La Libia del dopo Gheddafi si
sta rivelando un ottimo affare per la
Francia, che in piena crisi, a corto di
investimenti e in forte recessione,
può oggi permettersi di attingere a
piene mani dal fondo sovrano della
Libyan Investment Auority (LIA), per
finanziare gruppi e aziende ormai
decotte.
L’ultima iniziativa in ordine di
tempo, sostenuta dal presidente
Francois Hollande, prevede la creazione
del primo agglomerato francolibico,
per dare vita ad una delle
compagnie petrolifere più grandi del
mondo. Un dossier esplosivo, al
quale sta lavorando proprio in queste
ore il ministro dello Sviluppo Produttivo,
Arnaud Montebourg, che
prevede di iniziare subito con una
joint venture franco-libica, che permetta
di salvare la raffineria “Petro -
plus” di Petit-Couronne (nella regione
della Seine-Maritime), ormai in liquidazione
e con 470 lavoratori a rischio
di licenziamento. Un piano a
cui sta lavorando da diverse settimane,
tutto il Governo francese e che
prevede come secondo step, l’inve -
stimento da parte libica di diverse
centinaia di milioni di euro in una
società pubblica guidata dal Fondo
Strategico di Investimento francese
(FSI): in pratica, i libici ci mettono i
soldi, ma ai francesi rimane la guida
strategica del gruppo.
E martedì 13 novembre, il ministro
Montebourg assieme al collega agli
Esteri Laurent Fabius, è volato in Libia
per far avanzare lo stato del dossier
e convincere la controparte: ufficialmente
si parla di «allargare e
rafforzare la cooperazione
tra i due Paesi in settori e
ambiti diversi», ma per
i francesi la vera questione
nazionale è
l’energia definita
da Hollande «un
affare strategico di
importanza capitale
per il nostro Paese
e al quale non siamo
disposti a rinunciare
per alcun motivo...
».
Sul piatto non c’è solo
il destino della piccola raffineria normanna
della Petroplus: la cooperazione
con i libici, va ben oltre. «Assieme
a voi possiamo raffinare il petrolio,
ma anche perché no, estrarre
insieme il petrolio e distribuirlo; tutte
le opzioni sono oggi sul tavolo
», ha detto il ministro
Montebourg, ai membri
del Congresso generale
libico, riuniti
per l’occasione nel
vecchio palazzo dei
congressi a Tripoli.
E per essere ancora
più esplicito e convincente,
il ministro
degli Esteri Fabius, ha
ricordato ai libici che la
Francia aveva già provveduto
a sbloccare
qualcosa come 1,8 miliardi di dollari
(1,4 miliardi di euro), di beni congelati
prima della caduta di Gheddafi, e
di come «attualmente restano ancora
nelle banche francesi altri 2 miliardi,
in attesa di essere restituiti al
fondo sovrano della repubblica libica
».
Le mire francesi, appaiono molto
chiare: entrare dalla porta principale
della Tamoil, e insediarsi così alla
guida della ricca società di proprietà
del fondo sovrano di investimento libico.
La Tamoil oggi fa la parte del
leone nella gestione e nel controllo
del petrolio della Libia, una terra forte
di una produzione di 1,6 milioni di
barili al giorno e con riserve valutate
in 46 miliardi barili di greggio e di 1,5
miliardi di metri cubi di gas. La Tamoil
inoltre, è molto presente in Europa
(soprattutto in Italia, Svizzera,
Spagna, Germania e Olanda), e i suoi
punti vendita da sempre fanno gola
alla concorrenza, specie a quella della
francese Total, che dopo la caduta
di Gheddafi, ha costituito un cartello
con la Noc, la compagnia statale del
petrolio che oggi, controlla già un
quinto della produzione libica.
E così grazie alla caduta di Gheddafi,
la Francia sembra essere riuscita
nel miracolo di cambiare radicalmente
un panorama strategico, offrendosi
nuove possibilità e creando
nuovi equilibri a discapito soprattutto
di un’azienda: l’Eni.
E questo perché oggi il presidente
libico Mohammed el Megarif si è
platealmente agganciato all’asse
franco-inglese. Lasciando ai tempi in
cui l’azienda italiana faceva affari
d’oro in Libia, solo lo spazio di un
lontano ricordo
da libero mercato/quotidiano libero
questi sono i risultati di chi ha voluto la guerra alla libia,solo dei babbei potevano accodarsi ad un simile evento,il risultato?ora la francia comanda sul petrolio libico.........
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