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MessaggioInviato: 03/09/2010, 11:49 
http://www.wallstreetitalia.com/article ... age=997707

Ripresa economica, gli Stati Uniti dovranno farcela senza stimoli

E' l'annuncio arrivato dal portavoce della Casa Bianca. C'e' incertezza pero', perche' pochi giorni fa il presidente Barack Obama aveva aperto la porta a "misure aggiuntive".

Il governo Usa non punta a varare nuovi pacchetti di stimolo per sostenere la crescita economica. "Non sono in programma nuove e grandi misure di stimolo", ha detto ai giornalisti il portavoce dell'amministrazione Obama, Robert Gibbs, durante il suo consueto briefing quotidiano.

Giorni fa il presidente Obama ha dichiarato che i suoi consiglieri economici sono al lavoro per trovare 'misure aggiuntive' volte a rilanciare la crescita economica negli Usa.


Mah con la disoccupazione che continua a non diminuire la vedo difficile che gli Stati Uniti non diano incentivi...


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MessaggioInviato: 03/09/2010, 12:03 
http://www.corriere.it/notizie-ultima-o ... 9681.shtml

Crisi:Papandreou, rischi non scongiurati
03 Settembre 2010 11:41 ESTERI

(ANSA) - ATENE - Per il premier greco Papandreou 'i rischi di bancarotta non sono stati del tutto eliminati' ed occorre unirsi allo 'sforzo nazionale in atto'.Il primo ministro greco evita gli entusiasmi dei mercati di queste ore e lancia un appello a sindacati e imprenditori perche' aiutino il governo 'nel cambio' intrapreso per uscire dalla crisi e rimodernare il Paese.


Già, giusto per ricordare ai giornalisti di memoria corta che non esiste nessuna ripresa in atto... la realtà è che si sta cercando di tenere in piedi un sistema insostenibile...


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MessaggioInviato: 05/09/2010, 10:36 
Per gli ottimisti, ecco un po' di dati
oggettivamente negativi


Pubblicato il 03 settembre 2010
Fonte: WSI
Link: http://www.wallstreetitalia.com/article ... age=998191

Il superindice settimanale ECRI e’ scivolato un'altra volta sotto il -10%, la soglia presagio di una seconda recessione. E l'ISM servizi sta sul livello della "non-crescita"; e ha pure deluso le attese. L'economia e' al 70% dei servizi, che sono il motore d’America: oggi hanno evidenziato il secondo peggior dato dell’anno. Recessione e deflazione sono qui per restare.

L’indice ISM dei servizi ha deluso le attese e, dettaglio ancora peggiore, la componente occupazionale e’ scesa sotto quota 50, a 48.2, che rappresenta i minimi da gennaio nonche’ la prima contrazione da inizio anno. Come se non bastasse, il superindice settimanale ECRI e’ scivolato un'altra volta sotto il -10%, la soglia presagio di una seconda recessione.

L’attivita’ dei servizi si e’ attestata in area 51,5 in agosto, sotto le previsioni che erano per un risultato di 53,2 dopo i 54.3 di luglio. E’ la seconda peggiore lettura dell’anno. Tutte le componenti sono di gran lunga sotto le stime (Nuovi Ordini, Occupazione, Attivita’ aziendale), tranne i prezzi, che e’ un segnale quasi deflazionario.

Ma il mercato dorme sonni tranquilli, perche' l’economia ha perso "solo" altri 54 mila posti di lavoro in agosto (e oltre 160 mila se aggiustati al rapporto tra nascite e morti). Tutto va bene a Wall Street e la parola "seconda recessione" e’ sparita dal flusso di notizie. Sono proprio tempi folli.



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

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MessaggioInviato: 05/09/2010, 23:16 
Cita:
Thethirdeye ha scritto:

Cita:
vimana131 ha scritto:

La crisi continua: Burger King in vendita
12mila ristoranti in 75 paesi diversi

Washington – La notizia ha già fatto il giro del mondo: la seconda catena di fast food al mondo, Burger King, sarebbe in vendita, dopo i pessimi rendimenti azionari dell’ultimo biennio e il calo del fatturato nell’ultimo anno fiscale. Secondo le ultime indiscrezioni il concorrente diretto di McDonald’s avrebbe già avviato diverse trattative con i potenziali acquirenti. Il gruppo britannico della 3i Group sembra il più accreditato tra i vari contendenti.

Il fatturato della compagnia, alla chiusura dell’anno fiscale il 30 giugno, è calato dell’1,5%, attestandosi sui 2,5 miliardi di dollari. Il crollo dei consumi ha colpito in particolar modo Burger King, mentre il suo diretto rivale è riuscito a cavarsela con perdite di minore entità. “Nell’anno 2010 – spiega l’ad delegato di BK, John Chidsey – abbiamo dovuto affrontare livelli di disoccupazione molto alti ed un’economia molto fragile. Questi due fattori hanno creato uno degli ambienti operativi più difficili della storia”.

Burger King capitalizza sul mercato circa 2,3 miliardi di dollari; la sua quotazione a Wall Street da gennaio 2006 è sempre stata caratterizzata da un andamento altalenante, con più bassi che alti. Nell’ultimo biennio il suo valore azionario è crollato del 13%. Il colosso degli hamburger possiede 12mila ristoranti, distribuiti in 75 paesi diversi. Il marchio ha cambiato proprietà nel 2002, ed è ora controllato da un fondo di private equity composto tra gli altri da Goldman Sachs, Bain Capital e Diageo.

Il nuovo gruppo di proprietari, che ha ereditato un’azienda già in difficoltà, ha puntato con decisione sui mercati emergenti di Cina, Brasile, Russia e India. La competizione con McDonald’s si è fatta sempre più serrata, ma l’ultima strategia di mercato non può nascondere un gigante del capitale mondiale in lento declino.

Fonte
http://www.voceditalia.it/articolo.asp? ... %20vendita


Spero vivamente che falliscano entrambi.

Visto che hanno avvelenato le persone per decenni e
causato l'obesità di milioni di cittadini in tutto il mondo [}:)]


Alimentazione: in crisi fast food con boom dei farmers market

La crisi del fast food con la messa in vendita del colosso statunitense Burger King è la conferma di un cambiamento in atto nelle abitudini alimentari anche negli Usa dove negli ultimi dieci anni sono piu’ che raddoppiati i mercati degli agricoltori dove comprare prodotti locali di grande qualità alternativi ai menù globalizzati. E’ quanto afferma la Coldiretti che, nel commentare le difficoltà che sta incontrando la catena di Fast Food, sottolinea che negli Stati uniti sono aperti 6132 mercati degli agricoltori in aumento del 16 per cento rispetto allo scorso anno.

Una tendenza sostenuta dalla stessa amministrazione Obama che ha avviato numerose iniziative contro il cibo spazzatura e a favore di stili di vita sani che vanno dall’obbligo ad indicare il conto delle calorie nei menu’ offerti da oltre 200mila catene di fast food, ristoranti e take away previsto dalla riforma sanitaria alla coltivazione di un orto alla Casa Bianca nelle cui prossimità è stato aperto anche un farmers market per favorire l’offerta di cibi freschi e genuini provenienti dalla campagna.

Anche in Italia si registra il successo di esperienze di vendita di prodotti locali rispetto ai quello delle multinazionali come McDonald's con il 54 per cento degli italiani preferisce acquistare prodotti alimentari locali e artigianali che battono nettamente le grandi marche, che si fermano al 12 per cento, secondo una indagine Coldiretti/Swg. Secondo l'indagine per il 29 per cento degli italiani la scelta tra le due tipologie di prodotto dipende dalla qualità, mentre per il 5 per cento dal prezzo. Si tratta di una opinione confermata da un vero boom degli acquisti diretti dai produttori dove compra regolarmente l'11 per cento degli italiani e ben il 47 per cento ha dichiarato di farlo almeno qualche volta durante l’anno.

La spesa in cantine, malghe o frantoi per acquistare direttamente dai produttori vini, ortofrutta, olio, formaggi, e altre specialità supererà nel 2010 i 3 miliardi di euro secondo e coinvolge 63mila imprese agricole attraverso spacci aziendali, chioschi, bancarelle, sagre e oltre 500 mercati degli agricoltori di Campagna Amica. L'acquisto di un alimento direttamente dal produttore è una opportunità per conoscere non solo il prodotto ma anche la storia, la cultura e le tradizione che racchiude dalle parole di chi a contribuito a conservare un patrimonio che spesso non ha nulla da invidiare alle bellezze artistiche e naturali del territorio nazionale. Si tratta di un fenomeno in controtendenza rispetto alla crisi generale perché concilia la necessità di risparmiare con quella di garantirsi la sicurezza del cibo.

Fonte
http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.6331.11


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MessaggioInviato: 08/09/2010, 11:41 
L'oro salira' +27% entro il 2012

E' la stima di Unicredit. Tutti si buttano sul metallo giallo, i piani di stimolo economico di governi che annaspano tra i debiti tra i motivi che spingeranno le quotazioni. Senza dimenticare che Cina, India e mezza Asia crescono a tassi del 7-10% e la domanda di gold e' molto sostenuta.

Immagine

Pubblicato il 07 settembre 2010
Fonte: http://www.wallstreetitalia.com/article ... age=999886

C'e' poco da discutere: per gli investitori globali l'oro si conferma il porto sicuro per eccellenza insieme a franco svizzero e yen. A giugno aveva toccato un massimo intraday a $1265. Un nuovo record storico sembra essere vicino e potrebbe essere ritoccato e superato varie volte spingendosi a nuovi top. La previsione di Unicredit.



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MessaggioInviato: 11/09/2010, 02:09 
IL CINISMO EUROPEO PREPARA LA GRANDE REGRESSIONE

set 10th, 2010

di FRANCO BERARDI BIFO

Immagine

Fonte:
http://www.altrainformazione.it/wp/2010 ... gressione/

Sulla Repubblica di sabato 4 settembre, Giulio Tremonti dimostra come, nonostante la nebbia fitta del delirio politico italiano, ci sia qualcuno che sa dove bisogna andare. Bisogna andare nella direzione che indica l’Europa, dice serafico il Ministro. D’altronde i giochi sono fatti. Negli ultimi sei mesi, in seguito alla drammatizzazione della crisi greca, in Europa si è creata l’unanimità basata sul terrore finanziario.
Saltando con un balzo tutte le lentezze e le contraddizioni che si erano manifestate di fronte alle proposte di revisione della Carta costituzionale europea, con il no olandese e francese del 2005, il triumvirato franco tedesco Merkel Sarkozy Trichet ha imposto una innovazione costituzionale basata su una linea di rigore monetarista e di riduzione del costo del lavoro. La politica economica che ha guidato le scelte della Banca centrale europea e ha condotto alla crisi finanziaria, viene così irrigidita, trasformata in vero e proprio pilastro costituzionale d’Europa, come spiega Tremonti, finalmente convertito a un europeismo integrale.
A seguito, " Tremonti: 8 punti per amministrare il declino" (Pino Cabras, megachipdue.info);

L’intervistatore Massimo Giannini balbetta domande banali e alla fine incita il Ministro ad andare avanti così, anzi a procedere più speditamente. Con linguaggio da automa, Tremonti spiega quello che adesso è importante: “E’ suonato il gong sull’Europa: il passaggio rivoluzionario dal G7 al G20, drammaticamente evidenziato dalla crisi,m ha segnato la fine di un’epoca, la fine della rendita coloniale europea: prima potevamo piazzare le nostre merci e i nostri titoli dove e come volevamo, adesso non possiamo più farlo. Più che di politica industriale forse si deve parlare di competitività”. Nell’intervista tremontiana la rissa italiana è totalmente assente, e si intravvede la consapevolezza del fatto che ciò che accadrà del governo italiano non ha molta importanza, perché tanto la politica, quella che conta, quella che determina la vita quotidiana, il salario il tempo di lavoro, i livelli di sfruttamento e di miseria, il rapporto tra salario e profitto non si fa più a Roma, ma in Europa.

Il Ministro spiega che finalmente l’Europa è entrata nell’era dell’unità politica. Infatti da quest’anno le politiche finanziarie ed economiche dei diversi paesi europei verranno giudicate, approvate o respinte da un vero e proprio direttorio le cui linee direttrici sono a tutti ben note: riduzione del costo del lavoro, riduzione della spesa pubblica, subordinazione della ricerca alla competizione economica.
“Fine delle politiche National oriented.” dice Tremonti “Ogni anno da gennaio a aprile tutto ruoterà per tutti gli stati intorno alla sessione di bilancio europea. Con la sessione di bilancio prenderà forma un nuovo luogo politico. Una fondamentale devoluzione di potere.”
Che resta da fare nei diversi stati nazionali, per esempio in Italia?
“re-ingegnerizzare il paese in termini di competitività europea.” dice Tremonti. Dietro la fascinosa re-ingegnerizzazione cosa c’è? Lo sappiamo. C’è la definitiva eliminazione di ogni possibile forma di resistenza del lavoro, la cancellazione dei diritti che la modernità ha sancito, e la totale libertà di azione dell’impresa, senza più vincoli di tipo etico, legislativo o sindacale. L’intervistatore Giannini incalza il prode Tremonti a una revisione dell’articolo 41 della Costituzione. E Tremonti non si tira indietro. “Lo faremo, risponde, ci stiamo lavorando a Palazzo Chigi.” Ma naturale, se lo scopo supremo è essere competitivi con paesi in cui il salario medio è di duecento euro e l’orario di lavoro è illimitato, come possiamo difendere delle piccolezze come il diritto al riposo, alla pensione, alla libertà di organizzazione e di sciopero, insomma all’habeas corpus della società? La civiltà è finita, mettiamola così.
Il salto politico europeo di quest’anno 2010 consiste nell’imposizione dell’omogeneità di politiche che cancellano ogni autonomia del corpo sociale in nome di una perfetta aderenza allo scopo comune: aumentare la competitività dell’industria europea, cioè rendere possibile un aumento dei profitti delle corporation europee che le renda competitive con i colossi dell’economia globalizzata.

Una partita persa fin da principio, questo lo sanno tutti. L’Europa nel suo complesso non riuscirà mai a imporre un immiserimento così drastico senza provocare reazioni sanguinose (razziste, dementi, aggressive in quali forme vedremo). Forse l’area tedesca depurata dell’Europa latina potrà presto provarci. Ma nelle condizioni attuali non riusciremo a fermare il declino della potenza europea, ma perseguire questo scopo paranoico servirà per ridurre il salario reale, per deregolare completamente l’orario di lavoro, per distruggere la vita quotidiana di milioni di persone. Lo dice del resto anche Chiamparino, in un’intervista che troviamo su La Repubblica di domenica. Marchionne ha ragione, dice colui che si candida a riformare il partito democratico per portarlo all’altezza dei tempi. I tempi sono questi, dice Chiamparino, non è più tempo di illudersi. Lo schiavismo è la sola maniera per salvare l’Europa, dice il democratico riformatore.

In Italia tutti si appassionano alla faida che potrebbe far sdrucciolare Berlusconi. Il povero vecchio appare stanco, circondato da lupi che si ribellano contro il loro addomesticatore perché non riesce più a soddisfare tutti gli appetiti. Sembra che dovremo scegliere tra la mafia, i nazi-nordisti in camicia verde, o un nuovo polo clerico-fascista.
Una nobile gara nella quale sarebbe meglio non immischiarsi (anche perché nel medio periodo potrebbe avere risvolti non proprio pacifici).
Poltiglia. Le cose importanti sono quelle di cui parla Tremonti, perché l’attacco più distruttivo contro la società viene oggi dal gruppo dirigente europeo, dalle scelte criminali che la classe finanziaria sta imponendo a un ceto politico privo di qualsiasi autonomia. L’Europa ha smesso di sentirsi depositaria di una (sia pur sbiadita) civiltà sociale, o erede della civiltà umanistica. Basta con queste fantasie, dice con chiarezza il cinismo europeo contemporaneo, preparando la grande regressione. L’umanesimo che per cinque secoli ha guidato la civiltà europea, almeno in linea di principio, è oggi riconosciuto come un ostacolo al pieno dispiegamento dell’ipercapitalismo globale competitivo
.
Il mondo è quello che è. E il compito degli schiavisti è frustare gli schiavi. Fin che subiscono.

Franco Berardi Bifo



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MessaggioInviato: 15/09/2010, 16:30 
La crisi lascia senza lavoro trenta milioni di persone

OSLO. Dal nostro inviato
Trenta milioni di disoccupati in più hanno portato il totale nel mondo ai livelli record di 210 milioni. L'effetto della crisi globale degli ultimi tre anni sul mercato del lavoro è stato devastante. E la creazione di 440 milioni di nuovi posti di lavoro sarà necessaria nei prossimi dieci anni solo per assorbire i giovani che si affacceranno per la prima volta alla ricerca di un impiego, se si vorrà evitare di creare una generazione perduta.
L'emergenza lavoro è stata ieri al centro di una sorta di mini-summit sull'occupazione, organizzato dall'inconsueta alleanza fra Fmi e Ilo, l'Organizzazione internazionale del lavoro, per esplorare le ricette adatte a invertire la tendenza degli ultimi anni. Altrimenti c'è il rischio che all'annus horribilis della finanza, il 2008, e quello dell'economia, il 2009, seguano quello del lavoro, il 2010, e della coesione sociale, il 2011, ha commentato il commissario europeo, Laszlo Andor.
L'aumento della disoccupazione è un fenomeno che ha colpito anzi tutto i paesi avanzati, dove si sono concentrati i tre quarti dei nuovi senza lavoro, con un'incidenza altissima negli Stati Uniti e in Spagna, ma che nei paesi più poveri può essere addirittura questione di vita o di morte. L'unica rappresentante dei paesi africani, il presidente della Liberia, Ellen Johnson Sirleaf, ha sottolineato che l'alta disoccupazione può essere in questi paesi un ostacolo alla pace e alla sicurezza.
«Non c'è altra soluzione che mettere al centro delle politiche economiche la creazione di occupazione», ha detto il direttore generale dell'Ilo, Juan Somavia. Il sostegno alla domanda aggregata attraverso la politica monetaria e fiscale (senza gli incentivi altri 23 milioni di persone avrebbero perso il lavoro nella crisi, stima l'Fmi), tuttavia, non è sufficiente, è stata conclusione di Oslo, senza istituzioni del mercato del lavoro che nel breve periodo forniscano sussidi alla disoccupazione e riqualificazione della manodopera.
Del resto, anche nella crisi, evidenzia uno studio di Fmi e Ilo, alcuni paesi sono usciti quasi indenni sul fronte disoccupazione, grazie alle politiche corrette: Germania e Norvegia (dove la disoccupazione, al 3,5%, è la più bassa dell'area Ocse), per esempio, i cui governi si sono confrontati ieri con altri dove l'impatto è stato invece pesantissimo, come Spagna e Grecia. Il primo ministro José Luis Zapatero ha ricordato le riforme del mercato del lavoro messe in atto di recente e l'importanza dell'economia verde come creatore di posti di lavoro, mentre il suo collega greco, George Papandreou, ha sottolineato che fra gli impegni presi da Atene nel piano concordato con la Ue e l'Fmi ci sono lotta alla corruzione e all'evasione fiscale che possono migliorare le condizioni per la crescita. La disoccupazione, ha detto Zapatero, può creare la crisi peggiore, quella di sfiducia. Per il primo ministro spagnolo, la disoccupazione, oggi al 20%, un primato in Europa, potrebbe cominciare a calare all'inizio del 2011.«Una ripresa senza creazione di occupazione non è una ripresa», ha osservato il ministro francese Christine Lagarde. E ha promesso che i problemi del lavoro saranno al centro della presidenza francese del G-7 e del G-20 nel 2011.

Fonte
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=AYYDSkPC


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MessaggioInviato: 15/09/2010, 18:27 
Che triste primato. Rischio default Italia
vale 26 mld $: boom dei Cds


Lo dice la Depository Trust and Clearing Corporation (DTCC), ovvero la maggiore società al mondo in tema di statistiche sui derivati: il rischio di bancarotta dell'Italia vale oltre 26 miliardi di Dollari. Il crack di nessun altro paese renderebbe di più alla speculazione. E qui in Italia NESSUNO ne parla.....

Fonte:
http://www.wallstreetitalia.com/article ... ge=1004181

Oltre al forte indebitamento dello Stato italiano, prossimo ai 1850 mld di debito, il 2010 ha segnato i massimi storici anche per l'indebitamento degli enti locali. Ricordiamo a chi legge che il debito pubblico è pari al valore nominale di tutte le passività lorde consolidate delle amministrazioni pubbliche (amministrazioni centrali, enti locali e istituti previdenziali pubblici).

Il debito è costituito da banconote, monete e depositi, titoli diversi dalle azioni, esclusi gli strumenti finanziari derivati, e prestiti. Ebbene, stando ai numeri e alle statistiche diffuse dalla maggiore società al mondo in tema di statistiche sui derivati, la Depository Trust and Clearing Corporation (DTCC), il rischio di bancarotta dell'Italia vale oltre 26 miliardi di Dollari, vale a dire poco più di 20 miliardi di Euro.

Il crack di nessun altro paese renderebbe di più alla speculazione.

Adesso, che l'ammontare dei Credit Default Swap (polizze vendute dalle Banche a chi si vuole coprire da rischi di fallimento) sia direttamente correlato all'ammontare del debito pubblico è un fatto noto, cioè un paese altamente indebitato presenta maggiori punti di criticità negli equilibri dei conti pubblici e quindi potenzialmente a rischio; quello che sorprende è la netta accelerazione dei volumi trattati negli ultimi mesi.

Sintetizzando, più obbligazioni ci sono sul mercato, più è comprensibile che gli investitori, prevalentemente professionali se non addirittura governativi, si vogliano coprire acquistando CDS. Il fatto che il rischio paese italiano sia così elevato non è perché il mercato percepisce concrete possibilità di default, ma l'entità del debito non è l'unica ragione, se consideriamo che il debito pubblico giapponese vale, grosso modo, quello italiano, ma l'ammontare dei CDS è di poco superiore ai 5 miliardi di dollari.

Come dicevamo stupisce il ritmo di crescita; il mese scorso il livello dei CDS era a 23 miliardi di dollari, mentre lo scorso anno si attestava a 21 miliardi, quindi nettamente inferiore rispetto a quello attuale.

La classifica europea in tema di CDS vede la Germania al secondo posto con 15 miliardi e tanto vale l'ammontare per la Spagna. L'Italia è anche in cima alle classifiche per numero di contratti attivi. Sono 6740 le polizze anti "crack" attivate sull'Italia; solo la Turchia ci sopravanza con 7622 contratti.

Ecco, questi sono i crudi numeri che ribadiscono come la finanza italiana presenti nell'immaginario collettivo dell'investimento forti elementi di criticità e quindi chi investe in obbligazioni italiane pretende maggiori tutele.

Speriamo che questa percezione resti tale e la copertura del rischio venga fatta esclusivamente per diligenza, ma se dovessimo assistere ad un repentino aumento dei prezzi di questi famigerati CDS, vorrebbe dire che la percezione sta gradualmente allineandosi alla realtà, con tutte le conseguenze del caso.



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MessaggioInviato: 23/09/2010, 21:14 
Blockbuster porta i libri in tribunale
per evitare il crac e tentare il rilancio
di ETTORE LIVINI MILANO - Blockbuster alza bandiera bianca e gioca la carta dell'amministrazione controllata per sfuggire al crac e tentare il rilancio. La società di videonoleggio Usa ha portato ieri i libri in tribunale chiedendo la protezione dai creditori e depositando un progetto di ristrutturazione che prevede la conversione di parte dei suoi debiti (1,46 miliardi di dollari) e dei bond in azioni.

Una decisione attesa da tempo ma che ha messo ko i titoli a Wall Street, crollati del 20%. Blockbuster accelererà la chiusura di punti vendita, tagliandone altri 800 dopo i mille già eliminati e concentrerà il suo business sull'affitto di film online. I 200 negozi italiani del marchio statunitense non rientrano nella procedura di fallimento e continueranno a operare normalmente.

A decretare il (momentaneo) tramonto dello storico marchio a stelle e strisce è stato il ritardo con cui il management ha intuito la migrazione del business del noleggio dai punti vendita fissi a internet. Rivali come Netflix hanno colonizzato questo mercato già dal 2000 mentre Blockbuster ha iniziato a scommetterci con serietà solo quattro anni più tardi. Altre quote di mercato sono state erose dai concorrenti low-cost che si sono ritagliati posizioni importanti nella vendita al dettaglio.

Secondo molti analisti americani lo sterminato archivio cinematografico del colosso Usa e i suoi diritti di prelazione sui titoli di molti dei grandi studios californiani potrebbero consentire alla società di riuscire
a mandare in porto il suo piano di ristrutturazione.

Fonte
http://www.repubblica.it/rubriche/il-ca ... o-7359676/


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MessaggioInviato: 25/09/2010, 14:51 
Fallisce in Usa la 126esima banca del 2010: vicini a battere il record negativo del 2009

Washington - (Adnkronos/Xin) - Il dato riflette la gravità della peggiore crisi dagli anni '30. Il numero di istituti nella lista di quelli "problematici" è salito nel secondo trimestre a 829 dai 775 del trimestre precedente. Il Segretario al tesoro Geithner: ''La situazione resta molto dura"

Washington, 25 set. (Adnkronos/Xin) - Le autorità finanziarie Usa hanno chiuso un'altra banca portando il totale degli istituti falliti finora quest'anno a 126, dato che riflette la gravità della peggiore crisi dagli anni '30.
La Federal Deposit Insurance Corp, un'authority bancaria federale, ha preso controllo della Haven Trust Bank Florida di Ponte Vedra Beach in Florida, con asset per 148,6 milioni di dollari e depositi per 133,6 milioni. Il suo fallimento dovrebbe costare alla Fdic circa 31,9 milioni di dollari.

I 126 fallimenti dell'anno in corso sembrano destinati a superare quelli dell'anno passato (140 fallimenti). A questo punto dell'anno scorso i fallimenti bancari erano infatti 95. L'anno scorso è stato un anno record con il tasso più alto dal 1992. Il numero di istituti nella lista di quelli "problematici" del Fdic è salito nel secondo trimestre a 829 dai 775 del trimestre precedente.

Dati statistici mostrano che il 13% delle banche nella lista finisce gambe all'aria. I fallimenti, dicono gli analisti, sono un segnale che a due anni dall'inizio della crisi le banche sono ancora appesantite da asset tossici. Per il Segretario al tesoro Timothy Geithner, anche se la recessione è finita ufficialmente a giugno 2009, la situazione economica resta "molto dura".

Fonte
http://www.adnkronos.com/IGN/News/Econo ... 45399.html


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BASILEA III: come strozzare il credito porti al fallimento

Intrappolati nella Spirale di Basilea III. L’effetto di Strozzare il Credito ha come Risultato il Fallimento e Vengono Punite le Banche Locali per i Misfatti di Wall Street

Il mercato azionario rimbalzò il 13 settembre dopo che furono annunciate le nuove norme bancarie chiamate Basilea III. Wall Street tirò un sospiro di sollievo. Le megabanche, sostenute da operazioni di salvataggio ad opera di generosi contribuenti, non avrebbero nessun problema ad adeguarsi ai nuovi requisiti di capitale, che erano inferiori a quanto ci si aspettava e che non sarebbero entrati interamente in vigore fino al 2019. Soltanto le banche commerciali locali, quelle che già a stento raggiungono i requisisti di capitale, sarebbero seriamente sfidate dalle nuove regole. Sfortunatamente, queste sono le banche che erogano la maggior parte dei prestiti a imprese locali, le quali a loro volta contribuiscono maggiormente nelle assunzioni e nella produzione dell’economia reale. I requisiti di capitale secondo Basilea III sono stati apparentemente progettati per prevenire il ripetersi del collasso bancario del 2008, ma le nuove regole non vanno al cuore del problema.

Perché Basilea III Non Centra lo Scopo

Due anni dopo il salvataggio del 2008, l’economia continua a lottare contro una scarsità di credito, il marchio di garanzia di recessioni e depressioni. Il Credito (o il Debito) viene emesso dalle banche ed è di fatto la fonte di tutto il denaro oggi in circolazione. Quando non c’è disponibilità di credito, c’è insufficienza di denaro per comperare la merce o pagare gli stipendi, così i lavoratori vengono lasciati a casa, le imprese chiudono, in una brutale spirale di debito e depressione.

Oggi, siamo ancora intrappolati in quella spirale, nonostante l’enorme “quantitative easing” (di fatto è la stampa di banconote) da parte della FED. Il denaro in circolazione ha continuato a diminuire nel 2010 a un tasso allarmante. Ambrose Evans-Pritchard, in un articolo sul Financial Times dal titolo “ La Circolazione di Denaro negli Stati Uniti Precipita al Ritmo del 1930 Quale Nuovo Stimolo agli Occhi di Obama”, citò il Professor Tim Congdon dell’Institute Monetary Research (Istituto di Ricerca Monetaria), che ammoniva:

“La caduta dell’M3 (la più ampia misurazione del denaro circolante) non ha precedenti dai tempi della Grande Depressione. La principale ragione è che i regolatori in giro per il mondo stanno facendo pressione alle banche affinché aumentino il rapporto tra patrimonio e attività e diminuiscano le attività di rischio ponderate. Questo è il motivo per il quale non c’è una vera ripresa negli Stati Uniti”.

In un documento chiamato “Politiche Monetarie Non Convezionali: Una Valutazione”, la Banca dei Regolamenti Internazionali (BIS) concordò con il Professor Congdon. Gli autori sostenevano: “La principale restrizione esogena (esterna) all’espansione del credito sono i requisiti minimi di capitale” ( Per “capitale si intende “ le attività di proprietà della banca meno le passività, come distinte dalle proprie “riserve”, il che si riferisce ai depositi, e possono essere presi a prestito dalla FED o da altre banche).

La Banca dei Regolamenti Internazionali (BIS) é “la banca centrale dei banchieri centrali”, ha sede a Basilea, in Svizzera: e il Suo Comitato di Basilea sulla Vigilanza Bancaria (BCBS) ha il compito di stabilire gli standard di capitale a livello mondiale. La BIS riconosce che la pressione sulle banche per adeguarsi ai requisiti di aumento di capitale porta a una stagnazione dell’attività economica portando a una stagnazione del credito. Inoltre, con le nuove norme bancarie chiamate Basilea III, il BCBS sta aumentando i requisiti di capitale. Secondo le nuove regole, la riserva obbligatoria nota come Tier 1 passerà dal 4 al 4.5% entro il 2013 e diventerà del 6% nel 2019. Alle banche verrà anche richiesto di tenere una riserva di emergenza del 2.5%.

Perché il BCBS Sta Aumentando i Requisiti di Capitale Dal Momento che i Requisiti Esistenti Stanno Già schiacciando il credito?

Preoccupazioni sugli effetti della stretta sul credito dovuti a Basilea III sono stati pubblicati sul Huffington Post il 13 settembre in un articolo scritto da Greg Keller e Frank Jordans:

“Banchieri e analisti sostengono che le nuove regole mondiali potrebbero significare una minor quantità di denaro disponibile da prestare a imprese e consumatori…

“Le casse di risparmio europee hanno avvertito che i nuovi requisiti di capitale potrebbero colpire la loro capacità di prestito penalizzando ingiustamente piccole istituzioni in parte a partecipazione statale.

“‘Vediamo il pericolo nel fatto che la capacità delle banche tedesche di concedere crediti potrebbe pesantemente essere diminuita’, dichiarò Karl-Heinz Boos, capo dell’Associazione delle Banche di Stato Tedesche (VÖB)”.

“Si sostiene che le banche francesi ‘erano tra quelle con la più alta capacità di adattarsi alle nuove regole,’ la federazione delle banche francesi tuttavia puntualizzò che tali regole erano ‘una forte restrizione che peserà inevitabilmente sul finanziamento dell’economia, in particolar modo sul volume e sul costo del credito’. ”

Juan Jose Toribio, precedente direttore esecutivo del FMI e ora preside della IESE Business School di Madrid, sostiene che le regole potrebbero danneggiare la fragile ripresa.

“Ci sono disposizioni e vincoli sui risultati delle banche che hanno senso solo in tempi di espansione monetaria e del credito”.

Per le banche commerciali di piccole dimensioni e le banche nazionalizzate (banche di proprietà dello Stato diffuse in Europa), gli effetti restrittivi sul credito di Basilea III sono un problema serio. Ma, secondo Keller e Jordans, “le banche di maggiori dimensioni sono state veloci ad approvare l’accordo e hanno insistito sul fatto che avrebbero raggiunto le riserve richieste per tempo”.

Queste banche più grandi non erano preoccupate, perché “le maggiori banche americane sono già allineate con gli standards di aumento capitale previsti da Basilea III, il che significa che i loro clienti non ne saranno direttamente colpiti.” I loro clienti, per certo, sono principalmente le grandi corporazioni. Dall’altra parte, “le piccole imprese che contano sul prendere a prestito dalle banche locali potrebbero essere le più colpite…. e tenteranno di mettere assieme più alti requisiti di capitale prestando a tassi più alti e a condizioni più rigide.”

Se le grandi banche che ci hanno portato all’attuale crisi del credito possono già conformarsi ai nuovi requisiti, a cosa serve precisamente Basilea III, se non a far crollare le banche concorrenti di minori dimensioni? Come osservò David Daven in un articolo del 13 settembre dal titolo ”Le Più Grandi Banche Sono Già in Linea con le Riforme di Basilea III”.

Punire le Banche Locali per i Misfatti di Wall Street

Ciò che fece precipitare la crisi del credito e il salvataggio delle banche del 2008 non fu dovuto dal fatto che i requisiti di capitale esistenti secondo Basilea II erano troppo bassi. Accadde che le banche trovarono un modo al di là delle regole per acquistare “contratti assicurativi” non regolamentati, conosciuti come credit default swaps (CDS). Le regole di Basilea II basavano i requisiti di capitale su quanto rischio vi era dichiarato nel bilancio di una banca alla voce prestiti e le banche potevano far apparire i loro bilanci meno rischiosi comperando i CDS.

Questa “assicurazione” si dimostrò, comunque, essere una frode quando AIG, il maggior venditore di CDS, fallì il 15 settembre 2008. Seguì così il salvataggio delle banche di Wall Street, colte in questo sistema di derivati.

Le banche locali più piccole non scatenarono la crisi né ricevettero denaro stanziato per il salvataggio. E ancora una volta saranno loro ad essere colpite da queste nuove regole e tale effetto potrebbe paralizzare il prestito locale. Aumentare i requisiti di capitale sulle piccole banche sembra così controproducente, tanto che osservatori sospettosi potrebbero chiedersi cos’altro ci sia dietro a ciò.

Il Professor Carroll Quigley, un insider educato dai banchieri internazionali, in “Tragedia e Speranza” nel 1966 descrisse il ruolo centrale della BIS nel grande piano dei suoi mentori:

“I poteri del capitalismo finanziario avevano un altro scopo di vasta portata, niente di meno che creare un sistema mondiale di controllo delle finanze nelle mani di privati capaci di dominare il sistema politico di ogni singolo paese e tutta l’economia mondiale.

Questo sistema doveva essere controllato in concerto dalle banche centrali secondo uno stile feudale, su accordi segreti ai quali sono giunti con frequenti incontri privati e conferenze. Il vertice del sistema doveva essere la BIS di Basilea, Svizzera, una banca privata, controllata e di proprietà dei banchieri centrali, i quali erano essi stessi le corporazioni private.”

La BIS é diventata ora il vertice del sistema come aveva previsto il Dr. Quigley, dettando le regole che rafforzano un impero internazionale bancario a discapito delle rivali di minori dimensioni e dei mercati in generale. I grandi banchieri mondiali sono un passo più vicini al dominio globale, manovrato dalla mano invisibile dei capitani alla BIS.

In un gioco al quale i banchieri hanno partecipato da secoli, la riduzione del credito nei ribassi del “ciclo del mercato” crea onde di fallimenti e pignoramenti, acconsentendo che le proprietà vengano strappate a prezzi svalutati da finanzieri che non solo avevano visto l’onda sopraggiungere ma, che addirittura hanno accelerato il suo infrangersi.

Ellen Brown é un procuratore e autrice di undici libri: Nel Web of Debt: The Shocking Truth About Our Money System and How We Can Break Free, ci mostra come la FED e “la fiducia monetaria” hanno usurpato il potere dei popoli di creare denaro e come noi, i popoli stessi, possiamo riappropriarcene. I suoi siti sono webofdebt.com, ellenbrown.com, e public-banking.com.

Fonte
http://www.ecplanet.com/node/1736


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Usa: Wsj, ancora fallimenti banche
Da settembre 2008 gli istituti falliti sono stati 279

27 settembre, 16:18

Fonte:
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 82061.html

(ANSA) - NEW YORK, 27 set - Dal 25 settembre 2008 (fallimento di Washington Mutual, il maggiore nella storia) le banche fallite negli Stati Uniti sono state 279. Fra fallimenti e fusioni, il numero degli istituti di credito statunitensi potrebbe ridursi a 5.000 nel prossimo decennio dalle attuali 7.932 unita'. Lo riporta il Wall Street Journal, sottolineando come le banche continuano a fallire e non sembra esserci una luce alla fine del tunnel.



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MessaggioInviato: 28/09/2010, 11:17 
IL FATTORE GERMANIA:
La Creazione di un Mercato Comune con gli Stati Uniti.


set 28th, 2010

Immagine

L’autore spiega l’offensiva dei mercati su Grecia, Portogallo e Spagna, ed il progetto di una struttura economica transatlantica. di Jean-Claude Paye

Fonte:
http://www.altrainformazione.it/wp/2010 ... ati-uniti/

La crisi dell’euro deriva da una decisione politica, delle autorità dell’UE di impegnare la moneta comune invece di ristrutturare il debito nazionale greco. Questa ristrutturazione avrebbe salvato l’euro, ma mettendo le mani nelle tasche delle banche, e quest’ultime avrebbero perso nell’operazione parte dei loro crediti pendenti. Tuttavia, la tutela di alcune decine di migliaia di milioni di euro di istituzioni finanziarie non giustifica il fatto che si sia rischiato tanto. La cosa fondamentale, facendo pressione sulla moneta comune, è che paghino i lavoratori, ed effettuare un trasferimento massiccio di reddito dalle famiglie verso le grandi aziende, principalmente verso le istituzioni finanziarie.

La misura di questo trasferimento è tale, che risulta necessario dare tutti i poteri ai mercati ed al loro braccio armato, l’Amministrazione statunitense. La crisi dell’euro si è scatenata per l’attacco concentrato delle agenzie di qualificazione statunitensi Standard&Poor, Moody’s e Fitch contro il debito di Grecia, Spagna e Portogallo.

Questa offensiva è destinata a ridare agli USA i capitali esteri necessari per coprire il crescente deficit della loro bilancia finanziaria. E’ un segnale di avvertimento ai paesi come la Cina, che avevano cominciato a riequilibrare le loro riserve di divise comprando euro al posto di dollari. Per gli USA, in effetti, è una questione urgente. Fino al 2009, il finanziamento del loro deficit e la difesa del dollaro erano garantite dal saldo positivo dei suoi flussi finanziari ma non è riuscito a compensare i suoi deficit con quell’esercizio trasformandolo un saldo negativo di 398.000 milioni di dollari. Nell’ambito puramente economico, l’offensiva contro l’euro continua lo stesso destino della lotta contro la frode fiscale iniziata da Obama nel 2009. Si tratta di ridare capitali in seno agli Stati Uniti.

L’appoggio della Germania agli Stati Uniti
Quest’azione tattica viene rafforzata da un’operazione strategica: una mossa volta a smantellare l’UE a beneficio di un’unione economica che comprenda i due continenti, la cui manifestazione più visibile è il progetto della creazione di un grande Mercato Transatlantico. Solo in funzione di questo obiettivo si può comprendere l’atteggiamento della Germania che, sia nella lotta contro la frode fiscale che nell’attacco all’euro, ha costituito un appoggio all’offensiva statunitense.

L’Unione europea è stata costruita intorno Germania e strutturata sui suoi interessi. Essendo il paese più produttivo economicamente nel momento della creazione del mercato comune, ha potuto, senza vincoli politici, economici o di governo, nè trasferimenti importanti verso le zone svantaggiate, sfruttare a pieno tutti i vantaggi economici comparativi. Fino a quest’anno, la zona euro assorbe tre quarti dell’export tedesco.


Immagine

La Germania, attraverso le dichiarazioni dei suoi responsabili politici e dei suoi banchieri, così come la reiterata esibizione dei suoi vacillamenti, ha contribuito all’efficacia dell’offensiva contro l’euro. Per questo paese, i benefici di tale azione sono immediati. La diminuzione del valore della moneta comune permette di aumentare le esportazioni tedesche destinate al di fuori dalla zona euro. Inoltre può finanziare i suoi stessi deficit al miglior prezzo.

Il mercato transatlantico
La “costruzione europea” è ad un bivio. Anche se finora ha consentito un continuo sviluppo della Germania, questo processo non può continuare nella stessa modalità. L’UE non può uscire dalla crisi senza instaurare un governo democratico che diriga una politica economica comune, un’armonizzazione dello sviluppo, e per questo, assicurare alcuni trasferimenti bancari verso i paesi e zone svantaggiate. Invece di ristrutturare il debito dei paesi in difficoltà, che richiede l’intervento delle banche, l’Europa ha istituito due fondi per l’intervento. L’obiettivo dei 110.000 milioni di euro di aiuti alla Grecia, così come i 750.000 milioni di prestiti e garanzie, è quello di sommettere i paesi beneficiari alle condizioni del FMI, dove gli USA hanno la maggioranza del diritto di voto. I 750.000 milioni di aiuti previsti serviranno per rimborsare le banche a scapito del potere d’acquisto del contribuente, e questo esborso alle istituzioni finanziarie aumenteranno la recessione.

La costruzione europea è stata imposta dagli USA che, dopo la guerra, l’ha trasformata in una condizione per gli aiuti al Piano Marshall. Si è portato avanti in seno alla Germania, i cui interessi erano complementari a quelli degli Stati Uniti. L’attacco contro l’euro e l’operazione di smantellamento dell’Unione Europea derivano così dall’offensiva lanciata dagli USA, che dà sollievo anche alla più grande economia del vecchio continente e le istituzioni dell’UE.

La Commissione ed il Consiglio confermano in questo modo la loro partecipazione alla decomposizione dell’Unione e alla sua integrazione in una nuova struttura politica ed economica transatlantica sotto la direzione statunitense, ruolo che ha già svolto nelle negoziazioni degli accordi sul trasferimento di dati personali della cittadinanza europea agli USA e che sono volte a creare un grande mercato che comprende i due continenti.


Fonte:
El factor Alemania: la creación de un mercado común con Estados Unidos
http://www.diagonalperiodico.net/El-fac ... on-de.html


Tradotto per Voci Dalla Strada da VANESA

Articoli correlati:

Caso Swift-Unione Europea: Servo Ergo Sum!
http://www.vocidallastrada.com/2010/07/ ... o-sum.html

LA CRISI COME MEZZO PER COSTRUIRE UNO STATO TOTALITARIO GLOBALE
http://www.vocidallastrada.com/2009/04/ ... e-uno.html

IL FUTURO GRANDE MERCATO TRANS-ATLANTICO
http://www.comedonchisciotte.net/module ... e&sid=1529



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MessaggioInviato: 01/10/2010, 02:03 
Report shock: Insider Trading alla Fed

Rivelazioni inquietanti: il passaggio di informazioni importanti, non di dominio pubblico, ai privati ed ex colleghi e' la prassi presso la banca centrale. Ecco perche' Bill Gross di Pimco ci prende sempre. E' cosi' che si aiuta la classe media?

Immagine

Pubblicato il 30 settembre 2010

Fonte:
http://www.wallstreetitalia.com/article ... ge=1012931

Emergono dettagli inquietanti dal rapporto appena diffuso da Reuters: la Fed viene accusata di passare con una certa regolarita' informazioni importanti, non di dominio pubblico ai privati. Alla faccia del sistema meritocratico.

Ecco spiegato, ad esempio, perche' Bill Gross sapeva che la Fed avrebbe abbassato le attese sul PIL al 2% prima della diffusione delle minute. Il numero uno di PIMOC ha pure confermato qualche giorno fa in diretta televisiva che aveva avuto modo di dare uno sguardo in anteprima ai dati della Fed ancora non pubblicati. Ecco perche' PIMCO e' sempre cosi' prrecisa nelle sue previsione sul tempismo e le scelte di acquisto di bond o MBS.

Tutto cio' e' semplicemente rivoltante, ma questo e' quello a cui gli Stati Uniti sono arrivati: sussurrare all'orecchio dei manager piu' potenti le informazioni sulle decisioni prese per "aiutare la classe media". Certo, come no. Pochi multi miliardari si arricchiscono sempre di piu' di dollari, che pero' tra poco non varranno che poco piu' di zero.

Si vede che la Fed ha capito che ormai tutto e' andato perduto e che alimentare i guadagni dei suoi clienti piu' benestanti (si esatto, avete letto bene, questa gente e' clientela della Fed) e' solo l'ultima concessione prima di premere il grilletto dell'iperinflazione.

Ecco il testo integrale del report:

"Il 19 agosto, appena nove giorni dopo che la banca centrale americana ha sorpreso i mercati finanziari decidendo di acquistare ulteriori obbligazioni per sostenere l'economia nazionale, l'ex governatore della Fed Larry Meyer ha inviato una nota ai clienti della sua societa' di consulenza con una descrizione dettagliata della riunione di politica monetaria.

Il verbale della riunione del Federal Open Market Committee, o FOMC, e' messo si' a disposizione del pubblico - ma solo dopo tre settimane. E' cosi' che a Meyer e clienti e' stato rivolto un trattamento di favore, essendo potuti venire a conoscenza con largo anticipo rispetto ad altri investitori delle trame della Fed .

Nel comunicato ai clienti viene citato il punto di vista della "maggior parte degli esponenti" e di "molti esponenti" del board, che decide la politica monetaria della nazione. I contenuti sono semplicemente troppo dettagliati per poter provenire da un posto che non sia la stessa Fed.

Un economista rispettato, Meyer solitamente sceglie di condividere le sue ricerche con i giornalisti, mantenendo invece i comunicati lontanti dagli occhi del pubblico. Reuters ha ottenuto una copia da una fonte di mercato. Cosi' come la Federal Reserve, Meyer ha rifiutato di lasciare un commento sulla notizia.

Per necessita' la Fed trascorre una quantita' considerevole di tempo ad ascoltare i gestori degli investimenti, gli economisti delle banche e gli strategist di mercato. Lo fa per poter ottenere informazioni importanti sul mercato e l'economia che sono poi preziose per prendere le decisioni sui tassi di interesse e i programmi di prestito.

Il problema e' che l'indagine di Reuters ha scoperto che le informazioni a volte vanno in entrambe le direzioni, con i funzionari della Fed che abbassano la guardia con una certa facilita' con ex colleghi e altre conoscenze nel settore privato.



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MessaggioInviato: 05/10/2010, 16:12 
Fmi: la ripresa economica sta già perdendo slancio,
rischi di bilancio elevati per Grecia e Italia


Immagine
Il direttore generale del Fmi Strauss-Kahn

05 ottobre 2010

Fonte:
http://notizie.tiscali.it/articoli/econ ... nanza.html?

"La ripresa economica ha iniziato a perdere slancio dopo un primo semestre migliore del previsto: i rischi di bilancio restano elevati nelle economie avanzate. Significative debolezze strutturali restano nei conti pubblici e potrebbero contagiare il sistema finanziario con conseguenze negative per la crescita nel medio termine". Ad affermarlo è il Fondo Monetario Internazionale (Fmi ), che non manca di sottolineare come "rischi restano nell'area euro a causa dell'interazione negativa fra i rischi legati ai debiti degli stati con quelli del sistema bancario. Sfide restano anche per gli Stati Uniti e il Giappone".La fiducia non è stata ancora recuperata - Secondo il Fondo "nonostante i miglioramenti i rischi del sistema bancario sono più elevati oggi rispetto a quelli descritti lo scorso aprile. La fiducia non è stata pienamente recuperata e le vulnerabilità finanziarie persistono" aggiunge il Fmi sottolineando che questo è dovuto "all'esistenza di alcune vulnerabilità finanziarie strutturali legate ai rischi dei debiti degli stati, che restano elevati, e alle persistenti fragilità del sistema finanziario". Le difficoltà nell'area euro sui debiti sovrani hanno spinto i governi ad agire con "azioni credibili per gestite le vulnerabilità" dei singoli paesi e per limitare il "contagio. Le economie vulnerabili dell'area euro hanno avviato aggiustamenti di bilancio e le economie con maggiore flessibilità hanno iniziato il difficile processo del risanamento di bilancio".Rischi di bilancio per Italia e Grecia - Il Fondo Monetario Internazionale ha rilevato che "la Grecia e l'Italia hanno ambedue un elevato livello di debito e forti stabilizzatori automatici, presentando rischi di bilancio più elevati. Anche il Belgio e l'Olanda sono vulnerabili perché i loro bilanci sono più sensibili al deterioramento della crescita economica". Così il Fondo che prevede per l'Italia un debito 2010 al 118,4% del pil (al 118,5% nel 2015) contro il 130,2% della Grecia"Il sistema finanziario resta il tallone d'Achille della ripresa economica", afferma il Fondo Monetario, sottolineando come dall'aprile 2010 "i progressi verso la stabilità finanziaria hanno subito un rallentamento".La ricetta - Il Fondo propone una ricetta in cinque punti per un sistema finanziario solido e per salvaguardare la ripresa. Il Fmi constata come le autorità devono "attenuare i canali di trasmissione dal rischio paese al sistema finanziario: questo aiuterà a ridurre il rischio che i timori per una crisi del debito compromettano la stabilità finanziaria".- Rafforzare i conti pubblici: i piani in questo senso devono tenere conto delle circostanze specifiche di ogni paese ed essere accompagnati, dove necessario, da riforme strutturali per rafforzare la crescita.

- Attenzione alle exit strategy: le banche centrali e i governi devono restare aperti, se e dove necessario, alla possibilità di fornire sostegno finanziario e rendere le exit strategy contingenti ai progressi sul fronte economico e della stabilità finanziaria.

- Ulteriori riforme delle regole e chiarezza sono necessarie per prevenire future crisi: il Fondo promuove Basilea 3, che migliora gli standard di liquidità e rende più forte il capitale. "Ma serve di più: è essenziale un'ampia agenda di riforma per il settore finanziario che vada al di là dell'industria bancaria e gestisca i rischi sistemici creati dalle singole istituzioni e in generale".

- Problemi di vecchia data del settore bancario vanno gestiti e risolti: In alcuni paesi, sia all'interno sia all'esterno dell'Europa, istituzioni finanziarie deboli e non vitali devono ancora essere completamente risolte e forzate a ritirarsi da attività non redditizie per ridurre un eccesso di capacità.

- Diversi paesi emergenti devono concentrarsi sui potenziali effetti collaterali di prospettive economiche relativamente positive per i loro paesi: dovrebbero essere prese misure lo sviluppo dei mercati dei capitali locali e per il rafforzamento delle regole e della supervisione così da rafforzare la capacità di assorbimento dei locali sistemi finanziari.



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