da
http://www.uomoplanetario.org/wordpress ... byl%C2%BB/Ecco una selezione di pensieri che blogger giapponesi e stranieri che da anni vivono in Giappone hanno messo in rete nelle ultime ore.
Allontanarsi
Il blogger italiano Andrea Iannello, che vive nella prefettura di Ibaraki, nei giorni scorsi aveva raccontato che la sua casa e la zona non avevano subito particolari danni a causa del terremoto. Ma la minaccia della nube nucleare lo ha spinto a lasciare la cittadina in cui vive per spostarsi in una zona meno a rischio, più lontana dal reattore di Fukushima. Ecco cosa scrive nel suo post più recente:
“Stamattina vedendo le notizie poco chiare in tv riguardo l’effettiva pericolosita dei reattori ho deciso di usare il resto della benzina per portare la famiglia in stazione e abbiamo preso un treno, l’ultimo prima del blackout previsto. Vorrei raccontarvi tante cose ma per ora vi dico che siamo arrivati in Kansai. Intanto spero di poter garantire la salute dei bambini. Affido la casa e tutte le mie cose alla divina provvidenza”
Anche il blog Benoa.net, tenuto da una donna francese che vive a Tokio, racconta la decisione di lasciare la metropoli: “Oggi mi sono svegliata con la prima buona notizia da giorni. Pare che il rischio di un altro terremoto in arrivo entro giovedì si sia ridotto dal 70% al 40%. Tuttavia, subito dopo colazione le cattive notizie sul reattore nucleare di Fukushima hanno cominciato ad arrivare (e con cattive notizie intendo notizie molto peggiori di quelle che già circolano da venerdì. Così ho deciso che la mia famiglia aveva sopportato abbastanza (anche perchè sono con noi anche i miei genitori, che erano venuti a trovarci). Così abbiamo preso uno Shinkansen, un treno rapido per Hiroshima. Prego che le cose si sistemino presto e di poter tornare presto nella città che amo”.
Che fare?
La paura e la grandezza della tragedia spingono i giapponesi e gli ‘expat’ a chiedersi come sia meglio reagire. Scrive architetto di Kawagoe, un’antica cittadina a trenta minuti di treno da Tokio, in un post del suo blog
“In Giappone il 14 marzo è il ‘White Day’, una sorta di risposta a San Valentino. Ho regalato a mia moglie un piccolo gioiello. So che può suonare imprudente. Ma abbiamo bisogno di piccoli piaceri”. Poco sotto, invece, aveva affrontata il panico legato all’emergenza nucleare, riportando le parole di un psicoteraupeuta: “Quando accade un disastro, ci sentiamo inutili e deboli. Non auto puniamoci e cerchiamo di essere gentili con noi stessi”.
E il giovane Muravej.jp, che affitta appartamenti a Tokio e Yokohama, affida la tristezza a una sorta di haiku:
“I terremoti continuano a intermittenza, non sappiamo quando finiranno
Si trovano i morti, ma sono soltanto una parte.
Migliaia di persone sono in solitudine, hanno perso il contatto con la società.
E nel nord est del paese fa ancora freddo.
Non ci sono forniture di gas e di elettricità.
I rettori nucleari non sono spenti.
Possiamo solo guardare la televisione. Per la maggior parte del tempo ripete la stessa informazione, ma continuano a guardarla aspettando una qualche novità.
La vita a Kofu va avanti come sempre, ma la mente delle persone non è la stessa.
Tutto quello che abbiamo potuto fare è offrire qualcosa”
‘Qui non esistono i saccheggi’
Gli ‘expat’ che hanno scelto di vivere nel paese asiatico continuano a essere ammirati dal modo in cui i giapponesi affrontano questi giorni di disperazione e di caos: Scrive l’americano Peter Payne: il carattere di questo popolo emerge in questo momento di pericolo. E’ comune che i disastri naturali portino con sé atti disperati della gente, come ad esempio il saccheggio. Una cosa del genere non è pensabile in Giappone. E una giovane americana che insegna in una scuola americana scrive: “Il Giappone ha un modo diverso di reagire alle tragedie, ed è un sollievo che in qualche modo la vita prosegua normalmente. Non lo vivo come insensibilità, piuttosto come un grande senso pratico. Sarebbe uno sbaglio far finta che la vita quotidiana non meriti attenzione.
Così non è strano che Vivian, blogger europea di Osaka, subito dopo aver raccontato che l’ansia non la fa dormire, ma che nonostante questo ha deciso di non partire, offra la ‘sua’ ricetta della miso soup. “Per quelli che non sono qui: provatela, e penserete al Giappone mentre la mangiate”, mentre a Tokio una ragazza che si firma greeneyedgeisha, ovvero ‘geisha dagli occhi verdi’, scrive che non riesce a convincersi che tutto questo finirà.
Fonte: L’Espresso
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