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Blissenobiarella ha scritto:
Non bisogna però cadere nell'errore di considerare l'anima un' entità a sè. L'anima è una parte della nostra coscienza, un aspetto di ciò che noi siamo e non che abbiamo...
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ma la mia opinione personale è che anima sia una parte dell'uomo che si sviluppa e cresce attraverso un processo di graduale acquisizione di coscienza
Secondo San Tommaso d’Aquino l’anima è forma del corpo, in funzione della conoscenza della verità. Ciò che rende l’uomo particolarmente interessante è la sua anima. E l’interesse sta nel fatto che essa è spirito e immagine di Dio.
L’anima è unita alla materia fin dal primo momento della sua esistenza. Solo in un secondo momento inizia a conoscere la verità. L’anima intellettiva non riceve naturalmente per infusione la conoscenza della verità, ma ha bisogno di raccoglierla dalle cose divisibili, per la via dei sensi. L’anima non ha una specie di per sé, il che significa che non è un ente completo e distinto, un’unità autonoma di significato. È solo una parte di quell’ente completo che
è l’uomo. L’uomo infatti è una specie del genere animale, e quindi un ente fisico. Il suo ‘principio formale’ è spirituale, ma resta comunque solo un principio, connaturato a ciò di cui è principio. Per Tommaso, l’anima, pur situata “al confine” tra le creature spirituali e quelle corporee, ha la sua cittadinanza nel mondo fisico. Affermare che l’anima è il ‘principio formale’ dell’uomo significa dire che è principio dominante della stessa natura umana o della sua “essenza”. L’essenza di una cosa è ciò che la cosa è “di per sé”, secondo la propria identità e nella sua distinzione da ogni altra cosa. E per Tommaso, in un certo senso, l’essenza di una cosa costituisce una sorta di capacità o potenza. È la potenza che la cosa ha di essere se stessa, di esercitare il suo essere.
L’anima costituisce la potenza di essere uomo; l’anima, da sola, non fa “essere” tutte le cose.
La natura umana non è qualcosa di aggiunto a qualche tipo di ente più fondamentale. Un essere umano è una “sostanza”. L’anima umana, in quanto “principio formale” dell’uomo, è anche qualcosa di sostanziale.
Egli vede la corporeità della persona umana proprio come un’esigenza dell’anima stessa, e dell’anima appunto in quanto intellettuale e spirituale. L’anima razionale non ha una natura completa in sé, quindi anche se l’anima può sopravvivere alla morte del corpo, l’esistere senza il corpo sarà per essa una condizione fortemente innaturale, violenta.
Tommaso ritiene che la percezione interiore offra un grado molto elevato di certezza sulla propria esistenza, e anche sulla presenza, dentro di sé, di qualche principio o fonte degli atti conoscitivi (l’anima appunto). Al contempo però, tale percezione, basata sulla mera presenza dell’anima, costituisce solo una conoscenza vaga e
confusa della propria natura e di quella dell’anima. La conoscenza esatta della natura dell’anima, e cioè della sua differenza dalle altre cose, richiede un indagine “diligente e sottile”. Citando Agostino, Tommaso precisa che tale indagine non procede come se l’anima fosse assente; è l’anima presente a se stessa che cerca di capire che cosa sia.
Tommaso è ottimista sulla possibilità di raggiungere una vera comprensione della natura dell’anima. Ed è precisamente il fenomeno dell’intendere che rende l’anima comprensibile a sé. "L’anima umana conosce se stessa mediante la propria intellezione, che, essendone l’atto specifico, dimostra perfettamente la sua virtù e natura”.
L’anima è soltanto un soggetto parziale di essere; è naturalmente unita al corpo, in modo da formare un solo ente. Questo perché
la sua attività intellettuale è collegata a quella del senso, il cui soggetto include il corpo.
L’anima “separata dal corpo avrà un altro modo di intendere”. L’anima può esistere senza il corpo e può addirittura intendere.
Soltanto con la risurrezione si può dire però che l’uomo abbia una pienezza di essere e di vita, assolutamente perfetta; e l’immortalità dell’anima, addirittura 'favorisce' e quasi 'esige' la resurrezione. La prospettiva di anime perpetuamente separate risulta talmente innaturale da giudicarsi irragionevole.
Il fine naturale dell’uomo non è di conoscere la verità delle cose corporee. Ma non è neanche di conoscere la verità di se stesso. È di conoscere la verità di Dio, e così amarLo.