altro"grande" contributo al nord...un caso emblematico..quarto oggiaro...pluridecennale enclave di desperados
[color=blue]«Pulce»: piccoli gangster a Quarto Oggiaro di Giorgio Sturlese Tosi
«A scuola non ci voglio andare e nella vita non voglio fare niente». Lo diceva alla fine di febbraio, mentre smontava la targhetta di un motorino quasi certamente rubato nel cortile della sua casa popolare di Quarto Oggiaro, a Milano: tre stanze sporche da dividere in sette. Stava per compiere 13 anni e il regalo se lo sarebbe fatto da solo, rubandolo. «Pulce» aveva accettato di malavoglia di parlare con il cronista di Panorama. Felpa rossa, sigaretta in bocca e cappuccio in testa per non farsi riprendere in volto, come un vero criminale, aspettava nervoso che i suoi complici gli portassero un’altra targa da montare sullo scooter. Gracile, minuto, ma con lo sguardo torvo e sospettoso acceso su un ovale di bambino incorniciato dai corti capelli castani, Pulce è il capo della banda di Quarto Oggiaro arrestato martedì 1° marzo: il più giovane «bandito» di un quartiere per decenni culla della malavita più dura, in bilico tra un passato di degrado e un futuro di rappacificazione sempre a portata di mano ma mai raggiunto.
Cacciato da scuola in prima media, trascurato dalla madre pregiudicata e dal padre carcerato, Pulce era già evaso da una comunità per il recupero dei minorenni, dove era entrato ad appena 11 anni. Nessuno si occupava di lui, ma in tanti gli davano la caccia: due stazioni dei carabinieri, la polizia locale e il dirigente del commissariato di zona, il vicequestore Angelo De Simone. Gli agenti per mesi lo hanno pedinato, lo hanno osservato crescere, hanno controllato chi fossero i suoi amici, mostrando la sua foto a decine di vittime di rapine. Ma Pulce cresceva solo, insieme alla sua banda (la sua vera famiglia) di cui era il capo, nonostante fosse il più giovane. Il grado se l’era guadagnato sul campo.
Racconta il poliziotto che con amarezza è andato a prenderlo a casa che quel bambino dalla faccia d’angelo ha comandato e guidato almeno 11 assalti a donne, ragazzi e coetanei. Innumerevoli i colpi per i quali è sospettato. Rapine violente, messe a segno alla stazione di Quarto Oggiaro o nel centro commerciale Metropoli, gigantesco simulacro di città luminosa in un quartiere altrimenti sempre spento. Secondo gli inquirenti era Pulce a scegliere le vittime, a dare il segnale, a scatenare la violenza. Lui che prendeva a testate, calci e pugni ragazzi ben più grossi di lui, sopraffatti dalla sua furia. E quando le botte non bastavano, era sempre Pulce il primo a estrarre il coltello. O la pistola, forse giocattolo, forse no.
Nella stanza dove dormiva, a casa sua, sotto la branda che la notte viene stesa al posto del tavolo da pranzo, gli agenti hanno trovato 16 cellulari rubati, coltelli, due pistole e un mitra finti. Nel suo, di cellulare, c’erano i video che lo ritraggono in posa con le armi, come un gangster anni Trenta, o mentre impennava il motorino. Atteggiamenti preoccupanti che coincidono con una valutazione psichiatrica di qualche anno fa: depressione, ipercinecità, violenza. Per questo stavolta non l’hanno portato nella solita comunità, ma in un centro terapeutico con esperti neuropsichiatri.
Pulce era cresciuto all’ombra dei clan Tatone e Carvelli, monopolisti del traffico e dello spaccio di droga. Suo fratello, allora appena dodicenne, e i suoi amici venivano impiegati come «cavallini»: consegnavano le dosi ai tossici, perché la loro età li metteva al riparo dalle denunce.
Poi la polizia ha sgominato i clan ed è venuta a mancare la fonte di reddito per decine di ragazzi. Che si sono messi in proprio, dedicandosi alle rapine e seminando il panico nel quartiere: ignorato dagli assistenti sociali, dagli educatori e persino dagli istituti scolastici, che facevano volentieri a meno di quegli alunni che scagliavano i tavoli addosso agli insegnanti.
In questo deserto istituzionale solo gli sbirri, come qui molti chiamano i poliziotti, non hanno fatto finta di niente. E dopo avere arrestato i veri boss hanno dovuto occuparsi dei loro eredi. Ragazzini e adolescenti che sentono fortissimo il legame di appartenenza al gruppo, tanto che anche quando finiscono al carcere minorile Beccaria si riuniscono come gocce di mercurio e spadroneggiano persino sui più violenti maghrebini.
Il loro verbo lo hanno inciso sulle pareti delle celle di sicurezza del commissariato, dove periodicamente passano una giornata: «Lo Stato manca, la mafia canta, in tutta Milano è Quarto Oggiaro che comanda».
«I miei amici fanno soldi spacciando pippotti (dosi di cocaina, ndr)» ha detto Pulce a Panorama, prima di essere fermato. «Che male c’è?». La madre era un fiume di parole in piena. Ha traversato molte tempeste e non ha più speranze. Raccontava, mentre con i capelli scarmigliati serviva ai figli la cotoletta alla milanese, che nessuno l’ha mai aiutata, nonostante un marito in carcere, una figlia grande pregiudicata e un altro figlio già evaso da una comunità di recupero per minorenni. «Non ci stavo bene» spiegava il quindicenne, bello, duro e minuto pure lui «e un giorno, semplicemente, me ne sono andato». Lui, il fratello maggiore, è anche il solo che Pulce ascoltava. Ma non ne avvertiva la responsabilità: «La vita è sua» diceva prima dell’arresto «quando sbatterà la testa capirà cosa è meglio per lui». Il 1° marzo gli agenti di Quarto Oggiaro sono andati a prendere pure lui, destinazione Beccaria.
Così Pulce, bambino troppo grande, ha già preso in mano la sua vita. Per giorni, in febbraio, Panorama aveva chiesto ai servizi sociali di lui, ma nessuno sembrava essere consapevole della sua situazione. Solo lo sbirro lo conosceva bene, ma non poteva che fare il suo mestiere.
La polizia ogni giorno censisce i membri delle baby gang, tenta di avviarli verso le parrocchie che s’impegnano per togliere i ragazzi dalla strada, segnalano i casi più gravi agli assistenti sociali del comune. Tanti minorenni in difficoltà, come Pulce, che hanno anche rispetto verso Gianmario Monza: prete di frontiera, vero missionario in patria, il solo a tentare di offrire un’alternativa ai giovani. Ma a «don Giamma» un sedicenne ha spiegato: «Io, spacciando, porto a casa 3 mila euro al mese. Quei soldi servono anche ai miei genitori. Finché non mi prendono, ne vale la pena». Una filosofia che a Quarto Oggiaro fa molta presa. E che Pulce sembra avere deciso di seguire. Finché non ci ha sbattuto la testa. Pulce ha scalciato, ha dato di matto, ha offeso gli assistenti sociali e all’ispettore ha urlato: «Tanto ti aspetto fuori e t’ammazzo col kalashnikov». Poi, al momento di entrare in comunità, è tornato bambino. E ha chiesto di essere riportato dai genitori.
* redazione
* Giovedì 10 Marzo 2011[/color]
http://blog.panorama.it/italia/2011/03/10/%C2%ABpulce%C2%BB-piccoli-gangster-a-quarto-oggiaro/