[color=blue]Sarkò conquista il MediterraneoLa Libia è per la Francia il teatro ideale per testare la propria strategia di espansione. Rimasta spiazzata dalle rivolte "morbide" in Egitto e Tunisia ora Parigi tenta di soppiantarci come partner energetico e commercialehttp://www.iltempo.it/interni_esteri/2011/03/20/1244843-sarko_conquista_mediterraneo.shtml....Oggi l'Eliseo fa altri calcoli e si muove in maniera libera e spregiudicata, partendo dall'assunto che al colonialismo delle cannoniere e della baionette si è sostituito quello dei caccia Rafale, e che più che gli stati si conquistano i mercati e le aziende strategiche...
.... La Libia si presentava dunque a Sarkozy come il teatro ideale per testare la propria strategia di espansione su tre fronti: la politica, l'economia e quindi i mercati, e l'energia. E di farlo a danno dell'Italia, il vicino debole, con il quale è in eterna concorrenza per le commesse militari (ultimo esempio, la vendita di fregate proprio al Raìs). Se avrà successo come guida della coalizione, Parigi non solo potrà ambire a rimpiazzarci come primo partner energetico e commerciale nel dopo-Gheddafi, ma anche a proporsi come riferimento per l'intera fascia maghrebina. Che dovrà essere innanzi tutto riarmata, dotata di infrastrutture e rifornita di tecnologie e prodotti di largo consumo. È una strategia di conquista diversa nelle modalità ma non negli obiettivi da quella di cui il nostro sistema economico sta facendo le spese direttamente qui in casa.
Lo stop posto da Giulio Tremonti alla scalata della Lactalis alla Parmalat, un'azienda ripulita dai debiti dopo un salvataggio che è costato miliardi a risparmiatori e contribuenti italiani, è solo l'ultimo argine ed il primo, forse tardivo, intervento del governo. «Mi sto documentando, stiamo facendo shopping giuridico» ha spiegato il ministro dell'Economia «ho trovato un'interessante legge anti-opa del Canada». Intanto però lo shopping lo fanno i francesi.
Pochi giorni fa si è arrivati ad un soffio dalla conquista di Edison da parte di EdF, mentre Bulgari è stata appena presa da Lvhm e Gucci è da tempo nelle mani di Pinault-Printemps-Redoute. Ma l'elenco è lunghissimo: si va dalle attenzioni di Groupama per la Premafin della famiglia Ligresti a quelle di Bolloré per le Generali. Senonché Groupama e Vincent Bolloré sono alleati ed entrambi a loro volta azionisti di Mediobanca, cioè del nocciolo radioattivo delle centrali finanziarie italiane.
La lista prosegue con l'alleanza tra EdF ed Enel nell'energia, nucleare e non, e con quella tra Areva e Ansaldo negli impianti; e tuttavia EdF come abbiamo visto non esita a tentare anche la conquista di Edison, mentre da tempo ha chiesto (e ottenuto) che l'Eni gli facesse spazio anche nel gasdotto South Stream. Nel campo energetico la strategia del colosso pubblico francese è dichiarata: coprire tutte le fonti, dal petrolio al nucleare al gas, e fare dell'Italia l' hub sul fronte sud, il proprio trampolino mediterraneo.
Ma anche Gaz de France-Suez, la concorrente di EdF, non molla per ora l'Acea nonostante gli impegni a farlo. Altrettanto esplicita l'attenzione per l'Alitalia da parte di Air France-Klm. La nostra azienda doveva diventare francese a titolo semigratuito nel 2008: come disse l'allora ministro Padoa-Schioppa «non c'è un minuto da perdere, è l'unico pronto soccorso che abbiamo trovato aperto».
Eppure nonostante l'intervento della cordata Colaninno voluta dal Cavaliere, Air France si è poi accomodata in corridoio con la sua quota del 25 per cento, ad attendere il paziente, possibilmente risanato sempre con denaro pubblico. È una partita entrata nella fase acuta da dieci anni, nella quale i francesi prevalgono grazie alle debolezze, alla litigiosità e spesso alle piccinerie del sistema finanziario italiano.
Ma è anche una partita truccata dalle leggi protezioniste attuate dai governi di Parigi, tra cui spicca il decreto Villepin del 2005 che individua una serie di aziende strategiche dove ogni eventuale acquisizione straniera è soggetta all'ok governativo.
E questo in barba alle norme comunitarie sulla concorrenza: d'altra parte è sempre derogando alle regole sugli aiuti pubblici che lo Stato francese ha aumentato fino a 660 miliardi la presenza in aziende quotate e non, ha approfittato della crisi finanziaria per ricapitalizzare le banche con il debito pubblico, ha sbarrato la strada non solo alle imprese italiane, ma anche tedesche (Siemens) e americane (Pepsi Cola).
Nel frattempo da noi si assiste ad un interessante scambio di accuse tra Diego Della Valle e Cesare Geronzi sul tema se la nostra industria debba o meno fare sistema. Il nostro più diretto concorrente il sistema lo fa da sempre; e non discute: agisce. Come in Libia.
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