[color=blue]Sarà pure Pirro ma è inossidabiledi Stefano Cappellini
http://www.ilriformista.it/stories/Prim ... na/313887/La sua è una vittoria «non politica», «di Pirro», che «non si governa con tre voti». Ma resta il fatto che il Cavaliere è ancora in piedi dopo il più massiccio degli assalti politici subiti
Si può dire che ha vinto il round ma non il match, che la sua vittoria non «è politica» (Fini), che è «di Pirro» (Bersani), che non si governa con tre voti, che il peggio viene ora, ci si può appellare alla politologia, alla scaramanzia, ai precedenti. Si può dire tutto. Ma resta che, con il voto di fiducia di ieri, Silvio Berlusconi ha aggiunto un altro pesante mattone alla costruzione del mito della sua indistruttibilità.
Sedici anni consecutivi da leader del centrodestra, cinque campagne elettorali alle spalle, una sesta alle porte, due sconfitte subite senza perdere lo scettro nonostante contestazioni, smarcamenti, scissioni.
Non si contano più le volte in cui si è detto, scritto e certificato che il suo ciclo politico era finito: lo si diede per spacciato dopo il ribaltone di Umberto Bossi del 1994, si spiegò - non senza elementi di logica e di raziocinio politico - che non avrebbe retto alla traversata del deserto dopo il primo successo di Romano Prodi nel 1996, si pronosticò, anche qui con solidi argomenti, la sua uscita di scena dopo la lunga serie di sconfitte elettorali subite nella legislatura 2001-2006, quando la Casa delle libertà le perse tutte, comunali, provinciali, regionali (quelle storiche dell’11 a 2) ed europee. Per una sequenza simile, a sinistra hanno frullato tre leader - Prodi, Veltroni e Franceschini - e un quarto, Bersani, è appeso al filo.
Berlusconi invece è rimasto in piedi, ha paralizzato il secondo governo Prodi con il combinato di una legge elettorale tranello, una campagna elettorale forsennata e oggetto di giustificate ironie per il suo carattere autistico (i comunisti, le tasse, la sinistra che occupa tutto...). Ha perso di un nulla recuperando chissà quanti punti reali di svantaggio. Ma è sopravvissuto pure a quella sconfitta e alla guerra che Fini e Casini gli hanno scatenato già in quella legislatura, contestandogli la leadership e il modo di fare opposizione. «Siamo alle comiche finali», commentò Fini dopo la fondazione del Pdl sul predellino dell’auto.
Se erano comiche, non erano comunque quelle finali.
Berlusconi è ancora lì, a Palazzo Chigi, dopo aver scavallato scandali di ogni genere e scansato ieri un colpo che sembrava diretto al bersaglio grosso. Ci è riuscito con i soliti metodi poco ortodossi, con una campagna acquisti che ha razzolato peones in tutti i settori del Parlamento, incurante della contraddizione tra l’accusa di tradimento del mandato elettorale rivolta ai finiani proprio mentre spregiudicati sensali da Transatlantico ingaggiavano nel centrodestra persino deputati eletti con l’Italia dei valori, il partito che si suppone (si suppone, appunto) campione assoluto di antiberlusconismo. Ci è riuscito, soprattutto, a dispetto del fatto che dall’altra parte c’era stavolta uno schieramento di forze che metteva insieme opposizioni di ogni genere, quella classica di sinistra e un intero pezzo di centrodestra storico, Bersani e Di Pietro, Fini e Casini, autonomisti siculi e autonomisti valdostani.
Forse non era il Grande Complotto che la propaganda berlusconiana ha denunciato, ma certo era un attacco pesante da più fronti. Magari è vero che Berlusconi coi suoi tre miseri voti di maggioranza è comunque condannato a restare asserragliato nel suo bunker hitleriano, ma lo sbarco in Normandia degli alleati terzopolisti non è andato come previsto.
Più il Cavaliere resiste, più alimenta sfiducia e pessimismo nelle file avversarie, rafforzando il sospetto che a disarcionarlo non basti la tattica diversiva, tipo Bicamerale, né l’aggiramento delle linee, modello Veltroni, né l’aggressione diretta, operazione Fli, né - tantomeno - il tavolo diplomatico, e cioè tutte le soluzioni per una successione morbida, concordata o eterodiretta.
Più resiste, è più convince i suoi avversari che il prezzo della sua cacciata è altissimo, magari insostenibile. Come nella sequenza finale del Caimano, quando il Berlusconi morettiano si allontana in auto dal tribunale dove è stato appena condannato e alle sue spalle si accendono dieci cento mille fuochi. Ieri, i manifestanti di Roma gli hanno persino risparmiato la fatica di appiccare personalmente i roghi.[/color]