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 Oggetto del messaggio: Giovanni di Gamala si impadronì di Gerusalemme.
MessaggioInviato: 24/12/2009, 09:22 
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Risposta al carissimo amico Cecco


Giovanni di Gamala l'Asmoneo figlio di Giuda il Galileo, colui che fu censurato dalla storia per costruire il mito di Gesù Cristo; attraverso l'analisi storica si dimostrò un abile capo guerrigliero, e buon opportunista circa la scelta del tempo per la sua insurrezione armata a Gerusalemme nel 35 d.c..


Infatti, dopo la morte di Pomponio Flacco Governatore di Siria nel 33 d.c.(?) ("Quindi, alla morte di Pomponio Flacco, governatore della Siria, venne letta in senato una lettera di Tiberio in cui egli si rammaricava del fatto che gli uomini migliori e più adatti al comando degli eserciti rifiutassero tale incarico, tanto che egli era costretto a ricorrere alle preghiere perché qualcuno dei consolari volesse assumersi il compito di governare una provincia." Cornelio Tacito Annali libro VI, 27); l'imperatore Tiberio non lo sostituì, rendendo tutta quell'area dell'Asia medio orientale instabile.


Anche Caio Svetonio Tranquillo, riferendosi al disinteresse di Tiberio, denunciò i pericoli corsi dall'impero in tale situazione: “Lasciò (l'imperatore Tiberio) per anni la Spagna e la Siria senza legati consolari e, soprattutto, con grande vergogna e grande pericolo dell’impero, si disinteressò completamente del fatto che l'Armenia venisse occupata dai Parti” Vite dei Cesari, Tiberio,III:41.

Constatata tale situazione, Artabano III re dei Parti nel 34 d.c. si impossessò dell'Armenia "Sotto il consolato di Caio Cestio e M. Servilio, giunsero a Roma, all'insaputa del re Artabano, alcuni nobili Parti. Artabano, per timore di Germanico, aveva mantenuto fedeltà al Romani e si era mostrato giusto verso i suoi; più tardi, invece, cominciò ad assumere un atteggiamento oltracotante verso di noi e crudele verso i connazionali, imbaldanzito dalla fortuna che aveva avuto nella guerra contro i popoli circostanti e spinto dal disprezzo verso l'imbelle vecchiezza di Tiberio. Acceso, inoltre, dalla brama di impadronirsi dell'Armenia, a capo della quale, morto Artassia, aveva posto il più anziano dei suoi figli, Arsace, aveva fatto ai Romani anche l'affronto di mandare dei legati per reclamare i tesori abbandonati da Vonone in Siria e in Cilicia, pretendendo nello stesso tempo gli antichi confini dei Persiani e dei Macedoni e minacciando con iattanza l'invasione dei possedimenti di Ciro e di Alessandro." Publio Cornelio Tacito, Annali, libro VI, 31.

Tutto questo confermato anche da Cassio Dione:"Più o meno nello stesso periodo Artabano il Parto, quando morì Artassia, diede l'Armenia a suo figlio Arsace: dato che per questo intervento non giunse alcun atto di vendetta da parte di Tiberio, faceva dei tentativi anche con la Cappadocia e trattava i Parti piuttosto arrogantemente." Storia Romana, libro LVIII,26 .


Inoltre, da anni, il governo di Ponzio Pilato, con un numero inadeguato di soldati, era impossibilitato a far fronte alle continue scorribande dei Boanerghes gruppo identificativo degli apostoli nei vangeli; come riportato da Filone d'Alessandria:

"il paese fu lasciato al saccheggio di bande di ribelli che incendiavano le case dei ricchi e la gente veniva uccisa senza il rispetto di alcuna regola" (Legatio ad Caium); e come denunciato più volte [size=125]da Giuseppe Flavio Guerra Giudaica libro VII,8, 254 e seguenti: [/size]


"A quell'epoca i sicari ordirono una congiura contro quelli che volevano accettare la sottomissione ai romani e li combatterono in ogni modo come nemici, depredandoli degli averi e del bestiame e appiccando il fuoco alle loro case; sostenevano, infatti, che non c’era nessuna differenza fra loro e degli stranieri, dato che ignobilmente buttavano via la libertà per cui i giudei avevano tanto combattuto e dichiaravano di preferire la schiavitù sotto i romani. Ma queste parole erano un pretesto per ammantare la loro ferocia e la loro cupidigia, come poi dimostrarono con i fatti. E in realtà, quelli che si unirono ad essi nella ribellione e presero parte attiva alla guerra contro i romani ebbero a subire da loro atrocità più terribili, e quando poi vennero di nuovo convinti di falsità nella giustificazione che adducevano, ancor più essi perseguitarono chi, per difendersi, denunciava le loro malefatte. Quell’epoca fu in certo modo cosi prolifica di ogni sorta di ribalderia fra i giudei, che nessun delitto fu lasciato intentato, né chi volesse escogitarne di nuovi riuscirebbe a trovarli: a tal punto erano tutti bacati nella vita privata come nella pubblica, e facevano a gara tra loro nel commettere empietà contro il dio e soprusi contro i vicini, i signori opprimendo le masse e le masse ce di eliminare i signori. Infatti gli uni avevano una gran sete di dominio, gli altri di scatenare la violenza e d’impossessarsi dei beni dei ricchi. Furono dunque i sicari quelli che per primi calpestarono la legge e incrudelirono contro i connazionali, senza astenersi da alcun insulto per offendere le loro vittime, o da alcun atto per rovinarle."


E ancora, ci fu una grande carestia tra gli anni 35 e 36 d. c.. I falsari cristiani attraverso gli atti degli apostoli dal periodo di Tiberio la fanno posticipare al periodo di Claudio La carestia fece senz'altro da propulsore sociale all'esplosione della crisi, e di ciò si rese conto anche Vitellio che nel 36, con un successivo eccezionale provvedimento di detassazione (altrimenti senza senso), pensò di fugare le cause di una possibile e pericolosa reiterazione insurrezionale.
Il grande storico Emilio Salsi ci spiega nel suo famoso libro "Giovanni il Nazireo detto Gesù Cristo e i suoi fratelli a pag. 191" che i cristiani hanno falsificato gli scritti di Giuseppe Flavio per postdadare la carestia e utilizzarla come testimonianza della realtà storica di san Paolo negli atti degli apostoli.

Giuseppe Flavio Antichità Giudaiche a cura di Luigi Moraldi UTET libro XX, 37:" .......... ne mandò alcuni a Roma da Claudio Cesare, con i loro figli come ostaggi e con la stessa scusa (altri) li mandò da Artabano re dei Parti."


Ora costatando che Claudio Cesare diventa imperatore nel 41 d. c. mentre sempre il Moraldi in fondo pag. 1226 dice che Artabano muore intorno al 38 d. c., le cose storicamente non sono possibili.

Giuseppe Flavio non era uno stupido, conosceva bene la storia del suo tempo, e guarda caso, queste contraddizioni si notano solo negli argomenti che hanno qualche relazione con il cristianesimo primitivo.


Qualcuno, a cui interessava armonizzare (falsificare) il cristianesimo primitivo, pensò di sostituire l'imperatore Tiberio con l'imperatore Claudio.

Con questa semplice sostituzione l'autore della falsificazione, riuscì a spostare in avanti nel tempo, di anni alcuni fatti descritti nel libro XX, e tra questi fatti troviamo anche la carestia collegata alla regina Elena e la carestia descritta negli atti degli apostoli XI 28-29.

Quindi la regina Elena arrivò a Gerusalemme, città rattristata dalla carestia dove molta gente vi moriva, dal 35 al 36 d.c. Così è logico anche il comportamento successivo di Vitelio nel 36 che rilasciò in perpetuo agli abitanti della città tutte le tasse sulla vendita di prodotti agricoli.


L’uomo che i cristiani identificano con Gesù il Nazareno il Cristo figlio di Dio, era certamente Giovanni di Gamala il Galileo, figlio di Giuda il Galileo che divenne re di Gerusalemme nel 35 d.c. e che sarà crocifisso nell’anno 36 d. c. dai romani.
Lo spostarsi in ambienti sempre diversi, senza una fissa dimora è la caratteristica tipica del guerrigliero e del sedizioso, ricercato dalle autorità che esercitano il potere.

La sua non era una predicazione rivolta alla pace, come descritta in seguito sotto l’influenza di Paolo di Tarso o chi per lui, ma bensì alla ribellione, cercando di coinvolgere il popolo, aiutato dagli apostoli che corrispondevano ai suoi più stretti collaboratori, cioè i suoi fratelli; esattamente, il ripetersi dell’epopea di Mattatia e dei suoi figli nel 170 circa a. c..

Sia i figli di Mattatia, sia i figli di Giuda il Galileo, tutti subirono una morte violenta.


Giovanni di Gamala, il futuro Gesù Nazareno proponeva ad alcune persone di lasciar tutto e seguirlo mentre in alcune oikos, come definisce Pesce i nuclei familiari, lasciava che i membri restassero nelle case.

Una tipica strategia militare già ideata da un suo lontano parente Giuda il Maccabeo, un grande combattente, descritta in 1 Maccabei 2,55 e seguenti.
I primi erano i combattenti attivi, i secondi rappresentavano l’assistenza logistica e alimentare. Questa quasi insignificante condotta operativa di guerra, inserita in un cotesto di variabili favorevoli, permise a Giuda il Maccabeo di diventare un eroe nazionale e l’ascesa al potere degli Asmonei, suoi lontani antenati un secolo e mezzo prima.
[size=175]L'aggregazione dei combattenti guerriglieri, non derivava da una organizzazione di un esercito regolare, basato su una grande ricchezza o su un regno, ma da una compagine di volontari uniti da un unico ideale religioso; la quarta filosofia ideata da suo padre, Giuda il Galileo.
I suoi seguaci armati erano proprio reclutati tra gli ultimi cioè i disperati, che in quel tempo rappresentavano la maggioranza del popolo Ebreo; quelli di cui parleranno successivamente i vangeli cristiani, attraverso il riadattamento delle beatitudini.
Giovanni di Gamala e i suoi fratelli promettevano ai poveri, le beatitudini già in questo mondo, dopo aver scacciato i Romani con la forza delle armi, e non nell'aldilà come i futuri evangelisti trasformisti. Ai rivoltosi per impossessarsi di Gerusalemme, non servì un grande esercito regolare e ben addestrato, ma solo alcuni gruppi di guerriglieri ben motivati, che ad un segnale prestabilito assalirono a tradimento, in punti diversi, i soldati e le strutture di comando romane.
Tutto questo in occasione di una festa Ebrea, quando Gerusalemme si riempiva di pellegrini, in modo tale che i piccoli gruppi di insurrezionisti fungevano da detonatore per far scoppiare una vera e propria rivolta su larga scala. Numerosi pellegrini si trasformavano in rivoluzionari proprio in quel momento, guidati dal loro odio verso i dominatori romani e dalle ristrettezze economiche derivate dalla carestia. I soldati romani, in quel contesto urbano di spazi ristretti, per l'effetto sorpresa e per il loro numero esiguo, all'incirca una corte di seicento uomini, furono facilmente soprafatti e uccisi. Non dimentichiamo che qualche decina di anni dopo a Gamala, e con un numero di soldati romani molto, molto più rilevante, il futuro imperatore Vespasiano rischiò di essere ucciso.
Per Giovanni di Gamala e i suoi fratelli, la conquista di Gerusalemme risultò essere molto più facile di quella avvenuta in precedenza, durante la festa di Pentecoste dell'anno 4 a.c.; poco dopo la morte di Erode il grande e descritta da Giuseppe Flavio in Antichità Giudaiche nel libro XVII.[/size]
"Giunta la Pentecoste (fine Maggio del 4 a.C.), molte decine di migliaia di persone si adunarono in Gerusalemme non solo per le osservanze religiose, ma anche perché irritati per le insolenze temerarie di Sabino; vi erano Galilei e Idumei, una moltitudine proveniente da Gerico e dalla Transgiordania, e vi era una moltitudine della stessa Giudea che si unì a loro ed erano più focosi degli altri nel loro desiderio di punire Sabino ".

"Si posizionarono in tre gruppi per riuscire ad assediare i Romani. Sabino, temendo il loro numero e l'ardire di uomini incuranti della morte, prese subito a mandare lettere a Varo, come è consuetudine in tali circostanze, insistendo nel dirgli di venire subito in aiuto perché l'esercito era sotto la minaccia di un grave pericolo, perché si aspettavano di venire in breve catturati e fatti a pezzi. " (Ant. XVII, 254/256) ...

e Sabino, allora, soltanto in Gerusalemme, aveva una legione ai suoi ordini (Ant. XVII 286) con l'ausilio delle truppe di Erode Archelao le quali, però, vista la mala parata...

"Perciò la maggioranza delle truppe reali disertò schierandosi assieme ai rivoluzionari" (Ant. XVII 266).



Bisogna sottolineare che nella rivolta del 4 a.c. i ribelli, pur riuscendo ad impadronirsi di Gerusalemme, non proclamarono alcun re, perchè il prefetto o procuratore Sabino potendo disporre di una legione, circa 3.000 soldati romani, riuscì a resistere, rinchiuso in alcuni luoghi fortificati della città santa, fino all'arrivo del legato di Siria, Varo, con altre legioni romane di rinforzo.

Invece, durante l'insurrezione del 35 d.c., il prefetto romano Ponzio Pilato si trovava a Cesarea Marittima sua residenza abituale, e fu avvertito della perdita di Gerusalemme, a fatto compiuto.

Sicuramente con le forze militari che gli rimanevano, il prefetto Ponzio Pilato non era in grado di riconquistare Gerusalemme. L'unica cosa che poteva fare, era di informare il suo diretto superiore, il legato di Siria, Lucio Vitellio, che Gerusalemme non faceva più parte dell'impero romano.

Un caro saluto


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MessaggioInviato: 24/12/2009, 12:45 
Carissimo Giovanni,

hai ricostruito tutto perfettamente, non solo, la riflessione che fai sulle "beatitudini", riuscendo cioè a materializzare l'escatologia evangelica attraverso la corretta lettura della realtà storica, lo confesso, io non ci sarei arrivato. La ricerca continua e dovrà continuare ancora.
Andiamo avanti. E se commettiamo errori, ebbene, li eliminereno. Non stiamo scrivendo i "Vangeli".

Ti ringrazio per l'impegno costante profuso in questa materia, già ostica di suo per il susseguirsi di nomi e vicende sempre nuove, pertanto difficili da tenere a mente, ma anche, e soprattutto, per il coraggio di affrontare un tema scottante sotto il profilo politico. Il nostro è uno Stato confessionale ... non dimentichiamolo.

Un abbraccio Emilio



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MessaggioInviato: 31/12/2009, 22:57 
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Solo analisi storica, con il massimo rispetto per i personaggi riportati.


Antico scritto di Filone Alessandrino, In Flaccum, VI, pag. 36-40, che attesta il supplizio di un re Giudeo, poco prima dell'anno 38 d.c., in Palestina.

Caligola affidò ad Erode Agrippa il governo della tetrarchia che dopo la morte di Erode Filippo nel 34 d.c. era passata sotto il diretto controllo del governatore romano di Siria. La tetrarchia interessava la regione situata sulla riva orientale del lago Kinnereth. Quindi Agrippa, nel 38, lasciò Roma per insediarsi nel suo dominio. Durante il viaggio fece tappa ad Alessandria d’Egitto e qui si svolse il seguente episodio.

I greci alessandrini, ostili alla comunità giudaica locale, inscenarono nello stadio una rappresentazione beffarda. Trascinarono uno sprovveduto che avevano trovato per la strada, gli misero in testa una corona di rami intrecciati, lo avvolsero in un mantello improvvisato, gli misero in mano, a guisa di scettro, una canna.

In poche parole, ne fecero un re fantoccio e lo sistemarono in posizione sopraelevata, mentre alcuni giovani ai suoi lati, tenendo dei bastoni come lance, rappresentavano le guardie. Allora la gente gli si avvicinava e lo canzonava fingendo di ossequiarlo, di supplicarlo, invocando: «Oh Signore!» e usando per questo, il termine che in siriano (la lingua di Agrippa) era usato per rivolgersi al re.
<Mari = mio Signore, Maran = nostro Signore> era anche un titolo onorifico ebraico, una formula di cortesia senza pretenziosità dogmatiche, usata nei riguardi di un maestro o di una guida. Tale parola veniva anche usata dai primi seguaci del presunto messia.(Karlheinz Deschner, Il gallo cantò ancora. pag.155) Lc 6,46 "Perché mi chiamate: "Signore,Signore" e non fate quello che vi dico?; Mt 7,21 "Non chiunque mi dice: "Signore, Signore" entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli"

Si confronti adesso l’episodio con questi celebri passi dei Vangeli:
«… Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono addosso tutta la coorte. Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto e intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: ..Salve, re dei Giudei!’” sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo…». Mt 27, 27-30
e ".. dopo aver intrecciata una corona di spine, gliela misero sul capo, e cominciarono a salutarlo.- «salve re dei giudei!» ... e gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, mettendosi in ginocchio, si prostravano davanti a lui. " Mc., 15:19



I soldati lo schermivano con le parole " Salve re dei giudei" non con le parole "salve Figlio di Dio"
Il manto scarlatto, la corona di spine, la canna, sono simboli beffardi riguardanti il potere dei re dei giudei di questo mondo, non di un figlio di Dio dell'altro mondo.
Gli sputi, il mettersi davanti in ginocchio dei soldati, e poi le successive crudeltà, rivelano il comportamento di rabbia, di astio, di rivalsa, di persone, che in precedenza avevano da costui subito un torto, e non l'esecuzione di un ordine superiore, verso una persona che si era proclamata pacificamente figlio di Dio e che aveva fatto solo un gran bene al proprio prossimo e perfino a qualche loro compagno (Il centurione Mat. 8,5)



Tale analisi, conferma in modo chiaro, che l'accusa del reato, fu quella romana di lesa maestà e insurrezione, e non quella proposta nei vangeli canonici, ebraica di blasfemia, cioè essersi dichiarato figlio di Dio.

Il governatore A. Avillio Flacco aveva consentito, o addirittura favorito, che alcuni canzonassero gli ebrei sfruttando l’immagine di quel sedicente re dei giudei che poco tempo prima aveva lanciato una sfida al potere imperiale, ma era stato catturato, sbeffeggiato, crocifisso. Il ricordo di questo evento era fresco e tutti coloro che avevano in antipatia i giudei trovavano che questi si fossero coperti di ridicolo per aver creduto in una possibile liberazione della Palestina da parte di un gruppuscolo di intransigenti jahvisti.

Questo episodio, direttamente non dice nulla (per questo la chiesa non ha avuto interesse a censurarlo o modificarlo) ma indirettamente è molto importante, perché fornisce una collocazione precisa alla crocifissione del presunto Messia di Israele.

Ci conferma che i testi canonici hanno costruito un mito collegato a un avvenimento storico distorto.
Ci conferma che l'innesto successivo del cristianesimo da parte di Paolo di Tarso o chi per lui, o da parte dell'evangelista Marco o chi per lui, si identifica nella rivolta messianica sedata dal console Lucio Vitellio nel 36 d.c. perchè la più vicina al 38 d.c. e non in altre precedenti o successive.


Considerazioni sulla rivolta armata:
a) essendo stata un fallimento per gli esseni/zeloti/galilei, non c'era interesse per nessuno ad enfatizzarla.

I sadducei e una parte dei farisei avevano ottenuto l'eliminazione di una persona, Giovanni di Gamala, che minacciava i loro interessi e che li contrastava apertamente.
I romani avevano conseguito il loro obiettivo di mantenere l'ordine pubblico, sopprimendo uno dei tanti sovversivi pretendenti messianici.
Gli insurrezionisti esseno /zeloti/galilei visto l'esito assolutamente negativo della rivolta, cercavano di dimenticarla.
E' stato un avvenimento quasi tutto interno al movimento Esseno e Asmoneo.
Non se ne parlò, finché Paolo di Tarso o chi per lui, individuò il contesto della fallita rivolta, idoneo per sostenere l'impalcatura di una nuova religione.

b) Tale rivolta armata fu riportata dallo Storico Giuseppe Flavio, ma successivamente quasi totalmente censurata e cassata dalla religione emergente, attualmente con gli ultimi studi del grande storico, Emilio Salsi, si riesce a capire, in quali punti ci sono stati i tagli.

In quel momento e nei successivi non si sono verificati tutti quei fatti grandiosi, riportati nei vangeli, ad esempio" Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra tremò e le rocce si spaccarono, le tombe si aprirono e molti corpi dei santi che vi giacevano risuscitarono. Infatti dopo la resurrezione di lui uscirono dalle tombe, entrarono nella città santa e apparvero a molti" Matteo 27,51. "Fuori si sé per la meraviglia dicevano:< Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? Come mai ciascuno di noi li ode parlare nella propria lingua nativa?....>......e in quel giorno si aggiunsero a loro quasi tremila persone."Atti degli Apostoli 2, 7- 41

c) Risulta inutile, ad eccezione di nuove scoperte archeologiche, indagare sugli scritti degli storici di quel tempo perché:
se esistevano ed erano imparziali venivano distrutti sistematicamente da chi ne aveva un interesse vitale e morboso; ad esempio sono scomparsi: il protovangelo di Matteo,il vangelo degli Ebrei, il vangelo degli Ebioniti e il vangelo dei Nazarei e successivamente ci è stata tramandata tutta una serie di opere cattoliche contro gli eretici, ma pressoché nessuna degli "eretici" che controbattevano l'insegnamento della Chiesa.( Karlheinz Deschner Il gallo cantò ancora- pag. 87)
Quelli esistenti sono stati tutti contraffatti, manipolati, interpolati, falsificati per secoli, un fenomeno che non ha eguali.
 

Un caro saluto

 


Ultima modifica di Giovanni dalla Teva il 31/12/2009, 23:28, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 02/01/2010, 10:16 
Carissimo Giovanni

in quella mezzoretta interloquiale a tu per tu, con te, ho appreso molto, ma mi ha dato ulteriori spunti di riflessione: La guerra tra Areta e Antipa, la posizioniamo tra l’estate e l’autunno 36-37.
Ora Vitellio e Artabano, firmano un accordo definitivo a Zeugma, con baccanali preparati da Antipa, “PRESENTE” all’accordo. Questo avvenimento storico, è avvenuto, prima del 36 e.v., o dopo il 37 e.v.?
Dopo la risposta, esporrò le mie riflessioni.

Amichevoli saluti Cecco


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MessaggioInviato: 02/01/2010, 11:30 
Cita:
Sig. Cecco scrive:
Ora Vitellio e Artabano, firmano un accordo definitivo a Zeugma, con baccanali preparati da Antipa, “PRESENTE” all’accordo. Questo avvenimento storico, è avvenuto, prima del 36 e.v., o dopo il 37 e.v.?
Dopo la risposta, esporrò le mie riflessioni.



Carissimo amico Cecco, secondo la mia modesta opinione, Vitellio e Artabano, alla presenza di Antipa firmarono l'accordo alla fine dell'anno 36 d.c. o nei primi giorni dell'anno 37 d.c..

Un caro saluto.


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Carissimo Giovanni

22-Giugno 22-Dicembre fine guerra Areta Antipa.
Lo stesso manda messi-lettere a Tiberio, il quale "INGIUNSE" a Vitellio di marciare contro il re Nabateo.
Libro XVIII:115 Erode inviò un resoconto di questi eventi a Tiberio, il quale, sdegnato dall'arro¬ganza di Areta, ingiunse a Vitellio di marciare contro di lui, inviarglielo in catene, qualora lo catturasse vivo, e, se morto, mandargli la testa. Queste furono le istruzioni che Tiberio inviò al governatore della Siria.
Quando a Vitellio viene recapitato, della morte di Tiberio avvenuta il 16/03/37/, lui dove si trovava, nei pressi di Gerusalemme o in Mesopotamia o Parthia?
Se Antipa era insieme a Vitellio, "a tu per tu", perche avvisare Tiberio se aveva davanti agli occhi l'imperator, in campo? [non solo].

Un caro saluto Cecco


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Ottimo studio, Conte GDT

da oggi detto anche






JOANNI DA LE BANDE NERE





zio ot Kenobi [;)]


Ultima modifica di barionu il 02/01/2010, 14:56, modificato 1 volta in totale.


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Cita:
Sig. Barionu scrive:
Conte GDT

da oggi detto anche

JOANNI DA LE BANDE NERE



La ringrazio vivamente Sig. Barionu, qualsiasi sia il mio nome, di certo so di essere una povera e mite persona, ricca solo di rispetto per tutti, credenti e non credenti. Ricco, puredi impegno affinchè le beatitudini possano, anche incominciare in questo mondo e non solo nell'aldilà, per tutto il mio prossimo, specilmente per gli ultimi.

Cita:
Sig. Cecco scrive:

Quando a Vitellio viene recapitato, della morte di Tiberio avvenuta il 16/03/37/, lui dove si trovava, nei pressi di Gerusalemme o in Mesopotamia o Parthia?
Se Antipa era insieme a Vitellio, "a tu per tu", perche avvisare Tiberio se aveva davanti agli occhi l'imperator, in campo?


Si trovava a Gerusalemme ed esattamente era il quarto giorno dopo il suo arrivo, e con lui c'era la volpe di Erode Antipa. Nel frattempo Areta si era ritirato o stava a Petra o da quelle parti.

Antipa aveva davanti l'imperatur in campo, il quale, però, eseguiva gli ordini che riceveva dal vero imperatore che se ne stava a Capri.

Un vivo saluto carissimo Cecco.


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Carissimo Giovanni

**Carissimo amico Cecco, secondo la mia modesta opinione, Vitellio e Artabano, alla presenza di Antipa firmarono l'accordo alla fine dell'anno 36 d.c. o nei primi giorni dell'anno 37 d.c..**

Dalla Mesopotamia a Gerusalemme, sono(forse) in linea d’aria circa 1.500Km. Pianure, altipiani, valichi, neve alta invernale, mah!!. In due mesi coprire simile distanza mi fa molto pensare, per poi pure combattere contro Areta.
Giovanni queste mie riflessioni non sono per vanificare la storia raggiunta con tanta fatica, ma esclusivamente per non essere poi stilettati alla schiena dai cattocris.
Ora voglio esporre questa mia idea; dopo la morte di Filippo(34e.v.), i pochi soldati di Pilato dovevano controllare due tetrarchie. Quale situazione migliore di questa potevano avere gli oppositori di Roma? [Bande di briganti-Zelotes-Bonaerghes, primeggiavano in questo vuoto di potere]. In concomitanza nel(34e.v.)Artabano si prende l’Armenia, Giovanni(B.)il Galileo, conquista Gerusalemme. [nel 34] Viene relazionato Tiberio, il quale manda Vitellio(35)con ordine primario, sistemare ARTABANO. Nella Pasqua del(36e.v.)causa il fattosi re e la grande carestia, Vitellio scende a Gerusalemme e sistema anche questo problema. Poi torna in Antiochia. In questo frangente c’è la batosta di Antipa.
Di nuovo relazionato Tiberio; Libro XVIII:115 Erode inviò un resoconto di questi eventi a Tiberio, il quale, sdegnato dall'arro¬ganza di Areta, ingiunse a Vitellio di marciare contro di lui, inviarglielo in catene, qualora lo catturasse vivo, e, se morto, mandargli la testa. Queste furono le istruzioni che Tiberio inviò al governatore della Siria. Tutto questo capitolo finisce con la morte di Tiberio.

Riepilogo:
1)Artabano e Giovanni il Nazireo, compiono le loro azioni vincenti nell’anno 34e.v..
2)anno 35 e.v., sconfitta politica di Artabano compito più arduo e più lungo
3)Pasqua 36 e.v., anche il Maran di Gerusalemme, ha il suo premio da Roma.
4)Come dici tu, la guerra tra Areta e Antipa, avviene tra Pasqua 36e.v. e 37 e.v., altrimenti Vitellio avrebbe sistemato la situazine Areta , nella sua prima discesa, a Gerusalemme. Altri due rilievi, se la sconfitta di Antipa era avvenuta prima dell’accordo di Zeugma, questo avvenimento doveva essere conosciuto da Vitellio, stavano insieme! Poi la missiva a Tiberio di Antipa, riguardo all’accordo(Zeugma)contrattosi, non c’è traccia della sua sconfitta. Ma la voglia di primeggiare e far incavolare di brutto Vitellio. La missiva della sua sconfitta la manda ugualmente a Tiberio, percheda Vitellio poteva prendere calci in bocca per la sua dimostrata scorrettezza ai suoi riguardi.
Non è la verità, ma è la RICERCA della possibile verità.

Saluti cecco


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barionu ha scritto:

Ottimo studio, Conte GDT

da oggi detto anche






JOANNI DA LE BANDE NERE





zio ot Kenobi [;)]



....anzi



CAPITANO JOANNI DA LE BANDE NERE



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http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=57
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Sig. Cecco scrive:
In due mesi coprire simile distanza mi fa molto pensare, per poi pure combattere contro Areta.



La morte di Tiberio ebbe luogo il 15 marzo del 37 d.c., ma il giorno in cui la lettera che portava tale notizia, arrivò tra le mani di Lucio Vitellio, questo non si sa. Il viaggio di chi la portava potrebbe esser stato difficoltoso come quello riportato sempre nel libro XVIII, 305.

Comunque, l'importante è l'episodio dei Cieti che dimostra che il legato Lucio Vitellio non faceva regali. In quella sua prima discesa a Gerusalemme ci fu una trattativa, indipendentemente dai possibili tragitti per gli spostamenti delle Legioni romane.


Un grande saluto carissimo amico, e senza voler offendere mai nessuno.


Ultima modifica di Giovanni dalla Teva il 03/01/2010, 18:22, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 04/01/2010, 13:36 
Caro Cecco,

nel rispetto della documentazione storica, l’unica che ci consente di far luce sugli avvenimenti accaduti, mi permetto di precisare quanto segue:

1 – Dagli Annali di Tacito (VI 31), risulta che Artabano si impadronì dell’Armenia insediando sul trono il maggiore dei suoi figli, Arsace e “agitando folli minacce di invadere le terre già possedute da Ciro e poi da Alessandro...”. Pertanto, a quella data, la Storia riporta solo la sottomissione dell’Armenia all’Impero dei Parti e niente altro se non minacce. Siamo nell’anno del consolato di Gaio Sesto e Marco Servilio, il 35 d.C., anno in cui Vitellio entra in azione.
Se nel 34 a.C. Roma avesse perso anche Gerusalemme e con essa la Giudea, una Provincia imperiale, Tacito lo avrebbe detto senza limitarsi a riferire della sola Armenia. Lo stesso vale anche per Giuseppe Flavio.
Rileggiti i passi dello storico latino e riscontrerai che la narrazione scorre in modo sequenziale e logico, senza interruzioni: è dal 36 d.C. che iniziano i tagli censori clericali.
Ne consegue che, né Artabano, né Giovanni il Nazireo, né chicchessia, presero Gerusalemme e Giudea nel 34 d.C.

2 – Dici “dalla Mesopotamia a Gerusalemme sono in linea d’aria 1500 km. ecc. ecc.”.
Ma, quando, Vitellio si recò in Mesopotamia? Forse mi sono perso qualcosa? Nel caso abbi la compiacenza di citare lo storico dell’epoca e il suo brano che riferisce questo particolare;
viceversa i 1500 km di Vitellio li hai sognati per costruire una tua vicenda personale fondata su pura fantasia … anche se "partorita" da uno storico attuale. Una vicenda fantasiosa che verrebbe immediatamente fatta a pezzi dagli storici filo clericali e non, ad iniziare da me.

3 – Perché continui ad affermare che l’incontro sull’Eufrate e relativi accordi fra Roma e la Parthia avvenne a Zeugma? Forse mi sono perso qualcos’altro? Quello che a me risulta, leggendo la Storia, quell’incontro non poté avvenire a Zeugma … e sono pronto a dimostrarlo … ma, se a te risulta il contrario, ebbene, ti sarò grato se vorrai indicarmi lo scriba dell’epoca che lo documenta.

4 – La guerra fra Areta e Antipa avvenne nell’estate del 36, al più tardi inizi autunno, non a Natale. Furono i nomadi predatori del deserto, gli Arabi assoldati da Vitellio, i quali - incalzati da un Artabano redivivo dopo la sconfitta del 35, forte di un nuovo esercito e con l’apporto militare dei Satrapi a lui sottomessi - trovarono scampo a sud, nel deserto, territorio a loro congeniale, e informarono gli Arabi Nabatei della evoluzione bellica a favore del Re dei Re.
In virtù di ciò Areta si mosse contro Antipa …
Il seguito lo conosci … almeno spero.



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MessaggioInviato: 14/02/2010, 12:01 
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Con estrema umiltà, scrivo queste poche righe in onore a colui che reputo personalmente, il mio grande maestro Sig. Emilio Salsi, il grande storico che arrivò dove gli altri non arrivarono a ricostruire la storia del cristianesimo primitivo. http://www.vangeliestoria.eu

Ebbene: ci fu un figlio di Giuda il Galileo, quasi certamente primogenito e quasi certamente, di nome Giovanni, consacrato nazir, (nazirei, « uomini di Dio, furono con i leviti e i profeti l’anima della resistenza del puro iahwismo, contro l’influenza cananea. La loro astinenza era una protesta vivente contro l’idolatria e il disordine morale, e un’affermazione della loro fedeltà al culto del solo vero Dio.
Oltre alle pratiche esteriori tale consacrazione a Iahweh comportava infatti una vita morale e religiosa più elevata di quella degli altri Israeliti.
All'VIII sec., nel regno di Samaria, Amos (2, 11 s.) ritiene manifestazione della benevolenza divina l’istituzione dei profeti e dei nazirei, in Israele.
Il nazireato era molto in onore nel Giudaismo (I sec a.C.); vi si ricorreva per ottenere grazie e per purificarsi.

BIBL. — L. DESNOYERS. Historje du peuple h I, Parigi 1922, pp. 195 ss. 311-14; A. CLAMER, La Ste flible (ed. Pirot. 2) 1940, pp 269.75.) che fu considerato da alcuni come un salvatore.


Paolo di Tarso o chi per Lui, successivamente trasformò il suo modo di essere messianico di salvatore in nome proprio di Gesù che significa attraverso vari passaggi, salvatore.
Altri ancora trasformarono il termine nazareno da nazir, perchè scomodo, in proveniente dalla città di Nazareth, in quel tempo inesistente.

Suo padre ideatore della quarta filosofia fu trasformato in Padre Celestre, e il suo pensiero fu usato o occultato, o fatto proprio in parte a seconda delle varie esigenze, come il nucleo di partenza del cristianesimo primitivo.

Nel 36 d.c. Giovanni di Gamala diventato re dei Giudei e padrone di Gerusalemme, fu abbandonato dai capi Ebrei, che mercanteggiarono la sua fine, con Lucio Vitellio e la forza delle sue legioni, in cambio della veste sacra e dell'annullamento del tributo ai romani.

Lui, pragmaticamente si arrese e si sacrificò attraverso la crocifissione per gli abitanti di Gerusalemme.

Paolo di Tarso, o chi per Lui estese il beneficio del suo sacrificio a tutti gli uomini della terra.

Giovanni di Gamala lottò e si sacrificò, contro la schiavitù dei romani.

Paolo di Tarso o chi per Lui, sostituì la sua lotta contro la schiavitù dei romani, con la lotta contro la schiavitù del peccato.

La lotta contro i romani divenne la lotta contro il peccato.

Giovanni di Gamala lottò contro il potere dei romani con i suoi fratelli.

Paolo di Tarso trasformò i suoi fratelli in Apostoli cristiani.


Gli evangelisti successivamente cercarono di completare e dare delle basi storiche a ciò che aveva iniziato Paolo di Tarso o chi per Lui, attraverso un processo di copiatura della fantasia del primo vangelo di Marco, e aggiungendo altro materiale secondario, scopiazzando da altri scritti ritenuti idonei.

Senza dimenticare il falso storico degli Atti degli Apostoli, ideati per armonizzare e giustificare tutto ciò che fino allora si era scritto.

Furono gli scritti che formarono la successiva tradizione orale e non viceversa, cioè i fatti prima furono inventati con gli scritti e poi, con questi diffusi.

Mentre gli autori dei vangeli Apocrifi strafarono.

Un caro saluto a tutti.


Ultima modifica di Giovanni dalla Teva il 14/02/2010, 12:22, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 14/02/2010, 16:21 
Cita:
Giovanni dalla Teva ha scritto:


Ebbene: ci fu un figlio di Giuda il Galileo, quasi certamente primogenito e quasi certamente, di nome Giovanni, consacrato nazir, [i][font=Times New Roman](nazirei, « uomini di Dio, furono con i leviti e i profeti l’anima della resistenza del puro iahwismo, contro l’influenza cananea. La loro astinenza era una protesta vivente contro l’idolatria e il disordine morale, e un’affermazione della loro fedeltà al culto del solo vero Dio.
Oltre alle pratiche esteriori tale consacrazione a Iahweh comportava infatti una vita morale e religiosa più elevata di quella degli altri Israeliti.
All'VIII sec., nel regno di Samaria, Amos (2, 11 s.) ritiene manifestazione della benevolenza divina l’istituzione dei profeti e dei nazirei, in Israele.
Il nazireato era molto in onore nel Giudaismo (I sec a.C.); vi si ricorreva per ottenere grazie e per purificarsi.



Il termine 'nazareno', con cui oggi si indicano gli appartenenti alla comunità da cui fiorì Gesù di Nazareth, deriva dal latino 'nazarene' il quale, a sua volta, deriva dal greco 'nazoraios'. Quest'ultimo termine rappresentava la traslitterazione in greco dell'ebraico NOTZRI (presente anche con 'natzri), il cui plurale era 'NOTZRIM'.

Questo termine derivava dall'ebraico-aramaico 'NATZARA' (o 'natsara') la cui accezione tipica era 'custodia', 'guardiania', 'conservazione', etc. Dunque, il significato di 'notzrim' era quello di guardiani, custodi, e non aveva nulla a che vedere con il significato del termine 'nazirei', di cui del resto tu ne hai correttamente riportato il significato (vale a dire dei 'pii' giudei che avevano fatto il voto di 'nazireato')

E' quasi certo che il termine 'notzrim', usato per indicare i componenti della setta dei nazareni, è quanto rimane della frase originaria 'NOTZRIM HA-BERYTH', vale a dire 'Custodi dell'Alleanza', o 'Guardiani dell'Alleanza', cioè l'antica Legge mosaica, quella che i nazareni stimavano essere la VERA Legge, in quanto quella insegnata dai sacerdoti del tempio, e di conseguenza anche dagli scribi e dai rabbini, era ritenuta dai nazareni (v. Epifanio) una falsa Legge, corrotta dai sacerdoti del tempio per i loro interessi materiali (echi di questa 'corruzione' si rinvengono anche nel libro di Geremia)

Proprio per il fatto che i nazareni affermavano di custodire ed osservare la VERA legge, con il tempo il termine 'noztrim' finì con l'acquisire anche il concetto di 'quelli della verità' (v. il vangelo di Filippo).


Saluti


Veritas



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Ancora sta canzone! ma smettila, di raccotare scemenze.


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