difatti come nacque Forza Italia? da Publitalia
E Dell’Utri creò Forza Italia
Il creatore di Forza Italia da una costola della Fininvest (Publitalia), l’autore del programma del Polo sulla giustizia( “ le procedure devono rispondere al governo”),l’artefice delle trattative con Bossi e D’Antoni, l’eminenza grigia delle strategie politiche ed elettorali del partito del Cav Berlusconi è un noto pregiudicato per reati comuni, condannato per fatture false e frode fiscale , imputato per concorso esterno in associazione mafiosa, inseguito da un mandato di cattura per estorsione e calunnia aggravata, privato nel 2000 addirittura del passaporto, del diritto di voto e del permesso d’espatrio sulla carta d’identità. Un uomo sospettato di avere avuto a che fare con le stragi del 92/93 ( per quest’accusa la procura di Caltanisetta ha chiesto l’archiviazione nel 2000, mentre quella di Firenze continua ad indagare)
Uno che in un paese normale o perlomeno decente, sarebbe in galera da un pezzo. Invece , in Italia , noto “stato di polizia”, presiede la meritoria associazione “Cesare Beccaria” e continua a circolare indisturbato, anzi fa il deputato sia a Montecitorio che a Strasburgo, anche se, per diversi mesi, non poteva lasciare l’Italia, non poteva votare, ma poteva essere votato.
Il suo nome è Marcello Dell’Utri
La nascita di Forza Italia
Tutti sapevano che Berlusconi era estremamente ricco, ma nessuno era in grado di dire esattamente quanto. Nel 1994, quando decise di diversificare le sue attività buttandosi in politica, stimare il valore del suo impero economico era difficile: più che fare calcoli, si trattava di tirare ad indovinare. Nel 2001, quando si presentò alle elezioni per la terza volta, il compito era più semplice. La Mediaste e la Mediolanum erano state quotate in borsa nel 1996, e la quota di azioni delle due società detenute dalla Fininvest, la holding privata di Berlusconi, era un’informazione pubblica, come anche la partecipazione azionaria della Fininvest nella Mondatori, un’altra società quotata a Piazza Affari.
Calcolati sulla capitalizzazione di mercato – il metodo utilizzato dal mercato azionario per valutare le aziende – gli investimenti di Berlusconi valevano l’impressionante cifra di 22.500 miliardi di lire, solo nelle tre aziende quotate in borsa.
Lo scoppio della bolla del mercato azionario e il tracollo dei titoli del comparto dei media, nel 2001, ha inferto un duro colpo al magnate italiano. Ciononostante , << Forbes >>, la rivista economica americana, nel 2002 ha valutato la ricchezza di Berlusconi a 7,2 miliardi di dollari, e ha confermato la sua posizione di uomo più ricco d’Italia. A livello mondiale, Berlusconi occupa la trentacinquesima posizione: in Europa. Solo otto persone erano più ricche di lui. Nella lista di << Forbes >> delle cento persone più ricche del mondo, erano presenti altri due italiani soltanto: Leonardo Del Vecchio, il fondatore di Luxottica, e Luciano Benetton, Secondo la rivista, Berlusconi era molto più ricco di Rupert Murdoch, un altro magnate dei media, oggi proprietario di SKY.
Nella campagna elettorale della primavera del 1994, Berlusconi diceva che la sua missione era salvare l’Italia, ma in realtà sembrava interessato soprattutto a garantire il futuro delle sue aziende. Il 26 gennaio, quando il capo della Finivest annunciò la sua decisione di “scendere in campo”, il suo gruppo si trovava in una situazione difficile. Il discorso registrato con cui annunciava la sua decisione fu trasmesso per la prima volta durante l’edizione pomeridiana del telegiornale di Retequattro, una delle sue reti televisive. Con la reputazione di Bettino Craxi, il protettore politico di Berlusconi e l’uomo che aveva reso possibile la crescita delle sue televisioni, offuscata dagli scandali di Tangentopoli, Berlusconi era vulnerabile. Il malaffare portato alla luce degli investigatori e dai magistrati milanesi aveva messo sottosopra il sistema politico italiano, e posizioni che sembravano invulnerabili si erano sgretolate.
Il monopolio di Berlusconi nel settore della televisione commerciale privata era sotto tiro, e le leggi promulgate per legittimare la sua posizione erano sottoposte ad attento esame. Se i partiti determinati a risolvere la questione del predominio di Berlusconi nel campo delle TV, quest’ultimo rischiava di vedersi sottrarre la possibilità di utilizzare la televisione per il suo profitto personale e per aiutare i suoi alleati politici. Inoltre, l’impero economico costruito da Berlusconi con l’aiuto dei suoi potenti amici politici era sommerso dai debiti e le sue prospettive erano, nella migliore delle ipotesi, incerte.
Nell’estate del 1993, decise quindi che la politica poteva essere un modo per neutralizzare le minacce che gravavano sulle sue imprese. In un’intervista a un quotidiano, nel mese di luglio, espose le sue idee sulla situazione politica del paese e rivelò di essersi incontrato con imprenditori e gruppi di interesse in varie parti d’Italia. Disse che non aveva intenzione di fondare un partito o di entrare personalmente in politica. Le cose sarebbero andate diversamente. Berlusconi stava saggiando il terreno.
Molti sono convinti che Berlusconi abbia creato un partito politico dal nulla, ottenendo un immediato successo elettorale, ma la realtà è molto più prosaica. L’imprenditore milanese vinse le elezioni politiche nel marzo del 1994, appena due mesi dopo aver annunciato ufficialmente la sua decisione di entrare in politica, ma era già da un po’ di tempo che lavorava seriamente a questo progetto. << Erano mesi che Berlusconi pensava alla politica. Sarebbe stato impossibile creare un partito politico in pochi giorni soltanto >> sottolineava Vittorio Dotti, un importante avvocato d’affari milanese, che era stato avvocato della Fininvest tra il 1980 3 il 1985 ed era diventato capogruppo parlamentare di Forza Italia dopo le elezioni del 1994.
Fin dal luglio 1993 Berlusconi si era messo a studiare la politica italiana, nel modo con cui un qualsiasi imprenditore affronterebbe un nuovo mercato e il lancio di un prodotto, tramite ricerche di e sondaggi d’opinione. La prima ricerca rivelò a Berlusconi che oltre i tre quarti dell’elettorato volevano un nuovo movimento liberal-democratico con facce nuove. Tangentopoli aveva lasciato il segno sugli italiani, che esigevano che i vecchi protagonisti della politica, smascherati come corrotti e disonesti, lasciassero il posto a personaggi nuovi e incontaminati.
Berlusconi usò le tecniche e i metodi del marketing moderno per scoprire le preferenze dell’opinione pubblica in materia di <<prodotti>> politici. Il fatto di essere proprietario di un grande gruppo, che comprendeva, tra le atre cose, un’importante catena di supermercati e una società televisiva commerciale, due settori la cui attività era incentrata sulla comunicazione di massa, fu un grande vantaggio che permise a Berlusconi di sviluppare rapidamente i suoi interessi politici.
Marcello Dell’Utri, amico e socio di vecchia data di Silvio Berlusconi e all’epoca amministratore delegato di Publitalia, era considerato la mente che stava dietro all’entrata in politica del cavaliere. Dell’Utri e Berlusconi cercavano condidati con un passato non chiacchierato, un problema, dato che la vecchia classe politica era screditata e molti imprenditori erano stati coinvolti in affari poco chiari di vario genere. Ma non era l’onestà l’unica caratteristica che Berlusconi e Dell’Utri cercavano nei potenziali candidati: volevano anche persone che trasmettessero un’immagine di dinamismo ed efficienza . Il candidato ideale, quello a cui si rivolgevano i direttori d’area della Publitalia , era un quarantenne, di tendenze politico liberali, di successo e noto a livello locale.
Anche le risorse di Programma Italia, la società di servizi finanziari della Fininvest, la società sorella di Publitalia, furono messe al servizio del progetto di Berlusconi. La rete di consulenti finanziari di Programma Italia aveva contatti con un gran numero di normali cittadini, la base elettorale del paese, quelli voti da cui sarebbe dipeso il futuro politico di Berlusconi. Dopo un intenso apprendistato sui rudimenti dell’organizzazione politica, all’inizio del novembre 1993, molti consulenti aprirono club di Forza Italia. Questi club rappresentarono le fondamenta del partito di Berlusconi.
Il marketing ha finito per pagare. Da abile e consumato venditore qual è, Silvio Berlusconi riuscì a conquistare il cuore, la mente e i voti di milioni di italiani firmando un finto contratto con i cittadini . La campagna elettorale della primavera del 2001 era al suo culmine quando il cavaliere, leader dell’opposizione, in una trasmissione televisiva tirò fuori la penna e la usò per firmare il contratto di fronte a milioni di telespettatori. Il contratto era scritto su uno dei classici fogli protocollo usati dagli avvocati e dai notai per stilare documenti, e Berlusconi, << Leader di Forza Italia e della Casa delle Libertà, che agisce in pieno accordo con tutti gli alleati della coalizione>>, lo firmò assumendosi l’impegno di rispettarlo. Se la sua coalizione avesse vinto le elezioni, avrebbe realizzato cinque obiettivi nel corso dei successivi cinque anni.
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