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MessaggioInviato: 28/12/2010, 15:56 
La crisi è il successo della finanza e della globalizzazione.

dic 27th, 2010

Fonte:
http://www.altrainformazione.it/wp/2010 ... izzazione/

Titoli tossici, divenuti carta straccia una volta scoppiata la bolla immobiliare; il bluff di mutui senza copertura, di quote azionarie senza capitali e senza più valore commerciale né relazioni con l’economia reale. Grande crisi? No, grande truffa. Organizzata dagli Stati, con la complicità delle banche centrali. Obiettivo: derubare i cittadini. Letteralmente: espropriarli dei loro risparmi, per alimentare il grande flusso del capitalismo finanziario globale: hi-tech e spese militari in primis. Tutto legale, naturalmente. Perché sono stati gli stessi “truffatori” a manipolare le leggi per agevolare il grande saccheggio. Lo afferma un importante economista, Bruno Amoroso, docente all’università danese di Roskilde.

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Allievo del professor Federico Caffè, grande economista italiano scomparso nel nulla il 15 aprile 1987, Amoroso è reduce da conferenze e incontri pubblici nei quali non ha esitato a denunciare il capitalismo finanziario che sta scatenando la più grave crisi sociale nella storia delle democrazie occidentali. «Alla parola crisi, generalmente, diamo questo significato: la crisi è qualcosa di difettoso, legato al non-funzionamento dei meccanismi dell’economia o dei sistemi politici. Qualcosa di non voluto, qualcosa che è sfuggito di mano», premette Amoroso, in una video-intervista girata da “Radio dal basso” e collocata su YouTube. Secondo la tesi corrente, è «come se l’intenzione della finanza e dell’economia fosse equa e però qualcosa è sfuggito o qualcuno ha imbrogliato. Be’, secondo me non è così».

«Questa che si chiama crisi finanziaria – afferma il professor Amoroso – non è una crisi: è il risultato di politiche programmate per realizzare l’esproprio dei risparmi di milioni di persone, sia nei paesi europei ma anche a livello mondiale». Quindi, aggiunge l’economista, «più che di crisi parlerei appunto di truffa, nel senso dell’esproprio: però non un esproprio fatto da truffatori, cioè in modo...


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...illegale, ma di un esproprio organizzato dai sistemi finanziari accompagnati da misure legislative tutte funzionali a questo esproprio». Potrebbe sembrare un paradosso: «Quella che chiamiamo crisi è in realtà una politica che ha avuto un grande successo».

Sarebbe come chiamare “crisi” l’industrializzazione forzata del nord compiuta dalla Fiat o gli stessi disastri ecologici: «Non sono “errori”, niente che sia sfuggito di mano a nessuno. Sono stati il risultato, anzi il successo, di una certa forma di industrializzazione, quindi se vogliamo rapace, di considerare il mercato capitalistico e l’economia per realizzare determinati interessi». Quindi: «Non crisi finanziaria, ma anzi: successo della finanza e della globalizzazione nell’espropriare milioni di cittadini che avevano dei risparmi accumulati». E visto che «ormai sul piano dei salari c’è molto poco da espropriare», ecco che è il risparmio ad essere colpito, «laddove esistono spazi per continuare l’arricchimento e l’esproprio capitalistico».

Per il professor Amoroso, «la crisi finanziaria cosiddetta è questo: è il successo delle politiche del neo-liberismo e della globalizzazione». Vie d’uscita? Solo se i consumatori, «che sono le vittime», decidessero di «abolire quei sistemi bancari e finanziari, sostituendoli e dando fiducia al sistema della finanza etica e delle banche popolari, legate all’economia reale dei territori». Fino a qualche decennio fa avremmo detto: è necessario ristabilire il controllo dello Stato, o della Banca centrale, sulla finanza. «Questo oggi non ha più senso, perché lo Stato e la banca nazionale sono esattamente


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espressione di quegli interessi, negli Stati Uniti ma anche nella maggioranza dei paesi europei, cioè sono i centri del potere finanziario – Mediobanca, la banca centrale – che sono i rappresentanti di quegli interessi, quelli che hanno fatto le leggi e i regolamenti».

Quello che è successo, continua l’economista, basta e avanza per «mettere sotto inchiesta la banca nazionale e il comitato di controllo del credito». I dispositivi di controllo esistono, ma hanno ignorato l’allarme. «Erano distratti? Non se ne sono accorti?». Al contrario: hanno finto di non vederli, i rischi per i risparmiatori, perché il loro vero obiettivo, non dichiarato, era espropriarli. «Cioè: espropriare risparmi accantonati per la vita familiare, per riportarli dentro il flusso dell’economia mondiale della globalizzazione che certamente ha bisogno di grandi investimenti. Nei campi hi-tech e dell’industria militare servono grandi soldi. Siccome i cittadini non sono disposti a metterli a disposizione di avventure di quel tipo, allora gli si tolgono. E gli si tolgono in maniera legale, non in maniera truffaldina: questa è una truffa organizzata, dagli Stati e dai poteri politici e finanziari».





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MessaggioInviato: 31/12/2010, 01:23 
EFFETTO DOMINO DELLA FINANZA EUROPEA
Grecia > Irlanda > Portogallo > Spagna > Italia > Inghilterra


dic 30th, 2010

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Fonte:
http://www.altrainformazione.it/wp/2010 ... ghilterra/

E’ oggi di dominio comune il fatto che ci sia un potenziale effetto domino conseguente al contagio del debito sovrano europeo all’incirca in questo ordine:

Grecia > Irlanda > Portogallo > Spagna > Italia > Inghilterra

Se qualche persona ha iniziato a occuparsi dell’argomento già da più di un anno, altri si sono invece accorti della questione in ritardo (da una ricerca su Google risulta che questo tema viene ora discusso in circa 600.000 link).
Tutti sanno inoltre che, se da un lato Grecia e Irlanda sono delle economie relativamente contenute, ci saranno dei grossi problemi se cadesse la tessera del domino della Spagna.

L’economia dell’Islanda si posiziona al 112° posto nel mondo, quella dell’Irlanda al 38°, il Portogallo al 36°. Di contro, la Spagna è al 9° posto, l’Italia al 7° e il Regno Unito al 6°. Il crollo di una di queste ultime tre avrebbe effetti devastanti per l’economia mondiale.
Secondo quanto ha scritto Nouriel Roubini a febbraio:

Il vero incubo quanto all’effetto domino è la Spagna. Roubini si riferisce ai problemi del debito spagnolo come all’“elefante nella stanza”.
“Si può provare a sostenere economicamente la Spagna. E si può anche provare a provvedere un supporto finanziario ufficiale all’Irlanda, al Portogallo e alla Grecia per tre anni. Lasciarli fuori dal mercato. Magari ristrutturare il loro debito fino a un certo punto”. “Ma se la Spagna rotola giù dalla collina, non ci sono sufficienti risorse monetarie ufficiali nella busta delle risorse europee per salvarla. La Spagna è da un lato troppo grande per fallire, dall’altro troppo grande per essere salvata”.
Il primo problema per quanto riguarda la Spagna è l’entità del debito pubblico: 1 trilione di euro (quello della Grecia ammonta € 300 mila). La Spagna ha anche 1 trilione di euro a titolo di debito estero privato.
E, viste le dimensioni, le risorse – governative o sopra- nazionali – non sono semplicemente sufficienti per girarci attorno.

Come ho già rilevato in passato, la Germania e la Francia – rispettivamente al quarto e quinto posto nella classifica delle maggiori economie- sono i paesi maggiormente esposti al debito portoghese e spagnolo. Per un approfondimento sulle interconnessioni tra le economie della zona euro che si aggiungono al rischio di contagio, si veda qui.
Se è allettante pensare che il salvataggio dell’eurozona stia a significare che le nazioni creditrici hanno saputo gestire bene le loro economie risparmiando grosse cifre di denaro, che hanno concesso a prestito, Sean Corrigon sottolinea che gli interventi europei sono uno schema di Ponzi:

Sotto l’egida delle regole di questo gioco delle tre carte da miliardi di dollari, i sovrani garantiscono la Banca Centrale Europea, che sovvenziona le banche, che comprano i debiti del governo, che fornisce garanzie per tutti gli altri.

(L’America non è diversa: Bill Gross, Nouriel Roubini, Laurence Kotlikoff, Steve Keen, Michel Chossudovsky e il Wall Street Journal sostengono tutti che l’America sta seguendo anch’essa un enorme schema di Ponzi. E sia l’America sia l’Europa stanno cercando di mascherare l’insolvenza delle loro banche ricorrendo a finti stress test). Non doveva essere necessariamente così. Gli stati europei non erano costretti a sacrificare se stessi per la causa delle grandi banche.
Come ha scritto Roubini a febbraio:

“Abbiamo deciso di condividere le perdite private del sistema bancario (…)”
***
Roubini crede che ulteriori tentativi di intervento abbiano solo amplificato i problemi con il debito sovrano. Egli dice “Ora c’è un gruppo di super sovrani – il FMI, la UE, la zona euro- che mettono in salvo quei sovrani”.
Sostanzialmente, i super sovrani sottoscrivono i debiti sovrani – aumentando l’ampiezza e concentrando i problemi.
Roubini definisce l’intervento dei super sovrani come un semplice calciare la lattina sull’asfalto.
Afferma ironicamente: “Non c’è nessuno che viene da Marte o dalla luna per soccorrere il FMI o l’Eurozona”.
Ma nonostante il passaggio di carte a livello nazionale e a livello di entità sopranazionali, la realtà alla fine interviene: “Quindi ad un certo punto si ha bisogno di una ristrutturazione. Ad un certo punto c’è bisogno che i creditori delle banche prendano una batosta – altrimenti tutto questo va a ricadere sul bilancio del Governo. E poi il governo si spacca la schiena– e il governo diventa insolvente”.

E questa è la mia considerazione di aprile:
Come ho già sottolineato nel dicembre 2008:

La Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) è spesso chiamata “la banca centrale delle banche centrali”, nella misura in cui coordina le transazioni tra banche centrali.
La BRI ha sottolineato in un nuovo report che i pacchetti di salvataggio delle banche hanno trasferito rischi considerevoli nei bilanci governativi, cosa che si è riflessa nel corrispondente ampliarsi del credit default swap sovrano:

“Lo scopo e la consistenza dei pacchetti bancari di salvataggio hanno implicato altresì che dei rischi significativi sono stati trasferiti sui bilanci del governo. Ciò era particolarmente evidente nel mercato dei credit default swaps sovrani impiegati nel salvataggio di singole grosse banche o in pacchetti di supporto su base più ampia nel settore finanziario, compresi gli Stati Uniti. Se tali credit default swaps sono stati commercializzati in modo sottile prima degli annunciati pacchetti di salvataggio, gli spread sono improvvisamente cresciuti sulla base di un’aumentata domanda di protezione del credito, mentre i corrispondenti spread del settore finanziario si sono ristretti”.
In altre parole, prendendo ampie porzioni del rischio dal commercio in derivati nocivi effettuato dalle banche, e spendendo i miliardi che non hanno, le banche centrali hanno messo i loro paesi di riferimento a rischio fin da principio.
***

Ma non avevano altra scelta, giusto?
Gli stati non avevano altra scelta eccetto quella di mettere in salvo le loro banche?
Beh, in realtà ce l’avevano.
La leader dell’economia monetaria ha detto al Wall Street Journal che questa non era una crisi di liquidità, ma di insolvenza. Ha detto che Bernanke sta combattendo la sua ultima guerra, e sta tenendo l’approccio sbagliato (così come le altre banche centrali).
Il premio nobel per l’economia Paul Krugman e il grande economista James Galbraith concordano. Dicono che i tentativi compiuti dal governo di alzare i prezzi degli asset tossici che nessuno vuole non aiuta.
La BRI ha stroncato la politica di credito facile tenuta dalla Fed e dalle altre banche centrali, il fallimento della regolamentazione del sistema bancario d’ombra, l’ “utilizzo di stratagemmi e di palliativi” e ha detto che qualunque cosa diversa dal 1) lasciare che gli asset price scendano al loro vero valore di mercato, 2) aumentare i tassi di risparmio e 3) obbligare le aziende a cancellare i debiti negativi “peggiorerà semplicemente le cose”.
Ricordiamoci che l’America non è stato l’unico paese ad avere a che fare con la bolla immobiliare. Le banche centrali mondiali hanno permesso lo sviluppo di una bolla immobiliare globale. Come ho scritto nel dicembre 2008:

‘..la bolla non era limitata agli USA. C’era una bolla mondiale nel settore della proprietà immobiliare.
Nel 2005 l’Economist aveva scritto che il boom mondiale dei prezzi degli immobili residenziali in questo decennio era ‘la più grande bolla della storia’. L’Economist aveva notato che, all’epoca, il valore totale degli immobili residenziali nei paesi sviluppati era cresciuto da più di 30 trilioni di dollari a 70 trilioni di dollari negli ultimi cinque anni – un incremento pari al PIL combinato di quelle nazioni.
Le bolle immobiliari stanno ora scoppiando in Cina, Francia, Spagna, Irlanda, Inghilterra, Europa dell’est e in molti altri paesi.
E la bolla degli immobili commerciali sta anche esplodendo a livello mondiale. Si veda questo.
***

La BRI ha altresì messo in guardia dal fatto che gli aiuti avrebbero potuto mettere in pericolo l’economia (cosa che ha fatto anche il precedente capo delle operazioni di mercato aperto della Fed). In effetti, le sovvenzioni creano un clima di pericolo morale che incoraggia comportamenti più rischiosi. Il premio Nobel per l’economia George Akerlof aveva predetto nel 1993 che i credit default swap avrebbero portato a un crollo maggiore, e che i crolli futuri si sarebbero certamente verificati a meno che il governo non avesse impedito ai grandi della finanza di darsi al saccheggio piazzando scommesse che non avrebbero mai potuto ripagare quando le cose fossero iniziate ad andare male, e continuando a sovvenzionare gli scommettitori.

Queste verità sono applicabili in Europa così come in America. Le banche centrali hanno commesso azioni sbagliate. Non hanno aggiustato niente ma semplicemente trasferito i derivati tossici e altre bombe finanziare dalle grandi banche alle nazioni stesse.


***

Attenzione: anche se il rapporto debito/PIL dell’Italia sembra elevato, c’è un elevato tasso di risparmio sulla proprietà immobiliare e potenzialmente tutto il debito del governo è posseduto internamente dai proprietari immobiliari. Quindi potrebbe essere non così vulnerabile come si crede.

Titolo originale: "Greece #8594; Ireland #8594; Portugal #8594; Spain #8594; Italy #8594; UK #8594; ? Europe’s Financial Domino Effect"
Fonte: http://washingtonsblog.com/

Link
Traduzione per http://www.comedonchisciotte.org
a cura di RACHELE MATERASSI



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MessaggioInviato: 03/01/2011, 18:43 
2011: L ’ANNO IN CUI LE CITTA’ FALLISCONO?

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gen 3rd, 2011

FONTE: WASHINGTON’S BLOG
http://www.altrainformazione.it/wp/2011 ... alliscono/

Così il Guardian ha scritto la scorsa settimana:

Un’importante analista ha messo in guardia che più di 100 città americane potrebbero fallire il prossimo anno per la crisi del debito che ha colpito banche e Paesi e minaccia ora di innescare una crisi metropolitana.
Meredith Whitney, l’analista di ricerca statunitense che ha correttamente previsto la crisi globale del credito, ha descritto la situazione di debiti locali e statali come il problema più grande per l’economia degli Stati Uniti, e che potrebbe scombussolare il suo recupero.
"Accanto a quella immobiliare è la questione più importante negli Stati Uniti e certamente la più grande minaccia per l’economia degli Stati Uniti", ha detto Whitney nel programma “60 minuti” della CBS nella notte di domenica.
"Non ho il minimo dubbio che si vedrà una raffica di inadempienze di obbligazioni municipali. Si vedranno da cinquanta a cento inadempienze consistenti – o più. Ciò equivale a centinaia di miliardi di dollari di default".

The Guardian continua:

Città da Detroit a Madrid stanno lottando per pagare i creditori, compresi i fornitori di servizi di base come la pulizia delle strade. La scorsa settimana, l’agenzia di rating Moody’s ha messo in guardia circa un possibile declassamento per la città di Firenze e Barcellona, e ha tagliato il rating dei Paesi Baschi nel nord della Spagna. Lisbona è stato retrocessa dall’agenzia rivale Standard & Poor’s all’inizio di quest’anno, mentre i prestiti di Napoli e Budapest sono sul punto di essere classificati “junk”. Il debito di Istanbul è già stato declassato a “junk”. Gli Stati Uniti hanno speso quasi 500 miliardi di dollari più di quello che hanno raccolto in tasse, e si trovano di fronte a un buco di 1 miliardo di dollari nei loro fondi pensione ….
Detroit sta tagliando sulla polizia, l’illuminazione, le riparazioni stradali e i servizi di pulizia …. La città, che ha subito un calo per quasi due decenni a causa del declino dell’industria automobilistica statunitense, non produce ricchezza sufficiente per mantenere i servizi per i suoi 900.000 abitanti.
Il vicino Stato dell’Illinois ha speso due volte i soldi che ha raccolto ed è indietro di circa sei mesi sul pagamento dei creditori. Solo l’Università dell’Illinois è indebitata per 400 milioni di dollari …. Lo Stato ha una probabilità di fallire del 21%, più di ogni altro, secondo CMA Datavision, un fornitore di informazioni sui derivati.

***

In Italia, Moody’s e S & P hanno minacciato di retrocedere Firenze, mentre Venezia è stata costretta negli ultimi mesi a mettere in vendita un po’ dei palazzi lungo i suoi canali per finanziare il deficit.
"Le città sono abbandonate a se stesse. I governi non vengano loro in soccorso in quanto hanno problemi per conto loro", ha detto Andrés Rodriguez-Pose, docente di geografia economica presso la London School of Economics. "Le città dovranno pagare per i loro debiti, e in alcuni casi dovranno eseguire tagli drammatici, come Detroit".
Naturalmente, come ho sottolineato precocemente e di frequente, questo “colpisce proprio i governi centrali", perché hanno assunto i debiti tossici delle loro banche "troppo grandi per fallire". Per questo motivo "i governi non verrà in loro soccorso come hanno problemi per conto loro".

Per esempio:

Come ho detto nel dicembre 2008, le grandi banche sono la ragione principale per cui il debito sovrano è divenuta una crisi:
La Bank for International Settlements (BIS) è spesso chiamata "banca centrale delle banche centrali", perché coordina le operazioni tra le banche centrali.
BIS osserva in una nuova relazione che i pacchetti di salvataggio delle banche hanno trasferito i rischi significativi sul bilancio del governo, che si riflette nel corrispondente ampliamento degli scambi di crediti sovrani di default:
L’ambito e la portata dei pacchetti di salvataggio delle banche significa anche che i rischi significativi erano stati trasferiti sul bilancio del governo. Ciò era particolarmente evidente nel mercato dei CDS (Credit Default Swap) sovrani coinvolti sia nel salvataggio delle grandi banche individuali sia in pacchetti di ampio sostegno per il settore finanziario, compresi gli Stati Uniti. Mentre tali CDS sono stati scarsamente scambiati prima degli annunciati pacchetti di salvataggio, la loro diffusione si è ampliata improvvisamente con l’aumento della domanda di protezione del credito, mentre il corrispondente settore finanziario si rafforza.

In altre parole, assumendo enormi porzioni di rischio dalle banche trattanti derivati tossici, e spendendo migliaia di miliardi che non hanno, le banche centrali hanno messo i loro Paesi a rischio di default.
Uno studio su 124 crisi bancarie fatto dal Fondo Monetario Internazionale ha trovato che sostenere le banche che aspirano solo ad essere solventi non danneggia l’economia:

Una esistente ricerca empirica ha dimostrato che fornire assistenza alle banche e ai loro mutuatari può essere controproducente, causando maggiori perdite per le banche, che spesso abusano in tolleranza nel prendere rischi improduttivi a spese del governo. Il risultato tipico della tolleranza è un buco più profondo nel patrimonio netto delle banche, oneri fiscali paralizzanti per finanziare salvataggi bancari, e ancora più grave contrazione dell’offerta di credito e declino economico che si sarebbe verificato in assenza di indulgenza.

L’analisi di fondo fino ad oggi dimostra anche che le misure di politica accomodante (come il consistente supporto di liquidità, la garanzia governativa esplicita sulle passività delle istituzioni finanziarie e l’astensione da norme prudenziali) tendono ad essere fiscalmente costose e che queste politiche particolari non necessariamente accelerano la velocità di ripresa economica.

***

Troppo spesso, le banche centrali privilegiano la stabilità rispetto ai costi nella foga della fase di contenimento: in tal caso, esse possono anche liberamente concedere prestiti a una banca senza liquidità che quasi certamente si dimostrerà in ogni caso insolvente. Inoltre, la chiusura di una banca non vitale è spesso ritardata per troppo tempo, anche quando non ci sono chiari segni di insolvenza (Lindgren, 2003). Dal momento che per chiudere delle banche si devono affrontare molti ostacoli, si tende a fare affidamento invece sulle garanzie della coperta governativa che, se la posizione fiscale e politica del governo le rende credibili, può funzionare anche se a costo di porre l’onere a bilancio, in genere tagliando sulle future prestazioni di necessari servizi pubblici. Naturalmente, ci sono altre cause per i problemi di bilancio delle città oltre al salvataggio delle grandi banche da parte degli Stati.

Come “Business Insider” sottolinea:

In primo luogo, la scadenza dei Build America Bond renderà più difficile per le città per raccogliere fondi. [Cfr. questo ]
In secondo luogo, le entrate della città stanno crollando e vanno sempre peggio. Le imposte sugli immobili non hanno rispecchiato il totale dei danni dalla crisi dei subprime. La disoccupazione molto alta taglia le entrate delle città, mentre aumenta i costi per i servizi.
Il prossimo default potrebbe essere una grande città come Detroit, o potrebbe essere una delle centinaia di piccole città che sono sull’orlo del fallimento.

Il fatto che gli immobili stanno entrando in una doppia recessione e che il governo sta aggravando il problema della disoccupazione (che ha ridotto la fiducia dei consumatori ) non fa ben sperare per le città.
Naturalmente, se le città e gli Stati avessero effettivamente finanziato le loro pensioni e altre obbligazioni durante i tempi buoni, o almeno fatto proiezioni di investimento più realistiche, non sarebbero in un tale grande buco ora. Vedere questo.

Fonte: http://georgewashington2.blogspot.com/
Traduzione per http://www.comedonchisciotte.org a cura di EITORE MARIO BERNI



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MessaggioInviato: 03/01/2011, 23:07 
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Thethirdeye ha scritto:


2011: L ’ANNO IN CUI LE CITTA’ FALLISCONO?

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gen 3rd, 2011

FONTE: WASHINGTON’S BLOG
http://www.altrainformazione.it/wp/2011 ... alliscono/

Così il Guardian ha scritto la scorsa settimana:

[i]Un’importante analista ha messo in guardia che più di 100 città americane potrebbero fallire il prossimo anno per la crisi del debito che ha colpito banche e Paesi e minaccia ora di innescare una crisi metropolitana.
Meredith Whitney, l’analista di ricerca statunitense che ha correttamente previsto la crisi globale del credito, ha descritto la situazione di debiti locali e statali come il problema più grande per l’economia degli Stati Uniti, e che potrebbe scombussolare il suo recupero.
"Accanto a quella immobiliare è la questione più importante negli Stati Uniti e certamente la più grande minaccia per l’economia degli Stati Uniti", ha detto Whitney nel programma “60 minuti” della CBS nella notte di domenica.
"Non ho il minimo dubbio che si vedrà una raffica di inadempienze di obbligazioni municipali. Si vedranno da cinquanta a cento inadempienze consistenti – o più. Ciò equivale a centinaia di miliardi di dollari di default".






Americatown e gli americani emigrano in cerca di fortuna...
Una serie televisiva che vede i cittadini statunitensi lasciare il proprio paese? Fino a qualche tempo fa l'avremmo definita solo fantapolitica... ma adesso, con la crisi finanziaria negli USA?

Emigrare altrove?

Ogni nazione ha dei momenti storici particolari; situazioni di grande impatto emotivo in cui si è venuta a trovare e che rimangono a tormentarla. Le file dei disoccupati in attesa di un pasto caldo nel 1929, dopo il crollo di Wall Street, è certamente una di queste.



E se adesso, invece, la crisi finanziaria negli Stati Uniti fosse così grave da costringere una parte della popolazione a emigrare altrove, in cerca di un lavoro?

Benvenuti allora ad Americatown, l'enclave di americani in una città di un paese che non è il loro, magari in un altro continente, contrappasso di tutte le Chinatown o le Little Italy della storia.



La rete HBO starebbe sviluppando Americatown una serie drammatica amibientata nel futuro, scritta da Bradford Winters (Oz, Six Degrees, The Bedford Diaries) e prodotta da Tom Fontana, Barry Levinson (Rain Man), Frank Marshall (fondatore della Amblin Entertainment e produttore di molti successi targati Steven Speilberg) e sua moglie Kathleen Kennedy. La serie sarebbe ambientata tra circa 25-40 anni e dopo che il declino degli USA ha costretto una parte della popolazione a emigrare in massa altrove, andando a formare delle comunità nelle grandi città straniere. I gruppi di americani assumerebbero così il ruolo degli stessi immigrati che adesso, a casa loro, vedono con tale ansia da erigere dei veri e propri muri, diventando i fuggitivi di una nazione debole e perdente.



Il progetto di Winters esiste da alcuni anni e in varie forme. In principio doveva essere una serie sull'immigrazione odierna nella città di New York, ma dopo aver incontrato il duo di produttori Fontana/Levinson per le produzioni HBO e quello Marshall/Kennedy, che stava cercando un progetto con questo tema, Winters ha pensato di percorrere una strada futuristica, mescolando l'incapacità del proprio paese di affrontare i disastri naturali alla crisi economica e all'aumento del prezzo del petrolio.

Il conseguente indebolimento degli Stati Uniti, finora visto in romanzi in bilico tra l'apocalittico e la fantapolitica, costringerebbero così una parte della popolazione ad abbandonarlo.



Gli eventi di questo periodo (rincari del petrolio e crisi dei mutui in testa), però, tingono di profetico il progetto di Winters, che dice: "Quello che sta accadendo ora è un vero e proprio disastro per molta gente e, in un certo senso, fa riflettere sul fatto che quello che ho immaginato possa accadere in Americatown sia qualcosa di impossibile."

http://www.fantascienza.com/magazine/no ... erca-di-f/


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ECONOMIA METAPOLITICA

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Ormai viene ammesso senza remore da commentatori di differente ispirazione, come Innocenzo Cipolletta e Loretta Napoleoni (1). Alle origini dell’attuale crisi economica ci sono le guerre in Iraq e in Afghanistan. Per finanziare imprese militari che gli Stati Uniti non potevano permettersi, l’amministrazione americana, attraverso la Federal Reserve, quasi azzerò i tassi di interesse, in modo da avere disponibilità dei capitali ingenti liquidi che le necessitavano. Tutti i governi occidentali furono obbligati, come sempre accade, a fare lo stesso per reggere il passo.

gen 4th, 2011

DI VALERIO EVANGELISTI
carmillaonline.com

Fonte:
http://www.altrainformazione.it/wp/2011 ... apolitica/

Simultaneamente gli Usa, in cerca di consenso a favore della guerra tra le classi medie, resero agevole – sempre tramite la Federal Reserve, che guida il comportamento delle altre banche – l’ottenimento di mutui per l’acquisto delle case, senza riguardi per la solvibilità degli acquirenti. Non lo dico io, lo scrive Cipolletta.
Affluirono capitali, però in larga misura speculativi, attratti dalla pacchia che si profilava. Il mercato immobiliare diventò un nuovo Far West, un oggetto di conquista. Tutto ciò, nelle intenzioni, sarebbe stato riequilibrato dalle materie prime dei Paesi assoggettati. Non fu così. Le guerre divennero pantani, incapaci di compensare ciò che costavano. La finanza crebbe oltre misura, con un volume di scambi insostenibile. Chi aveva venduto titoli di dubbia consistenza, confidando in un imminente rialzo dei tassi, restò deluso. I mutui sulle case furono le prime sabbie mobili delle eccessive esposizioni bancarie; seguirono altre voragini.
Gli istituti di credito, a quel punto, tirarono frettolosamente i remi in barca, dopo un paio di naufragi illustri. Vendettero all’estero quote di debito in abbondanza, confezionate in pacchetti che includevano consistenti percentuali di pattume. Troppo tardi. La crisi non era più ciclica, ma strutturale. Digiune di prestiti, le compagnie europee non abbastanza solide cominciarono a chiudere, quelle più forti a delocalizzare. Il dogma monetarista, affermatosi dopo il tracollo del campo socialista e socialdemocratico, vuole che il costo del lavoro sia il primo da comprimere nei momenti difficili. Così è stato. Ovviamente i consumi, nei paesi occidentali, sono crollati, in vista di discutibili eden futuri nelle potenze economiche dette emergenti (Cina, Brasile, India, in parte Russia).
Peccato che laggiù larghi settori di popolazione restino esclusi da ogni sviluppo, e dunque non in grado di assorbire l’intera sovrapproduzione dell’Occidente. Peccato altresì che, via via che le nuove potenze emergono, siano in grado di produrre cloni o evoluzioni degli stessi manufatti tipici dell’Ovest, a volte di altissimo contenuto tecnologico.
Caduta del saggio di profitto, sovrapproduzione. Tra queste due coordinate, e altre conseguenti, ecco i fondamenti di una crisi niente affatto volatile. Potrebbe rimediarvi solo il raggiungimento degli obiettivi economici prefissati con le avventure militari. Nulla lascia prevedere che ciò sia possibile. Aprire altri fronti di guerra, provarci di nuovo? Malgrado le ringhiose esortazioni del governo israeliano, e di alcuni Stati arabi (come rivelato da Wikileaks), nessuno al momento se lo può permettere.
Si è parlato di “crisi di sistema”. In parte è vero, ma se per sistema si intende il capitalismo in senso lato, finanziario e produttivo, questo mai cade da solo. Se non contrastato, ha molte armi per reagire e sopravvivere. In primo luogo limitare la propria appendice voluttuaria, la democrazia (2). Desta invidia, in numerosi osservatori occidentali, il modello russo. Limitazione drastica del controllo dal basso, nell’ambito di un assetto economico niente affatto socialista, affidato a strati privilegiati costruiti dall’alto, pezzo per pezzo (con epurazioni periodiche, sotto pretesti giudiziari, dei tasselli che non funzionano o si rivelano troppo ingombranti). Analoga ammirazione suscita il modello cinese. Gli strumenti della vecchia “dittatura del proletariato” al servizio di una crescita prettamente capitalistica (checché ne pensi Diliberto), con classi egemoni create ad hoc. Coloro che criticavano “da sinistra” il socialismo reale, asserendo che la facciata nascondeva le forme di accumulazione del sistema che diceva di combattere, avevano ragione da vendere.
La vecchia arma primaria con cui il capitalismo affronta storicamente le proprie crisi, l’autoritarismo, è verificabile in tutto il mondo occidentale, Unione Europea inclusa. Questa non fa che generare organi centrali di controllo economico sottratti a ogni vaglio democratico e investiti di pieni poteri. Il monetarismo, la UE lo ha elevato a dottrina centrale e indiscutibile addirittura per costituzione (costringendo a votare di nuovo chi si era espresso contro, fino a non fare votare per nulla la sua ultima riproposizione, il “Trattato di Lisbona”). I parlamenti sono stati esautorati delle loro prerogative attraverso limitazioni di mandato, o meccanismi di voto alterati sino a escludere opposizioni ostili alla filosofia di fondo. Ogni impegno è volto a impedire che i cittadini possano influire sulle scelte determinanti che li riguardano.
Naturalmente, l’effetto è più sensibile nelle fabbriche, la cellula autoritaria per eccellenza. Guai a ostacolare l’efficientismo dei padroni, salvo una trasmigrazione delle aziende. Si pisci di meno, si mangi di meno, si lavori fino allo sfinimento, dal giorno alla notte. Altrimenti produrremo (senza peraltro vendere) dove la forza-lavoro costa quasi un cavolo, e dove i diritti dei lavoratori confinano con quelli della prima rivoluzione industriale. Sindacati gialli, forti solo di una base di pensionati iscritti a forza per presentare la dichiarazione dei redditi, applaudono entusiasti. Due ipotesi alternative: o non hanno capito nulla, o hanno capito troppo e sono complici. Buona la seconda.
Ma come si fa, senza riuscire a vendere ciò che si è prodotto (per esempio automobili), a tenersi sul mercato? Il fatto è che il capitale finanziario ha finito col sovrapporsi al capitale reale. Hilferding lo aveva previsto, ma anche Marx lo aveva intuito (con la formula D-M-D: si rilegga il primo volume de Il Capitale per vedere cosa significa). La “M”, merce, è comunque uscita di scena. Paesi prosperi come l’Irlanda o la Spagna sono messi in un angolo, declassati da entità futili quali le agenzie di rating. Agenti fasulli e obbrobriosi, che solo una teoria forsennata come il monetarismo, privo di qualsiasi base scientifica (come aveva dimostrato il compianto Federico Caffè in Lezioni di politica economica, Bollati-Boringhieri, 1980), poteva formulare. Ebbene, proprio il monetarismo è la dottrina ufficiale dell’Unione Europea. Non conta quanto un Paese sia vitale e produttivo. Conta, per valutarlo, il suo indebitamento. Verso cosa? Verso un debito complessivo più grande. Tutti sono indebitati. Specialmente l’Africa, il continente più ricco di materie prime e di giacimenti. Guarda caso, sembra il più povero. I suoi abitanti fuggono al nord inseguiti dalla fame. Chi li perseguita? Una povertà naturale? No, il debito. Chi è ricco diventa povero, chi è povero diventa ricco. C’è qualcosa che non va.
Uno spettro si aggira per l’Europa e per il mondo: è un errore di calcolo. Non ha niente a che vedere con l’economia propriamente intesa, cioè con la ripartizione delle risorse tra gli appartenenti al genere umano, cercando di far sì che esistano beni per tutti. E’ una follia collettiva che va oltre le atrocità del capitalismo, cioè la versione moderna del rapporto tra padroni e schiavi. Siamo alla servitù delle cifre, si produca o no. Siamo servi di un registratore di cassa in mano altrui, che pare manipolato da un folle. Ma folle non è poi tanto. Sceglie quale classe colpire, per farla vittima delle sue bizzarre matematiche. E’ sempre la classe subalterna, quella dei salariati e degli stipendiati. Tutto si tocchi salvo i profitti e le rendite, essenziali ai fini dell’algebra astratta del regno della finzione economica. Dove chi non produce guadagna, chi produce soffre, chi sarebbe ricco è povero, chi è povero lo è per calcoli immateriali e per flussi di ricchezza inesistente fatti apposta per non beneficiarlo.
Il “debito pubblico” è un’astrazione legata a un’ideologia stupidissima, oggi l’unica insegnata nelle università – il “monetarismo”, più la sua variante volgare, la Supply Side Economy, cara a Reagan, alla Thatcher, a Pinochet – e il sistema, vergognoso, vi ha costruito sopra un intero edificio teorico. Smettiamo di essere servi di un pallottoliere privo di senso.
Ma ricordiamoci anche di un vecchio motto: “Senza la forza la ragion non vale” (Andrea Costa, Avanti!, 1881). Non è un invito al terrorismo, bensì un’esortazione a tenere le piazze con la determinazione del dicembre scorso.

Fonte: http://www.carmillaonline.com
Link: http://snipurl.com/1rxmpp

NOTE
(1) Innocenzo Cipolletta, Banchieri, politici e militari, Laterza, 2010; Loretta Napoleoni, La morsa. Le vere ragioni della crisi mondiale, Chiarelettere, 2009.
(2) Cfr. Vladimiro Giacchè, La fabbrica del falso. Strategie della menzogna nella politica contemporanea, Derive / Approdi, 2008.



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MessaggioInviato: 06/01/2011, 17:01 
Tremonti, la crisi non è finita

Monito sulla situazione economica mondiale.
Speculazione? Tornati al punto di partenza


06 gennaio, 16:46

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Fonte:
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 02544.html

PARIGI - "La crisi non è finita". Lo ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti alla Conferenza 'Nuovo mondo, nuovo capitalismo' riferendosi complessivamente alla situazione internazionale.

"E' come vivere in un videogame - ha detto il ministro Tremonti -. Vedi un mostro, lo combatti, lo vinci, sei rilassato. E invece ne compare un altro, più forte del primo". Tremonti ha poi aggiunto: "Adesso diciamo che tutto va bene. Ma siamo sicuri?".

Anche l'anno appena cominciato - afferma Santini - si profila come "difficile" sotto il profilo dell'occupazione. Per questo - aggiunge - tutte le parti sociali hanno chiesto la proroga degli ammortizzatori sociali. Santini chiede, quindi, "oltre il sostegno all'export, investimenti pubblici e privati. E una politica più favorevole ai redditi medio-bassi per sostenere la domanda interna". Quanto alle politiche per il lavoro, oltre alla proroga degli ammortizzatori, "politiche di reimpiego. In particolare per i giovani - afferma il vice di Bonanni - serve una 'terapia d'urtò con misure ad hoc, incentivando in particolare l'apprendistato e facendo incontrare la domanda con l'offerta". Le imprese, infatti, stentano a trovare sul mercato le professionalità richieste.

"Che l'Europa risorga". Ha detto Tremonti citando il discorso di Winston Churchill del 1946 che guardava alle macerie lasciate dalla seconda guerra mondiale. "Se si guarda al futuro geopolitico è evidente che la competizione - ha sottolineato il ministro - è tra continenti" e per questo è necessario che l'Europa abbia un ruolo nel suo insieme. "La crisi - ha detto Tremonti parlando ancora dei suoi effetti sull'Europa - ha mantenuto i confini politici ma non ha mantenuto i confini economici e il rischio è senza confini". Sottolineando poi che negli anni passati si è posto troppo l'accento sui budget e i debiti pubblici "quando poi invece la crisi è arrivata dal settore privato", Tremonti ha sottolineato che non è più possibile pensare che "se un business va bene è ok e ci sono i dividendi mentre se non va bene la responsabilità è limitata".

Tremonti ha detto che, nonostante l'Europa sia storicamente più ricca e avanzata, "di fatto non c'é un blocco europeo. C'é il blocco dell'America, dell'Asia, del Sudamerica, mentre l'Europa è un mondo ancora non unito". Per Tremonti occorre prendere atto che "é finita l'Europa degli Stati-nazione e bisogna far prevalere una logica federale".

SPECULAZIONE? TORNATI A PUNTO PARTENZA - Alcuni Paesi "hanno salvato le banche e con esse la speculazione", il risultato "é che siamo tornati quasi al punto di partenza".Ha affermato Tremonti precisando che "non è il caso dell'Italia dove per fortuna il denaro pubblico non è stato usato, o solo in minima parte e in via di restituzione, per le banche".
"La grande depressione dell'altro secolo - ha spiegato Tremonti, a margine della conferenza di Parigi - fu gestita usando il denaro dei contribuenti per finanziare l'economia reale, l'industria e le famiglie. La grande depressione di questo secolo - ha proseguito il ministro - è stata gestita usando il denaro dei contribuenti per finanziare le banche perché le banche sono sistemiche. Ma anche la speculazione è sistemica nelle banche. E quindi con le banche è stata salvata la speculazione. Risultato è che siamo tornati quasi al punto di partenza". Tremonti precisa tuttavia che "non è il caso dell'Italia dove per fortuna abbiamo usato pochi soldi per le banche e sono in via di restituzione". Il ministro dell'Economia ha poi aggiunto scherzando: "Allora avevamo detto: nazionalizzatevi le banche. Qualcuno aveva risposto: non possiamo perché siamo socialisti".



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L'élite mondiale controlla ormai tutte le ricchezze del mondo

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By Edoardo Capuano - Posted on 03 gennaio 2011

Fonte:
http://www.ecplanet.com/node/2113#comments

Al giorno d’oggi la ricchezza mondiale è più concentrata nelle mani di una élite di quanto lo sia mai stata nella storia moderna.

Un tempo la maggior parte della popolazione sul pianeta sapeva come coltivare i propri alimenti, allevare i propri animali e prendersi cura di sé. Non c’erano molte persone favolosamente ricche, ma c’era una certa dignità nell’avere un pezzo di terra che potevi chiamare tuo, o nell’avere un’abilità che potevi far fruttare.

Tristemente, nelle ultime decine di anni, una percentuale sempre maggiore di terre coltivabili è stata inghiottita da grosse corporation e da governi corrotti. Centinaia di milioni di persone sono state cacciate dalle proprie terre verso aree urbane sempre più dense.

Nel frattempo, è diventato sempre più difficile avviare un’attività propria, dal momento che poche monolitiche corporation globali hanno iniziato a dominare quasi ogni settore dell’economia mondiale. Così, un numero sempre maggiore di persone nel mondo è stata obbligata a lavorare per “il sistema” per riuscire appena a sopravvivere. Allo stesso tempo, coloro che sono al vertice della catena alimentare (l’élite) hanno impiegato decenni per implementare il sistema in modo da assicurarsi nelle proprie tasche porzioni sempre più vaste di ricchezza.

E così oggi, nel 2010, abbiamo un sistema globale in cui pochissime persone al vertice sono assurdamente ricche, mentre circa metà della popolazione di questo pianeta è irrimediabilmente povera.

Ci sono davvero poche nazioni nel mondo che non siano state quasi interamente saccheggiate dall’élite globale.

Quando l’élite parla di “investire” nei paesi poveri, ciò che intende veramente è prendere possesso delle terre, dell’acqua, del petrolio e delle altre risorse naturali. Grosse corporations globali stanno oggi spogliando dozzine di nazioni in tutto il mondo di favolose quantità di ricchezza, mentre la maggior parte della popolazione di quelle nazioni continua a vivere in un’abietta povertà. Nel frattempo, i politici al vertice di quelle nazioni ricevono ingenti doni per poter perpetrare il saccheggio.

Quello che quindi abbiamo nel 2010 è un mondo dominato da una minuscola manciata di persone ultraricche al vertice che posseggono una quantità incredibile di beni reali, un gruppo più numeroso di “manager intermedi” che fa funzionare il sistema per l’élite globale (e che è pagato veramente bene per farlo), centinaia di milioni di persone che fanno il lavoro richiesto dal sistema, e diversi miliardi di “inutili avventori” di cui l’élite globale non ha bisogno alcuno.

Il sistema non è stato progettato per elevare il tenore di vita dei poveri. Né per promuovere la “libera impresa” e la “competizione”. L’élite intende piuttosto accaparrarsi tutta la ricchezza e lasciare il resto di noi schiavi del debito o della povertà.

Quello che segue è un elenco di 20 dati statistici che provano il continuo accentramento di ricchezza nelle mani dell’élite globale, lasciando la maggior parte del resto del mondo in povertà e miseria.


1. Secondo la UN Conference on Trade and Development (Conferenza dell’ONU su Commercio e Sviluppo), il numero di “paesi meno sviluppati” è raddoppiato negli ultimi 40 anni.

2. I “paesi meno sviluppati” hanno speso 9 miliardi di dollari per importazioni di alimenti nel 2002. Nel 2008 questa cifra è salita a 23 miliardi di dollari.

3. Il reddito medio pro-capite nei paesi più poveri dell’Africa è sceso a 1/4 negli ultimi 20 anni.

4. Bill Gates ha un patrimonio netto dell'ordine dei 50 miliardi di dollari. Ci sono circa 140 paesi al mondo che hanno un PIL annuo inferiore alla ricchezza di Bill Gates.

5. Uno studio del World Institute for Development Economics Research (Istituto Mondiale per la ricerca sull’economia dello sviluppo) evidenzia che la metà inferiore della popolazione mondiale detiene circa l’1% della ricchezza globale.

6. Circa 1 miliardo di persone nel mondo va a dormire affamato ogni notte.

7. Il 2% delle persone più ricche detiene più della metà di tutto il patrimonio immobiliare globale.

8. Si stima che più dell’80% della popolazione mondiale vive in paesi dove il divario fra ricchi e poveri è in continuo aumento.

9. Ogni 3,6 secondi qualcuno muore di fame, e 3/4 di essi sono bambini sotto i 5 anni.

10. Secondo Gallup, il 33% della popolazione mondiale dice di non avere abbastanza soldi per comprarsi da mangiare.

11. Mentre stai leggendo questo articolo, 2,6 miliardi di persone nel mondo stanno soffrendo per mancanza di servizi sanitari di base.

12. Secondo il più recente “Global Wealth Report” di Credit Suisse, lo 0,5% di persone più ricche controlla più del 35% della ricchezza mondiale.

13. Oltre 3 miliardi di persone, quasi la metà della popolazione mondiale, vive con meno di 2 dollari al giorno.

14. Il fondatore della CNN, Ted Turner, è il più grande proprietario terriero privato negli Stati Uniti. Oggi, Turner possiede circa 2 milioni di acri [più di 8.000 Km quadrati - NdT] di terra. Questa quantità è maggiore dell’area del Delaware e di Rhode Island messe assieme [come l’intera superficie dell’Abruzzo - NdT]. Turner peraltro invoca restrizioni governative per limitare a 2 o meno figli per coppia nell’ottica di un controllo della crescita demografica.

15. 400 milioni di bambini nel mondo non hanno accesso all’acqua potabile.

16. Circa il 28% dei bambini dei paesi in via di sviluppo sono considerati malnutriti o hanno una crescita ridotta a causa della malnutrizione.

17. Si stima che gli Stati Uniti detengano circa il 25% della ricchezza totale del mondo.

18. Si stima che l’intero continente africano possegga solo l’1% della ricchezza totale del mondo.

19. Nel 2008 circa 9 milioni di bambini sono morti prima di compiere i 5 anni. Circa 1/3 di tutte queste morti è dovuto direttamente o indirettamente a scarsità di cibo.

20. La famiglia di banchieri più famosa al mondo, i Rothschild, ha accumulato montagne di ricchezza mentre il resto del mondo è stato intrappolato nella povertà. Ecco cosa afferma Wikipedia a proposito delle ricchezze della famiglia Rothschild:

Si è sostenuto che nel corso del 19° secolo, la famiglia possedeva di gran lunga il più grande patrimonio privato del mondo, e di gran lunga la più grande fortuna nella storia moderna.

Nessuno sembra conoscere esattamente quanta ricchezza posseggano i Rothschild oggi. Dominano il sistema bancario in Inghilterra, Francia, Germania, Austria, Svizzera e molte altre nazioni. È stato stimato che la loro ricchezza aveva un valore di miliardi [di dollari] già alla metà dell’800. Senza dubbio la quantità di ricchezza detenuta oggi dalla famiglia è qualcosa di inimmaginabile, ma nessuno lo sa con certezza.

Nel frattempo, miliardi di persone nel mondo si stanno chiedendo come far saltar fuori il loro prossimo pasto.

A questo punto, molti lettori vorranno discutere di quanto è orribile il capitalismo e di quanto meravigliosi siano il socialismo e il comunismo.

Ma il problema non è il capitalismo e come abbiamo visto innumerevoli volte nei decenni passati, la proprietà statale delle imprese non costituisce soluzione a nulla.

Ciò che abbiamo nel mondo oggi non è capitalismo. È piuttosto qualcosa di più vicino al “feudalesimo”. L'élite è costituita da “uomini-monopolio” che sfruttano la loro incredibile ricchezza e potere per dominare il resto di noi. Di fatto, è stato John D. Rockefeller ad affermare: “La competizione è peccato”.

Sarebbe bellissimo se vivessimo in un mondo in cui chi vive in povertà fosse incoraggiato a intraprendere una propria attività agricola, a crearsi un lavoro e costruirsi una vita migliore.

Invece le cose vanno nella direzione opposta. La ricchezza diventa sempre più concentrata nelle mani di pochissimi, e il ceto medio ha iniziato a venire eliminato anche nelle nazioni benestanti come gli Stati Uniti.

Risulta che l’élite globale ha deciso che non ha realmente bisogno di così tante e costose “api operaie” statunitensi dopo aver spostato oltreoceano migliaia di fabbriche e milioni di posti di lavoro.

Nel frattempo gli statunitensi sono così distratti da Ballando sotto le stelle, da Lady Gaga e dalla propria squadra sportiva da non rendersi conto di cosa sta accadendo.

Non c'è alcuna garanzia sul fatto che gli Stati Uniti saranno prosperi per sempre. Oggi, un numero record di statunitensi vive già in povertà. Il reddito medio familiare è calato lo scorso anno ed è calato anche lo scorso anno rispetto a quello precedente.

Quindi svegliamoci. Gli Stati Uniti si stanno integrando in un sistema economico globale dominato e controllato da una élite spropositatamente ricca. A costoro non interessa che tu abbia da pagare il mutuo e che tu desideri mandare tuo figlio all'università. Ciò che interessa loro è accumulare quanto più denaro possibile per sé stessi.

L’avidità sta correndo rampante attorno al pianeta e il mondo sta diventando un luogo molto molto freddo. Sfortunatamente, a meno di eventi davvero drammatici, i ricchi stanno solo diventando più ricchi, e i poveri stanno solo diventando più poveri.



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MessaggioInviato: 11/01/2011, 21:11 
Nordafrica: proteste, governi temono effetto domino

11 gennaio, 18:16

di Mahmud Al Dilaimi

ROMA, 11 GEN - Dopo i tragici eventi in Algeria e Tunisia dovuti alla disoccupazione e al caro vita, molti governi arabi corrono ai ripari per contenere eventuali disordini.

La Libia ha deciso recentemente di abolire tutte le tasse sulle importazioni dei prodotti alimentari, in particolare per quelli di base e per il latte in polvere per i bambini. L'Egitto aveva invece già affrontato nel 2010 la "rivolta del pane", causata da speculazioni e costata la vita a dieci persone, risolta dopo un intervento governativo che ha affidato all'esercito la distribuzione alla popolazione della farina e dei beni di prima necessità. La situazione alimentare è molto grave anche in Giordania dove l'opposizione intende organizzare manifestazioni di protesta venerdì prossimo contro la decisione del governo di aumentare del 6 per cento il prezzo dei combustibili. Tale aumento, infatti, andrebbe a riflettersi negativamente sugli altri prodotti, rendendo la vita più difficile per i cittadini.

Per evitare quel che è successo negli ultimi giorni in Algeria e Tunisia, dove le manifestazioni contro il caro vita hanno causato alcuni morti, il re giordano Abdallah II ha ordinato oggi al primo ministro, Samir Al Rifai, di intraprendere misure immediate per alleviare il peso dell'aumento dei prezzi sui cittadini. Citando un funzionario del governo giordano, il sito di Al Jazira afferma che il monarca giordano ha raccomandato maggior protezioni per i poveri e per la classa media fornendo loro possibilità di approvvigionamento e vendendo i prodotti alimentari al minor prezzo possibile. Mentre il tasso di disoccupazione continua a salire nel Regno hashimita, l'inflazione nel mese di dicembre scorso ha raggiunto il 6,1 per cento. Le raccomandazioni del re giordano avvengono in previsione della protesta di massa organizzata dall'opposizione.

Malgrado il tentativo dell'opposizione giordana di dare una veste pacifica alle manifestazione previste per venerdì prossimo contro il caro vita, il governo giordano, che ha appena ottenuto la fiducia di una grande maggioranza, è in stato di allerta considerando tali manifestazioni di massa come una grande sfida per il futuro del governo. L'obiettivo principale della manifestazione è, secondo il sito di Al Arabiya, far cadere il governo di Al Rifai, reo di aver aumentato il prezzo dei combustibili.



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MessaggioInviato: 16/01/2011, 20:13 
Economia: rallenta la crescita globale, sale l'inflazione causata dal rialzo materie prime

By Edoardo Capuano - Posted on 14 gennaio 2011

EconomiaVisto che con i movimenti recenti abbiamo praticamente effettuato gran parte del movimento anticipato, a favore di EUR, TITOLI, mercati EMERGENTI e deboli EU, con calo correttivo del DOLL, CHF, YEN, possiamo ora fare una veloce verifica delle analisi di medio lungo termine, onde valutare se qualcosa è cambiato nel mondo economico-finanziario.

Superata la fase critica delle ASTE di ESP, ITL, PORT, che aveva riportato il focus degli operatori/investitori sui DEBOLI EU, e sulla problematica del DEBITO SOVEREIGN, e sulla sua sostenibilità, si ritornerà a valutare altri fattori fondamentali.

INFLAZIONE, particolarmente quella importata per EU, in fase di accelerazione, dovuta anche al rialzo delle Materie Prime, agricole, industriali, alimentate da aspettative di ripresa della crescita globale e quindi di aumento della domanda, e da acquisti “speculativi” da ricerca di diversificazione – qualità – rifugio.

CRESCITA economica in rallentamento globale, dopo le performances del 2010, fatta oltre le attese e soprattutto sulla spinta elevata dalle misure intraprese dai vari governi. E ora innesco di misure di AUSTERITÀ, di riduzione della liquidità in eccesso nei mercati, rientro graduale dalle politiche economiche di aiuto all’economia da parte dei governi, di necessità di riduzione dei DEBITI, di ri-capitalizzazione, e necessità di adeguamento a Basilea2 e 3.

http://www.ecplanet.com/node/2180


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Il clima è strettamente collegato all'economia

By Edoardo Capuano - Posted on 13 gennaio 2011

TerraPrevedere lo stato di salute del nostro pianeta ? Impossibile farlo senza considerare l'evoluzione dell'economia di tutti i paesi, ricchi e poveri.

Eppure sembra che il Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc) basi le sue previsioni su modelli datati e imprecisi – economicamente parlando – secondo i quali ci sarà una rapida convergenza fra paesi ricchi e poveri.

“È ridicolo", commenta l'economista Richard Tol della Princeton University, senza però mettere in discussione le previsioni degli esperti.

I Paesi in via di sviluppo probabilmente cresceranno più piano di quanto previsto dall'Ipcc, ed emetteranno quindi meno gas serra, ma uno sviluppo più lento rallenterà anche il processo di riconversione verso fonti di energia rinnovabili. Dunque con lo stesso effetto negativo per il pianeta.

Ma quali modelli usare ? Modelli flessibili, che prendano in considerazione diverse variabili: crescita economica, commercio, stili di vita, investimenti sull'energia.

Bisogna prevedere il peso di queste variabili sulle emissioni di gas serra e, cosa più difficile, capire come gli interventi messi in opera influiscano a loro volta sulla società, il clima e l'economia.

L'Ipcc sembra averlo capito e si sta muovendo in questa direzione per il suo quinto rapporto del 2013.

http://www.ecplanet.com/node/2173


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Inizio nuovo anno senza alcun cambiamento, allarme disoccupazione e debito pubblico

By Bruno Chastonay - Posted on 10 gennaio 2011

DebitiAbbiamo quindi iniziato un nuovo anno, senza grandi sconvolgimenti, o particolari cambiamenti, e con le varie quotazioni finanziarie tutto sommato invariate, in uno scenario invariato.

Dagli USA una fase di ripresa, ma inferiore alle aspettative e con il problema della disoccupazione elevata sempre presente, e timori intatti per il quantitativo dei DEBITI accumulati, e per la politica di riacquisto Bonds da parte della FED, parte del programma di allentamento quantitativo. Quest’ultimo va a favore della crescita, ma a scapito degli altri partner commerciali, deprimente per il dollaro.

Da parte EU economia debole, in fase di rallentamento ampio della ripresa, a conferma di una situazione “tecnica” dell’ultimo semestre, che difficilmente si ripeterà. Mancato innesco di fiducia negli investitori sul problema del SOVEREIGN DEBT, che ci accompagnerà ancora per vari trimestri. Nonostante tutto quanto è stato fatto per la GRECIA, IRL, e dai dichiarati intenti di acquisti di bonds da parte dei Cinesi sulla ESP, resta intatto il problema di SOLVIBILITÀ.

Dal PORT, quelli attualmente sotto gli occhi del mondo finanziario, non si tratta di prevedere se avranno bisogno di aiuti da IMF e dovranno implementare le misure strettissime richieste, ma quando.

http://www.ecplanet.com/node/2151


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MessaggioInviato: 17/01/2011, 00:00 
Ormai il DENARO=DEBITO, quando naquero le banche il denaro era fornito in cambio di oro, quindi rappresentava un capitale reale.. oggi sono solo bites, un valore virtuale, basta un click su una tastiera per gonfiare il conto di una persona e altrettanto per togliergli tutto con la scusa degli interessi o ipoteche sui beni "reali" come le case.. siamo costantemete in debito con le banche, qualunque cosa si vuole fare c'è una richiesta maggiore di denaro rispetto alla liquidità stampata, tutto per tenere le persone dipendenti da esso..

http://video.google.com/videoplay?docid=6561068664203649137#



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MessaggioInviato: 17/01/2011, 00:30 
Forse nn sai che se nn ci fosse questo tipo di economia, l'umanità si sarebbe estinta agli inizi del '900...
Non giustifico il fatto che ormai la povertà dilaga e con essa la decadenza della qualità della vita, dello sfruttamento delle risorse planetarie in modo esoso e quant'altro.
Ma bisogna ammettere che tutto quello che abbiamo oggi dipende solo da questa economia, e semplicemente x un motivo.

Che l'uomo è ambizioso, e deve ambire in qualcosa se vuole progredire e sopravvivere.
Se noi lavorassimo senza stipendio, e ci dicessero che abbiamo diritto solo a un certo quantitativo di un pò di tutto, noi non saremmo ambiziosi e forse non vorremmo lavorare.
Il nostro sistema economico impone alla gente di far progredire e di far muovere il mondo, altrimenti sarebbe la disfatta di una razza intelligente.
Se per esempio tutti i camionisti decidessero di non lavorare, o se i contadini smettessero di coltivare, non ci sarebbe il cibo x le altre persone e ciò cosa comporterebbe?
Il contadino deve essere ambizioso e il camionista pure, e un'economia basata sul debito ti impone di esserlo.
Il debito, pubblico o privato o bancario, è il fulcro di un sistema economico che fa progredire una popolo.

Ovviamente non sono a Pro-banche o Pro-debito, ma questa è solo una riflessione obbiettiva e oggettiva della situazione economica globale attuale.



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MessaggioInviato: 17/01/2011, 01:12 
USA: crollano del 31% le entrate degli stati

domenica 16 gennaio 2011

Fonte:
http://mercatoliberonews.blogspot.com/2 ... RO+NEWS%29

13 gennaio 2011 (MoviSol) - Mentre il Presidente Obama continua a magnificare i risultati da lui raggiunti, in modo veramente narcisistico, il paese è allo sfascio. La sua ultima pretesa è stata quella di aver ridotto la disoccupazione dal 9,8% al 9,4% da novembre a dicembre ma, come ha ammesso il Ministero del Lavoro, questo dato è dovuto principalmente al fatto che molte persone scoraggiate hanno lasciato del tutto la forza lavoro, e non alla creazione di occupazione. Nel corso del 2010, 1,45 milioni di americani hanno smesso di cercare un lavoro, e non vengono più contati tra i disoccupati.

La mancanza di lavoro sta devastando i 50 stati. Come ha riferito il Census Bureau il 5 gennaio, le entrate totali degli enti locali sono crollate del 30,8% dal 2008 al 2009, con una riduzione di 1.100 miliardi di dollari. La causa principale è la diminuzione sostanziale delle "entrate della previdenza sociale" che includono i fondi pensioni, i sussidi per la disoccupazione ed altri fondi previdenziali (ad esempio l'assistenza sanitaria, Medicare, e l'assicurazione per i reduci).

Questo declino è dovuto sia alle grosse perdite degli investimenti fatti dai fondi pensione, così come all'aumento della disoccupazione e della povertà che riducono le entrate ed aumentano le spese.

Mentre Lyndon LaRouche invita il governo federale ad intervenire ed aiutare gli stati a salvare i servizi vitali, il governatore della Federal Reserve Ben Bernanke non è d'accordo. Quando "Helicopter Ben", è apparso alla Commissione Bilancio del Senato il 7 gennaio, il Sen. Manchin gli ha chiesto se c'è un modo con cui la Fed potrebbe impedire l'insolvenza di uno stato, e il Sen. Cornyn gli ha chiesto se, dopo aver comprato così tanti debiti delle banche straniere, la Fed potrebbe comprare anche il debito degli stati e dei comuni. A entrambe le domande, Bernanke ha risposto di no.

Nel frattempo, dietro questi dati desolanti, ci sono le realtà di vita e di morte per i cittadini. In quasi tutti gli stati sono stati drasticamente tagliati i fondi alla polizia ed ai vigili del fuoco, con il conseguente aumento della criminalità e degli incendi. Nel solo stato del New Jersey, in cui nel 2010 sono stati eliminati 2.200 posti di lavoro tra le forze dell'ordine, il numero degli omicidi è aumentato del 14%. Nella città di Oakland, in California, dove è stato licenziato il 10% della forza lavoro in polizia, il numero delle sparatorie è aumentato del 22%.

Tragicamente, il governatore dell'Arizona Jan Brewer ha abolito i fondi ai trapianti d'organo per i poveri che finora erano coperti da Medicaid, e questo è costato già la vita a due pazienti. Ed ha annunciato che chiederà al CMS di concedere all'Arizona una deroga per eliminare 250.000 pazienti dall'elenco di Medicaid per "risparmiare" soldi.

Lo Stato di Washington segue lo stesso corso, col governatore Chris Gregoire che propone di tagliare i sostegni medici a 56.000 "poveri che lavorano" nello stato, che secondo lui non rientrano in Medicaid. Nel Texas sono state ventilate proposte per eliminare tutti i trattamenti "facoltativi" di Medicaid, consentiti dalla normativa federale, quali farmaci, dialisi, cure per le malattie mentali, occhiali, apparecchi acustici per non udenti. Questo colpirebbe 3,3 milioni di bambini poveri, adulti e anziani fragili che rientrano nei programmi Medicaid.

Oltre alla sanità ed all'assistenza sociale, viene tagliata anche l'istruzione in tutti gli stati, con alcune località come Hawaii che propongono una settimana scolastica di 4 giorni.

Nell'Illinois, il feudo di Obama, il buco nel bilancio è di 15 miliardi di dollari (il 50% del bilancio totale), e lo stato sta già chiedendo prestiti alle banche e agli hedge funds a tassi da usura (cfr. EIR Strategic Alert 1/2011).

Il nuovo governatore della California Jerry Brown sembra orientato a seguire le orme del suo predecessore Arnold Schwarzenegger, imponendo un'austerità brutale sulla popolazione, invece di dar retta a LaRouche e sostenere il progetto NAWAPA.

LaRouche ha ragione: la situazione è senza speranza senza una riforma Glass-Steagall che protegga i cittadini, ed un programma di ripresa economica reale basato sul progetto NAWAPA.



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

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MessaggioInviato: 20/01/2011, 12:25 
E mentre gli itaGliani si occupano dell'harem del Presidente...... [}:)]




Bce: tensioni sul debito sovrano anche per Italia,
Spagna e Belgio


20 gennaio, 12:00

Fonte:
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 15426.html

ROMA - L'area euro dovrebbe mantenere la stabilita' dei prezzi nel medio termine, con l'inflazione attesa in rialzo sopra il 2% per poi scendere a fine anno. Lo scrive la Banca centrale europea nel suo bollettino di gennaio, avvertendo anche che ''e' necessario seguire con molta attenzione'' l'andamento dei prezzi, che presentano ''rischi al rialzo'' connessi alle quotazioni dell'energia e delle materie prime.

"TENSIONI DEBITO SOVRANO ANCHE SU ITALIA E SPAGNA" - A dicembre e agli inizi di gennaio le tensioni sul debito sovrano non si sono manifestate solo in Grecia, Irlanda e Portogallo, ma "anche in altri paesi dell'area dell'euro quali Spagna, Italia e Belgio", rileva la Bce.

"RIPRESA PROSEGUE IN 2011, MA INCERTEZZA E' ELEVATA" - I dati economici più recenti indicano una "positiva dinamica di fondo" dell'economia dell'area euro, ma anche il "perdurare di un'elevata incertezza", scrive ancora la Banca centrale europea. "Guardando al 2011, le esportazioni dell'area euro - scrivono gli economisti della Bce - dovrebbero beneficiare del perdurante recupero dell'economia mondiale" e anche la domanda interna privata dovrebbe dare un "contributo sempre più consistente alla crescita". Permangono tuttavia "rischi orientati lievemente verso il basso", connessi in particolare "alle tensioni in alcuni segmenti dei mercati finanziari e alla loro potenziale trasmissione all'area dell'euro" e alla possibilità di nuovi rincari energetici.

"ITALIA E GERMANIA TRAINANO FRENATA SALARI UE" - Italia e Germania sono i due Paesi dell'area euro in cui le retribuzioni contrattuali hanno frenato di più, portando il tasso di crescita in Eurolandia a minimi record nel quarto trimestre (+1,4%). "Il calo di 0,5 punti percentuali rispetto al trimestre precedente (quando le retribuzioni erano aumentate dell'1,9%, ndr) è riconducibile - scrive la Bce - in particolare al rallentamento della dinamica dei salari fissati dai contratti collettivi in Germania e in misura minore in Italia".



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