La proposta dell’epistemologia come scienza – di Luca Bertolotti
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In filosofia viene utilizzato il termine epistemologia per definire lo studio della teoria della conoscenza; in queste accezioni l’epistemologia è quel ramo della filosofia che indaga le origini, la struttura, i metodi e la validità della conoscenza.
La visione costruttivista, secondo cui l’apprendimento umano non è altro che una costruzione soggettiva di una realtà inconoscibile obiettivamente, ha portato i suoi autori ad approfondire il concetto classico di epistemologia, ampliandolo significativamente.
In tale prospettiva, a partire da Gregory Bateson, tale concetto è stato ripreso per rappresentare qualcosa di più ampio: mentre un paradigma è un corpo di teorie, metodi e descrizioni che riguardano un determinato fenomeno, l’epistemologia rappresenta un modo di pensare e con cui approcciarsi a tutti i fenomeni indistintamente, alla totalità della natura.
Bateson dichiara che la scienza epistemologica è lo studio di come un particolare organismo o aggregato di organismi, conosce, pensa e decide [Bateson G., 1976], sottolineando come gli organismi viventi non possano ottenere informazioni oggettive sul mondo che li circonda.
Di conseguenza, per Bateson (che fu notevolmente influenzato dalle ricerche sulla percezione condotte nel laboratorio di Warren McCulloch, e in particolare dal fatto che le strutture neurofisiologiche sono dotate di meccanismi che impediscono la trasmissione di informazioni oggettive), un requisito fondamentale della scienza epistemologica è che essa sia in grado di descrivere e spiegare adeguatamente l’impossibilità dell’oggettività.
Questo è il motivo per cui Bateson ha sempre sostenuto che solo l’indagine di tali processi epistemologici – ossia la conoscenza del come creiamo la nostra conoscenza – rappresenta il vero campo della scienza.
Nella logica costruttivista il sapere non esiste indipendentemente dal soggetto che conosce, perciò conoscere non significa apprendere la “vera natura delle cose”, infatti, per dimostrare tale “verità” sarebbe necessario confrontare ogni conoscenza con quella parte della realtà che essa dovrebbe rappresentare; ma per fare questo confronto, si dovrebbe avere un accesso alla realtà così com’era prima di passare attraverso le operazioni del soggetto osservatore [Von Glasersfeld E., 1999].
Ciò, ovviamente, è impossibile. Qualsiasi osservazione o misurazione compiuta dall’essere umano, per quanto possa apparire approfondita e meticolosa, sarà sempre, inevitabilmente, mediata dal suo apparato biologico di percezione.
Ci si rende conto che la “conoscenza” non può essere una “rappresentazione” del mondo esterno fatta di pezzettini o “informazioni” asportati a quel mondo “reale”, ma deve essere una costruzione interna fatta con materiale interno [Von Glasersfeld E., 1999]. La percezione della realtà è un’illusione.
Per il costruttivismo tutta la conoscenza umana non è altro che una finzione, nel senso etimologico del termine latino fingo, ossia plasmare, creare, rappresentare, costruire nell’immaginazione.
Tra le tante finzioni possibili, saranno quindi più utili – o più “scientifiche” – quelle che riescono a rispondere meglio delle altre alle esigenze pratiche. Pertanto, qualsiasi credenza può avere un suo valore di utilità e può essere utilizzata come se fosse una verità provvisoria.
Da questo punto di vista non esiste una sostanziale differenza tra teorie scientifiche e conoscenza comune, dato che si tratta in entrambi i casi di finzioni che possono convivere in virtù della loro utilità.
Secondo quando affermò Heinz von Foester, il quadro filosofico chiamato ‘costruttivismo’ rappresenta la posizione integrata dell’uomo, parte dell’universo e coinvolto nel processo di osservazione. Si tratta di quella posizione che alla domanda: “Che cosa sono le leggi di natura, sono scoperte o invenzioni?”, risponde: “Sono invenzioni” [von Foester H., 1987].
Ecco dunque che oggi, la conoscenza scientifica dell’universo che ci circonda e che ci appare spesso così ignoto, lontano e, a tratti, irraggiungibile, sembra compiere un’inversione di marcia per focalizzare la sua attenzione verso un luogo forse ancora più misterioso ed inquietante: se stessi.
Bibliografia
-Bateson Gregory, Mente e Natura, Adelphi, Milano, 1976.
-Bertolotti Luca, Le nuove frontiere dell’apprendimento. Il ruolo della relazione nella trasmissione della conoscenza, IRRE Piemonte, Torino, 2005, su
http://www.irrepiemonte.it/cultureeuropee/team.htm-von Foerster Heinz, Sistemi che osservano, Astrolabio, 1987.
-von Glasersfeld Ernst, Il Costruttivismo e le sua Radici, 1999, su
http://www.oikos.org/vonit.htm-Maturana Humberto, Varela Francisco, L’albero della conoscenza, Garzanti, 1987.
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