di devi mangiarti il ""cappello"" se leggi da un mio post un argomento che lo reputi senza senzo,basta argomentare il contrario!!,stai sicuro anche se inserisci un argomento su Atlantide che secondo me lo reputo valido e convincente nel mio modo di vedere che sia anche in Groellandia sarò il primo a darti ragione,però anche tu sforzati di smontare la mia convinzione con argomenti convincenti.
Ciao Antonio

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MessaggioInviato: 31/05/2009, 16:17 
CAMBAY: LE PROVE SOMMERSE DI UN PASSATO SENZA TEMPO


di Enrico Baccarini

A distanza di qualche mese dalla loro scoperta, si è reso necessario aggiornare il vasto pubblico di Archeomisteri riguardo l’eccezionale ritrovamento delle due città sottomarine effettuato nel Golfo di Cambay, in India.
Poco tempo dopo la divulgazione della notizia si sono accesi in tutto il mondo aspri dibattiti sulla possibile veridicità e genuinità dei reperti e dei dati ottenuti dal N.I.O.T., l’Istituto indiano che per primo ha evidenziato le anomalie sottomarine.

Questi dati testimonierebbero un insediamento urbano civilizzato risalente a circa 9.500 anni fa, e attualmente situato a circa 36 metri di profondità al di sotto dell’Oceano Indiano. Tuttora uno stretto riserbo domina la scoperta, ma i dati resi disponibili sembrerebbero incontestabilmente dimostrare l’origine artificiale di tali strutture sottomarine. Se tali elementi dovessero ricevere ulteriori conferme, potremmo assistere ad una vera e propria rivoluzione archeologica di portata epocale.

Fino ad oggi, infatti, si è sempre ritenuto che i primi grandi insediamenti urbani fossero databili ad un periodo non precedente al 2.500 - 3.000 a.C., fatta eccezione per Gerico in Palestina, databile all’incirca alla stesso periodo cui risalirebbero le strutture individuate a Cambay.
La scoperta delle due città sommerse dell‘India potrebbe pertanto rivoluzionare drammaticamente le opinioni fino ad oggi accettate come dogma dell’ortodossia archeologica.

Ci troveremmo davanti ad un cambiamento totale nella datazione delle origini stesse dei primi insediamenti organizzati umani.
Attualmente molti studiosi e molte organizzazioni, stanno cercando di far convergere da tutto il mondo i propri sforzi e le proprie attrezzature di ricerca verso quelle che potrebbero dimostrarsi come le antiche vestigia di una civiltà scomparsa.


Antiche testimonianze storiche dell’esistenza di queste due città potrebbero essere già state identificate da alcuni ricercatori indiani che, rileggendo i "Rig Veda", i testi sacri della religione Indù , si sarebbero trovati davanti in diversi passi a riferimenti espliciti riguardo "due grandi città dislocate alla foce di due grandi fiumi", città che sarebbero state il fulcro di una iniziale civiltà indiana.

Da tali assunti numerosi ricercatori si sono mossi per capire quali potessero essere state le cognizioni, la tecnologia e la struttura di questa antica civiltà.
Da quanto è stato possibile ottenere attraverso il sonar ed altri strumenti tecnici utilizzati dal N.I.O.T., la possibilità che le due città siano ancora intatte sembrerebbe essere notevolmente alta, anche se ci troviamo in una regione molto attiva dal punto di vista tettonico.

Il geologo Dr. Glenn Milne, della "University of Durham", ha recentemente condotto alcuni studi riguardo i cambiamenti del livello marino susseguitisi nella zona di Cambay. In base ai dati ottenuti, Milne afferma che ci possiamo ragionevolmente trovare davanti a non meno di dieci metri di depositi sedimentari, sia tettonici che di altro genere, che avrebbero coperto le strutture appartenute alle due città.

Le strutture quindi si potrebbero essere conservate discretamente anche dagli agenti distruttivi marini.
L’analisi compiuta sugli oggetti recuperati durante le diverse missioni del N.I.O.T. ha permesso di mettere subito in risalto come lo stesso materiale possa essere difficilmente attribuito al semplice intervento naturale ed erosivo-distruttivo della corrente.

Ovviamente ci troviamo davanti a dei reperti plausibilmente artificiali risalenti a non meno di 9.000 anni fa, gli studiosi sono quindi a confrontarsi con l’arduo compito di dover datare e studiare manufatti logorati da un tempo immemorabile. Tra la notevole quantità di materiale recuperato fino ad oggi è stato possibile analizzare in particolare una struttura eterogenea costituita da una matrice di roccia in cui sono stati identificati frammenti di vasellame di natura artificiale.

È interessante notare come un altro reperto rechi incisi sulla sua superficie chiari segni di uno strumento umano. Un pezzo di legno rinvenuto sul fondale in esame, infatti, presenta chiari segni di una incisione effettuata attraverso strumenti taglienti e precisi. Il rinvenimento di altro vasellame, in buona parte logorato dalle correnti marine, tenderebbe a testimoniare l’effettiva natura artificiale di buona parte del materiale fino ad ora raccolto.

Anche se tali prove tenderebbero a testimoniare la possibilità di un intervento umano all’origine sia di tali manufatti che delle strutture rilevate dal sonar, ci sono ancora dei ricercatori che negano espressamente la quantità di prove fino ad oggi presentata, riconducendo il tutto alla nostra semplice volontà "di vedere l’origine umana in tutto quello che è naturale". Così si espresso un noto ricercatore inglese, fin dall’inizio su posizioni di totale contestazione dei risultati ottenuti dai vari team di ricerca avventuratisi "in situ".

Le stesse "strisciate" ottenute dal sonar ci mostrano incontrovertibilmente tutta una serie di strutture anomale adagiate sul fondo marino del golfo di Cambay. Proprio queste anomalie, comunque definite estremamente regolari, hanno permesso le prime scoperte ed i primi sopralluoghi.
Anche se la difficoltà di leggere un tracciato sonar si può presentare ai più, è indubbio che la rappresentazione di questo fondale ci mostra strutture estremamente geometriche e anomale rispetto alle aree circostanti.

Proprio queste regolarità hanno attirato l’attenzione dei primi studiosi avventuratisi sul posto.
La possibilità di trovarci, quasi sicuramente, davanti a delle costruzioni appartenenti ad una civiltà definita dagli studiosi "pre-Harappa", (in riferimento alla civiltà Harappa, tra le più antiche conosciute, il cui apogeo si colloca tra il 2.600 ed il 1.900 a.C.), potrebbe spiegare il notevole grado tecnologico e architettonico dimostrato successivamente dalla stessa civiltà Harappa, considerata in effetti fino ad oggi come "nata dal nulla".

Certamente la scoperta di questi due siti sottomarini ha destabilizzato, e sta destabilizzando, profondamente molte delle concezioni e dei dogmi fino ad oggi innalzati dall’archeologia ufficiale, dimostrando come possa essere realmente esistita una cultura avanzata prima di quanto la storia abbia mai creduto, risalente alla fine dell’ultima Era Glaciale.

Nostro gradito ospite a San Marino, al "3° Simposio Mondiale sulle origini perdute della Civiltà e gli anacronismi storico-archeologici", il brillante scrittore e ricercatore britannico Graham Hancock, coadiuvato dalla propria collaboratrice fotografica, e moglie, malaysiana, Santha Faiia, ha appena realizzato dopo mesi di indagini continue il monumentale volume di oltre 700 pagine, riccamente illustrato da foto, disegni e piantine, "Underworld", letteralmente "Il mondo di sotto". Un circostanziato rapporto interamente dedicato all’antica civiltà protostorica che alla fine dell’Era Glaciale è stata cancellata dalle acque oceaniche, il cui livello era notevolmente inferiore all’attuale.

Le ricerche di Hancock, comprensive di una serie di indagini sottomarine condotte direttamente dall’autore in tutto il mondo, dal Mediterraneo all’America, e dall’India a Yonaguni nell’arcipelago nipponico, si commentano da sole.
Qui, in attesa dell’edizione italiana di "Underworld", siamo lieti di offrirne ai lettori italiani una doverosa anticipazione fotografica d’insieme.

Fonte
http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.4812

"Tuttora uno stretto riserbo domina la scoperta"
Che non ci siano solo "semplici" rovine?


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MessaggioInviato: 01/06/2009, 08:20 
Ragazzi non dimentichiamoci dell'Ipogeo di Malta, secondo me una delle + antiche testimonianze di una civiltà sconosciuta sotto i nostri occhi, e nemmeno sommersa. Se di resti di Atlantide si può parlare, secondo me bisognerebbe iniziare ad indagare da lì


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MessaggioInviato: 01/06/2009, 16:44 
Questa è realtà.

Malta: I Crani della Dea Madre


a cura di Vittorio di Cesare e Adriano Forgione


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Nel tempio megalitico di Hal Saflieni, a Malta, erano sepolti uomini dal volume cranica straordinario. Questi crani sembrano appartenere ad uno strano ceppo umano e, se analizzati a dovere, potrebbero creare un ponte ideale tra le antiche culture mesopotamiche ed egizie con una razza di uomini sacerdoti identificati con il serpente.

Ritorniamo da Malta dopo un soggiorno al seguito della troupe televisiva di Maurizia Giusti, la simpatica Syusy Blady di "Turisti per caso".
Abbiamo ripercorso insieme le tracce di una storia antica che prendeva origine dalla presenza sull'isola di templi megalitici dedicati alla Dea Madre, figura taumaturgica adorata nella preistoria di quest'isola diventata, nel tempo, un importante centro di culto. Le riprese ci davano la possibilità di risolvere un mistero dagli interessanti risvolti. Si sapeva che fino al 1985 alcuni crani, ritrovati in alcuni templi preistorici di Malta a Taxien, Ggantja e Hal Saflieni, erano esposti nel Museo Archeologico della Valletta. Da qualche anno a questa parte però erano stati rimossi e messi in deposito. Da allora non erano più visibili al pubblico. Rimanevano quelle fotografie, scattate dal ricercatore maltese dott. Anton Mifsud, e dal collega dott. Charles Savona Ventura, foto che se da una parte provavano l'esistenza dei crani, dall'altra ci mostravano…la loro anormalità. Alcuni libri scritti dai due medici maltesi, che fin dal primo giorno del nostro soggiorno a Malta gentilmente ci fornivano le documentazioni necessarie per le nostre ricerche, mostrano infatti una collezione di teschi con anomalie e/o patologie strane. Linee di saldatura craniche a volte inesistenti, pareti temporali sviluppate anormalmente, occipiti trapanati e rigonfi come in seguito a traumi rientrati, ma soprattutto, un cranio dalla strana forma allungata, più grande e più strano degli altri, privo della saldatura mediana.
La presenza di quel reperto lascia pensare a diverse ipotesi, tutte percorribili. La similitudine con altri crani simili, dall'Egitto al Sudamerica, la deformazione particolare, unica nel panorama delle patologie mediche riferite a periodi così lontani nel tempo, (stiamo parlando di 3000 anni circa prima di Cristo) potrebbero essere una scoperta eccezionale. Quel teschio era frutto di una mutazione genetica antica tra razze diverse che avevano abitato l'isola?



I crani dolicocefali

La richiesta alla direzione del museo dagli organizzatori del programma per vedere e fotografare quei reperti, sarebbe certo naufragata miseramente se, durante una conferenza stampa in onore degli ospiti (Maurizia Giusti e noi di HERA naturalmente) voluta dal dottor Robert Zammit, dell'Ente Provinciale Turismo di Malta, non fossimo riusciti a suscitare l'interesse del ministro del turismo Michael Refalo, il quale, a fine conferenza, ci accompagnava personalmente e a passo di carica, nel vicino museo strappando al direttore la promessa di tirar fuori quei misteriosi crani, conservati lontano dalla vista di curiosi e ricercatori da circa 15 anni. Un paio di giorni dopo, infatti, guidati dagli stessi responsabili del museo, veniamo accolti in una zona riservata e chiusa al pubblico dove gli straordinari reperti erano stati portati per l'occasione lì, dinanzi ai nostri occhi sotto il controllo e la gentile disponibilità dell'archeologo del Museo della Valletta, Mark Anthony Mifsud, quasi omonimo del precedente ricercatore. I crani erano stati tutti trovati nell'ipogeo di Hal Saflieni, luogo dove vi era un pozzo sacro dedicato alla Grande Madre e dove venne trovata anche la piccola statua di una Dea dormiente associata ad un reperto con sopra inciso un serpente. I crani vennero tirati fuori uno alla volta dal box che li conteneva. Tra questi, tutti davvero interessanti, c'era quello che cercavamo. Il cranio mostrava una dolicocefalia molto pronunciata, cioè un allungamento della parte posteriore della calotta cranica, oltre alla mancanza della sutura mediana, tecnicamente chiamata "sagittale". Quest'ultimo particolare è stato considerato "impossibile" da medici e anatomisti ai quali ci siamo rivolti, mancando (fino a prova contraria) analoghi casi patologici nella letteratura medica internazionale. Si tratta di una caratteristica che rafforza l'anomalia di questo reperto e che ebbe il risultato di provocare un allungamento naturale del cranio nella zona occipitale (non dovuto quindi a bende o tavole impiegate nelle civiltà pre-colombiane). Crediamo che il ritrovamento di questo cranio e dei suoi simili ad Hal Saflieni non sia casuale.


I sacerdoti della Dea

Malta e Gozo sono state fin dalla preistoria centri di grande importanza, luoghi nei quali si effettuavano "cure mediche", oracoli e incontri rituali con i sacerdoti della Dea. Su entrambe le isole esistevano parecchi di questi santuari, centri taumaturgici, dove la Dea guaritrice, era attorniata da sacerdoti espressione diretta della divinità. È risaputo che il serpente nell'antichità era associato alla Dea e alle capacità di taumaturgia o guarigione. Il serpente era inoltre un animale ctonio, cioè appartenente al mondo sotterraneo. Pertanto un ipogeo dedicato alla Dea e al culto delle acque era il posto giusto per una gruppo sacerdotale che veniva definito in tutte le culture più antiche come i "sacerdoti serpente" (un epiteto ancora usato per gli sciamani - cfr. pagina 24). Forse quei crani trovati nell'ipogeo ed esaminati durante la nostra visita a Malta, appartenevano proprio a questi sacerdoti. Come abbiamo già detto presentavano un'accentuata dolicocefalia, in particolare quello al centro della nostra analisi. La sua testa allungata e i lineamenti tirati dovevano donargli aspetto serpentiforme tendendogli gli occhi e la pelle. Mancando la parte inferiore del reperto, possiamo solo speculare, ma quanto ipotizzato non deve essere lontano dalla realtà, una realtà peggiorata dal fatto che quella deformità gli creò certamente un problema di Deambulazione, costringendolo, visti i tempi, a…strisciare!
La mancanza della sutura mediana del cranio, e quindi l'impossibilità del cervello di espandersi uniformemente e radialmente nella teca cranica, fece sì che questo si sviluppasse nella zona occipitale del cervelletto, deformandone il cranio che si presentava quindi come un'unica calotta tra la zona frontale e occipitale. Ciò causò quasi certamente a quell'uomo dolori terribili fin dall'infanzia, ma probabilmente gli donava anche visioni che venivano considerate simbolo di legame con la Dea.





Un'altra razza

Anche gli altri crani esaminati presentavano strane anomalie. Alcuni di questi erano più naturali e armonici rispetto al cranio oggetto della nostra attenzione, ma presentavano comunque una pronunciata dolicocefalia naturale, quindi si può, senza timore di smentita, trattarsi della caratteristica distintiva di una vera e propria razza, diversa rispetto alle popolazioni autoctone di Malta e Gozo. Una considerazione confermataci dagli stessi archeologi maltesi Anthony Buonanno e Mark Anthony Mifsud che alle nostre domande hanno risposto: "sono un'altra razza ma non sono stati eseguiti esami al C-14 o del DNA. Forse si tratta di individui provenienti dalla Sicilia". Discuteremo più avanti questo particolare. Intanto vale la pena sottolineare che uno di questi crani presentava segni inequivocabili di interventi chirurgici nella zona occipitale. I bordi di tre piccoli fori passanti, praticati nell'osso occipitale detto inion, ebbero il tempo di cicatrizzarsi, quindi il paziente sopravvisse all'operazione nonostante la lesione quasi certamente intaccò anche in questo caso le sue facoltà motorie.
Ma c'è dell'altro. Buona parte dei 7000 scheletri scavati nell'ipogeo di Hal Saflieni ed esaminati da Themistocles Zammit nel 1921, presentano deformazioni praticate artificialmente. Uno scheletro del gruppo scavato dall'archeologo Brochtorff Circle, mostra chiari segni di deformazione intenzionale con legami. Le deformazioni avvenivano per diversi motivi: iniziazioni, matrimoni, riti solari o punizioni per crimini sociali e trasgressioni.
Tutto l'apparato tribale di incisioni, perforazioni, rimozioni parziali o totali, cauterizzazioni, abrasioni, inserzioni di corpi estranei nei muscoli, come la modificazione dei corpi per scopi magici, medici o cosmetici, faceva parte di pratiche crudeli di per sé ma a "fin di bene" per la comunità.
Perché questo accanimento nel martoriare il proprio corpo? Esisteva una qualche relazione tra i riti tribali e gli uomini dai teschi allungati? È possibile che, come accaduto per altre culture, le popolazioni successive tendessero a deformare i crani degli infanti per renderli simili a questa razza di "sacerdoti-serpente". A Malta tutto questo era praticato da un misterioso popolo che innalzava templi giganteschi alla Dea Madre tra il 4100 e il 2500 a.C. La presenza di questi crani potrebbe essere quella degli ultimi esponenti della più antica classe sacerdotale dei templi megalitici che, mai mescolatasi con le popolazioni del luogo, avrebbe continuato a riprodursi nei millenni attraverso unioni familiari (come normalmente accadeva in passato tra le élite) e, di conseguenza, impoverito a tal punto il suo patrimonio genetico fino a manifestare inevitabili patologie, sarebbe scomparsa.



Le origini

I crani da noi analizzati sono datati al 2.500 a.C. (ma potrebbero essere anche più antichi) una data in cui la storia megalitica di Malta si ferma, iniziando un periodo di buio storico e assenza di popolazione che durerà circa 300 anni, sino all'arrivo dei Fenici. Questi inizieranno a fare di Malta un loro avamposto nel Mediterraneo. Anche i Fenici erigeranno a Malta templi alla Dea Madre, da loro considerata Astarte, la Dea dal volto di serpente. Ancora una volta ci troviamo di fronte alla rappresentazione di una Dea associata al serpente e al potere di guarigione, quasi che i Fenici avessero voluto continuare una tradizione interrotta. Ma è la data del 2500 a.C. che presenta una chiave di lettura fondamentale per capire chi fossero questi individui dal cranio allungato e per usarla dobbiamo spostarci da Malta nel vicino Egitto.
Il professor Walter. B. Emery, (1903-1971) noto egittologo che scavò a Saqqara negli anni '30 e autore del saggio Archaic Egypt, trovò proprio a Saqqara i resti di individui vissuti in epoca pre-dinastica, dal cranio dolicocefalo e più grande rispetto a quello dell'etnia locale, i capelli chiari, la corporatura più robusta e un'altezza superiore. Emery dichiarò che questo ceppo non era originario dell'Egitto ma aveva svolto in questo paese un ruolo sacerdotale e governativo di prim'ordine. Un ceppo tenutosi a distanza dalla gente comune, unitosi solo con le classi aristocratiche e che lo studioso associava agli Shemsu Hor, i "Seguaci di Horus". Gli Shemsu Hor sono riconosciuti quali classe sacerdotale dominante in Egitto in epoca predinastica (fino al 3000 a.C. circa), essendo menzionati nel papiro di Torino e nelle liste dei re di Abydos. È interessante notare che lo stesso Emery scrive: "verso la fine del IV millennio a.C. il popolo noto come "Seguaci di Horus" ci appare come un'aristocrazia altamente dominante che governava l'intero Egitto. La teoria dell'esistenza di questa razza è confortata dalla scoperta nelle tombe del periodo pre-dinastico, nella parte settentrionale dell'Alto Egitto, dei resti anatomici di individui con un cranio e una corporatura di dimensioni maggiori rispetto agli indigeni, con differenze talmente marcate da rendere impossibile ogni ipotesi di un comune ceppo razziale. La fusione delle due razze dev'essere avvenuta in tempi tali da essere più o meno compiuta al momento dell'Unificazione dei due regni d'Egitto". Insomma, quanto accaduto a Malta trova specchio in Egitto. È una corrispondenza interessante che in Egitto gli Shemsu Hor garantissero il rispetto di una religione solare e a Malta ancora oggi il sole sia chiamato "Shem-shi". "Shem" è una parola di origine "accadica" e non egizia, derivante dal termine babilonese per Sole cioè "Shamash". Questo prova che gli Shemsu Hor provenivano dalla zona della mezzaluna fertile. Un'ennesima corrispondenza è il fatto che questo ceppo sacerdotale dal cranio lungo scompaia in Egitto come a Malta nello stesso periodo, cioè tra il 3000 e il 2500 a.C. Chi scrive è però convinto che un terzo nucleo fosse presente nella zona dell'Eufrate, essendo divenuto parte di quel ceppo ariano conosciuto come Mitanni, chiamati dagli egizi "Naharin", cioè "Quelli del Serpente" (da Nahash, serpente). Ai Mitanni, che occuparono una zona del Kurdistan, appartenne anche Abramo (cfr. HERA 15 pag. 26), la cui descrizione è analoga a quella degli Shemsu Hor fatta da Emery (capelli chiari e corporatura robusta). La tradizione dei "sacerdoti serpente" (cfr. HERA 13 e 14) ha il luogo d'origine in Medioriente, con il centro principale proprio in Kurdistan, dove intorno al 5000 a.C. la cultura matriarcale di Jarmo rappresentava le dee madri come divinità dal volto di vipera e dal cranio allungato. Queste divinità successivamente verranno associate agli "angeli caduti" o Nephilim, la cui citazione più esplicita è rintracciabile nel "Testamento di Amran" dei rotoli di Qumran (cfr. HERA n° 6 pag.52) in cui si legge: "Uno di loro era d'aspetto terrificante, come un serpente e il suo manto era variopinto" e ancora "il suo volto era come una vipera e indossava tutti i suoi occhi". Si tratta, secondo chi scrive, non di divinità in senso stretto ma di individui in veste sacerdotale o sciamanica, appartenenti ad una cultura altamente sviluppata e profondamente saggia che ebbe rapporti con le società meno organizzate dell'epoca. I suoi membri vennero considerati "semi-dei", per la conoscenza da loro posseduta, proprio come avvenuto in Egitto per gli "Shemsu Hor". Analoghe statuine di dee madri dal volto di vipera si trovano infatti anche nella terra del Nilo, risalenti esattamente al periodo arcaico degli Shemsu Hor. Si può concludere che questi sacerdoti serpente furono il cui ceppo più antico che occupò inizialmente la mezzaluna fertile (in particolare Anatolia e Kurdistan), e l'Egitto (successivamente a migrazioni risalenti al 6000/4000 a.C. - cfr. HERA pag.10), sino ad arrivare all'isola di Malta per poi sparire introno al 2.500 a.C. Ma in Medioriente questa cultura sopravvisse e probabilmente ne fece parte uno dei più noti ed allo stesso tempo misteriosi faraoni d'Egitto. Si tratta dei citati Mitanni e del faraone Akhenaton. Il perché Akhenaton fosse legato ai Mitanni sarà oggetto di un altro articolo ma il modo con cui si fece ritrarre in statue e bassorilievi (e con lui, l'intera famiglia reale) è proprio quello di un individuo dal cranio allungato e un volto umano dalle fattezze di serpente, caratteristiche riscontrate nel ceppo pre-dinastico egizio menzionato da Emery oltre che essere la precisa rappresentazione delle fattezze dei Nephilim e probabilmente degli individui dal cranio allungato di Malta. Il cranio delle statue della dinastia amarniana e i crani di Malta risultano infatti pressoché identici, un fatto non casuale e provato anche dalle radiografie della testa di Tuthankamon, figlio di Akhenaton, che hanno presentato un cranio dolicocefalico.
In sostanza i crani di Malta sono le reliquie, archeologicamente ancora incomprese, di un ceppo sacerdotale che, in Egitto e a Malta, da epoche arcaiche arrivò sino al 2.500 a.C. È il gruppo che creò quel substrato religioso e spirituale che caratterizzò le più grandi civiltà del vecchio Mondo, a partire da tempi lontani, (il 6000 a.C. e forse persino oltre). Questo gruppo continuò a sopravvivere in Medioriente e in qualche modo si rifece vivo in Egitto intorno al 1351 a.C. dando vita, attraverso il faraone eretico Akhenaton, ad una riforma religiosa che mirava a restaurare l'antico ordine. Se si accetta l'ipotesi che questo faraone fosse legato in qualche modo alla figura di Mosé, allora il resto è storia nota.


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MessaggioInviato: 02/06/2009, 10:18 
Resti di crani,a Malta.

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MessaggioInviato: 12/07/2009, 15:38 
Le sette meraviglie del mondo sommerso

Inviata da aezio

Dei patrimoni dell’umanità giacciono sommersi sui fondali di laghi, mari e oceani. Alcuni sono stati recentemente scoperti col caso o grazie alla tecnologia; altri richiedono ancora una spiegazione.
Alessandria d’ Egitto: al largo della costa di Alessandria giace ciò che si pensano essere le rovine dell’alloggiamento di Cleopatra. Si crede che siano stati i terremoti a gettarlo in mare, insieme a manufatti, statue e altre parti del palazzo di Cleopatra.

Golfo di Cambay, India: anni fa sono stati scoperti i resti di una grande città di 9500 anni fa. Ancora con l’architettura intatta, questa scoperta anticiperebbe di 5000 anni la civilizzazione della regione. Il ritrovamento è stato chiamato Dwarka, o “Città d’oro” poichè forse appartenente al dio Hindu Krishna.
Kwan Phayao, Tailandia: di per sè non inusuale, un tempio Thai di 500 anni siede sul fondo del lago Phayao. La cosa strana è che il lago venne fatto intenzionalmente 70 anni fa.

Yonaguni-Jima, Giappone: scoperte casualmente vent’anni fa, queste misteriosi piramidi sembrano esser state scolpite nel sostrato roccioso usando strumenti che si pensava fossero sconosciuti alle antiche culture della regione.
Havana, Cuba: per chilometri lungo la costa dell’oceano sono state trovate tracce evidenti di un estensivo ambiente urbano. Le rovine megalitiche trovate nel canale dello Yucatàn vicino a Cuba potrebbero predatare le antiche culture americane.

Mare del Nord, Europa: occupate 10000 anni fa da cacciatori e raccoglitori, le terre sotto al Mare del Nord potrebbero essere state il centro di diffusione di un’antica civiltà.
Atlantide, Antartide? Più di un centinaio di anni fa, un curatore di un museo di Istanbul fece una notevole scoperta: esaminando un’antica mappa trovò una catena montuosa dove c’è oggi l’Antartide. Per alcuni, questa mappa è una delle prove che sostengono la teoria che l’antartide sia Atlantide.

Fonte
http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.4977.1


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MessaggioInviato: 13/09/2009, 11:54 
Una civiltà marinara che univa i continenti nell’età dell’Oro

di Alberto Arecchi
nuovi studi e ricerche

La vera Atlantide

Sulla base di lunghe ed accurate ricerche, esposte nel mio libro “Atlantide. Un mondo scomparso, un’ipotesi per ritrovarlo” (ed. Liutprand, 2001), ritengo che l’Atlantide, il mitico regno descritto da Platone nei suoi Dialoghi, sia realmente esistita e si trovasse al centro del Mediterraneo.
Il dibattito su Atlantide inizia, ed è opportuno che rimanga legato, ai testi di Platone. Considerazioni fantastiche ed esoteriche vorrebbero collegare il “continente scomparso” a culture umane antichissime (di decine o addirittura centinaia di migliaia d’anni). È invece importante rivolgerci al periodo immediatamente anteriore alla storia scritta, in cui la memoria sfuma nelle nebbie dell’epica e dei miti dei popoli ellenici, che arrivarono al bacino del Mediterraneo in un’epoca compresa tra il 2000 ed il 1500 a.C. Armati di ferro, s’imposero alle culture del bronzo ed abolirono la società matriarcale, in nome di una nuova centralità maschile, nella famiglia e nella religione. Nelle epopee di dèi e semidèi, di giganti e di titani, è adombrato il processo di formazione delle antiche nazioni, ed in questa palude nebbiosa Platone colloca l’esistenza di Atlantide: in un’epoca i cui protagonisti si chiamavano Poseidone, Athena, Zeus, Atlante, Erakles, Minosse… antichi re, trasformati nel mito in dèi e titani.


Pro-memoria sulle datazioni

Si pensa che Solone abbia compiuto il viaggio in Egitto, cui si riferisce Platone, verso il 570 a.C. I fatti raccontati dovrebbero risalire a 10.000 – 9.000 “anni” prima, ma i “novemila anni” di Platone devono corrispondere a un periodo lungo, sì, ma “a misura” della stirpe degli Achei e dei Greci, dopo che essi si insediarono nel bacino del Mediterraneo. Eudosso di Cnido (matematico, geografo ed astronomo greco), e dopo di lui anche Manetone e Diodoro Si(ho detto una parolaccia), spiegano che occorre intendere “mesi” là dove Platone scrisse “anni”. Ciò collocherebbe il periodo della grande espansione d’Atlantide, e la sua guerra contro gli antenati degli Ateniesi, tra il 1320 ed il1295 a.C., mentre la tremenda catastrofe che pose fine a quel regno sarebbe avvenuta mille mesi (circa 80 anni) dopo, ossia tra il 1240 ed il 1210 a.C.


La ricostruzione geografica

È naturale che i gruppi umani s’installino nelle zone di bassa pianura. Se oggi il livello medio dei mari dovesse repentinamente innalzarsi di 130-200 m, quasi nessuna traccia rimarrebbe dello sviluppo tecnologico e della civiltà attuali: scomparirebbero fonti d’energia e centrali... rimarrebbero solo tracce nel mito. Se ciò avvenisse nell’arco di decine o centinaia d’anni, consentirebbe le migrazioni sugli altipiani, ma se la prima ondata fosse improvvisa e violenta... sarebbe la fine per il cuore stesso delle società sviluppate. Appare perciò ovvia la possibilità di ritrovare tracce d’insediamenti umani, più o meno antichi, in ogni parte del mondo, su fondali marini, sino a qualche centinaio di metri di profondità.

La mia ricerca si è basata sull’esistenza di due bacini chiusi, l’uno più elevato e l’altro in depressione rispetto al livello generale dell’acqua degli Oceani, ed un terzo bacino (il Mediterraneo occidentale, in comunicazione con gli Oceani tramite il varco di Gibilterra). Una catastrofe tellurica avrebbe causato la scomparsa del bassopiano d’Atlantide, con una nuova conformazione delle coste e dei mari.

Nel Mediterraneo orientale, le quote d’affondamento sono ben superiori a quelle di altri mari. Una gran parte del fondo del Mediterraneo sembra costituita da rupi e vallate, come se non si trattasse di fondo marino, ma piuttosto di terraferma; infatti capita di continuo che i pescatori subacquei scoprano strade ed edifici molto più antichi e situati a maggiori profondità negli abissi marini. Appare significativo – ad esempio – il nome di “Banco Medina” (Medina, in arabo, significa città) dato al fondale che – nelle mie ipotesi – corrisponde alla giacitura dell’antica capitale di Atlantide… Sprofondamenti ancora più notevoli di edifici e di città preistoriche sono stati notati nei pressi di Thera e vicino a Milo.

Ritroviamo l’Atlantide di Platone

Appaiono chiari alcuni punti:


* la narrazione ripresa da Platone si colloca al tempo dei progenitori degli ateniesi e degli abitanti della città egizia di Sais; quindi non 10.000 anni prima, quando gli antenati di tali popoli vivevano in altre regioni;
* le caratteristiche di Atlantide sono quelle d’una società dedita alla navigazione ed all’agricoltura, con strutture sociali articolate e la conoscenza della metallurgia dell’oro, del rame, del bronzo.

Gli antenati dei greci erano presenti nel Mediterraneo orientale in un periodo compreso tra il 3000 ed il 1500-1200 a.C., corrispondente alle prime 20 dinastie di faraoni egizi. Della storia di quel periodo e delle culture mediterranee sembra di sapere tutto, ma in realtà conosciamo abbastanza poco, e la maggior parte della storia è avvolta dal mito: poemi omerici, leggende dei greci delle origini.

* Secondo le mie ricerche, prima della catastrofe esisteva una vasta pianura fertile, come quella descritta da Platone, al largo delle attuali coste tunisine, compresa tra la Piccola Sirte, l’attuale Golfo di Gabès e - a nord - la penisola di Capo Bon e l’estremità occidentale della Sicilia. Essa avrebbe costituito “l’estremo occidente” del bacino Mediterraneo in cui navigavano i Pelasgi, i mitici abitatori dell’antico Mediterraneo, e sarebbe stata popolata di elefanti e altre fiere africane, con datteri e banane, come dice Platone, protetta dai venti freddi perché avvolta dai rilievi di Tunisia e Sicilia. In questa zona erano le “colonne d’Erakles” del mito greco, con i miti collegati con l’Aldilà e il regno dei morti, il Giardino delle Esperidi e il regno di Atlante.

Immaginiamo di ritornare indietro nel tempo, 3300 anni fa. L’attuale Mare Mediterraneo doveva essere distinto in due mari, posti a quote diverse e privi di comunicazioni reciproche.

Il Mediterraneo orientale, dalla Piccola Sirte alla costa siro-palestinese, comprendeva lo Ionio, il basso Adriatico e il Mar di Candia (mentre il territorio Egeo, tutto emerso, costituiva una vasta pianura costellata di rilievi montuosi di origine vulcanica). Al posto dello stretto di Messina esisteva un istmo roccioso e il canale di Sicilia era allora una fertile pianura, irrigata da fiumi e protetta da alte montagne, che scendeva dolcemente verso le sponde del mare inferiore.
Le acque di questo mare dovevano trovarsi ad una quota di circa 300 m sotto quella odierna.

Non lontano dall’isola di Malta, due strette imboccature davano accesso ad un grande golfo, profondo oltre mille metri. Intorno a quel golfo, protetto alla sua imboccatura da una vasta isola, era sorta una civiltà fiorente, fondata da una stirpe libica che era forse scesa sino a qui dalle alte montagne del sud.

Chi fosse provenuto da oriente, da Creta o dall’Egitto, avrebbe visto una costa rocciosa, piuttosto ripida, nella quale si aprivano due stretti, ai lati di un’ampia isola.

Dietro Pantelleria, in fondo al golfo, vi era l’altro mare, prossimo a debordare verso il golfo. Il Mediterraneo occidentale era - come oggi - in comunicazione con le acque dell’Oceano, attraverso lo stretto di Gibilterra, e le sue acque avevano un livello simile a quello odierno, grazie all’apporto costante di acque oceaniche. Questa era la vera maledizione pendente sul capo del popolo (Atlanti-Tjehenu) che abitava quelle terre, ma essi forse erano convinti che la situazione di precario equilibrio potesse durare in eterno, così come essi l’avevano sempre vissuta.

Ad ovest del golfo, tra i due mari, si stendeva un’ampia, fertile pianura irrigua, che poteva essere abbondantemente irrigata, grazie alle acque provenienti dall’ampio “mare” interno, le cui acque dovevano essere piuttosto dolci. Quell’estensione di pianura corrisponde, per misure e caratteristiche fisico-climatiche, al territorio descritto da Platone.

Dalla costa, la pianura saliva dolcemente verso ovest, in direzione di una cresta di colline d’origine vulcanica, ricche di giacimenti metalliferi. A circa 450 km dal Mediterraneo, si stendeva un enorme bacino d’acqua: un vero e proprio “terzo mare”, ad una quota di circa 650 m superiore a quella del Mediterraneo. Quel mare raccoglieva le acque d’un vasto bacino pluviale, esteso a sud sino ai massicci del Tassili e dell’Ahaggar (il “monte Atlante”, secondo Erodoto). Le sue acque irrigavano le terre della vasta pianura. Nel fondo di quel bacino oggi c’è un gran sedimento di sabbia, il Grande Erg orientale (Igharghar), uno dei deserti sabbiosi più estesi al mondo.

Il mondo che abbiamo descritto finì in ventiquattr’ore, tra il 1240 e il 1210 a.C.. Una serie di violenti terremoti incrinò seriamente la consistenza degli sbarramenti rocciosi e aprì brecce, che ben presto cedettero di fronte alla pressione delle acque dei due grandi bacini posti alle quote superiori: il mare sahariano e il Mediterraneo occidentale, costantemente rifornito dalle acque dell’Oceano. Le acque si fecero strada con impeto in canaloni larghi decine di chilometri, con ondate di piena veramente immani. Atlantide rimase distrutta per sempre.

Viaggi e contatti tra i continenti

Gli studiosi diffusionisti ipotizzano l’esistenza in epoca antica di viaggiatori e di connessioni transatlantiche e transpacifiche, di contatti marittimi tra i continenti, prima degli sviluppi dell’epopea dei popoli mediterranei, da interpretarsi come un “medioevo barbarico”, causato dalla supremazia dei guerrieri armati di ferro sui mercanti civilizzatori, che avevano scoperto come fondere ed usare l’oro, il rame e il bronzo.

Navigatori africani, polinesiani, cinesi, fenici. Chi erano i Fenici? Gli storici li descrivono come i primi grandi navigatori. Secondo Zapp ed Erikson, essi furono piuttosto “gli ultimi” grandi navigatori dell’antichità, insieme ai Celti (la cui flotta oceanica fu distrutta da Giulio Cesare, in un celebre battaglia navale). Si può supporre che i Fenici fossero grandi navigatori che dominavano i mari dell’est, rispetto al Mediterraneo, mentre Atlantide ed i Celti dominavano le rotte occidentali.

Erodoto scrive che i Fenici arrivarono nel Mediterraneo dal Mar Rosso, verso il 1200 a.C. Adottarono una scrittura di tipo alfabetico, modello per le successive lettere usate degli alfabeti europei, ma non è rimasta nessuna cronaca scritta delle loro imprese. La loro civiltà è descritta come sempre protesa sul mare, al commercio ed alla scoperta di terre lontane. Durante l’età del bronzo andavano a reperire il rame e lo stagno dalle zone minerarie, ma i generi di commercio includevano l’oro, le spezie, la porpora da cui – secondo la tradizione – deriva il loro nome che significa “gli uomini rossi”. Dopo il 539 a.C., con la conquista delle coste orientali da parte della potenza persiana, il centro mediterraneo della cultura fenicia divenne Cartagine. Secondo antichi racconti, i Fenici e poi i Cartaginesi conoscevano una lontana isola di Antilla, colma di ricchezze, e diedero corpo alla leggenda del continente perduto per garantirsi la conoscenza esclusiva delle rotte atlantiche. Nel sec. V a.C. molti Cartaginesi salparono verso la “nuova isola” verdeggiante e la città rischiò di spopolarsi, sì che i governanti dovettero proibire di passare le colonne d’Erakles. Gli studiosi diffusionisti ritengono che Fenici e Cartaginesi conoscessero bene le rotte degli alisei, che più tardi furono sfruttate dalla flotta di Colombo.

Malta, santuario della regalità

L’isola di Malta era l’antica roccaforte di Kalpe, ossia una delle originali colonne d’Erakles (e, ancor prima, sede degli altari di Cronos, di Melkart, di Atlante), e fu sottoposta all’enorme ondata che distrusse il cuore di Atlantide, proveniente dal golfo della Sirte. I blocchi dei monumenti, alti oltre tre metri, appaiono abbattuti da un’enorme ondata, proveniente da occidente, che li ha spinti sino a distanze dell’ordine di 5-10 m dalle loro posizioni originali. La sola spiegazione possibile è che un’immensa ondata d’acqua, diretta da ovest verso est, abbia causato l’incredibile distruzione.


Gli antichi miti dei Greci

Un dotto autore che si firma “Michele di Grecia” riporta tutto ad una serie di conflitti tra Greci e Cretesi. Chi furono gli eroi di quella guerra? Proviamo a ritrovare nel mito e nel racconto di Pausania i nomi dei re che compaiono nel racconto di Platone.

Cecrope (figlio del primo mitico re Ethos), aprì le ostilità – potremmo tradurre noi – col potere d’Atlantide, rappresentato dal culto di Poseidone e dai Titani. In altri miti, lo stesso episodio è presentato come se Athena, figlia naturale di Poseidone, avesse rinnegato il padre per proclamarsi figlia di Zeus. Fu la fine del matriarcato, come ricorda anche Sant’Agostino.

Lo stesso Proclo sospettava che nel conflitto tra Dèi e Titani si adombrassero le guerre sostenute dagli antichi Ateniesi contro il popolo d’Atlantide ed i suoi alleati. Gli Antichi fissavano anche la data più probabile della vittoria degli Dèi contro i Titani, corrispondente al 1505 a.C. Nella tradizione egizia, si narra che “i Giganti attaccarono Zeus ed Osiride, ma furono distrutti”. Rileviamo l’assonanza di matrici sillabiche tra i nomi Atlanti – Titani e quello della grande madre Tanith.

La saga normanna dal titolo Oera Linda (1)parla d’un popolo biondo, originario della Frisia, con tradizioni matriarcali, che, dopo un diluvio che distrusse la terra natale (chiamata Atland), migrò verso il Mediterraneo, al comando d’una principessa guerriera (la dea Athena dei greci), e fondò Atene. Secondo Oera Linda, Cecrope fu il figlio d’una donna frisona e d’un sacerdote egizio ed era “metà uomo e metà serpente”. Questo mito di migrazione può riflettere l’arrivo di Achei e Dori nell’area del Mediterraneo orientale.

Cecrope fu il primo a nominare Zeus quale dio supremo e ad abolire i sacrifici di sangue, sia umani, sia di animali. Egli proveniva dalla città egiziana di Sais. Sotto il suo regno ebbe luogo la disputa tra Athena e Poseidone per il controllo sulla città di Atene, disputa che può riguardare il predominio dei Cretesi (Atlanti, o comunque loro alleati), devoti al culto eponimo di Poseidone.
Altri re che combatterono contro aggressori esterni (descritti sempre come popoli alleati con i Cretesi e – diremo noi – dello schieramento atlantide) furono i successori di Cecrope: il suo diretto successore Erisicto (Erysichton), e – tre generazioni dopo – Erictonio (Erichtonios, definito come un “usurpatore”, figlio di Efesto e della Terra – Gea): forse è l’indicazione di un’altra invasione?

Infine, suo nipote Erecteo. Sono tutti re ed eroi anteriori a Teseo, il quale apparirebbe come pronipote dell’ultimo, Erecteo.

Erictonio istituì le feste panatenee, in onore d’Athena, ma il suo successore, il figlio Pandione, era probabilmente un cretese. Il figlio di Pandione, Lico, è tramandato da Erodoto come il fondatore del regno di Licia. Ritroveremo i Lici tra i Popoli del Mare, che tentarono d’invadere l’Egitto poco prima del 1200 a.C. Apollodoro ricorda che, sotto il regno di Pandione, “Demetra e Dioniso vennero in Attica”. La prima era certamente una divinità originaria di Creta.

Anche sotto il regno di Pandione, troviamo menzione di guerre. Uno dei successori, Erecteo, dovette subire l’attacco di un “devoto di Poseidone”: Eumolpo, re di Eleusi (città alleata di Creta). Gli Ateniesi dovettero difendersi, con l’aiuto di truppe mercenarie. Secondo Apollodoro la fortuna aiutò gli Ateniesi, ma Poseidone, adirato, distrusse la casa di Erecteo, sull’Acropoli, e l’uccise con tutta la sua famiglia.

In sostanza – conclude Michele di Grecia – in questi miti non si parla esplicitamente d’una guerra tra Atene e Creta, né tra Atene ed Atlantide, ma Poseidone viene scacciato dal culto degli Ateniesi, viene estirpato il matriarcato ed una serie di aspri conflitti (Dèi e Titani) corrisponde con la narrazione della guerra tra Atlantide e l’antica Atene.

La filiazione mitica


Secondo il mito, Atlante e Cronos erano fratelli, figli di Urano. Atlante ricevette in eredità il regno dell’occidente, Cronos quello d’Oriente. Entrambi – quindi – risultano come progenitori di stirpi regali. Ricordiamo che nel mito Erakles e Atlante si scambiano per un momento il compito di sorreggere il peso del mondo, mentre Atlante raccoglie per l’eroe semidio i pomi delle Esperidi… scambio di ruoli nella progenitura di stirpi regali? Qualcuno ritiene fosse fratello d’Atlante anche Prometeo, ma sappiamo che spesso i miti s’intrecciano e diventano complicati.

Secondo i Fenici, Cronos cominciò a sospettare del fratello e lo seppellì sottoterra. Secondo i Greci avvenne piuttosto il contrario. Atlante prese il posto di Cronos e condusse i Titani in guerra contro gli Dèi (iniziò quindi – detto in termini più terra-terra – il conflitto tra i regni alleati di Atlantide e gli Ateniesi e gli Egizi del Delta).


Conclusioni


Si può ipotizzare la formazione, nel terzo millennio a.C., d’una potenza marittima nella zona del canale di Sicilia, gestita da un popolo (gli Atlanti di Platone, di Erodoto e di Diodoro Si(ho detto una parolaccia), i Tjehenu delle cronache egizie) proveniente dalla regione dell’Ahaggar, nel cuore dell’attuale Sahara, là ove ancora oggi gli “uomini blu” riconoscono la culla della propria nazione e ricordano l’antenata mitica Tin Hinan (nome che rievoca “Tjehenu”).

Una civiltà protesa sui mari: verso ovest alla conquista degli oceani (erano i soli del bacino mediterraneo a poterlo fare, oltre i Celti, poiché la loro terra sbarrava la via ai popoli del Mediterraneo orientale). Ad est, nelle colonie di Creta e di Thera, rimangono le tracce del loro influsso, ma la distruzione del primitivo focolaio di diffusione fa sì che venga qualificato come “cretese” anche tutto ciò che si ritrova in aree occidentali (penisola iberica, isole britanniche ed oltre, sino ad alcuni elementi delle culture pre-maya in Centro America). Diverse dovevano essere le lingue, nel grande impero d’Atlantide, e diversi i tipi di scrittura.

Dopo il 2000 a.C., i popoli antenati dei Greci (indoeuropei armati di ferro, probabilmente imparentati coi vichinghi, come vuole anche il libro Oera Linda) raggiungono il Mediterraneo orientale, portando con sé i loro miti, da cui nascono i poemi omerici, e vivendo direttamente altre vicende che si tramandano oralmente come miti delle origini. La lotta tra i Titani e gli Dèi sarebbe la traduzione mitica della guerra tra i popoli dell’Attica, alleati con gli Egizi del Delta, e gli Atlanti che volevano sottometterli. Non a caso è il periodo di massima espansione apparente della cultura cretese.

L’eruzione dell’isola di Thera (tra il 1480 ed il 1440 a.C.) diede un decisivo colpo alla potenza cretese e facilitò la rivincita dei micenei. Il Mediterraneo orientale rimaneva un bacino chiuso, con un pelo d’acqua inferiore di circa 300 m a quello attuale, per cui i porti, le fortificazioni e gran parte delle città commerciali non sono stati trovati: dovevano trovarsi a quella quota, sugli attuali fondali.

Verso il 1200, la catastrofe finale. I “popoli del mare” sciamano alla ricerca di nuove patrie, i Filistei vanno a stabilirsi in Palestina e più a nord arrivano gli “uomini rossi” (Fenici), che sarebbero divenuti celebri come eredi dei segreti della grande navigazione.

Tutta questa storia appare mediterranea, nei miti, nelle catastrofi descritte, nelle guerre sanguinose e nelle lotte tra l’antico culto matriarcale, con le sacre isole di Malta e di Creta, ed i nuovi riti d’un Pantheon retto da figure maschili. Tanto mediterranea, da non richiedere alcuna proiezione “auto-giustificativa” lungo lontane rotte oceaniche.

Atlanti e Fenici ritornano prepotentemente in iscrizioni ritrovate sul Nuovo Continente e nelle isole del Pacifico, che narrano in caratteri e lingua libica le cronache d’antichi viaggi, di navigatori chiamati Rata e Maui (“l’uomo dell’acqua”) che divennero i geni tutelari di tanti popoli della Polinesia. Conturbante: gli stessi decifratori si sono arrampicati sugli specchi, per spiegare come mai quei navigatori si potessero esprimere in libico. Nessuno di loro pensava che l’impero d’Atlantide, proteso a navigare fuori del Mediterraneo, fosse stato proprio la culla dei popoli libici e berberi. Come potremmo dunque parlare d’un “falso”, quando si trattava d’una scoperta difficile da spiegare proprio per chi se la trovava tra le mani? Sarebbe stato più facile – per loro – creare un falso in caratteri egizi, oppure in greco. Se gli studiosi diffusionisti non l’hanno fatto, non potevano certo aver falsificato il materiale a loro disposizione.

(Autore: Alberto Arecchi. L'originale di questo articolo, pubblicato per gentile concessione dell'autore, si trova in http://www.liutprand.it/articoliMondo.asp?id=129)


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MessaggioInviato: 13/09/2009, 12:13 
Molto interessante e complimenti per le vostre ricerche.[:D]

Io personalmente partirei dall' Antardide come probabile sito in cui era dislocata la mitica Atlantide, tutti i resti trovati nel Mediterraneo sono secondo me le vestigia di civiltà "evolute" deriventi dagli atlantidei che si sono sparpagliati nel resto del mondo dopo l' improvvisa glaciazione delle loro terre.



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MessaggioInviato: 14/09/2009, 15:14 
Cita:
greenwarrior ha scritto:

Molto interessante e complimenti per le vostre ricerche.[:D]

Io personalmente partirei dall' Antardide come probabile sito in cui era dislocata la mitica Atlantide, tutti i resti trovati nel Mediterraneo sono secondo me le vestigia di civiltà "evolute" deriventi dagli atlantidei che si sono sparpagliati nel resto del mondo dopo l' improvvisa glaciazione delle loro terre.

Che Atlantide sia stata in Antardide,è solo un'ipotesi vagheggiata da qualcuno senza nesuna prova,neanche scritta,ma se ci rifacciamo alla realtà,si sà ed è ormai certo che la lingua Libico-Berbera antica,forse fù diffusa e parlata nei lontani millenni in tutto il pianeta.
Ciò vuol dire che decine di migliaia di anni fa nell'attuale regione Libica Sahariana,era sorta una grande civiltà,questa è stata accennata da tanti Filodofi Greci,Egizie e da prove di qualsiasi genere.


Ultima modifica di bleffort il 14/09/2009, 15:15, modificato 1 volta in totale.

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